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martedì 24 agosto 2010

Il senso del volontariato

Parlare di volontariato a Poggio dei Pini è come parlare di Cannonau a Oliena o di bottarga a Cabras.
In relazione ai soli duemila abitanti, in questa frazione capoterrese c'è una forte concentrazione di iniziative di volontariato. Quello vero, non quelle iniziative imprenditoriali mascherate da no profit per non pagare le tasse. Non so se riuscirei a citarle tutte, ma a Poggio opera una delle più attive tra le piccole biblioteche della Sardegna, un vero e proprio centro di diffusione culturale dove non solo si prestano i libri, ma ci si incontra e ci si confronta su temi che spaziano a 360 gradi nello scibile, dalla storia ai funghi porcini.
Ci tengo sempre a ricordare, dato che oggi in tanti ci leggiamo sullo schermo di un computer, che in quella biblioteca, nel 1997, è stato realizzato anche il primo sito internet capoterrese.
Che dire poi del Grusap, che non solo ha difeso il territorio di tutta la provincia dagli incendi, ma è stata una palestra di vita per generazioni di ragazzi di Poggio e dintorni. E lo sport, che prima del disastroso tracollo seguito alla sciagurata decisione di chiudere il gruppo Sportivo, vedeva a Poggio la presenza di squadre agonistiche di basket e calcio, oltre al tennis amatoriale. Chiudo la rassegna ricordando le iniziative di solidarietà nei confronti di poveri e malati collegate con la parrocchia e la Misericordia. In un modo o nell'altro, moltissime famiglie della comunità pogggina sono coinvolte in attività legate al volontariato. Esiste poi, innegabilmente un'altra Poggio, quella delle ville extralusso abitate da persone che hanno scelto questa località come una residenza esclusiva, un luogo in cui isolarsi nel proprio piccolo mondo dorato.
Mi sono chiesto spesso, nel lento passare dei miei venticinque anni di vita a Poggio, in cosa fosse diverso questo luogo e che cosa lo rendesse speciale. Eppure le persone che ci vivono sono qui esattamente uguali a qualsiasi altro villaggio del mondo: fantastici, stronzi, ignoranti, meravigliosi. C'è un pò di tutto. Ciò che rende diverso questo luogo da molti altri che lo circondano è il senso di appartenenza alla comunità e, soprattutto, al territorio, non solo della propria abitazione. Molti di coloro che vivono qui, soprattutto se sono arrivati prima che Poggio diventasse un posto "alla moda", sentono come proprie le strade, le pinete, il lago, la montagna. Guai a toccare le pinete! Anche se sembrano addormentati, sono stati capaci di svegliarsi tutti insieme e di "rovesciare" chi aveva poco opportunamente deciso di trasformarle in giardini privati, costellati di case, piscine e quant'altro. Probabilmente l'origine di questo legame tra il residente e il territorio in cui vive è da ricercarsi nel momento della fondazione stessa di Poggio dei Pini, in quella Cooperativa che ha realizzato un progetto raro e innovativo, in quel sogno dei fondatori che hanno prodotto frutti non solo nell'armonia urbanistica del centro residenziale, ma anche nello spirito di chi ci abita.
Ma vorrei tornare al tema proposto dal titolo di questo post: il volontariato. E' una risorsa, ci consente di migliorare il luogo in cui viviamo e di crescere come persone. Una risorsa deve essere tutelata, perche, come al solito, c'è sempre qualcuno che cerca di approfittarsene. Alcuni recenti episodi a cui ho assistito mi hanno portato a riflettere su questo tema.
In particolare mi sono chiesto: i soci, o comunque chi collabora con la Cooperativa, lo fa come volontario o come prestazione professionale? Per carità non ho nulla contro le prestazioni professionali ed è giusto che chi viene interpellato per svolgere attività inerenti alla propria professione lo faccia dietro la corresponsione di una somma di denaro. Ciò non toglie che il prestatore d'opera possa anche decidere di "regalare" una parte del proprio tempo alla collettività, oppure al vicino che ha bisogno di aiuto etc. Insomma vivere in una società capitalista rende certamente lecito lo scambio tra lavoro e denaro, ma è altrettanto lecito costruire una rete di solidarietà e di attività gestite con lo spirito del volontariato. Nelle radici della civiltà sarda troveremo più esempi di questo tipo che dello yuppismo importato da Wall Street.
Una cosa però deve essere chiara: non si devono confondere le due cose. E' una questione di correttezza. Proprio perchè comprendiamo il valore del volontariato dobbiamo tutelarlo. E' giusto, anzi auspicabile, che chi usufruisce dell'opera gratuita dei volontari renda loro perlomeno un tributo di ringraziamento. L'apprezzamento fornisce al volontario quel riscontro che gli darà più forza per continuare a fare ciò che sta facendo. Capita anche a me quando ricevo i vostri complimenti e le incitazioni a portare avanti le mie pubblicazioni telematiche.
Ciò che invece non trovo corretto è il mascheramento, dietro alla facciata del volontariato, di interessi personali di vario tipo che ben poco hanno a che vedere con il bene della collettività. C'è chi ama fregiarsi della carica di "presidente" per fare carriera politica a livello locale, c'è chi si mostra sempre con la divisa da volontario per far vedere di essere una persona impegnata nel sociale. Piccolezze che però insultano e mortificano i tanti che invece, indossano le stesse divise per puro altruismo e lo fanno quando serve, non alle riunioni pubbliche o al bar.
Come residente e socio della Cooperativa Poggio dei Pini ho vissuto gli anni della "trasparenza zero" assistendo alle sequele di ringraziamenti da parte degli amministratori nei confronti di Tizio e Caio senza potere poi verificare, fatture alla mano, se le attività svolte fossero realmente "gratuite" oppure no. Anche quello è un modo per creare consenso: ringraziare il maggior numero di persone possibile mentre, magari, si utilizzano i soldi dei soci in modo quantomeno avventato e così, tra un sorriso e una stretta di mano, siamo tutti contenti e nessuno sa niente. Cosicchè io, socio che in qualche modo ha sempre cercato di tenersi informato sull'andamento dell'amministrazione poggina, ritenevo che fossero tanti i benemeriti che davano una mano gratuitamente. Mi sbagliavo, non era così per tutti. Ho però avuto un sussulto di sorpresa quando ho letto una comuncazione con la quale un socio, che ho sempre creduto fosse un volontario, anche perchè ripetutamente ringraziato da qualche consigliere di amministrazione, richiede alla Cooperativa, e quindi a tutti noi, il pagamento di una somma considerevole: quarantottomila euro! Alla faccia del ringraziamento!

(foto: http://www.flickr.com/photos/31405632@N06/)

martedì 10 agosto 2010

Pauliara: un altro inverno senza ponte


Di questo ponte di Pauliara nel blog ne abbiamo parlato in lungo e in largo. Abbiamo seguito tutto l'iter che avrebbe dovuto, a quasi due anni dal 22 ottobre 2008, vedere già realizzata un'opera pubblica che, suvvia, non è impegnativa come il Ponte sullo stretto di Messina.
Difatti, anche se il sindaco di Capoterra una volta affermò che questo ponte sarebbe aldilà dalle capacità organizzative di un comune di ben 30 mila abitanti, di opere come questa ne vengono realizzate decine ogni anno in molti comuni sardi, come utilmente riportato in un commento di Giuliano Patteri, sempre qui nel blog. Beh in realtà questa scusa non è niente se confrontata con quella "sparata" dal consigliere comunale Mallus qualche mese dopo: "non si può fare un ponte che collega due proprietà private". No comment.
Ad ogni modo quei sette mesi che sono stati sprecati dal Comune di Capoterra stanno diventando quasi ininfluenti se paragonati con il il tempo biblico che una nutrita schiera di enti e agenzie regionali stanno impiegando per avviare i lavori.
Ricordare che il famoso milione di euro era stato stanziato solo 1 mese dopo l'evento alluvionale fa una certa tristezza, se si pensa al nulla che è stato fatto nei due anni successivi.
In questa stagione estiva il fastidio si sente, perchè attraversare quella specie di Acheronte in secca con buche e sassi non fa certo bene alle sospensioni e agli pneumatici delle automobili. in inverno, però, lo sappiamo tutti, quel guado e tutte le sue alternative rappresentano un disagio veramente dantesco.
Anche dal punto di vista psicologico, la realizzazione del ponte avrebbe potuto rafforzare il senso di presenza ed efficienza dello stato in seguito a quella che è stata una delle peggiori calamità regionali di sempre. Costruire è il contrario di distruggere, fornisce un senso di positività e di ottimismo, anche se nessuno dimenticherà mai quel giorno.
Nello scorso dicembre è stata data con enfasi la notizia della realizzazione del progetto "quasi definitivo" del ponte. Il Portale della Cooperativa Poggio dei Pini ha diffuso anche i rendering fotorealistici del nuovo ponte. Sembrava fatta. Quanto ci vorra? Un po' di burocrazia, certo, ma ci vorranno 5 mesi di lavoro. Siamo a dicembre, beh dai, in autunno il ponte dovrebbe essere pronto.
Arriva la primavera e si scopre che la burocrazia sta "aggredendo" come un cancro l'iter del ponte mentre il "povero" Genio Civile (che ha in mano la patata bollente ammollata da Marongiu e dai suoi "dilettanti della politica") non sa più che pesci pigliare. D'altronde la legge è legge e un funzionario non può fare a meno di applicare la burocrazia, anche se è perfettamente consapevole della sua inutilità, perchè altrimenti non farebbe il suo dovere e rischierebbe grosso.
L'intero territorio di Capoterra fa parte di un'area sottoposta a vincolo come potenzialmente inquinata, in quanto si trova, seppur molto distante, tra le aree industriali di Sarroch e di Macchiareddu. Certo tutti sanno che un eventuale sversamento di idrocarburi nella raffineria non potrebbe attraversare tutto l'agro di Villa d'Orri, mezza tuerra capoterrese e risalire il corso del S. Girolamo sino ai piedi del M. Pauliara. Nessuno potrebbe immaginare che una perdita nelle condotte dell'Enichem di Macchiareddu possa attraversare lo stagno di Capoterra, svoltare dopo le Case del Sole, attraversare l'altra mezza tuerra capoterrese e giungere anch'essa li, ad inquinare il Rio S. Girolamo. Eppure, siccome qualche idiota ha deciso di disegnare un areale vincolato tanto vasto, anzichè realizzarne due intorno alle rispettive aree industriali (manu cancarara?) tutti si devono adeguare e devono fare cose completemente inutili: carotaggi, campionamenti, analisi, pareri, verifiche e via discorrendo. Tutto questo poteva essere evitato solo da SuperPippo (Ugo), l'uomo che ha i superpoteri di Commissario per l'emergenza. Come sappiamo tutti dalle cronache sembra essere impegnato in tutt'altre faccende e in tutt'altre emergenze che non riguardano propriamente i cittadini sardi.. E dire che avevamo tirato un sospiro di sollievo quando lo stato di emergenza, nel novembre scorso, era stato prorogato di un altro anno. Ma a che cosa è servito?
Insomma, siamo ad agosto, e il ponte di Pauliara deve essere messo ancora in gara. Dicono che a settembre sarà aggiudicata, e che poi potranno iniziare i lavori. Io sinceramente non ci credo, come non ho creduto all'annuncio dei lavori per la messa in sicurezza del Rio S. Girolamo (giugno è ampiamente passato, caro assessore Carta) e mi aspetto di leggere degli ennesimi ritardi dovuti ad imprevisti, norme, vincoli, codici.
Una cosa per adesso è certa: l'inverno prossimo il ponte non ci sarà. Mettiamoci l'anima in pace. Prepariamoci ai consueti guadi avventurosi, all'aggiramento di 7 km, ai disagi per gli studenti, per le attività sportive etc. Grazie Ugo, Deus ti di paghiri.

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