Con una lettera aperta agli abitanti di Poggio dei Pini il comitato di soci e residenti denominato "NOI PER POGGIO" invita a riprendere il discorso sulla cessione delle Opere di Urbanizzazione primaria indicendo una riunione che si terrà domenica 20 novembre alle 16.30 presso la sala della Cooperativa. Il neonato comitato dispone anche di un proprio sito internet (www.noiperpoggio.org) realizzato da Daniele Paderi.
Ornai è quasi certo: sarà reintrodotta l'ICI sulla prima casa. Le casse asfittiche dei comuni ne trarranno giovamento e forse i servizi comunali avranno la chance di un nuovo impulso, sempre che almeno un parte di quei soldi, come è probabile, venga realmente dirottato sui Comuni. Il fatto che i Comuni dispongano di fondi non fornisce ai cittadini la garanzia di avere dei servizi efficienti perchè sappiamo bene qual'è il livello di incompetenza, di spreco di risorse e, diciamolo pure, di traffici non sempre limpidi, che caratterizza le nostre amministrazioni locali.
Come sappiamo l'ICI non è parametrizzata rispetto al reddito, ma sulla grandezza dell'immobile, e non sempre chi ha una casa grande è molto abbiente. Sta di fatto che i residenti di Poggio dei Pini pagheranno cifre assai elevate. Sono tutti ricchi? Per avere una risposta vi invito ad informarvi presso gli uffici della Cooperativa e chiedere quanti siano i soci che non sono stati in grado di pagare le quote e le bollette. Rimarreste sorpresi dal loro numero e non sono certamente tutti "distratti" o portoghesi.
L'ICI la conosciamo molto bene. Come è noto, questa tassa è stata già versata da ogni famiglia a partire dal 1992 sino a tutto il 2006. In quegli anni si è calcolato che oltre il 50% di tutta l'ICI del Comune di Capoterra provenisse da Poggio dei Pini, nonostante il numero dei residenti (2.000) di questa frazione rappresenti solo l'8% della popolazione comunale. Non so se questa tassa, in questo momento difficile per il paese, rappresenti una decisione più o meno giusta. Ho dei dubbi sul fatto che sia giusto tassare un proprietario che potrebbe anche non disporre di un reddito elevato o addirittura essere disoccupato. Temo che non sarà l'unico esborso che saremo costretti a fare. Ciò che, da sempre, appare ingiusto e inammissibile è che il destinatario di questa tassa, il Comune, non restituisca a chi paga in modo consistente nemmeno un euro in servizi.
Il discorso ICI si intreccia con la questione della gestione delle opere di urbanizzazione. In pratica per questa attività possiamo dire che il contribuente che risiede a Poggio dei Pini paga per TRE VOLTE un servizio che è perdipiù scadente. La prima volta lo paga versando una cospicua parte del suo reddito tramite l'IRPEF che si porta via il 40% del bilancio familiare. La seconda volta le paga versando la quota di socio della Cooperativa. E' stato calcolato che il 25% della quota sociale, pari a circa 110.000 euro all'anno, venga utilizzato per la manutenzione di infrastrutture che dovrebbero essere gestite dagli enti pubblici. Con la reintroduzione dell'ICI sulla prima casa ecco che si pagherà salato per la terza volta. Oltre al danno, c'è la beffa perchè i soggetti che incassano questi soldi non garantiscono nemmeno un servizio efficiente, basta guardare lo stato delle strade e della rete idrica.
Ma facciamo un passo indietro. Di cessione delle opere di urbanizzazione a Poggio dei Pini si parla sin dagli anni 90, cioè da quando il processo edificatorio della lottizzazione, seppur mai completato rispetto ai piano originario del 1969, aveva raggiunto un livello tale da richiedere un momento di definizione e quindi anche decisioni relative alla gestione di infrastrutture che erano state ormai completate da tempo.
Una lottizzazione, infatti, viene realizzata nel giro di alcuni anni e gli accordi reciproci con l'ente comunale, contenuti in apposite convenzioni, hanno una durata legale che non può superare i dieci anni. La legge vuole che, trascorso questo periodo, le cosiddette opere di urbanizzazione primaria e secondaria vengano cedute dal lottizzante agli enti preposti alla loro gestione. Tali enti, ricevendo fondi pubblici alimentati dalle tasse pagate dai cittadini, devono gestirle. Questo è ciò che avviene in quasi tutte le lottizzazioni. Talvolta capita che qualche condominio cerchi di conservare il controllo di alcune infrastrutture. Le strade, ad esempio, quando si vuole disporre di un accesso riservato. Non è il caso di Poggio, dove le strade sono da sempre accessibili a tutti. Oppure l'acquedotto per evitare i disservizi della gestione pubblica. Non capita mai invece che vi siano soggetti privati che pagano le bollette dell'illuminazione pubblica, la manutenzione dei lampioni, per non parlare della fognatura. I soci della Cooperativa cooperativa Poggio dei Pini sono forse gli unici in tutta la nazione a pagare da oltre 40 anni tutti questi servizi pubblici. Le tasse dei residenti, ovviamente, non vengono versate alla Cooperativa ma finiscono nelle casse dello stato e del Comune di Capoterra. Per questo motivo Poggio dei Pini è stato definito da più parti "l'unico comune privato italiano", ma anche "Poggio dei Pirla" per il fatto di pagare tre volte per lo stesso servizio.
Con il passare dei decenni si sono creati ulteriori problemi. Le tubazioni sono sull'orlo del collasso e il loro rifacimento costerebbe milioni di euro. Chi le paga, di nuovo i soci? Quando c'erano finanziamenti della Comunità Europea, che hanno consentito alla maggior parte dei comuni sardi di realizzare nuove reti tecnologiche, la Cooperativa non ha mai potuto usufruirne in quanto soggetto privato. Quanti altri treni vogliamo perdere? In questo modo sono stati buttati al vento milioni di euro e si è persa la possibilità di disporre di una rete idrica rinnovata. Poi si dice: "non si deve parlare del passato, non è gentile".
Le normative di gestione dei servizi hanno subito notevoli cambiamenti dagli anni 60 ad oggi. Per fare un esempio che riguarda l'acqua, devono essere fatte analisi accurate perchè non è possibile rischiare la salute dei consumatori immettendo nella rete acqua mal depurata e scarsamente controllata. Così come non si dovrebbe rischiare con la gestione delle dighe o delle strade e cosi' via. Un soggetto privato che voglia gestire in proprio questi servizi non potrà fare a meno di adeguarsi alle normative nazionali e si dovrebbe abbandonare una volta per tutte la logica della gestione "alla Carlona" che sta producendo una serie di inefficienze e anche costose cause legali i cui costi si ripercuotono ovviamente su tutti i soci e non certo sugli amministratori. Sono sempre meno, anche tra gli amministratori che hanno sempre fatto poco o nulla per cercare di cedere queste infrastrutture, quelli che ritengono che sia un vantaggio per i soci continuare a gestirle con i propri fondi. Si vede infatti che la Cooperativa non ce la fa, gran parte del suo bilancio viene utilizzato per il personale e non sembra opportuno finire ogni anno in rosso di alcune centinaia di migliaia di euro come si stava facendo sino ad alcuni anni fa. Lo stato delle strade lo vediamo tutti, e la situazione dell'acquedotto è tale da richiedere l'intervento divino. I nuovi lotti tardano ad arrivare e moltissimi soci si chiedono che senso abbia costruire nuove case per asfaltare strade e riparare tubi. Inoltre il mercato immobiliare è gravemente sofferente, gli immobili hanno perso valore e l'immissione sul mercato di nuovi lotti lo diminuirebbe ulteriormente.
A dire il vero sento soci lamentarsi di questa mancata cessione sin dagli anni '90, ma una gestione molto chiusa della Cooperativa ha impedito che vi fossero cambiamenti. Sono stati spesi circa 110.000 euro ogni anno per gestire queste infrastrutture e la Cooperativa ha utilizzato i proventi della vendita dei lotti che avrebbero potuto essere utilizzati per costruire nuovi servizi o perlomeno per mantenere in piedi quelli esistenti. Il macrorisultato è che Poggio dei Pini, sebbene sia sempre un posto meraviglioso, oggi è povero di servizi mentre paradossalmente negli anni '70 era all'avanguardia. La qualità della vita nella lottizzazione è diminuita anzichè aumentare, si è registrato un regresso invece che un progresso.
La situazione per anni si è impantanata in ipotesi mai concretizzate, in una presunta impossibilità ad agire provocata da cavilli e problemi derivanti da interpretazioni delle varie convenzioni siglate tra la Cooperativa e il Comune di Capoterra (1970, 1985 e 2002 ale'). Da alcuni anni il TAR, con alcune sentenze molto chiare, ha fatto ordine in questo pasticcio giuridico stabilendo che la legge ordinaria dello Stato non può essere emendata dai disposizioni inserite nelle convenzioni e che le opere di urbanizzazione primaria devono essere prese in carico dal Comune senza SE e senza MA. Il fatto che la legge non possa essere aggirata da una convenzione sono certo che non vi sorprenderà, tanto appare ovvio. Ci sarebbe da interrogarsi sul motivo di tutti quei cavilli, di quegli arrampicamenti sugli specchi cui abbiamo assistito per anni. Credo proprio che la situazione potrebbe essere sintetizzata così: il Comune di Capoterra, pur lieto di incassare milioni di euro delle tasse comunali pagate dai poggini, non voleva occuparsi della gestione delle infrastrutture pubbliche di quella frazione ed accollarsi le relative spese, mentre chi gestiva la Cooperativa era anch'egli ben lieto di mantenere in vita un sistema molto simile ad un consiglio comunale nel quale esercitare, peraltro con pochi controlli, una delle principali aspirazioni umane: il potere. Non è un caso che l'amministrazione della Cooperativa si sia lentamente allontanata dallo spirito volontaristico iniziale dei "fondatori", oggi strumentalizzati a sproposito, e si sia trasformata sempre di più in un organo governato da logiche di tipo politico, con ribaltoni, accia ad incarichi e poltrone e una pletora di personaggi che gira intorno alla mammella da mungere.
Che fare adesso? Nel mese di maggio il consiglio di amministrazione (prima del Ribaltone) ha deciso di portare avanti con decisione un processo di cessione delle opere di urbanizzazione al Comune di Capoterra facendo leva sulle sentenze del TAR e quindi di riportare su un piano di regolarità una situazione che è ormai diventata una anomalia a livello nazionale. Dato che il Comune, allora guidato da Giorgio Marongiu, ha espresso chiaramente la sua intenzione di mantenere la posizione menefreghista del passato, sono stati avviati due ricorsi. Uno è promosso dalla Cooperativa, mentre un secondo, il più importante, viene portato avanti dai cittadini residenti, che sono i principali portatori di interesse e pertanto ancor maggiormente tutelati dalla legge. Per entrambi i ricorsi la Cooperativa si è impegnata ad accollarsi le spese legali. In seguito al ribaltone in Cooperativa e quindi all'instaurazione di una maggioranza molto più vicina politicamente all'attuale giunta comunale capoterrese, il ricorso della Cooperativa è stato insabbiato e manipolato con le classiche promesse fumose e inconcludenti tipiche della politica nostrana. Sul ricorso dei cittadini si discuterà invece nella riunione di domenica prossima. Considerato che presto tutti quanti riceveremo il salasso dell'ICI penso che sia opportuno reagire perlomeno dicendo a questi signori "ADESSO BASTA" e aderendo quindi all'azione legale che consentirà di giungere finalmente a una definzione di questa presa in giro che va avanti da due decenni.
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