Questo Blog è stato creato per scambiare informazioni, idee, proposte e materiali tra residenti del comune di Capoterra. Si invitano i lettori a firmare i propri commenti o articoli con nome e cognome. Potete inviare i vostri articoli al seguente indirizzo: giorgio.plazzotta@gmail.com

lunedì 27 luglio 2009

L'alluvione del 1892 nel Campidano

Mi è stato inviato, grazie ai piccoli miracoli dell'informazione condivisa, un interessante documento. Guardando la data (24 ottobre 1892) e leggendo il resoconto giornalistico mi sono venuti i brividi. Quante analogie con la notte del 22 ottobre 2008. Davvero qualcuno pensa che quanto è accaduto a Capoterra nello scorso autunno sia frutto di una casualità irripetibile o dei cambiamenti climatici? Tra quanto tempo la rotonda appena costruita con i soldi pubblici presso Su Loi, a un passo da Riu Masoni Ollastu, verrà travolta dalla prossima piena del fiume? Lascio a voi i commenti su questo straordinario documento che potete scaricare qui nella versione originale in lingua inglese.


THE NEW YORK TIMES
pubblicato il 24 Ottobre 1892

CENTINAIA DI ANNEGATI

Grande perdita di vite umane a causa delle alluvioni in Sardegna
Cento corpi già recuperati a S. Sperate - Ampio territorio inondato - Case distrutte e bestiame morto - Salvataggio di cittadini

Londra, 23 ottobre - Le ultime notizie da Cagliari forniscono uno spaventoso bilancio del terribile nubifragio e dell'alluvione in Sardegna avvenuta tra giovedi e venerdì scorso. Una calamità in cui sono andate perdute centinaia di vite umane che ha fatto registrare danni per centinaia di migliaia di dollari.
Il territorio interessato è la pianura del Campidano, per 15 miglia a nord di Cagliari. La pianura, che collega Cagliari con Oristano per una lunghezza di 49 miglia, è un importante centro di produzione di vino ed olive.
Le prime avvisaglie dell'arrivo del nubifragio sono state notate giovedì sera. Il caldo dell'atmosfera è diventato opprimente, il bestiame e gli altri animali hanno cercato rapidamente un rifugio. Sono quindi apparse dense nuvole nere con sfumature rossastre. I contadini che lavoravano ai campi si sono allarmati e sono corsi nelle proprie abitazioni. All'arrivo dell'oscurità il ciclone è esploso sulla pianura con tutta la sua forza. Gli incessanti lampi dei fulmini e il fragore dei tuoni accompagnavano l'ululare del vento. Mentre il cupi brontolii della terra aumentavano il terrore provocato dalla tempesta. Il Fiume Mannu e altri affluenti minori sono esondati dai loro argini, inondando un'area di 15 km quadrati.
Tra i paesi colpiti ci sono Assemini, Elmas, Samatzai, S. Sperate e Brazzali per una popolazione totale di 6000 anime. La furia delle acque ha demolito numerose case e baracche. Centinaia di persone, che avevano cercato rifugio sui tetti degli edifici, sono annegate.
Nella maggior parte dei paesi citati erano numerose le capanne costruite con il fango, che si sono dissolte in pochi attimi.
Altre baracche fatte di canne e paglia sono state trascinate via dalla corrente formando zattere alle quali si sono aggrappati molti contadini durante la notte, sino al momento del loro salvataggio. Il venerdì mattina le operazioni di soccorso sono iniziate con vigore. Dozzine di persone sono state ritrovate riunite in punti sopraelevati del terreno o nella parte superiore delle case che erano rimaste in piedi. Molte di queste persone erano terrorizzate e mezzo assiderate. Gli edifici ancora in piedi hanno subito seri danni, con i muri fortemente lesionati e le fondamenta scalzate. La maggior parte dei mobili sono stati rovinati.
I sopravvissuti raccontano che l'esperienza di quella notte è stata terribile. Per tutta la notte il silenzio è stato interrotto dalle urla delle persone che annegavano e dai lamenti delle pecore e del bestiame che si mischiavano con l'incessante suono delle campane di allarme provenienti dai villaggi vicini.
Il Prefetto di Cagliari, non appena messo al corrente della notizia, ha inviato immediatamente squadre di salvataggio per aiutare la popolazione. Il lavoro di queste squadre è stato molto difficile. I soldati hanno salvato dozzine di vite umane. Cento corpi senza vita sono stati recuperati solo a S. Sperate. Il bilancio totale dei morti dovrebbe raggiungere alcune centinaia. E' andato perduto anche un enorme numero di capi di bestiame.
La ferrovia Cagliari-Iglesias è stata seriamente danneggiata dall'alluvione.

venerdì 24 luglio 2009

OIL: arte, denuncia o terrorismo? La Raffineria è Mommoti?

Come sapete l'anonimato in questo blog non è normalmente consentito. Mai mi sono pentito di questa scelta, che mi ha permesso di tenere lontano da questo spazio di discussione, piccolo ma prezioso, moltissima spazzatura costituita da calunnie, illazioni e tentitivi di alterare la verità. Capisco che ci siano siti in cui i vari Fragola 86 e Banana33 (cfr. Checco Zalone) si esprimono liberamente ma con poca utilità pubblica. Questo blog non è nato per sfogare verbalmente istinti o frustrazioni di vario genere, ma ritengo che in due anni abbia raggiunto obiettivi importanti e abbia svolto un ruolo, piccolo ma di grande qualità, anche in occasione del tragico evento del 22 ottobre.
C'è però un caso in ritengo l'anonimato accettabile: quando a cause di affermazioni fatte (non calunniose) l'autore possa temere ripercussioni negative di vario genere.
In seguito alla pubblicazione del mio articolo in cui ho accolto negativamente il documentario OIL ho ricevuto alcune telefonate e alcuni messaggi anonimi da parte di persone che non hanno apprezzato il mio intervento. Evidentemente aveva ragione Giuseppe Monni, nel suo primo commento a quell'articolo. La mia è stata una lettura che va MOLTO controcorrente rispetto al comune sentire e ho poi notato che anche la critica al film sui vari siti locali è stata sempre molto positiva.
Dico subito che le persone che mi hanno contattato si sono sempre mostrate educate, mai offensive o minacciose. Ci sono sicuramente dei malintesi, che spero di avere chiarito, e ampie differenze di punti di vista che permangono tuttora ma che fanno parte di una naturale dialettica democratica. Un malinteso riguarda certamente la mia considerazione nei confronti dei sarrochesi. Quello che volevo dire è stato in parte travisato. A mio avviso le persone intervistate non rappresentano in modo corretto la società di questo paese. Ritengo che i contributi siano stati selezionati in modo strumentale al messaggio che il regista voleva dare. Un messaggio che continuo a sostenere essere profondamente e pericolosamente distorto. L'interrogatorio che mi è stato fatto su dove lavoro e che cosa faccio mi sembra una attività del tutto inutile. In modo velato mi si vuole dire "se tu non lavori in mezzo ai tubi della Raffineria non puoi parlare. Che ne sai dei colleghi che ho visto morire?". Io lavoro, invece, a Macchiareddu, che non mi sembra essere proprio Courmayeur in quanto a qualità dell'aria e abito nel comune di Capoterra, non ad Arzachena e nemmeno nella Milano da cui è improvvisamente piombato Mazzotta con il suo documentario. La morte non dovrebbe essere strumentalizzata. Il tumore al colon purtroppo colpisce ovunque e no credo che possa essere ricondotto ad alcuna forma di inquinamento. Ho rispetto, e anche apprensione, per chi sistema le valvole degli impianti della Raffineria. Non mi sognerei mai di negare che siano le persone esposte al rischio maggiore. Ma quando vedo che si tenta di affermare che qualsiasi malore o malattia grave possa essere ricondotta alla Raffineria-Mommoti, mi viene da reagire perchè non è questo il modo di fare emergere la verità. Questa realtà, con il suo inquinamento e il suo lavoro, non appartiene solo ad alcuni, ma a tutto il territorio, a tutti noi che ci viviamo vicino e ci lavoriamo.
Ho deciso di pubblicare un mio carteggio telematico con un anonimo amico che mi ha scritto in modo cortese e che ritengo possa avere comprensibili timori di ritorsioni. Ve lo ripropongo sperando di offrirvi la possibilità di approfondire la conoscenza del tema trattato e di confrontarvi con un differente punto vi vista.

cari tutti,
i messaggi che lancia il documentario OIL possono essere rintracciati, forse, in alcune semplici richieste che, operai SARAS e non, ritengono necessarie per lavorare in un ambiente in cui la sicurezza dovrebbe essere sempre mantenuta ai massimi livelli per 365 giorni all'anno (non trattandosi appunto di una fabbrichetta che produce cioccolata). Questa maggiore e costante sicurezza la si ottiene (ascoltando i vari personaggi che si alternano in OIL) preoccupandosi di :
  • verificare la formazione dei dipendenti assunti da ditte esterne i quali, come è noto, entrano nella proprietà SARAS ad eseguire lavori di manutenzione;
  • rispettare gli orari di lavoro, evitando turni massacranti;
  • verificare se siano correttamente forniti gli adeguati strumenti di protezione personale per svolgere mansioni di cui è d'obbligo per legge l'utilizzo (626);
  • monitorre il controllo costante e la diffusione (reale) dei dati riguardanti l'analisi di emissioni in atmosfera e rispettare i limiti consentiti dalla legge;
  • garantire la serietà di alcuni controlli sanitari effettuati ai dipendenti di ditte esterne su di un camper (i cui referti, pare, in caso di necessità non possono far parte della storia clinica del lavoratore in quanto poco attendibili);
  • provvedere alla gestione di una lavanderia interna;

Questi solo alcuni dei messaggi lanciati da chi ha deciso di parlare davanti ad una telecamera. Messaggi che si spera vengono presto recepiti e realizzati dalla dirigenza SARAS, soprattutto nell'interesse di TUTTI, dipendenti SARAS, dipendenti ditte esterne, abitanti di Sarroch e paesi limitrofi, lavoratori impegnati in attività estranee all'indotto petrolchimico, ecc.. Le informazioni si riferiscono forse ad una indagine epidemiologica eseguita dal prof. Annibale Biggeri i cui risultati sono stati presentati agli abitanti di Sarroch tra novembre 2008 e febbraio 2009 (chi era interessato ha partecipato, gli assenti non so). I risultati di tale indagine (ricchi di dati e tabelle) sono reperibili, immagino, presso il Comune di Sarroch su supporto cartaceo e magari (se il link funzionasse), anche online. Dati e tabelle non sono stati inseriti in OIL perché forse richiedono un'attenta valutazione; è comunque presente un breve resoconto dalla voce dello stesso prof. Biggeri, il quale constata un danno potenzialmente reversibile al DNA nei soggetti sottoposti ad indagine. Senza parlare di leucemie e tumori vari, potrebbe risultare interessante chiedersi se è normale riscontrare in bambine di 5 anni disfunzioni serie alla tiroide. L'espressione grammaticale, poi di chi ha partecipato ad OIL, mi sembra ottima; solo in un paio di interventi la voce è stata camuffata in fase di montaggio, perché sì, desiderosi di esprimere la propria opinione, ma "timorosi" magari di perdere il posto di lavoro. Se poi ci si riferisce in particolare al pastore che parla sardo stretto, ed è stato quindi necessario mettere i sottotitoli, beh! questo è un problema di chi magari vive male con il proprio passato, fatto di tradizioni usi e costumi. Spesso l'intelligenza e la rispettabilità non è garantita da una camicia ben stirata, da un diploma o da una laurea.> > Eppoi basta, se uno il documentario dice di averlo visto, non è che poi un altro glielo deve spiegare. Un documentario poi, analizzato nel suo insieme tra argomenti trattati, montaggio, scelte musicali ecc. è anche in minima parte, da considerare come un'opera più o meno d'arte e che quindi può interessare ad alcuni e ad altri no!!!> Evviva la libertà di pensiero e di opinione!
Il Tour OIL, organizzato per iniziativa di numerosi cittadini SARDI, è forse partito per le tante similitudini riscontrate con altre realtà sarde (purtroppo anche con la realtà delle restanti 19 Regioni d'Italia); quindi diciamo che Sarroch (sede della raffineria più importante d'Europa) potrebbe essere un punto di partenza per iniziare a convivere dignitosamente con impianti industriali che creano e garantiscono lavoro, sono inglobati dall'ambiente, e tante altre belle cose.. Sul motivo che spinge un regista indipendente di Milano a realizzare un documentario proprio a Sarroch, tralascio.., ognuno è libero di pensare quello che vuole, di sceneggiarsi il film mentale che preferisce! saluti da
un filtro esaurito

Egregio signore,
il fatto che lei, a differenza del sottoscritto, scriva non comunicandomi la sua identità riduce enormemente il valore delle sue affermazioni. Immagino che ci siano studi epidemiologici misurazioni e monitoraggi, ma di queste informazioni non vi è traccia nel documentario, che quindi non assolve il compito di descrivere correttamente la situazione. Aveva invece altri scopi e questo appare chiaro sin dal primo minuto. Le dico anche che le illazioni contenute nella pellicola potrebbero, ahimè, essere tutte vere. Io non ho mai asserito il contrario. E se vere fossero, ci tengo a precisare, il danno non verrebbe arrecato solo a una categoria di persone (es. operai della manutenzione impianti), ma a moltissime categorie di lavoratori e di residenti che perderebbero in alcuni casi la salute, in altri casi il posto di lavoro e in molti casi entrambe le cose. Se invece le ipotesi portate avanti dal film fossero false, distorte o esagerate, assisteremmo a un inutile danno che colpisce l'interno territorio e un numero di persone enorme. Tutti quanti quindi, esigiamo chiarezza e certamente questo film non si muove in questa direzione. L'ho pensato e l'ho scritto, senza nascondermi. Ho fatto male?
Per quanto riguarda il suo riferimento di tipo sociologico la informo che sono sardo e non sono dotato di laurea. Comprendo il disagio di chi, anche a causa della disoccupazione, trascorre molto del proprio tempo al bar, ma ritengo che la società e i punti di vista debbano essere rappresentati in modo più equilibrato. Sarroch non è assolutamente come è stata rapresentata da questo film e per primi i sarrochesi dovrebbero lamentarsene (e difatti lo hanno fatto). Le interviste sono state selezionate in maniera strumentale rispetto agli obiettivi che il regista voleva raggiungere sin dall'inizio. Aggiungo concludendo, che io, così come il regista, non ritengo di essere depositario della verità. Non posso certo dedicare il mio tempo libero a fare un indagine a tutto campo cercando dati a destra e a manca, ma vorrei leggerli se qualcuno fosse in grado di espormeli senza fare solo del dannoso terrorismo. Sono certamente interessato a saperne di piu e non ho problemi nemmeno a dialogare con lei, possibilmente in modo non anonimo. Puo anche telefonarmi se vuole al ###### e le do la disponibilità a scrivere un pezzo nel mio blog. Cordiali aluti
Giorgio Plazzotta

egregio signor Giorgio Plazzotta,
questo tipo di chiarimenti ritengo siano salutari ed utili. L'indagine epidemiologica del Prof. Annibale Biggeri è stata commissionata dal Comune di Sarroch, i risultati sono stati presentati in due incontri pubblici. Tempo fa cercando sul sito del Comune di Sarroch ho notato che non è linkato correttamente l'accesso per la consultazione dei risultati dell'indagine; penso sia stata realizzata anche una stampa dei risultati, se è interessato a questi dati dovrebbe semplicemente rivolgersi al Sindaco di Sarroch. Idem per monitoraggi emissioni in atmosfera, dovrebbero essere consultabili in tempo reale, come promesso da ARPA, funziona? si è realizzato il famoso passaggio di consegne dalla Provincia all'ARPA? Sono attendibili i risultati di questi monitoraggi? Se lei abita a Sarroch, e dipendente Saras, dovrebbe interessarsi personalmente ed insistere con chi di dovere per pretendere tali informazioni.Il motivo per cui il documentario non risulta particolareggiato in fatto di dati, numeri, percentuali, ecc.. (alla REPORT per intenderci) mi sembra ovvio, ha idea di quanto costa alla RAI un servizio di REPORT??? Si informi. E poi scusi, ma anche il format di REPORT non risolve i problemi, mi sembra, diffonde notizie che chissà perchè non passano attraverso i mezzi di informazione tradizionale, dovrebbe poi essere la coscenza civile di ognuno a smuovere qualcosa e a cercare di pretendere il rispetto nei luoghi di lavoro, dalle amministrazioni ecc... e sappiamo bene che ciò non avviene. Ripeto, come nel commento precedente, OIL è un semplice documentario realizzato con pochi euro, può interessare o meno. Gli argomenti che solleva penso siano piuttosto seri ed impegnativi, e la soluzione non può certamente arrivare dalla semplice visione di un documentario, apprezzandolo o criticandolo.Quello che ci differenzia rispetto alla vita di 60 anni fa è l'informazione. Quando non sai, non puoi pretendere rispetto, ti bevi tutto quello che ti raccontano e taci.E poi un'ultima cosa, chiediamoci almeno per un secondo: se questo benedetto petrolio dovesse un giorno terminare o non essere più economicamente conveniente la sua estrazione e raffinazione causa la scarsa qualità degli ultimi pozzi disponibili.... visione certamente futuribile; i figli dei suoi figli non avendo magari vicino a casa una raffineria dove poter guadagnare lo stretto necessario per campare, cosa potranno mai fare???In America la legge in materia di emissioni in atmosfera (acqua e suolo) è feroce, chi sgarra paga i danni e si adegua se non vuole chiudere; i valori consentiti sono la decima parte al di sotto dei limiti consentiti in Italia. Raffinerie ed industrie potenzialmente pericolose sorgono ben lontane da centri abitati. Riguardo all'anonimato, mi ci crogiolo finchè dura!Al momento non è vietato dalla legge, almeno nei blog! Sarebbe quindi gradita la visibilità di questo carteggio virtuale sul suo blog! se non lo ritiene sostenibile...pazienza!
cordialmente
filtro esaurito

Caro filtro :-)
non faccio il detective e così nemmeno gli altri spettatori. Chi propone un tema ha l'onere di fornire gli elementi a supporto delle proprie tesi. Non si arriva a conclusioni, peraltro pesantissime, per poi dire "le prove di quanto dico vattele a cercare tu". Ma che sistema è?
Mi sono seduto su quella sedia da spettatore, per vedere un documentario e mi aspettavo che il problema mi fosse esposto in modo obiettivo e chiaro. Non pretendevo tutti i dati esistenti ma almeno la loro sintesi. Penso che un documentario si faccia cosi. Tu ora dici che non è un documentario ma un'opera d'arte. Sono d'accordo.
Giorgio

giovedì 23 luglio 2009

La nuova condotta lungo il lago: rispetto della normativa e salvaguardia ambientale

La posa della nuova condotta idrica che collega il rione di Pauliara alla rete del Flumendosa, attraversando il bordo lago, è stata ultimata. Guardando l'aspetto attuale della delicata area in cui è passata questa nuova conduttura e immaginando come avrebbe invece potuto essere se si fossero effettuate scelte differenti, a me pare evidente come l'ambiente sia stato rispettato nel miglior modo possibile.
Dato che però qualcuno ha sollevato lo stesso delle critiche che mi sono sembrate del tutto prive di fondamento, non essendo un tuttologo, ho raccolto presso alcuni esperti del settore ulteriori informazioni che possono aiutare a comprendere ancora meglio le caratteristiche di questo intervento. In particolare qualcuno ha detto che la condotta non doveva passare dalla pineta e che il percorso lungo la sponda era peggiore rispetto all'attraversamento della zona boscata.
Anche adesso che faccio ora parte del CdA della Cooperativa di Poggio questo blog manterrà la sua caratteristica di essere aperto ai contributi, anche critici, dei lettori. Tutto è perfettibile e soprattutto la partecipazione può aiutare a sbagliare meno. Quello che dovrebbe essere a mio avviso evitato, però, è la critica "per sport", il bastiancontrarismo sistematico esercitato senza portare elementi o addiruttura portandone di errati. In questo modo si confondono i lettori. Si rischia di vanificare l'utilità di uno strumento che può dare la parola a tutti ma deve mantenere anche un livello accettabile di veridicità.
La premessa è che l'acquedotto Abbanoa che porta l'acqua del Flumendosa a Poggio dei Pini arriva al grande serbatoio che si trova nella collina di Su Sinzuru (Antenne sa Birdiera) e da quel punto serve tutto il nostro centro residenziale. Per giungere a Pauliara la condotta attraversava il canale scolmatore presso La Terrazza e seguiva il corpo diga, per poi diramarsi nelle strade del rione.
Le condotte idriche per legge non possono attraversare le dighe in terra (è vietato) né possono essere posate in zone ad elevato rischio idraulico. Le tubazioni vanno posate ad una profondità tale da scongiurare il pericolo che una alluvione possa tranciare i tubi e devono essere protette con dei rivestimenti di calcestruzzo, infine il letto del fiume va ripristinato morfologicamente con appositi accorgimenti, sempre molto costosi.
Nella condizione attuale del Rio San Gerolamo a valle della diga, tutta la zona è a forte rischio idraulico, pertanto non era assolutamente pensabile che il Genio civile autorizzasse attraversamenti del canale sfioratore, né dell’alveo a valle del canale stesso in quanto sarebbe stato necessario fare una relazione di compatibilità Idraulica, ai sensi del PAI, a firma di un ingegnere e di un geologo che attestassero, sulla base dell’art. 23 delle Norme di Attuazione del PAI, la perfetta compatibilità idraulica delle opere stesse.
In particolare, secondo le norme del PAI, le opere da realizzare entro gli alvei fluviali devono rispettare tutta una serie di rigide prescrizioni :
  • non devono peggiorare le condizioni di funzionalità del regime idraulico del reticolo idrografico, non aumentando il rischio di inondazione a valle;
  • non devono compromettere la riduzione o l’eliminazione delle cause di pericolosità o di danno potenziale né la sistemazione idrogeologica a regime (finale);
  • non devono aumentare il pericolo idraulico con nuovi ostacoli al normale deflusso delle acque o con riduzioni significative delle capacità di invasamento delle aree interessate;
  • non devono escludere la possibilità di formazione di nuove aree esondabili e di nuove aree permeabili;
  • non devono interferire con gli interventi previsti (o da attuarsi in futuro) dagli strumenti di programmazione e pianificazione di protezione civile;
  • non devono incrementare le condizioni di rischio specifico idraulico degli elementi vulnerabili interessati;
  • devono garantire condizioni di sicurezza durante l’apertura del cantiere, assicurando che i lavori si svolgano senza creare, neppure temporaneamente, un significativo aumento del livello di rischio o del grado di esposizione al rischio esistente.

Nelle condizioni attuali dell’alveo a valle della diga, appare ovvio che tale compatibilità idraulica non poteva essere attestata da alcun professionista, in quanto la condotta avrebbe costituito sicuramente un ostacolo al normale deflusso delle acque.

Le condotte di queste dimensioni e caratteristiche non sono soggette allo Studio di Impatto Ambientale, perché né la normativa nazionale (DPCM 27/12/1988) né quella regionale lo prevedono (Deliberazione n. 24/23 del 23/04/2008 – Allegato B1 prevede che siano sottoposti a procedura di VIA regionale solo gli acquedotti con lunghezza > 20 km). Inoltre per quest’ultima normativa vale anche quanto disposto dall’ art. 4 – Interventi esclusi - in cui si legge che “Non sono sottoposti a procedura di VIA i singoli interventi disposti in via d’urgenza, ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 5 della L. 24/02/1992 n. 225 al solo scopo di salvaguardare l’incolumità delle persone e di mettere in sicurezza gli immobili da un pericolo imminente o a seguito di calamità” .



Si ricorda infine che a seguito dell’emanazione dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3711 del 31/10/2008 tutti gli interventi sulle opere fognarie e idriche sono dichiarati indifferibili, urgenti, di pubblica utilità e costituiscono varianti al piano urbanistico vigente; inoltre il Commissario per l’Emergenza Alluvione 2008 per i progetti di opere incidenti su beni sottoposti a tutela (ai sensi del D.Lgsl.vo n. 42 del 22/01/2004 quali boschi, fiumi, laghi ecc.), ha facoltà di derogare alle procedure anche per eventuali vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e può derogare a numerose disposizioni di legge.
Questo significa che se il Commissario avesse voluto, avrebbe anche potuto imporre ad Abbanoa di attraversare tutta la pineta per realizzare al più presto la condotta anche se la pineta fosse sottoposta ad un vincolo per la presenza di un bosco.

Il CdA attuale, dopo aver effettuato alcuni sopralluoghi alla presenza dei tecnici della ditta e dell’Ufficio Tecnico della Cooperativa e dopo aver contatto la Direzione Lavori di Abbanoa, ha scelto di evitare di far passare la condotta dentro la pineta. Infatti si è appurato che il tracciato previsto dal progetto avrebbe comportato un danno molto più consistente dell’attuale soluzione tecnica, con la condotta posata lungo la sponda prospiciente il lago, sotto la quota del sentiero.

Si è constatato, infatti, che la soluzione prospettata mesi fa da Abbanoa alla Cooperativa (gennaio 2009) prevedeva oltre al taglio di numerose essenze arboree ed arbustive (pini, ginepri, sughere, lecci, corbezzoli, mirto, lentisco, fillirea, ecc.) anche l’utilizzo di mezzi di cantiere che, per le loro dimensioni (3-3,5 m) e per le condizioni di utilizzo (spazio necessario per la movimentazione dentro la pista), avrebbero dovuto realizzare uno sbancamento della larghezza variabile tra i 5 e i 7 m e della profondità variabile tra i 2-3 m. Per il tipo di scavo realizzato sarebbe stato necessario accedere alla pista anche con dei camion per allontanare i detriti, per posare la condotta e per realizzare i necessari tombini in corrispondenza di sfiati e scarichi (necessari per il corretto funzionamento della condotta). Tali operazioni avrebbero comportato la destabilizzazione del versante granitico, che in alcuni punti presenta una pendenza > 30% , con conseguenti problemi di stabilità non solo del sentiero (che sarebbe diventato una pista), ma anche del versante soprastante la pista stessa, e avrebbero innescato grossi problemi di erosione lungo la sponda del lago con conseguente trasporto di masse di detriti dentro il lago alle prime piogge autunnali. Inoltre a causa dell’età delle piante, delle dimensioni delle radici e della stagione secca, nessuna delle piante espiantate e reimpiantate (come richiesto dal Corpo Forestale) sarebbe sopravissuta ad una operazione del genere.

Il motivo per cui si è optato per il tracciato più basso sul bordo della sponda del laghetto è dovuto a quattro motivi:

  1. la sponda è molto meno acclive e permette l’effettuazione di uno scavo assai contenuto;
  2. l'impatto in termini di perdita di essenze di pregio è quasi del tutto assente;
  3. non si innescano erosioni e dissesti sul versante soprastante il lago;
  4. la vegetazione palustre, formata da canne e vegetazione di tipo essenzialmente erbaceo e arbustivo, a continuo contatto con le acque del lago, ha una capacità di ripresa vegetativa molto maggiore delle specie forestali. Tutti sappiamo che la canna comune dopo qualche settimana dal suo taglio, riesce a rigettare immediatamente e a vegetare più rigogliosa di prima.

A maggiore garanzia del ripristino immediato della fascia interessata dalle operazioni di posa della condotta, è stato chiesto che l’ impresa esegua una risistemazione della sponda del lago (peraltro ora visibile solo perché il livello dell’acqua è molto basso), mediante anche l’ impiego di tecniche di ingegneria naturalistica, con l’utilizzo di una biostuoia opportunamente ancorata a monte e a valle, che ha la capacità di favorire la stabilizzazione della zona scavata e di agevolare la ricrescita delle essenze naturali palustri.

La creazione di una pista dentro il bosco era stata vista, inizialmente, come la soluzione ai problemi di isolamento di Pauliara, poichè si pensava di sfruttare il lavoro dell’impresa per la creazione di un vero e proprio stradello che avrebbe facilitato tale collegamento pedonale. In realtà i danni e l’impatto in termini vegetazionali e geomorfologici hanno sconsigliato tale opzione, in quanto la realizzazione dei lavori secondo le modalità previste dall’appalto non fornivano rassicurazioni circa la tutela dell’ambiente naturale.

In ogni caso la sistemazione dello stradello e la sua migliore fruizione, resta un obiettivo di questo CdA. La realizzazione di un vero e proprio sentiero ciclo-pedonale magari anche regolarizzato e illuminato opportunamente , sollecitato anche da numerosi residenti di Pauliara, verrà affrontato e risolto quanto prima, insieme a tutte le altre questioni attinenti alla sistemazione definitiva della viabilità danneggiata dall’alluvione.

martedì 21 luglio 2009

OIL: un documentario senza documenti

Io lavoro nel Gruppo Saras. La raffineria mantiene me e la mia famiglia. Nonostante ciò, vorrei comunque scrivere a proposito del documentario intitolato "OIL, la forza devastante del petrolio, la dignità del popolo sardo” prodotto dal regista milanese Massimiliano Mazzotta, che è stato proiettato ieri qui a Poggio dei Pini.
Mi rendo conto che, considerata la premessa, il mio punto di visto possa essere considerato, da parte di chi legge, fortemente influenzato da un interesse personale. Ok, ci sto. Diciamo pure che su questo argomento io possa essere fazioso ed interessato. Vorrei lo stesso avere la possibilità di esprimermi. D'altronde può farlo il regista, che è a mio avviso ancora più "fazioso e interessato" di me (spegherò dopo il perchè), quindi penso a maggior ragione di farlo io che vivo e lavoro non lontano da quella che viene descritta come una "fabbrica di veleno e di morte". Dato che secondo Mazzotta potrei morire presto (in questo momento sto toccando di tutto), meglio parlare subito.

Nonostante l'importanza del lavoro, tantopiù nella nostra isola e in questo periodo di grande crisi economica, non sono disposto ad accettare l'idea che esso rappresenti il mio interesse riconosciuto e che invece non lo sia la salute.


Allo stesso modo mi sembra poco verosimile e rispettosa l'immagine di cinquemila kamikaze che, per 1500 euro al mese, vadano a prendere la loro dose quotidiana di veleno e di morte senza battere ciglio.
Ancor più ridicola l'idea, prospettata ieri da qualcuno in sala, che un dipendente Saras riceva una specie di "lavaggio del cervello" che gli impedisca di intendere e di volere.

Dopo avere chiarito la mia posizione di lavoratore Saras e cittadino presunto "inquinato", residente nell'area definita nel documentario più o meno come una schifezza, veniamo a Mazzotta. Cosa spinge questo giovane milanese a occuparsi del nostro territorio? Ha perso un parente a causa di un tumore e ha deciso di scoprirne le cause? E' un sardo che vuole difendere la sua terra? Per carità tutti si possono occupare della Sardegna e io potrei decidere di scrivere un libro su Canicattì. Abbastanza ridicolo invece quel sottotitolo del documentario "la dignità del popolo sardo". Ma che c'entra con il tema? Il regista milanese vuole difendere la dignità dei sardi, oppure è solo un mettere le mani avanti, una sviolinata ai sardi nel sottotitolo per giustificare il fatto che lui, con la Sardegna non ha niente a che fare e che, invece, sta sfruttando una situazione presente nella nostra terra per giocarsi la carta del successo personale.
Sicuramente Mazzotta si è ben documentato su questa terra e sugli impianti petrolchimici, non lo metto in dubbio. Però non sono nato ieri ed è da lungo tempo che non credo più a Babbo Natale. Vendere libri o film dedicati a qualcosa che funziona significa un fallimento editoriale assicurato. I prodotti che vanno forte sono invece gli scandali, i disastri, il pericolo, le guerre, la morte, le tragedie.
Vogliamo ricordare qualche esempio? Salman Rushdie scrive un illeggibile polpettone che vende milioni di copie solo perchè si becca una fatwa dagli ayatollah iraniani.
Michael Moore produce un documentario pieno di illazioni su eventuali trame che starebbero dietro agli attentati alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001. In quel documentario si portano avanti tesi incredibili del tipo "Bin Laden è al soldo degli americani", oppure "Le torri con i loro 5000 morti sono state fatte saltare in aria dagli americani per dare la colpa agli arabi e iniziare la guerra". Nonostante le prove a supporto di queste affermazioni siano scadenti, come ad esempio "la famiglia Bin Laden ha fatto affari con gli USA", quel documentario ha reso famoso l'autore che oggi è entrato a far parte dello Star System a stelle e strisce.
Non so se Mazzotta ambisca a diventare il Michael Moore italiano e se abbia selezionato la zona industriale di Sarroch come trampolino di lancio per la propria carriera. Questa è solo una mia illazione, esattamente come una delle tante che sono contenute in questo documentario.

Ma di cosa parla "OIL", in concreto? A parte l'accattivante e ben realizzato mixaggio audio-video, che sicuramente affascina e ipnotizza lo spettatore, quali sono i messaggi e, soprattutto, le informazioni che si vogliono trasmettere? In verità, pochi, già sentiti e confusi. E' un documentario o un videoclip?
Del fatto che l'impianto IGCC Sarlux, che produce 550 MW (un terzo di tutta l'energia elettrica prodotta in Sardegna) sia stato finanziato con la delibera CIP6 sulle energie rinnovabili se ne è parlato già da tempo. Questo argomento è stato oggetto di una seguitissima campagna di informazione e di protesta attuata da Beppe Grillo.
Affermare poi che il modello di sviluppo ottimale della Sardegna oggi non dovrebbe prevedere l'industria petrolchimica significa ripetere concetti che circolano da decenni. Benvenuto nella Sardegna delle cattedrali nel deserto, grazie per avercelo ricordato.
Tutto vero, ma il Cip6 non ha nulla a che vedere con l'inquinamento e la salute e le strategie industriali che pianificano la nostra economia, semmai dovessero essere realizzate, non possono certo far sparire con la bacchetta magica le industrie già presenti. Mi sembra una ovvietà. Soldi sprecati del contribuente italiano, cattiva progettazione dell'economia del nostro paese. Purtroppo banalità che non costituiscono, a causa della loro quotidianità, una notizia interessante, peraltro già trattata da altri in precedenza.

Per rendere il documentario più "piccante" sono necessari ben altri elementi: morte, pericolo, allarme.
Ecco quindi che vengono mostrate ciminiere fumanti a go-go, testimonianze di parenti di persone decedute di tumore e personaggi che si aggirano fuori dai bar sarrochesi. Il tutto è sicuramente molto pittoresco ma, mi chiedo, rappresenta realmente la società e la gente di Sarroch?
Ci sono poi le interviste ai dirigenti Saras che spiegano quali siano i prodotti della Raffineria. Abbiamo quindi scoperto che tutti quei tubi e quei silos non servono a produrre cioccolato o zucchero filante, ma la benzina e i derivati chimici con i relativi rifiuti tossici. Alcuni operai testimoniano che questi rifiuti sono veramente puzzolenti. E vorrei ben vedere se odorassero di gelsomino. Quello si che sarebbe lo scoop tanto ricercato da Mazzotta.
Compare a un certo punto anche un bel polpo che si dimena prima di finire probabilmente sotto forma di insalata di mare in qualche ristorante del litorale. Tutto fa brodo, anche il polpo.
L'assemblaggio di tutte queste immagini e testimonianze porta però a suffragare una tesi che seppur mai espressa chiaramente dai sottotitoli del documentario, rappresenta il tarlo che poi cerca di farsi strada nell'immaginazione dello spettatore: la raffineria causa la morte, la raffineria inquina in modo illegale, i tumori che si verificano tra i lavoratori e i residenti sono causati dall'inquinamento. A suffragare questa tesi drammatica e inquietante, non viene portato nessun elemento scientifico. Durante l'intero documentario non ho visto proiettare sullo schermo nemmeno una tabella. I numeri danno fastidio alle tesi prive di fondamento.
Quali sono le incidenze delle malattie sensibili all'inquinamento nel comune di Sarroch rispetto ad altri aventi caratteristiche simili (non Aritzo o Burcei per esempio)? Ha senso presentare le testimonianze di disperati parenti di persone decedute di tumore, pur sapendo che questa terribile malattia colpisce in qualsiasi angolo del pianeta e che solo alcune tipologie di tumore, a causa del funzionamento del corpo umano, possono essere ricondotte anche a cause riconducubili all'inquinamento atmosferico?

Il documentario mostra molte immagini di ciminiere e fumo. Noi quelle ciminiere le abbiamo viste in tutte le situazioni: con vento e senza, di giorno e di notte, con il sole e la pioggia. Si stagliano sempre sui monti del capoterrese, di Pula o sul mare. Conosciamo i colori della nostra terra e della nostra aria, anche quella di Sarroch. Mi e venuto da pensare che ogni volta che arrivo in Val Padana trovo sempre quell'atmosfera orripilante che ti si appiccica addosso, che non ti fa mai vedere il sole. Io, sardo, provo sempre un senso di nausea e fastidio e penso a come non mi piacerebbe vivere respirando ogni giorno tutte quelle schifezze (lo smog non è aerosol). Adesso viene qui dallo smog questo Mazzotta e mi dice che la mia aria fa schifo. Ma l'hai vista la tua?

Viviamo davvero nel paese di Pulcinella, privo di rilevazioni e di controlli o, ancor peggio, siamo tutti in pericolo di vita? E' questo il risultato che vuole ottenere il documentario? Dovremmo far chiudere gli impianti, oppure fuggire solo per avere visto un videoclip senza neanche un numero?
Sono argomenti delicati che non possono essere trattati con superficialità. Non si può spalmare merda senza elementi concreti, nemmeno addosso ai ricchi petrolieri anche perchè il lavoro non lo perdono loro, ma i 5000 che ci lavorano. Se questa industria mette veramente a rischio la mia salute sono il primo a volerlo sapere, ma tutti dobbiamo pretendere una informazione corretta basata su fatti concreti, non sul complottismo o sul sensazionalismo.
Se i cittadini vogliono maggiori garanzie di quelle che vengono già fornite sia dall'industria che dalle istituzioni, ne hanno tutto il diritto. Volendo fare qualcosa in prima persona, possono anche costituirsi in associazione e cercare di ottenere maggiori informazioni o spingere affinchè vengano diminuiti certi rischi, una volta appurati.

E' utile (a noi, non a lui) l'arrivo del signor Mazzotta da Milano che, rifacendosi a un banalissimo clichè del sardo "da bar", bruttarello, sdentato, sgrammaticato e non sbarbato (a Sarroch ci sono anche persone che si radono), fa un pò di colore e cerca la fama lasciandosi dietro una scia di sospetti e di timori?
Oppure Mazzotta è un eroe che ha aperto gli occhi ai cittadini dormienti, comprati con le buste paga o soggiogati da quelle che qualcuno nel documentario definisce come la "mafia" petrolifera?
I cittadini di Sarroch sono veramente come sono stati dipinti, oppure le interviste sono state selezionate in modo strumentale a supportare la tesi che dall'inizio il regista voleva portare avanti. Non esistono persone che parlano un corretto italiano a Sarroch? Ma su, andiamo!

Mi verrebbe la voglia di fare un documentario sui tanti che dopo avere trascorso una vita intera dentro la Raffineria, si godono la pensione e la vecchiaia in buona salute. Ma quello non fa notizia.

domenica 19 luglio 2009

Salvati i pini lungo il lago

Sino al 22 ottobre scorso la condotta che porta l'acqua del Flumendosa nel rione di Pauliara attraversava il canale scolmatore della diga. Quel "tubo" era stato divelto in pochi secondi e, da allora, l'approvvigionamento idrico di Pauliara è stato affidato a una condotta "volante".
Nell'ambito del ripristino della rete idrica e fognaria, i progettisti di Abbanoa hanno deciso di evitare l'attraversamento del S. Girolamo in un punto così delicato e di raggiungere Pauliara passando dall'altra parte del lago, dove si trova la pineta.

In verde il tracciato della nuova condotta, in rosso il tracciato in mezzo alla pineta dove passa il sentiero.

Qualche settimana fa le ruspe hanno portato le nuove tubazioni verso la pineta, fermandosi ai bordi del lago presso l'ex Rudere Grusap e, dalla parte opposta, lungo la strada 54.
Abbanoa aveva preso accordi con la Cooperativa, decidendo di aprire una pista ampia come uno stradello che doveva sostituire il sentierino molto stretto a pittoresco che tutti conosciamo
Il problema è che per effettuare lo scavo in un terreno granitico deve essere usato un Caterpillar di notevoli dimensioni, che per muoversi deve aprire una breccia larga almeno 5 metri. Non si sa con esattezza quanti alberi sarebbero stati sacrificati. Quel sentiero lo conosciamo tutti: non ci sono solo pini ma anche alcune querce e ginepri di grandi dimensioni. Direi che ci saremmo giocati dai 30 ai 50 alberi. Non so neanche quale sarebbe stato l'impatto visivo su quella che è certamente la cartolina più rappresentativa di Poggio dei Pini: il lago con la pineta e i contrafforti rocciosi del M. Pauliara.

Poco prima che le ruspe si mettessero in funzione il nuovo CdA della Cooperativa, appena insediato, ha cercato una soluzione per evitare l'abbattimento degli alberi.
Devo ammettere che anche io non ci credevo. Passavo e ripassavo in quella zona cercando di immaginarmi un percorso per la ruspa che non fosse disastroso. Niente, alberi ovunque. Ero preparato al peggio: sacrificare questi alberi per portare l'acqua a Pauliara e sperare che il "buco" nella pineta non fosse troppo evidente.
Invece la soluzione era proprio sotto il nostro naso: il tubo può passare lungo le sponde del lago, che attualmente sono "ribassate" a causa della nota operazione successiva all'alluvione del 22 ottobre. Come si può vedere nelle foto, la ruspa ha potuto facilmente aprirsi il passaggio senza abbattere nemmeno un albero.
Ci auguriamo tutti che quella sponda possa essere presto nuovamente sommersa.

Non me ne intendo di condotte idriche e non sapevo che il tubo potesse essere anche sommerso. Ignorante vero? Però evidentemente non ero il solo!!!

Ruspe in azione lungo il lago



In vero sono molto contento che il sentierino delle mie passeggiate lungo il lago resti così com'è e che il panorama più bello di Poggio, che ha già perso un pezzo di blu, non debba perdere anche una pezzo di verde.

sabato 18 luglio 2009

Oil & GAS

Mi permetto di usare un gioco di parole per presentare due iniziative della Associazione 22 Ottobre che si terranno la settimana prossima.


Lunedì 20 luglio alle ore 21 nella Piazzetta Ricchi del Centro Commerciale l’Associazione 22 Ottobre organizza la proiezione del documentarioOil, la forza devastante del petrolio, la dignità del popolo sardo” del regista Massimo Mazzotta che sarà presente al dibattito che seguirà la proiezione.


Mercoledì 22 luglio alle ore 19 presso i locali della Cooperativa si terrà un incontro pubblico sul tema “IGAS- Gruppi d'Acquisto Solidale uno strumento per un consumo eco-consapevole”. All'incontro parteciperanno, oltre ai rappresentanti dell'Associazione 22 Ottobre anche quelli dell'Associazione Sarda AgricolturaBiologica (ASAB).

mercoledì 15 luglio 2009

Portale: lavori in corso

I lavori del nuovo Portale della Cooperativa Poggio dei Pini mi tengono un po' lontano dal Blog. Forse non tutto il male viene per nuocere dato che ciò mi ha impedito di scrivere qualche pezzo non molto politically correct su alcune situazioni che mi sono trovato ad affrontare in Cooperativa.
Veniamo al Portale. Un piccolo gruppo di persone sta partecipando alla sua realizzazione, primo esempio di quella apertura alla partecipazione che ha rappresentato uno dei cavalli di battaglia per il nuovo Consiglio di Amministrazione.
L'obiettivo è di mettere online un primo nucleo entro la fine di questo mese. Trattandosi di una applicazione modulare, essa si amplierà con il passare del tempo, arricchendosi di nuove funzionalità. Dobbiamo comunque incominciare.
Il portale sarà il punto di riferimento per l'informazione a Poggio, non solo, però, il punto di contatto tra i residenti e la Cooperativa. Un obiettivo ancora più importante è quello di utilizzarlo per supportare nuove e vecchie attività ricreative e culturali o che riguardano la nostra quotidianità. In qualche modo ci coinvolgerà tutti.
Dato che se leggete questa pagina siete già utenti di internet chiedo subito il vostro aiuto: come vorreste questo portale? Cosa vorreste trovarci?

domenica 12 luglio 2009

La vendita dei reliquati è stata sospesa

di Giuseppe Monni

Il primo obiettivo è stato raggiunto: l'operazione sui cd “reliquati è stata bloccata. Il nuovo CdA ha ereditato una situazione disastrosa: un territorio devastato (e non solo dall'alluvione), una gravissima situazione debitoria, la fine dei lotti vendibili, una Variante al Piano di Lottizzazione criticata e, prevedibilmente, respinta dalla Regione, e un clima di discordia e veleni che ha diviso la nostra comunità. Noi neo consiglieri avremmo voluto occuparci 24h su 24h della soluzione di questi problemi, e ovviamente abbiamo già iniziato a farlo, e nei prossimi mesi, siamo certi, inizieranno a vedersi i risultati dei nostro lavoro, ma la prima emergenza che abbiamo dovuto affrontare è stata un'altra: bloccare le iniziative sbagliate, o comunque impopolari, che il precedente CdA aveva intrapreso. Tra queste iniziative sbagliate, quella di (s)vendere i cd “reliquati”. Cosa sono i “reliquati” (che qualcuno chiama anche “reliquati verdi”, per tentare di tranquillizzarci...)?


Alcuni dei reliquati in zona Pauliara

Un reliquato, secondo la sua esatta definizione, è un pezzo di terreno che, quando sono stati ritagliati i lotti edificabili, è rimasto fuori: è un rimasuglio, che, per sua stessa natura, è molto piccolo, è spesso intercluso all'interno dei lotti edificabili, e comunque ha caratteristiche che lo rendono difficilmente commerciabile (è in zone scoscese, è attraversato da corsi d'acqua, o da linee elettriche, etc.): altrimenti, com'é ovvio, lo si sarebbe trasformato in lotto edificabile fin dall'inizio!

Di questi reliquati, a Poggio dei Pini, ne erano rimasti parecchi, dopo che era stata disegnata la lottizzazione, perché i progettisti erano stati attenti a non realizzare lotti edificabili in zone inadatte (purtroppo, qualche errore fu commesso anche allora: errori che infatti hanno creato problemi e cause giudiziarie tra soci e la Cooperativa...).
Per decenni si è pensato di vendere alcuni di questi reliquati a chi, avendo il lotto confinante, aveva interesse ad allargare il proprio giardino. Nel 1979 erano stati individuati e messi in vendita una dozzina di reliquati, ma l'operazione non aveva avuto un grande successo e l'idea era stata accantonata.
Il CdA guidato da Calvisi, invece, a meno di 90 giorni dalla fine del suo mandato, ha deciso di riprendere il progetto del 1979 e ampliarlo: sono stati così individuati oltre 60 “reliquati” per una estensione totale di oltre 104.000 mq (!): in altre parole, il passato CdA ha deciso di mettere in vendita oltre 10 ettari di territorio della nostra Società!


Altro che rimasugli: la grandezza media di questi “reliquati” era di oltre 1700 mq ciascuno, ma c'erano molti “reliquati” che superavano i 4000, i 5000, e i 6000 mq! Uno, addirittura, era esteso quasi 7000 mq! E non è finita: praticamente tutti questi “reliquati” non erano affatto interclusi o inaccessibili: al contrario, erano zone che i poggini hanno sempre utilizzato come verde pubblico, per portare i propri bambini, i propri cani, per fare passeggiate, o sport, o cercare funghi...: per fare, insomma, la vera vita che chi ha scelto di abitare al Poggio vorrebbe continuare a fare. O vogliamo dire che siamo venuti al Poggio per vivere in case grandi? No: siamo venuti a vivere al Poggio per vivere nel verde. In un verde non solo privato, ma soprattutto pubblico, dove si potesse coltivare una vera vita comunitaria (ché per star chiusi nei nostri giardini saremmo potuti andare a vivere in qualche altra lottizzazione....).
Non a caso, durante la campagna elettorale, la maggior parte dei poggini ci ripeteva: “La prima cosa che dovete fare è bloccare questa operazione scandalosa dei reliquati!”. Ed è quello che abbiamo fatto. Anche perché (è bastato osservare la planimetria, e chiunque di noi può farlo) questi sedicenti “reliquati” (che tali non erano) erano stati disegnati in maniera incomprensibile: lunghi serpentoni adiacenti ai lotti, di cui ciascun frontista avrebbe potuto recintare un pezzo. In effetti si sarebbe trattato di un vero affare (per chi avesse acquistato, ovviamente: non certo per la Società o per i soci rimasti fuori dalla spartizione) se si pensa che, ad esempio, venivano messi in vendita lotti di quasi 3000 mq a meno di 10.000 euro, o lotti di oltre 4100 mq a meno di 16.000 euro!
Il passato CdA (con la sola eccezione del consigliere Levanti, che aveva tentato in tutti i modi di opporsi: vedi verbali del 27 marzo e del 24 aprile 2009) aveva fissato un prezzo medio di 6 euro a mq!


Altri reliquati in zona Campi sportivi

Ora, se calcoliamo che i lotti edificabili, al Poggio, vengono venduti anche a 120 euro a mq, significa che il precedente CdA ha valutato che la possibilità di raddoppiare la grandezza del proprio giardino vale 20 volte meno della possibilità di edificarvi. Noi, invece, pensiamo che, in un mondo così antropizzato, la possibilità di godere di zone verdi debba essere considerata preziosissima, e quindi il verde residuo di Poggio dei Pini, specialmente se si decide di sottrarlo all'uso pubblico per cederlo ad un privato, debba essere valutato ad un prezzo non lontano da quello dei lotti edificabili.
E proprio riguardo all'edificabilità del lotto dobbiamo denunciare una delle ambiguità più gravi del regolamento di assegnazione approvato dal CdA di Calvisi: infatti, dopo aver dichiarato mille volte l'assoluta inedificabilità del reliquato, lo stesso regolamento afferma che se il socio vorrà utilizzare il reliquato per aumentare la cubatura edificabile del lotto cui accede, basterà un'autorizzazione della Cooperativa (!).
Insomma, per farla breve, l'intera operazione è subito apparsa così ambigua, così contraddittoria, e soprattutto così svantaggiosa per la Cooperativa e per i suoi soci, che il nuovo CdA ha deciso di revocarla. Questo, sia chiaro, non significa che il nuovo CdA sia contrario al principio di individuare e vendere eventuali reliquati: devono essere, però, veri reliquati (ossia, piccoli appezzamenti di terreno, possibilmente interclusi, tassativamente mantenuti a verde), non devono essere a rischio idrogeologico, e soprattutto devono essere messi in vendita ad un prezzo decente. Ecco perché il nuovo CdA ha subito chiarito, a chi è interessato ad acquistare eventuali reliquati, che nei prossimi mesi sarà rifatto un piano di assegnazione, che però non avrà tutti i difetti del precedente e, si spera, riuscirà a contemperare le esigenze di cassa con il sacrosanto diritto dei poggini di continuare a godere di un vasto verde pubblico, senza temere che esso sia svenduto, danneggiando quindi due volte i soci.
Una cosa è certa: un piano del genere, che influirà sulla qualità della vita di tutti i poggini, e che avrà implicazioni economiche così rilevanti, dovrà essere preventivamente sottoposto all'analisi di tutti i soci. E per dimostrare che il nuovo CdA baserà tutta la sua azione sulla massima partecipazione e sulla massima trasparenza, faremo in modo che tutti i documenti relativi alla passata e alla futura operazione, saranno pubblicati (gli elenchi dei reliquati, le richieste di acquisto pervenute alla Cooperativa, etc.) non appena il Portale ufficiale della Società sarà riattivato (grazie al lavoro che sta portando avanti il consigliere Plazzotta).

domenica 5 luglio 2009

Capire come funziona la macchina per cambiare direzione

Il nuovo CdA della Cooperativa è al lavoro per sbrogliare una matassa di notevoli proporzioni, resa ancora più complicata all'ultimo momento da alcune discutibili iniziative (reliquati e altre cessioni) prese dal CdA uscente pochi giorni prima della scadenza del mandato.

In linea generale, dato che i soci hanno scelto di cambiare, ci vorrà qualche tempo per comprendere il funzionamento di questa macchina che andava a tutta velocità verso il precipizio (basta guardare i bilanci) e correggere lentamente la direzione per dirigerla verso quegli obiettivi contenuti nei programmi di chi è stato scelto per guidarla lo scorso 20 giugno. Inoltre, anche se non sarà facile, è indispensabile interrompere non poche dinamiche negative che si erano incancrenite nel tempo, causando sprechi ed inefficenze. Portiamo tutti un di pazienza, Roma non fu costruita in un giorno.

Direi, anzi, non solo di portare pazienza ma, per quanto possibile, di approfittare di questo momento di "ricostruzione" per ritrovare quella voglia di fare e di partecipare che forse si era assopita in molti di noi. Non certo negli indomiti ragazzi del Grusap che, ormai si può dire "da generazioni", non hanno mai mollato. E neanche nei volontari della Biblioteca o della Parrocchia. Ma siamo sicuri che le potenzialità della comunità poggina non siano di gran lunga superiori? E' il momento di uscire dal guscio.

La Cooperativa e il nuovo CdA apriranno molti fronti di azione, e vi saranno progetti nei quali l'apporto di ciascuno di noi sarà determinante. Significherà, inutile negarlo, anche una concreta opportunità di risparmio, tantopiù indispensabile in questi tempi di vacche magrissime.
Io non credo che, come un anziano ex-amministratore affermò l'anno scorso in assemblea, la maggior parte dei soci desideri solo passeggiare con il cane e lasciar fare tutto a "quindici-eroici amministratori-quindici". Mi rendo conto che molti anni di silenzio e chiusura possono avere lasciato il segno come in quei rubinetti ossidati che non vogliono aprirsi.

Ci sono centinaia di soci che sono venuti a vivere qui nell'ultimo decennio e hanno conosciuto solo la Poggio dei muretti a secco e delle strutture che chiudevano: chiusi gli impianti sportivi, chiuse le piscine, chiuso il notiziario. Giocoforza il cambiamento si è portato dietro di se anche attriti e divisioni che è indispensabile superare. Non voglio fare demagogia. Superare le divisioni non significa far finta di non vedere, in nome del "volemose bene", certe storture che si sono verificate in passato. Significa guardare avanti, verso obiettivi più importanti, alcuni vicini e altri più in la nel tempo. Dobbiamo capire e decidere dove vogliamo andare e incamminarci in quella direzione.

Unirsi e lavorare insieme non deve significare dar vita a caotiche combriccole nel nome del "centu koncas, centu berrittas". Non è pensabile che si preferisca essere in 15 anzichè in 1000 solo perché è più semplice, o per altri oscuri motivi.
Devono formarsi gruppi di lavoro che intendono raggiungere obiettivi programmati e condivisi.
Vogliamo più verde? Progettiamo, programmiamo, prendiamo gli strumenti e realizziamo. Cosa altro vogliamo? Più informazione e trasparenza? Un bilancio in pareggio? Servizi funzionanti? Attività sportive e sociali? Ripristino del lago? C'è veramente tanto da fare, sono certo che tanti residenti possono dare una mano.

Coi miei colleghi del nuovo CdA cercheremo di riattivare quello spirito che favorisce la partecipazione. Sarà ovviamente tutto inutile se voi non parteciperete.
Attenzione però, non è un gioco di società. La posta in palio è il futuro del luogo che abbiamo scelto per vivere e per far crescere i nostri figli.

Un primo gruppo di lavoro si è formato nel settore dell'informazione e comunicazione telematica.
Rinnovo l'invito a tutti coloro che fossero interessati a questo tema. Mi piacerebbe che del team facessero parte anche un paio di giovani (veri). A loro questo luogo non offre molto e sono certo che potrebbero fare una esperienza molto interessante anche per il loro futuro.

mercoledì 1 luglio 2009

Autobus: Poggio e le altre frazioni più isolate

Dal 1 luglio 2009 sono entrati in vigore nuovi orari delle corse per e da Poggio dei Pini .

Questi nuovi orari penalizzano in maniera evidente gli abitanti delle frazioni collegate con la su menzionata autolinea in particolare la sera essendo state eliminate le corse serali, questo disagio e ancora piu' evidente in estate quando l'ultima corsa termina a Capoterra alle 21.11 dopo bisogna utilizzare i propri mezzi. Voglio anche segnalare il degrado dei mezzi che la Baire mette a disposizione: sono in genere sporchi, vecchi e spesso non portano a termine le corse perche' si guastano. Chi condivide la mia mail è pregato di scrivere una mail a trasp.urp@regione.sardegna.it. Contattare il comune di Capoterra ho contattato anche la Cooperativa.

grazie saluti. Sergio Loddo

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