Questo Blog è stato creato per scambiare informazioni, idee, proposte e materiali tra residenti del comune di Capoterra. Si invitano i lettori a firmare i propri commenti o articoli con nome e cognome. Potete inviare i vostri articoli al seguente indirizzo: giorgio.plazzotta@gmail.com

lunedì 28 dicembre 2009

La Barca

I proverbi rappresentano spesso una preziosa fonte di saggezza e di conoscenza che proviene direttamente dal nostro passato. Non a caso anche nella nostra società ipetecnologica e globalizzata, seppur sottoposti al bombardamento di Tv, videogames, cellulari e cazzabubbole varie, ci rivolgiamo ancora ai proverbi per rafforzare i concetti e le idee che vogliamo esprimere. Quello della saggezza popolare è però un mondo variegato, pieno di sfaccettature e troviamo quindi anche proverbi che sono in contrasto tra loro. Per esempio si dice "l'unione fa la forza", ma anche "chi fa da se fa per tre". Li trovo entrambi validi, ma dipende dalla situazione.
Ci sono poi proverbi che sembrano assurdi, come ad esempio "donna baffuta, sempre piaciuta". Mi sono sempre chiesto chi fosse il folle che lo ha inventato, anche se è noto che prima dell'Epilady e del laser questo problema era maggiormente sentito.

Un detto che mi ha fatto pensare alla storia di Poggio dei Pini degli ultimi 10 anni è quello reso famoso dalla canzoncina di Orietta Berti lanciata nella fine degli '60 "finchè la barca va lasciala andare, finche la barca va, tu non remare". Questo famoso ritornello mi fa pensare a un grave errore fatto a Poggio. E a Capoterra, Frutti d'Oro? Forse anche quelle sono barche lasciate andare alla deriva?
La barca poggina, subito dopo il "varo" e nei primi due decenni di "navigazione" rappresentava uno splendido ed isolato esempio di lottizzazione collinare. Il 29 luglio del 1977 ho messo piede per la prima volta a Poggio per giocare una partita di basket. Lo ricordo bene perchè era il giorno del mio sedicesimo compleanno. A quel tempo in tutta la provincia di Cagliari esistevano solo cinque campi coperti: Palazzetto dello Sport, Esperia, Liceo Dettori, Quartu e Poggio. Lo sport rappresenta solo un esempio di una serie di servizi e di iniziative che, unite alla bellezza dei luoghi, hanno spinto molti di noi a venire a vivere qui. Se vogliamo quindi usare la metefora dell'Orietta nazionale possiamo pensare al Poggio come a una barca. Una imbarcazione solida e ben costruita dai fondatori e spinta verso il mare con il contributo dei primi marinai: quei residenti degli anni 70 e 80 che partecipavano, chi più chi meno, alla vita sociale della comunità e spesso davano una mano concreta anche nella gestione dei servizi. Erano marinai rematori di una Poggio certamente diversa da quella odierna. E' inutile recriminare; l'intera società era diversa.

Negli anni 90 qualcosa è cambiato, lentamente. Poggio è diventata una località "alla moda", una residenza "di prestigio". I servizi sono aumentati in quantità e migliorati in qualità: scuole, palestre, piscina, strade asfaltate e illuminate, centro commerciale etc. Tutte strutture nuove di pacca. Contemporaneamente l'idea di vivere in campagna è diventata, nell'immaginario collettivo, non più indice di isolamento e desolazione, ma gioia del contatto con la natura, di pace e di serenità, lontano dai rumori molesti della città.
In qualche modo sono cambiate anche le motivazioni che hanno spinto i nuovi residenti a vivere qui. Non più solo pionieri campagnoli, ma anche professionisti in cerca di una residenza di prestigio e di privacy. Alla voglia di fare e partecipare è spesso (non sempre, per carità) subentrato un certo disinteresse per ciò che accade al di la del proprio muro di recinzione. Dal 1988 ad oggi i residenti sono passati da 500 a 2000, ma molti dei nuovi arrivati si sono seduti come passeggeri nella barca poggina, lasciando che fossero altri a remare.

Se da un lato è cambiato qualcosa nello spirito e nelle motivazioni dei residenti, cosa è successo sul fronte delle amministrazioni della Cooperativa?
L'aumento del numero di soci ha probabilmente accentuato quelle dinamiche che portano i cittadini ad essere distanti dalla vita amministrativa del luogo in cui vivono.
Non più, quindi, la Poggio-quasi-famiglia, ma la Poggio-quasi-Comune. La comunicazione, la trasparenza e la partecipazione alla vita sociale sono diminuite e ciò ha fatto si che i nuovi residenti non siano stati invogliati e prendere in mano il remo e partecipare alla vita comunitaria.

Da un lato, quindi la tendenza al disinteresse, talvolta così antipaticamente snob, e dall'altro la tendenza da parte delle amministrazioni a tenere distanti i soci come potenziale fonte di rottura di scatole. Il risultato è che scelte importanti per la vita futura della comunità sono state prese (o non prese) da poche persone, con un coinvolgimento molto limitato della comunità.

La vita comunitaria a Poggio rappresenta non solo uno degli elementi di distinzione da certe periferie anonime, ma anche uno dei pilastri che caratterizza la qualità della vita e quindi una ricchezza. E' importante che il maggior numero possibile di persone siano messe in condizione di remare.
Ma in che direzione? Non è facile individuare "la rotta" in una comunità di 2000 persone. A mio avviso ci vengono in aiuto due elementi: il buon senso e la democrazia. Il buon senso aiuta ad individuare quegli obiettivi che qualsiasi cittadino vorrebbe raggiungere. Esempi? Vorremmo pagare una quota sociale il più bassa possibile, vorremmo che il territorio sia verde, il lago pieno, che non ci siano incendi, vorremmo che il numero degli edifici non snaturi la bellezza ambientale di questo luogo, vorremmo molti servizi che consentano a noi e ai nostri figli di vedere in una comunità vivace e non in un borgo di pendolari e così via. Potremmo aggiungere altre 100 cose al nostro pozzo dei desideri. Da che parte ci dirigiamo? Andare a casaccio, puntare la prima boa che vediamo senza considerare l'intero percorso oppure, come diceva la canzoncina, lasciare la barca sempre sulla stessa rotta perchè tanto se è andata benone per venti anni può andare bene per altri venti.

Io credo che, invece, sia necessario adottare una strategia di medio e lungo termine che cerchi di perseguire il maggior numero dei risultati che la comunità ritiene prioritari. Un piano d'azione che venga adottato e messo in pratica dai Consigli di Amministrazione attuale e futuri, che si impegnino mantenere la rotta della barca sulla direzione indicata dai soci e a verificare le eventuali correzioni da intraprendere a seconda del mutare degli eventi e della società.
Avere lasciato la barca andare alla deriva su una rotta oscura, non condivisa e senza alternative è stato il più grave errore degli ultimi anni. Non avere compreso, all'inizio degli anni 90, dopo avere raggiunto una conformazione ottimale della lottizzazione dal punto di vista urbanistico, che era necessario cambiare la rotta verso nuovi obiettivi che garantissero un futuro diverso dalla costante edificazione fine a se stessa.
Erano anni in cui ogni lotto costituiva un piccolo patrimonio (150/200 milioni di lire) e quel raccolto doveva essere investito per costruire un futuro diverso. Tutti noi passeggeri abbiamo lasciato andare la barca verso il banco di sabbia in cui ci siamo arenati. Per fortuna lo scafo è ben solido e con una bella spinta potremo riprendere il mare. Facciamo mea culpa, ma mettiamoci ai remi. Tutti? Impossibile, però se lasciamo soli i 15 consiglieri che si sono presi questa bella patata bollente, se non sosteniamo le associazioni, poi non lamentiamoci.

Da un po' di tempo si parla di trasparenza e partecipazione. Non si tratta di ideali demagogici, ma di elementi che influenzano concretamente la qualità della vita e la bontà dell'amministrazione, ivi compreso il risultato economico. Una piccola rivoluzione su questo tema è già stata compiuta. Da alcuni mesi tutti i soci possono accedere agli atti della Cooperativa senza dovere intraprendere le assurde battaglie del 2007, quanto una richiesta firmata da circa 110 soci venne ignorata dall'amministrazione di allora. Ci sono, oltre alle associazioni di volontariato, numerose situazioni in cui i residenti possono impegnarsi a dare una mano anche tra i progetti della Cooperativa. Alcuni soci stanno cercando poi di creare un gruppo di volontari che si occupino di sistemazione del verde e sentieristica. Tutti vorrebbero un verde più curato e meglio usufruibile. Siamo certi che tutto quanto debba sempre piovere dall'alto?

In questo momento di una cosa proprio non si sente il bisogno: di chi rema contro. Eh si perchè c'è sempre qualcuno che per vari motivi spesso legati a sentimenti di basso livello (egoismo, invidia, vendetta etc.) oppure a obiettivi personali, decide di remare contro.
Ci sono molti modi per farlo. Uno dei più in voga dalle nostre parti è la calunnia o la disinformazione. Il successo di queste iniziative era una volta agevolato dall'assenza di strumenti di informazione e di confronto alternativi al "passaparola". La pratica è comunque sempre molto radicata. Dovremmo prendere con le pinze e verificare le informazioni che ci giungono con il sistema del passaparola. Poi ci sono quelli che per remare contro evitano di partecipare alle iniziative comunitarie ed è il male minore. Infine c'è sempre qualcuno che è sempre contrario a qualsiasi proposta. Esempi: salviamo il sentierino della pineta, facciamo una strada nella pineta, andiamo a destra dopo il nuovo ponte, andiamo a sinistra, andiamo dritti, aumentiamo le quote, non aumentiamo le quote, svendiamo il territorio per quattro soldi, ripianiamo il bilancio senza svendere il territorio. I soci possono leggere i verbali del CdA e trovare ampie tracce di discussioni inutili, ostruzionismi, tentativi di fare sgambetti, ribaltoni, inciuci.
La barca per fortuna ha già cambiato direzione, ma la forza con cui riusciremo a uscire dalle secche dipende da tutti noi.

giovedì 17 dicembre 2009

Una canzone di Natale per non dimenticare

Un gruppo di bravissimi cantanti sardi (voci sarde) ha avuto la brillante e commovente idea di incidere una cover di "Do they know it's Christmas", il celebre brano scritto da Bob Geldof nel 1984 con l'obiettivo di raccogliere fondi per la carestia in Etiopia.
I ragazzi, guidati da Bruno Corpino, hanno pensato di dedicare questo brano alle vittime dell'alluvione. Nei titoli di coda gli ascoltatori sono invitati a effettuare un versamento nei CC destinati alle vittime o all''Associazione 22 Ottobre.
La canzone è scaricabile su YouTube al seguente
link.

Hanno preso parte al progetto: Ilaria Orefice, Laura Lobina, Daniele Cadelano, Bruno Corpino, Dario Floris, Valeria Tocco, Davide Cannas, Colette Lilliu, Eleonora D'Andrea, Roberto Lecis, Nicola Scano, Sergiu Calafiura, Elvira Semeraro, Emanuela Piras, Azzurra Parisi, Federica Parisi, Roberto Siddi, Ester Melis, Roberto Contu e il Piccolo Coro S. Efisio di Capoterra. Arrangiamenti di Raffaele Simoni.
"Noi non dimentichiamo", dicono questi ragazzi e noi commossi rispondiamo: GRAZIE RAGAZZI SIETE FANTASTICI.

Oltre al bellissimo pensiero ritengo che questo pezzo sia anche un pregevole prodotto musicale. Ammetto di avere già visto il video almeno 34 volte.

Personalmente vi inviterei, se avete gradito questa inziativa, a fare pervenire il vostro apprezzamento ai ragazzi contattando Bruno Corpino su Facebook.

mercoledì 16 dicembre 2009

L'ipocrisia del politically correct

Nonostante questo blog sia intitolato a Poggio dei Pini, è da un che non parlo della comunità in cui vivo. I motivi sono molteplici. Innanzitutto l'alluvione ha travolto buona parte del Comune di Capoterra e questo blog ha avuto un ruolo nella diffusione delle informazioni relative a questo evento. Ancor di più ha sostenuto l'attivazione di numerosi "fili" che si sono intrecciati nel post alluvione e alla tessitura dei quali ho talvolta avuto occasione di partecipare in prima persona.
E' stata fatta una pressione nei confronti delle istituzioni che si sono alla fine mosse più di quanto sarebbe avvenuto se tutti quanti si fosse stati zitti e immolbili. Da giugno sono poi impegnato anche nel Consiglio di Amministrazione della Cooperativa e, come ben sanno i poggini, non è un compito facile di questi tempi.

Qualcuno pensava, o forse sperava, che questo blog si sarebbe spento dopo l'attivazione del Portale della Cooperativa. Altri, nel manifestare il proprio apprezzamento, mi hanno addirittura suggerito di farlo diventare Portale della Cooperativa. Mi dispiace deludere gli uni e gli altri. Quella pubblicazione, di cui sono attualmente l'amministratore, rappresenta la voce ufficiale di una importante Società Cooperativa e ambisce ad essere il fulcro telematico per tutta la comunità.
Questo invece è il mio blog personale; un luogo dove posso proporre i miei punti di vista e quelli di altri lettori, trattando soprattutto (ma non solo), argomenti che riguardano il territorio del nostro comune. Non è, quindi un sito istituzionale e se in questi anni il blog ha fornito anche informazioni e documenti ai cittadini è solo perchè i siti delle entità che avrebbero dovuto svolgere questo compito erano inefficienti, quando non del tutto inesistenti. L'alluvione, poi, è stato un evento traumatico che ha trovato impreparati dal punto di vista dell'informazione e il blog, che era già attivo da un anno, si è dimostrato pronto a svolgere questa funzione imprevista. Come qualcuno ricorda c'era gente che voleva buttare giù la diga e questa azione è stata contrastata soprattutto grazie a una corretta informazione che abbiamo dato qui nel blog.
La differenza tra un blog personale e un sito istituzionale semberebbe una ovvietà considerato il format, il nome e il mio faccione di "cittadino qualunque" che sin dal primo giorno campeggia nella parte alta di questo schermo. Eppure devo ribadire questo elementare contetto a qualche "mirror climber" (o se vogliamo "azzeccagarbugli") che forse pretenderebbe l'istituzione di un collegio dei probiviri che dovrei interpellare ogniqualvolta, nel ricevere un messaggio anonimo, fuori tema, calunnioso, o semplicemente provocatore, io debba decidere se sia il caso o meno di pubblicarlo.

Non amo l'ipocrisia e quindi non mi piace chi si nasconde dietro un dito: quasi sempre chi si è scagliato contro il blog lo ha fatto perchè disturbato, direttamente o indirettamente, da una attività che ha messo a disposizione di molti informazioni che si sarebbero volute mantenere riservate. Questo spiega ampiamente il tentativo dell'utilizzo dell'anonimato. Si è anche parlato, impropriamente di privacy per cercare di occultare informazioni che nulla avevano a che vedere con quelle giustamente tutelate dal Dlgs 196. In alcuni casi si è pensato che fosse "inopportuno" parlare di certe cose, perchè non è "signorile". Va molto di moda il termine "caduta di stile". Peccato che chi erge a esperto del bon ton, affibiando bollini di "scarso stile" abbia dei clamorosi deficit di memoria quando si tratta di censurare azioni disdicevoli proprie o dei propri "compagni di cordata".

Ho sempre pensato che, sebbene la discrezione e la moderazione siano valori di un certo rilievo e debbano essere perseguiti, vi siano interessi collettivi prioritari. L'ideale sarebbe raggiungere con discrezione gli obiettivi fondamentali come la partecipazione alle decisioni importanti per la comunità prevista dal nostro Statuto, il buon utilizzo delle risorse societarie evitando gli sprechi, la salvaguardia dell'ambiente naturale e della piacevolezza del luogo che abbiamo ereditato da chi ci ha preceduto, la disponibilità di importanti servizi che invece abbiamo perduto negli ultimi anni.

Se questi obiettivi prioritari venissero trascurati (non si sa poi perchè) allora dobbiamo chiederci se i componenti della comunità dovrebbero, in nome del c.d. "quieto vivere", lasciare andare in malora il posto che hanno scelto per vivere, in nome del politically correct.
Dato che eventualmente lo scempio era grave, molti cittadini non se la sono sentiti di stare ad assistere in silenzio. Il muro di gomma assai poco diplomatica ha quindi alimentato quella che è stata definita con il termine di "frattura" (altra parola chiave) nella nostra comunità. Devo ricordare che quasi sempre quando si pronunciava questo termine si cercava di attribuirne in modo più o meno subdolo la responsabilità a una delle due parti in causa (gli oppositori).
A fine giugno una maggioranza schiacciante di soci ha detto molto chiaramente che chi veniva additato come "creatore di fratture nella comunità" (accusa a mio avviso gravissima) stava invece indicando la strada da seguire per i prossimi tre anni. Mi auguro davvero che questa volontà non venga sovvertita da giochi di potere ed equilibrismi cui non di rado, come cittadini italiani, ci capita di assistere.

Considerati i risultati che sono stati raggiunti e il modo limpido con cui questi sono stati perseguiti, non ritengo accettabile il comportamento di chi, per mero interesse personale, per invidia o per vendetta, cerca di infangare questa attività che, seppur non priva di qualche inevitabile errore, ha invece svolto un ruolo molto positivo per tutta la comunità. Ok, qui sono io che me la suono e me la canto.
Il cittadino che vede il luogo in cui vive deteriorarsi dovrebbe restare in silenzio in nome del politically correct e o della "signorilità poggina"? Non è cosi. Amministrare significa prendersi delle responsabilità. Se io, in qualità di amministratore, dovessi alzare la mano per approvare la cementificazione di entrambe le pinete di Poggio dei Pini, questo non vuole assolutamente dire che dietro questa scelta ci siano chissà quali loschi interessi, ma non si può certamente pretendere che di questa decisione gli interessati (nel nostro caso addirittura proprietari) non siano informati e concordi e che non possano nemmeno contestarla.
Questi temi che qualche anno fa ci siamo posti nella nostra piccola comunità, io trovo che siano di grande attualità anche oggi, addirittura in ambito nazionale.

Come deve essere correttamente gestito il rapporto tra amministratori e cittadini (governo, ammistrazione locale o, se vogliamo, CdA della Cooperativa) in caso di disaccordo?
Come si dovrebbe comportare, secondo voi, un soggetto e come l'altro?
Mi auguro che la nostra piccola comunità trovi presto il modo modo di "suturare" quella ferita e possa magari fornire un esempio anche alle istituzioni di classe superiore che oggi appaiono in grave crisi.

sabato 12 dicembre 2009

Poggio come Torre delle Stelle?

La Nuova Associazione Torre delle Stelle ci scrive:
Buongiorno, siamo la Nuova Associazione Torre delle Stelle. Complimenti per il blog, ricco di informazioni utili e interessanti.
La nostra associazione è nata poco più di 2 anni fa, con lo scopo di valorizzare Torre delle Stelle e riportare la sua gestione nella legittimità amministrativa. Per perseguire quest'ultimo scopo, abbiamo dovuto affrontare la questione delle gravi inadempienze del Comune di Maracalagonis, che nonostante la località sia pubblica a pieno titolo è stata finora gestita da un cosidetto "condominio" (cosidetto, perché in realtà non esistono parti comuni fra i proprietari di immobili) con metodi e pratiche fuori da ogni legittimità.
Una delle questioni più rilevanti, è appunto quella della gestione della rete stradale. In ottemperanza agli obblighi di legge, recepiti nella convenzione di lottizzazione del 1970, esse, quali opere di urbanizzazione, sono state regolarmente cedute al Comune di Maracalagonis nel 1977 (con un atto aggiuntivo).
Nonostante ciò, il Comune di Maracalagonis, sfruttanto l'alibi del "condominio" (che si è sempre battuto per tenere gli oneri sulle spalle dei proprietari a difesa di un bilancio di 800mila Euro gestito con molta discrezionalità..) ha omesso di adempiere agli obblighi di legge che impongono che l'Amministrazione comunale, attingendo dall' ICI, si faccia carico del funzionamento e della manutenzione delle strade.
La situazione di Poggio dei Pini dovrebbe essere simile, perché la legge urbanistica ai sensi della quale è stata approvata la lottizzazione dovrebbe essere la stessa. Di conseguenza, gli stessi dovrebbero essere pure gli obblighi per il lottizzante, ossia la cessione a titolo gratuito al Comune delle opere di urbanizzazione (strade, acquedotto, aree per parcheggi, ecc). La legge a cui si fa riferimento è la n. 1150/1942 (poi modificata dalla legge 6 agosto 1967, n. 765), in particolare ci si riferisce all'art. 28, comma V, secondo il quale: “L'autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione..che preveda la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria – e – per le opere di urbanizzazione secondaria...”.
Supporremmo quindi che anche nel vostro caso il Comune debba prendersi carico delle strade, oltre che di acquedotto e altre opere di urbanizzazione, perché da un lato il lottizzante ha l'obbligo di cedere e il Comune quello di accettare la cessione della proprietà.Nel caso di Torre delle Stelle, di fronte all'inerzia del Comune, abbiamo presentato ricorso al TAR, con annessa istanza cautelare, che ha portato nel giro di poche settimana all'emissione dell' ordinanza 402/2009 con la quale il TAR ha imposto al Comune di prendersi carico il funzionamento e la manutenzione delle opere di urbanizzazione di Torre delle Stelle.
Potete approfondire la vicenda visitando il nostro blog a questo indirizzo
Cordiali saluti
Nuova Associazione Torre delle Stelle
ass.torredellestelle@gmail.com

lunedì 30 novembre 2009

Cyber Capoterra

Dal 1997 sono passati "solo" 13 anni. E' poco o è molto? Se pensiamo ai tempi di ritorno delle alluvioni di cui oggi tanto si parla, tredici anni non sono niente.
Eppure per la storia di Internet questi ultimi 13 anni hanno un significato paragonabile a quello che intercorre tra l'età della pietra a quella dei razzi spaziali. Nel 1997 c'erano i modem a 9600 bps, si navigava con Netscape Navigator, uno spazio web di 1 Mb costava un milione di lire, il computer andava 60 MHz e il Sistema Operativo era Windows 95. A Poggio dei Pini eravamo solo in tre ad avere una connessione. Impossibile utilizzare la rete per comunicare tra noi. Il mio obiettivo, a quel tempo, era di far conoscere questo territorio all'esterno, lanciare un "message in a bottle" in quel mare telematico planetario che si era improvvisamente aperto anche per i "comuni mortali".
Fu allora che diedi vita ai primi due siti capoterresi: Linea Poggio (www.sardinia.net/poggio) e Isola Sarda (http://www.isolasarda.com/). Questi siti contengono le prime pagine mai pubblicate dedicate al comune di Capoterra. Mi ero affidato, allora, a due noti scrittori per raccontare queste realtà urbane così differenti: Ignazio Lecca ed Emanuele Atzori (http://www.isolasarda.com/capoterr.htm). All'interno di Isola Sarda era poi contenuta la storia del più importante monumento del comune, la chiesa S. Barbara con la sua triste leggenda.
Isola Sarda nasceva allora già con quella idea di Portale comunitario e collaborativo che prese piede solo alcuni anni dopo e che ha trovato validi eredi locali nei due portali capoterresi: Capoterraonline e Capoterra.net. A Poggio invece le solite diatribe interne e la volontà della Cooperativa di mettere il bavaglio a qualsiasi informazione non controllata avevano fatto scemare le iniziative pionieristiche della Biblioteca e anche la mia voglia di collaborare. Questi due siti sono ancora online, congelati come reperti archeologici telematici. Testimonianze, anche dal punto di vista tecnico, di quell'epoca pionieristica.

Sapevo che con il tempo i numeri di Internet sarebbero cresciuti e che, prima o poi, questo strumento avrebbe avuto una diffusione paragonabile a quella del telefono, seppur con caratteristiche molto differenti che oggi, si stanno quasi fondendo.

In questo decennio sono nati i due portali capoterresi Capoterra.net e Capoterraonline, che hanno accompagnato, e ancora la fanno egregiamente, l'evoluzione telematica degli abitanti di questo paese.

Nel frattempo direi che a Poggio dei Pini e nelle frazioni si dormiva allegramente. In particolare a Poggio, una volta comunità vivace e all'avanguardia nelle iniziative sociali, il sonno era profondo come un letargo. Il silenzio è d'oro, e difatti qualcuno ha pensato bene di approfittarne, esasperando una gestione del bene collettivo sempre più distante dai principi di cooperativismo e di partecipazione e sempre più basata sul personalismo e sulla opaca imitazione dei meccanismi così tipici della politica italica che, difatti, hanno portato anche a Poggio, i conti in rosso, le strutture in decadenza e servizi scadenti.

E in questo clima che è nato, esattamente due anni fa, questo Blog. Si tratta di una pubblicazione spontanea nata in una serata dopo avere ascoltato troppe bugie. Anche se dietro il blog non c'è un gruppo di lavoro o una associazione, non posso però dire di essere stato solo. Alcune persone hanno fornito contributi preziosissimi e alimentato il blog, molti altri hanno partecipato con i loro commenti e veramente tanti sono stati i lettori che hanno testimoniato l'utilità del lavoro che abbiamo portato avanti. Sono così ben 317 gli articoli lanciati nella rete in due anni dal Blog e (mammamia) 84.000 le visite uniche.

Sebbene, e chi mi conosce lo sa, io non sia un rompipalle nato, indubbiamente questo blog ha dato fastidio soprattutto quando si è trovato a "rompere le uova nel paniere". Ha disturbato alcuni componenti dell'ex Consiglio di amministrazione della Cooperativa Poggio dei Pini. Altri personaggi, che quasi sempre poi si scopriva essere parenti di Tizio o di Caio, si sono scatenati in modo più o meno anonimo, boicottando a tutto spiano e arrampicandosi su specchi che si sono fatti sempre più scivolosi. Alcuni ancora girano la faccia tipo "sirbone" quando mi incontrano. Molti altri, ben più numerosi, mi hanno espresso simpatia e apprezzamento e questo mi ha dato la forza di continuare. Se è comprensibile l'avversione di chi ha perso poltrone, ambizioni e, in alcuni casi, anche la faccia, riesco a capire molto meno l'ostilità di alcuni consiglieri del comune di Capoterra. E ta manera, molti di loro non li conosco neanche, io non ho mai fatto politica attiva. E' vero che in alcuni casi mi sono permesso di criticare la giunta comunale (Ponte di Pauliara e Piano di Emergenza), ma in altre situazioni ho anche lodato la difesa di questa giunta nei confronti della speculazione edilizia. Davvero peccato per la storiaccia di S'Acqua 'e Tomaso che dimostra purtroppo come gli uni non siano tanto dissimili dagli altri. La mia impressione è che molti amministratori (capoterresi e non) continuino imperterriti a seguire modelli politici vecchi, unti e bisunti; E' una politica basata sulla mancanza di trasparenza e di confronto, incentrata sul clientelismo, sui favori etc. Diciamo pure: è così a destra come a sinistra! Qualsiasi soggetto indipendente, che perdipiù sia in grado di trasmettere informazioni, viene visto come un pericolo per la propria poltrona. E cosi le associazioni capoterresi, ivi compresi i blog e i portali, invece di essere elogiate vengono clamorosamente biasimate.

Io prendo sempre in considerazione le critiche; servono a migliorare. Mi è stato detto che non va bene dare voce alla gente comune, che il blog è un balcone della critica, che internet non serve perche la gente vuole la carta, che internet è un mondo virtuale in cui è normale utilizzare un nickname per spargere calunnie e che non bisogna solo predicare ma anche fare .. a me!

Ma questo blog alla fine, è servito a qualcosa? Vi dico secondo me a cosa è servito e lo faccio senza ipocrisie:

  • ha contribuito a salvare le pinete di Poggio dei Pini da un progetto di cementificazione selvaggia;
  • ha contribuito a risvegliare l'impegno sociale di molte persone che prima si disinteressavano degli stessi luoghi in cui vivono;
  • ha contribuito a scalzare dalla gestione della Cooperativa Poggio dei Pini alcune persone che l'hanno mal gestita e che contavano sulla disinformazione per garantirsi un piccolo orticello di potere da coltivare, danneggiando l'intera comunità;
  • in seguito all'alluvione del 22 ottobre 2008 questo Blog è diventato un punto di riferimento tecnico scientifico per moltissimi soggetti. I cittadini senz'altro, ma anche (come mi è stato riferito) gli stessi enti che dovevano effettuare i primi interventi d'emergenza. Grazie al blog tutti abbiamo capito meglio che cosa è successo in quel terribile giorno. Moltissimi dati scientifici relativi al territorio colpito dall'alluvione sono stati veicolati da questo blog. In questo senso il blog ha assunto un ruolo canale informativo verso la popolazione che sarebbe spettato agli (inefficenti) enti pubblici;
  • nel blog si sono incontrate le persone che hanno fondato l'Associazione 22 Ottobre. Questa Associazione opera attivamente per informare sulle problematiche relative all'alluvione e per spingere le istituzioni a mettere in sicurezza il territorio;
  • parliamoci chiaro, il comune di Capoterra è costituito da nuclei urbani separati che, a parte casi isolati, generalmente si ignorano e talvolta si guardano con reciproca diffidenza. Io nel blog ho lavorato parecchio per allacciare dei fili tra comunità che abitano nei vari centri urbani del comune. La Capoterra di oggi è quella in cui 10 mila persone sono considerate intrusi, occupanti e ospiti del territorio che appartiene ai capoterresi doc. Se la Capoterra di domani dovesse realmente diventare la Capoterra del centro storico e delle sue frazioni forse il merito sarà un pò anche di chi ha combattuto la diffidenza e la puzza sotto il naso di certe persone che alimentano le divisioni;
  • sono convinto che questo blog, unitamente a tutti gli altri soggetti che hanno esercitato una pressione mediatica (internet, stampa, incontri con la cittadinanza) stanno contribuendo a far lavorare meglio e più in fretta gli enti pubblici che devono ricostruire le infrastrutture e mettere in sicurezza il territorio;
  • il lago di Poggio che rappresenta il più importante elemento paesaggistico e di lotta agli incendi del comune, è stato attaccato duramente da parte di soggetti che, per vari motivi (talvolta meschini), non considerano quanto la sua scomparsa potrebbe danneggiare l'intero territorio. Qui nel blog ci siamo fatti in quattro per farne capire l'utilità non solo per Poggio, ma per tutto il bacino del S. Girolamo;
  • gli articoli pubblicati in questo blog (ma ovviamente mi riferisco anche a tutti i siti) non vengono più letti da quattro gatti come accadeva una volta, ma colpiscono spesso nel segno, girano negli uffici regionali, sbugiardano quei giornalisti (o registi) che talvolta gonfiano la notizia per fare catastrofismo, tengono a freno la demagogia e l'ipocrisia dei politici smontando verità spesso distorte che sino ad oggi venivano tranquillamente propinate al "popolo bue";
  • la diffusione di questo blog e di tanti altri siti liberi può rompere il monopolio della carta stampata e della Tv che, come sappiamo sono nelle mani di pochi, sopratutto a Cagliari. Pluralismo significa democrazia, libertà e progresso. Non solo i politici, ma anche i giornalisti e i registi devono sapere che ciò che diranno, faranno, scriveranno potrebbe comunque essere confutato, corretto, sostenuto (a torto o a ragione) anche da altre voci indipendenti e questo favorirà senza dubbio la verità, la giustizia, il vero buongoverno.

Ho esagerato oppure queste cose sono vere? Questo blog è servito a qualcosa oppure ha ragione quel consigliere poggino che, livido di rancore, mi ha ritenuto indegno di amministrare il nuovo Portale della Cooperativa in quanto autore di questa schifezza di blog?

La mia impressione è che l'alluvione, che tanto ha tolto, abbia donato a molti capoterresi la forza consapevole di amare il territorio in cui vivono, di rispettarlo e di proteggerlo, dai monti al mare, abbattendo quegli inutili steccati che sono serviti solo a pochi speculatori. Non so se fossero i notabili cagliaritani provenienti dal feudalesimo, come ritiene il sindaco, o se si tratti anche di furbacchioni che a Capoterra di certo non mancano. Adesso è venuto il momento di dire BASTA e di cambiare rotta.

Non c'entra con la telematica? Nevvero. Oggi è proprio la telematica ad arricchire la società capoterrese. In questo tragico anno sono nati nuovi soggetti, associazioni, blog e portali e si sono rafforzati quelli esistenti. Abbiamo Capoterra.net e Capoterra Online, due portali che sono veri punti di riferimento da tempo per i capoterresi, ci sono poi i recenti PoggiodeiPini.blogspot, il sito dell'Associazione 22 Ottobre, il nuovo Portale di Poggio dei Pini, senza dimenticare l'utile sito del Comune di Capoterra. Si tratta di iniziative di alto livello che fanno di Capoterra un paese particolarmente ricco e vivace per i suoi 26 mila abitanti. No, non me ne sono dimenticato. Ho voluto lasciare volutamente per ultimo il nuovo portale di Demos Capoterra che trovo particolarmente utile e ben fatto, almeno per i miei gusti. Poca frivolezza e molta sostanza. Questo portale è sostenuto da un gruppo di persone che, oltre a saper scrivere, vanno al nocciolo dei problemi. Sono politicizzati? Può darsi, ma la loro è politica sana e chi dovesse avere una visione della società e proposte diverse dalle loro (o dalle mie) dovrebbe, a mio avviso, creare qualcosa del genere e non solo fare telefonate e sparegere promesse elettorali.

martedì 24 novembre 2009

Il canalone dimenticato

Il giorno dopo (the day after) il 22 ottobre 2008, guardando la montagna che sovrasta Poggio dei Pini (M. S. Barbara m. 615 slm), abbiamo tutti notato una enorme fenditura rocciosa che prima non si vedeva. Quella ferita è evidente anche guardando il monte da 20 km di distanza.
Io ci sono stato molte volte e vi consiglio di salire fin lassù perchè in quel canalone si ha veramente l'idea della forza che si è scatenata quel giorno.
Mi permetto di consigliare una visita anche a quegli studiosi che, nell'affrontare il problema della messa in sicurezza del bacino idrografico, hanno completamente ignorato il territorio montano, ed in particolare gli affluenti e i canali che hanno prodotto una notevole quantità di sedimenti. Ininfluenti? Non scherziamo. L'alveo è interrito ovunque, gli affluenti idem. Il lago è mezzo pieno di terra, le pietre e i sedimenti più fini sono stati portati sino al mare, andando ad ingrossare ulteriormente l'effetto della piena che si è riversata sulle lottizzazioni costiere. Non quindi un problema del monte, ma un problema di tutti. Poteva andare peggio? Certamente. Pensiamo a quanto materiale sarebbe stato eroso se la zona montana non avesse caratteristiche vegetazionali apprezzabili, seppur migliorabili. Della battaglia futura per presevare questa ricchezza arborea e per regolare e rallentare le acque nei canali montani non c'è traccia negli studi che vengono esaminati i questi giorni.
Sebbene il bacino del Rio S. Girolamo abbia dimensioni piuttosto modeste, è normale che alla foce, dopo 12 km, il corso d'acqua abbia dimensioni più consistenti dopo aver raccolto tutti gli affluenti e i rigagnoli che incontra lungo il suo scorrere verso il mare. Ma quando arriviamo su questo canalone inciso nel granito rosa ci rendiamo conto che l'acqua che lo ha eroso in quel modo non può che essere arrivata direttamente dal cielo e da quei pochi metri che lo separano dalla cima.

Il canale, dopo essere disceso dalla cima, fa una curva in direzione nord puntando direttamente verso le case dell'antico borgo di S. Barbara. E' li che si trova la sorgente de Sa Scabizzada, presso un maestoso Eucaliptus che ha stoicamente resistito alla valanga di massi che ne ha profondamente inciso la corteccia (vedi foto). Come sappiamo l'edicola votiva dedicata alla santa è stata semidistrutta, fornendoci indirettamente anche una preziosa indicazione: mai vi era stata una alluvione così imponente dal XII secolo fino ad oggi.
Non esiste una denominazione cartografica per molti di questi affluenti del S. Girolamo. Ad ogni modo questo ruscello è stato battezzato Rio de Sa Scabizzada e rappresenta, a mio avviso, uno dei simboli di questo evento.




A sinistra ciò che resta dell'edicola votiva dedicata a S. Barbara, a destra l'albero scarificato dai massi durante la piena del 22 ottobre 2008.
Dopo l'edicola votiva il canalone si incunea tra le case del vecchio borgo, separando ed isolando di fatto la splendida Villa Devoto dal resto del villaggio. Poco più sotto, con il diminuire della pendenza, l'alveo del ruscello diventa una lunga distesa di massi.
Dove va a finire questa specie di pista di bob per pietre e macigni? Si tratta di una sorpresa, consentitemi un po di suspance, lo vedremo più avanti.
Nel frattempo vi invito a dare un'occhiata a questa immagine.

Questa è la foto satellitare del 2004 che si trova anche su Google Earth. Potete anche ingrandire l'immagine cliccandoci su. Vi faccio notare che il Riu de Sa Scabizzada, in queste foto quasi non si vede. Ho dovuto segnare con dei puntini gialli il suo percorso.
Guardiamo adesso questa seconda immagine.



E' stata ripresa alcuni giorni dopo l'alluvione (clicca per ingrandire). Non è necessario evidenziare il canale di cui stiamo parlando perchè è perfettamente visibile.

Possiamo adesso svelare la sorpresa cui accennavo prima. Dove sono andati a finire, il 22 ottobre i macigni, la terra e le tonnellate d'acqua veicolati da questo affluente? Se avete osservato la foto di prima, quella con i puntini gialli, forse avrete già immaginato la risposta perchè si vede chiaramente che il torrente confluisce nel Rio S. Girolamo proprio all'altezza del centro ricerca "Hydrocontrol".



In questo ingrandimento è possibile vedere il punto di confluenza tra il Rio S. Girolamo e il Riu Sa Scabizzada (le due frecce), si nota l'edificio dell'Hydrocontol situato nel bel mezzo dell'alveo. Il muro di recinzione del centro ricerche si trova in una posizione ancor più discutibile, come se fosse un pinball di un flipper anni '70. Non per niente è stato completamente divelto dalla furia della piena. Il centro ricerche è stato allagato e abbandonato. Si resta attoniti e interdetti pensando che il centro è addirittura intitolato al "controllo dei sistemi idrici". Sembra una barzelletta, è invece realtà. Gran parte della recinzione del centro ricerche risulta realizzata sopra un terrazzo fluviale, formato da sabbia e ciottolami di varie dimensioni, e si trova a meno di 10 m di distanza dall’alveo di magra attuale (novembre 2009).

Sprechi e assurdità del passato? Forse, però vorrei farvi notare ancora una cosa. Quella linea arancione nell'ultima immagine rappresenta una difesa in massi che il piamo Hydrodata propone OGGI come intervento per la messa in sicurezza del "territorio". Costo 840.000 euro.

Morale della favola: non si fa alcun intervento di manutenzione del sistema idrico montano, ma si vogliono spendere ingenti somme per proteggere un edificio abbandonato posizionato nell'alveo del fiume in prossimità del punto di confluenza di due corsi d'acqua. Si delocalizzano alcune strutture che si trovano nei pressi dell'alveo e non si delocalizzano quelle che si trovano al suo interno. Se la Regone vuole davvero ripristinare l'Hydrocontrol, sempre che questa scelta sia opportuna e legale, lo faccia senza utilizzare i pochi fondi messi a disposizione per garantire la sicurezza di tutti i cittadini.

lunedì 23 novembre 2009

Capoterra, un comune che non fa acqua da tutte le parti

di Daniele Basciu (www.demoscapoterra.org)
E’ difficile guardare oltre il nostro orticello e vedere cosa accade nel mondo là fuori. Ma quando il mondo là fuori viene senza invito dentro il nostro recinto, non possiamo più far finta di non vederlo. Nel nostro orticello c’è un quartiere periferico di Capoterra.
Metà di questo quartiere è stata costruita da una cooperativa dal nome epico e risorgimentale: “Mille”. L’altra metà del quartiere, Residenza del Sole, è nata accompagnata dal volto bonario e amichevole di Giancarlo Magalli.Nella prima metà di questo quartiere, dai “Mille”, manca l’acqua corrente. Non è che manchi tutti i giorni, manca qualche ora al giorno, a sorpresa, da un paio d’anni. D’estate, poi, manca un giorno sì e uno no: il Comune ha deciso così perché l’acqua viene sprecata, a suo dire.
A poco vale ricordare al Comune che non sta scritto da nessuna parte che chi consuma e paga più acqua deve essere sanzionato con la sospensione del servizio. La logica pedagogica è ferrea: colpirne uno per educarne Mille. E così ciascuno dei Mille per avere il lusso dell'acqua corrente 24h/24 ha dovuto acquistare e installare un serbatoio e una autoclave, che consuma almeno 500 Watt ogni volta che viene azionata.
I Mille, quindi, pagano acqua e corrente per avere l’acqua corrente. I più laboriosi hanno scavato un pozzo artesiano in giardino, come si usa fare in Malawi. Questo nonostante a Capoterra tutto manchi fuorchè l'acqua, come è risaputo. Nell'altra metà orticello a fianco dei Mille non esistono questi problemi. I pozzi costruiti nella Magallopoli distano 600 metri da quelli dei Mille.
Le reti idriche scorrono una a fianco dell’altra, a 10 mt di distanza. Ma nella Residenza del Sole l’acqua non manca praticamente mai, perché le pompe e i pozzi sono dimensionati in modo adeguato. La pressione di erogazione è abbondantissima.
La coesistenza fianco a fianco di queste due realtà separate aveva un senso ovvio fino a 3 anni fa, perché esistevano due reti separate, ciascuna con un proprietario-gestore-esattore: Coop Mille da una parte, Residenza del Sole (con la Società Mariposa) dall'altra.
Da due anni il Comune ha acquisito entrambe le reti, e la bolletta viene pagata da tutti i residenti al Comune stesso. Nonostante questo il Comune non ha fatto cenno, che si sappia, di voler affrontare il problema della carenza idrica per la Mille magari con la soluzione più banale: collegando tra loro le due reti che alimento ciascuna metà quartiere, metà orticello (chiedere di essere allacciati alla rete comunale come tutto il centro storico sarebbe fantascienza). Abbiamo sentito di recente che il primo cittadino è contrariato per l’esistenza dei condomìni all’interno del nostro territorio, e che lui vorrebbe tanto abolirli, così sì che le cose andrebbero meglio.
Cosa succederebbe se questo desiderio si avverasse? Una possibile risposta è il destino degli sfortunati Mille: non sono né un condominio, né cittadini come gli altri; la disponibilità dell’acqua la hanno a ore alterne, ma la bolletta la pagano per intero. E pagano pure la corrente, per questo lusso. Non sapremmo se augurare agli attuali condomìni un futuro simile. Qui terminerebbe la storia dei Mille, come un ordinario caso di abbandono amministrativo, di “orfanìa di cittadinanza”. Ma questa storia ha orizzonti più ampi di Capoterra. Il 18/11/09 si discuteva in Parlamento la privatizzazione della gestione delle reti idriche. Oddio, “discutere” è una parola grossa; c'era da apporre un timbro sull'ennesima decisione presa altrove: la privatizzazione dell’acqua, inserita nel decreto di riforma dei servizi pubblici locali, la loro “liberalizzazione” in osservanza a quanto deciso dall'Unione Europea.
Già dal 2003 il Parlamento europeo invitava caldamente gli stati membri alla 'modernizzazione' della fornitura di acqua mediante l'applicazione di principi economici. E così è stato fatto. Il 19 Novembre l'agenzia di stampa Reuters comunicava rassicurante che “l'acqua resta bene pubblico”; peccato che ne sia stata privatizzata la gestione. Un po' come quel tale che era proprietario di un pozzo di petrolio, ma non poteva estrarlo e venderlo, perchè i diritti di gestione erano di un altro, che si arricchiva al posto suo.
Per i media, una notizia di secondario interesse: su Repubblica.it e Corriere.it scivolava rapidamente in seconda pagina, mentre in prima pagina trovavano posto il fondamentale test “Quanto siete Dottor House?” e “Lo spot del direttore Freccero con due trans”. Per difendere la libertà di stampa questi signori hanno recentemente strombazzato addirittura uno sciopero nazionale, ma a dire il vero abbiamo l'impressione che in Italia la libertà di stampa sia stata uccisa col concorso di molti giornalisti.
Ma comunque: con l'apposizione di questo timbro la gestione dell’acqua sarà privatizzata, e diventa obbligatoria entro il 2015 la cessione a privati del 70 per cento delle quote delle s.p.a. controllate dai soggetti pubblici che attualmente gestiscono il servizio idrico integrato. Oggi siamo nel 2009: i Mille possono solo pregare il cielo che entro 6 anni da oggi il Comune (o Abbanoa che dovrebbe subentrargli) realizzi gli interventi minimi necessari per poter avere l’acqua corrente senza interruzioni orarie o giornaliere.
Nel futuro sarà molto improbabile che un soggetto privato vada a spendere dei soldi per migliorare un servizio che volenti o nolenti gli utenti insoddisfatti dovranno comunque pagare, e pure salato. Ecco come probabilmente quello che oggi è un titolo di seconda pagina sui giornali entrerà nel nostro orticello, senza invito. Lo scenario è completato dal fatto che dal 2015 non si potrà avere, sul territorio, un interlocutore che possa realmente gestire il problema “acqua”. Se ci saranno dei problemi, i Mille dovranno forse parlarne con un call-center. E se la tradizione sarà rispettata, avremo un deja-vù sentendo il futuro sindaco difendersi come immaginiamo: “Ma non è colpa nostra, non ci possiamo fare nulla, noi nel 2007 non c’eravamo, ma Capoterra viene da un passato feudale…” etc etc. E il bello sarà che avrà finalmente ragione: il sindaco, nel 2015, non potrà farci niente per davvero.

giovedì 19 novembre 2009

Incubo Hydrodata

Ho atteso qualche giorno prima di pubblicare un mio commento sull'ormai famoso piano Hydrodata, già definito per tutto il 2009 "lo studio idrogeologico", quello che tutti quanti aspettavano. Si pensava che questo piano avrebbe portato la tanto agognata sicurezza. Si temevano i canaloni di cemento utilizzati in altre situazioni, ma il contenuto di questo studio va veramente aldilà di ogni più pessimistica aspettativa.

Il centro di ricerche dedicato proprio al controllo dei sistemi idrici è stato costruito nel'alveo del Rio S. Girolamo.

C'è veramente da chiedersi se questo territorio sia stato martoriato più dalla natura o dalla stupidità umana. Dopo le alluvioni dell'ultimo decennio, oggi appare palese a tutti che nell'alveo del fiume non si doveva costruire. Appare palese che i ponti non si costruiscono basandosi sulle portate dei periodi di siccità, ma su quelli di piena, perchè prima o poi ne arriverà una che distruggerà opere costate milioni di euro, portandosi via la vita degli sfortunati che li attraversano.

Il 22 Ottobre 2008 la natura ha dato la sua sberla e ha colpito duro, soprattutto dove non è stata rispettata. Si assopirà per un , non si sa quanto. Un anno o mille anni? Queste statistiche mi sembrano un come quelle di Trilussa. Se ci fossero due alluvioni consecutive seguite da 1000 anni di pausa, si potrebbe dire che si verifica una alluvione mediamente ogni 500 anni.

Adesso, dopo la tempesta, sono tornati gli uomini a operare sul corso del Rio S. Girolamo. La loro proposta è contenuta nel documento denominato "Studio Hydrodata". Non sono in grado di commentarlo tecnicamente. Ci sono tra voi lettori numerosi esperti che possono farlo e che certamente vi troveranno difetti, errori, imprecisioni.

Vorrei volare leggermente più alto dei tecnicismi, degli argini, dei ponti e cercare di capire perchè questo progetto contiene tante cose che lasciano il lettore esterrefatto. Soprattutto se il lettore abita vicino quei viadotti, quegli argini, quei muraglioni, quei canali di cemento.

Questo piano è la dimostrazione del fatto che l'uomo di oggi, per quanto più tecnologico e più ricco dell'uomo di 100 anni fa, non è in grado di vivere nella natura senza violentarla. Non è in grado nemmeno di mantenere ciò che i suoi predecessori, con pochi mezzi, avevano costruito. E' un uomo che costruisce un mondo più brutto e lo fa con nonchalance.

Sostituisce gli alvei dei fiumi con canali squadrati di cemento. Sostituisce le collinette erbose che fanno da argine con orripilanti muraglioni di pietre o cemento. Sostituisce il sinuoso andamento serpentiforme dei fiumi con innaturali canali rettilinei.

Gli uomini del passato hanno costruito piccoli laghi che prima hanno irrigato i campi e poi hanno aiutato le montagne capoterresi ad essere tra le più verdi e boscose della Sardegna. Non possono purtroppo dire lo stesso i nostri vicini di Domusdemaria e Teulada, paesi circondati da brulle e aride colline. Oggi, invece di costrure ancora più laghi per combattere la desertificazione, li vogliamo eliminare comportandoci come Ponzio Pilato: una seccatura in meno per me, lascio i problemi a chi mi seguirà.

Togliamo i laghi e trasformiamo le querce in cisto, anche con l'aiuto degli incendiari. Molta più terra, molte più pietre rotoleranno a valle trascinate dall'acqua, scavando, raschiando, scarificando, trasformando tutto in deserto di sabbia e sassi. Fate bene i vostri calcoli, signori, ma considerate tutto, non solo due o tre aspetti. Il vostro progetto deve "saldarsi" con il territorio, non violentarlo. Deve entrare nella testa e nel cuore della gente che vive in questa terra. Ciò che abbiamo letto in quelle pagine non è nulla di tutto questo. Fermatevi.

mercoledì 11 novembre 2009

Lo studio Hydrodata all'esame di Cooperativa e Consiglio Comunale

di Franco Magi

Ho recentemente ricevuto, in qualità di Consigliere comunale di Capoterra, la proposta di assetto infrastrutturale di base del Rio San Gerolamo, sviluppata dalla società Hydrodata – già incaricata dalla Giunta Soru della predisposizione del “Progetto Piano Stralcio Fasce Fluviali (P.S.F.F.)” della Regione Autonoma della Sardegna.
Tali elaborati saranno oggetto di discussione nel Consiglio comunale del giorno 11-11-2009, appositamente convocato d’urgenza a seguito della richiesta della Regione di conoscere entro 7 giorni le eventuali osservazioni dell’amministrazione locale. Considerata la grande rilevanza che il predetto studio riveste per il futuro della nostra Comunità, ho inoltre tempestivamente informato la Cooperativa Poggio dei Pini, consegnando contestualmente copia degli elaborati contenenti le previsioni progettuali.
Per questi motivi, e per la più ampia trasparenza dell’operato mio e della P.A., ritengo utile pubblicare in questo blog copia degli elaborati (vedi fondo pagina) affinché tutti possano valutare gli interventi proposti. La decisione della Regione di coinvolgere le amministrazioni locali è molto positiva, ma a mio giudizio non si può tuttavia sottacere che lo studio di Hydrodata suscita numerose perplessità: è infatti improponibile ed inutile realizzare all’interno di Poggio dei Pini viadotti di 100 metri o sacrificare il lago, che al contrario ha salvato le zone a mare limitando e riducendo la furia dell’acqua e che rappresenta l’unica salvezza per tutto il territorio comunale in caso di incendi.Anche la paventata esigenza di delocalizzare la zona sportiva di Poggio dei Pini risulta improponibile senza lo stanziamento di adeguati stanziamenti per la sua completa ricostruzione.
Non è mio compito formulare pareri tecnico/scientifici sull’argomento, che peraltro in modo assolutamente puntuale ed efficace la stessa Cooperativa ha già sviluppato, facendo tempestivamente pervenire al Sindaco ed a tutti i Consiglieri comunali una relazione (che spero sia pubblicata), redatta grazie al contributo ed all’esperienza delle numerose professionalità presenti nel Consiglio di Amministrazione. Mi limito soltanto ad osservare che tutti al Poggio concordiamo sulla necessità del mantenimento del lago come valore paesaggistico ed identitario della nostra Comunità, oltreché per le sue funzioni in caso di incendi e/o di eventuali ulteriori alluvioni (è consaputo ed universalmente appurato che il nostro lago ha limitato la velocità dell’acqua a valle), e che inoltre tutti auspichiamo un riassetto idrogeologico che coniughi sicurezza e rispetto del meraviglioso ecosistema che ci circonda. Non è pertanto questo il momento delle lacerazioni e delle divisioni, o delle sterili strumentalizzazioni.
Lo studio Hydrodata è solo una proposta, fortunatamente non è ancora stato approvato dai competenti Organi. Serve pertanto la massima unità e la piena consapevolezza che il futuro urbanistico del Poggio dipende dalla nostra capacità di sensibilizzazione e di persuasione. Sono convinto che la Cooperativa stia operando nel verso giusto, e ciò è testimoniato anche dalla mole di osservazioni formulate nella relazione recapitata all’amministrazione comunale.
Per quel che posso, essendo l’unico Consigliere comunale di Poggio dei Pini, farò mie tutte le considerazioni espresse all’unanimità dalla Cooperativa e mi impegnerò affinché siano recepite nel deliberato Consiliare. Mi sono inoltre attivato per promuovere un immediato incontro con l’attuale Assessore ai LL. PP. della Regione Sardegna, che penso avverrà all’inizio della prossima settimana, ed al quale chiederò sia presente una delegazione della Cooperativa. Allo stesso modo sono altresì sicuro che anche i Consiglieri regionali espressione del nostro territorio si stiano adoperando in conformità.
Franco Magi

venerdì 6 novembre 2009

Il Consiglio comunale se la suona e se la canta

Il 19 ottobre scorso, tre giorni prima dell'importante anniversario dell'alluvione, il Consiglio Comunale di Capoterra ha tenuto, nella mattinata, una seduta aperta che, ovviamente, ha visto la partecipazione di pochissimi cittadini. Nonostante qualcuno si sia lamentato dell'orario inaccessibile, concordo con chi ha affermato che anche se l'incontro si fosse tenuto in serata, l'affluenza del pubblico sarebbe stata comunque assai ridotta. Oltre alla ben nota disaffezione dei cittadini per le iniziative che provengono dalle amministrazioni pubbliche (non solo quella capoterrese), c'è da considerare che il giorno dopo si sarebbe tenuto un importante incontro con la popolazione nella chiesa di Frutti d'Oro, a proposito del quale ho scritto il precedente post del blog.

Oggi abbiamo a disposizione il verbale (scarica) di questa riunione consiliare. E' un documento che non contiene nulla di eclatante, ma che comunque mi offre alcuni spunti di riflessione. Il verbale ci consente poi di conoscere meglio alcuni consiglieri che hanno minore visibilità, rispetto al Sindaco.

Giorgio Marongiu ha presentato una relazione del tutto simile a quella poi riproposta il giorno dopo nella chiesa di Frutti d'Oro. Il Sindaco e altri consiglieri ci tengono insistentemente a far sapere ai cittadini che erano tutti svegli alle 5 del mattino. Ma è davvero così importante? Quando avviene un disastro del genere, con 3 ore di pioggia incessante, tuoni, fulmini e acqua che arriva da tutte le parti, ben poco possono fare una o dieci persone che si attaccano al telefono. In quel momento doveva essersi attivato un Piano di Emergenza che non c'era. Un piano preciso, basato sull'intervento di persone e di mezzi. Si è detto che il piano non c'era perchè non esistono le linee guida della Regione ma si è anche detto che il Piano esisteva (non era vidimato). Mi sembra una contraddizione. Cicalò, responsabile della Protezione Civile Regionale, disse a Videolina che una ventina di comuni dispongono di questo piano, come hanno fatto senza le linee guida? Inoltre a Capoterra ci sono state alluvioni a go-go nel corso dell'ultimo decennio quindi le amministrazioni, innanzitutto quella comunale, dovevano essere sensibilizzate sulla esigenza di disporre di questo strumento. Si è scelto di puntare sul "io, speriamo che me la cavo", ma purtroppo è andata male e oggi ci si arrampica sugli specchi piuttosto che ammettere questa carenza o inadempienza che sia.
Tant'è vero che oggi si corre ai ripari, dopo tanta insistenza il Piano di Protezione Civile è stato varato dal Comune, anche senza le linee guida della Regione (ma ci sono quelle nazionali). Ci voleva una tragedia perchè ciò accadesse.

Abbastanza curioso, poi, che le caratteristiche presenti in questo Piano siano presentate come "novità" (ci sono delle novità .., altra novità è ..). Ma novità rispetto a che? Questo sarà, si spera, il primo Piano di Emergenza adottato dal Comune di Capoterra. Tutto è novità! Ma si gioca con le parole, e va bene giochiamo. Ma allora gioco anche io.

Marongiu ed altri consiglieri continuano a parlare di evento eccezionale e imprevedibile, puntando sull'innegabile record dei 450 mm in tre ore. Nessuno in Consiglio ricorda le tantissime volte che ci eravamo andati vicini.
Un elemento positivo di questi interventi è che nessuno, nemmeno Mallus, ha dichiarato che la diga di Poggio dei Pini sarebbe crollata, liquefatta o che avrebbe causato l'onda di piena devastante.
Non sono mancate però le castronerie. Lo strafalcione più divertente riguarda sempre il lago che sarebbe dotato di un "canale spalmatore" (forse era ora di colazione). Fanno invece meno ridere le solite inesattezze sulla diga (in terra) che avrebbe una "mezza paratia crollata". Penso che ormai sia una battaglia persa, dopo un anno di tentativi ci rinuncio. Ebbene si, ammettiamolo: la diga in terra ha un canale spalmatore con una saracinesca che si tira su è giù e ci sono anche le paratie. Non abbiamo perso un lago, ma un vero è proprio luna park.
Si afferma anche che la diga del lago piccolo sia crollata, mentre ha subito un cedimento parziale. Si dice poi una cosa vera, il centro storico di Capoterra ha registrato 450 mm. ma ha avuto meno danni: "questo significa che il centro storico ha retto l’epicentro del fenomeno, grazie agli imponenti lavori di messa in sicurezza e riordino idraulico".
Però le alluvioni del 1999 e del 2005 hanno coinvolto il bacino del S. Girolamo e Masoni Ollastu. Perchè non sono stati messi in sicurezza anche quei corsi d'acqua?

Tutto il discorso sulla mancanza di risorse è invece da me condiviso in pieno, così come l'azione di questa giunta e della giunta precedente volta ad arginare il dilagare della speculazione edilizia.

Altri stralci: "A Messina i quattrini sono arrivati subito, a Capoterra dopo un anno. Il Sindaco ricorda di avere tenuto una linea “morbida” e di moderazione per un anno. E di essersi deciso a parlare solo adesso per denunciare disorganizzazione e inefficienze da parte della Regione."
La domanda è: questa linea morbida ha premiato? Io credo di no.

"In tanti invece accusano il Comune, nascono comitati spontanei e accusano il Comune."
Questo tema è stato affrontato, purtroppo, anche dall'assessore Zaccheddu che ha dichiarato: "
le associazioni che si sono formate, sarebbero dovute essere più concilianti, non si può fare una associazione vedendo nell’Amministrazione la controparte incapace, noi non siamo la controparte di nessuno, abbiamo operato in una situazione di elevata criticità, per l’interesse dei cittadini e mai per il nostro interesse".
Veramente ho difficoltà a capire. Dopo un abbondante autoincensamento dei consiglieri comunali che si sarebbero prodigati in tutti i modi, dopo avere elogiato tutti i dipendenti comunali, i volontari etc. il fatto che gruppi di cittadini si riuniscano in associazione da fastidio. E' chiaro che Zaccheddu si riferisce all'Associazione 22 Ottobre, che non ha mai visto il Comune come una controparte e ha orientato la sua azione nei campi della divulgazione e nella pressione nei confronti soprattutto degli enti regionali. Certo ha stimolato anche il Comune a dotarsi si un Piano di Protezione Civile. Non si può certo dire che lo stile dell'associazione sia stato aggressivo, e chi va nel sito www.22ottobre.org può verificarlo. Ma allora cosa c'è che non va? Questa azione meriterebbe un caloroso elogio, invece della reazione infastidita di Zaccheddu.
Purtroppo in Italia fare politica significa soprattutto conquistare delle poltrone, anche quelle piccolissime di un assessorato comunale, e cercare di difenderle a tutti i costi. Si vedono fantasmi ovunque e chiunque si muova nella società viene visto come un potenziale nemico, se non si fa inglobare, uno che ti potrebbe soffiare la poltrona. E' un modo vecchio di fare politica, un basso profilo che porta a risultati scadenti, soprattutto per i cittadini. Questo intervento dell'assessore è la cosa più brutta che ho letto e rafforza la mia impressione negativa su questa giunta comunale.
"La stampa ha dipinto Capoterra come una comunità di lestofanti: certo dovunque ci sono le persone disoneste, ma la stragrande maggioranza dei Capoterresi sono persone oneste".
Questa visione fortunatamente è falsa e non corrisponde a quello che io ho letto sui giornali. Al contrario invece mi sembra di poter dire che la comunità capoterrese abbia imparato molto dall'alluvione, si è vivacizzata, ha trovato nuova energia propulsiva e una spinta verso l'avvicinamento di comunità che erano invece distanti anche a causa della sbagliata politica sociale del comune. Dopo avere alimentato le divisioni (divide et impera?) il Comune oggi critica chi si adopera per rafforzare questo processo di unificazione sociale e culturale di Capoterra. Imperdonabile.

Tra i tanti lavori eseguiti, molti dei quali non dal Comune, nella relazione si cerca di abbondare dichiarando attività assolutamente inesistenti: "la messa in sicurezza degli argini del fiume, a Frutti d’Oro e nella zona sportiva di Poggio dei Pini". Ovviamente quegli argini non sono stati messi assolutamente in sicurezza. Sono sicuri per portate (forse) di 200 mc/sec ma con valori superiori ci sarebbe una nuova esondazione. La sicurezza è un obiettivo ancora ben lungi da essere raggiunto. Parliamone quando ci sarà per davvero.
Vediamo gli altri consiglieri. Franco Magi, che i lettori del blog conoscono bene, se la prende con la protezione civile regionale: "la protezione civile deve essere civile e non composta di graduati" e con la Forestale "per non avere vigilato".

Franco Bayre parla di "un problema di una intera comunità", quell'"intera" viene ribadito più volte come forse a significare un qualcosa che ieri non era, una comunità che prima non era "intera" e oggi forse potrebbe esserlo. Anche la sua citazione “se vuoi andare veloce cammina da solo, se vuoi andare lontano unisciti ad altri” mette a nudo l'inadeguatezza della scelta isolazionista di questa giunta che si muove con scarsa capacità di unire e di parlare linguaggi differenti. Ovviamente Bayre è stato criticato da vari consiglieri per non essersi allineato con gli altri nel ripetere le solite frasi di circostanza.

Il consigliere Littarru afferma "si costruisce negli alvei dei fiumi, addirittura sono le normative che consentono l’insediamento delle popolazioni in quelle aree". Deve essere specificato che questo era vero negli anni 70 ma non certo recentemente, altrimenti si rischia di confondere la gente con informazioni distorte. Le normative esistono eccome, e da molti anni, diciamolo. Poi "richiama i principi costituzionali di solidarietà e sussidiarietà", ricordandomi quegli slogan spesso evocati nei comizi dalla "mia" sinistra. I cittadini di Pauliara non hanno visto molta sussidiarietà ne solidarietà in questo anno e nemmeno quelli di S. Girolamo con le loro strade disastrate e quelli di Frutti d'Oro con pozzanghere ormai più grandi del semiprosciugato lago di Poggio. Gli slogan che non hanno riscontro nell'azione reale io non li utilizzerei nemmeno nei comizi.

Tutti, ma veramente tutti, hanno poi ripetuto la frase "oggi la natura si è ripresa ciò che l’uomo le aveva sottratto", oppure "il fiume si è ripreso il suo spazio naturale". Ma allora decidiamoci, se il fiume si è ripreso il suo spazio questo evento non può essere cosi eccezionale e imprevedibile.

Il mio vecchio amico Leo Marrapese suggesirsce di rivolgere le critiche all'avaro governo nazionale e la giunta regionale. Poi però cita come esempio proprio il Ponte di Pauliara dicendo che "il milione di euro ancora non è stato speso. Figurarsi spenderne 35! ". Il milione di euro non è stato speso anche a causa della incapacità del Comune. E meno male che quei soldi non li hanno affidati a un ente che, nonostante la disponibilità di "tutto lo scibile umano", quel ponte non l'ha voluto realizzare.

Roberta Marcis sottolinea la disparità di trattamento tra gli alluvionati sardi e quelli di altre regioni e la scarsa consistemza femminile nel consiglio comunale. Con l'alluvione non c'entra molto ma una "smazzulata" ai colleghi maschi ci sta sempre bene.

Il consigliere Pillitu fa una affermazione criptica che sinceramente non riesco a decifrare "lo spirito della seduta del Consiglio è quello di commemorare i defunti, ma anche diriappropriarsi di un ruolo del quale il Comune è stato espropriato. Tutti hanno messo le mani sul territorio". Espropriato di che? Tutti chi? Il territorio di chi? Poi anche se lo spirito della seduta era quello di commemorare i defunti se la prende con Bayre per non essersi allineato al demagogico autoincensamento.

Ho apprezzato il tema di Mallus, orientato ad una visione del territorio non più incentrata nel "mito di una prosperità, di uno sviluppo economico basato sull’economia del mattone, del consumo del suolo, dello sfruttamento scriteriato delle nostre risorse ambientali". Sono tutti temi che porta avanti l'associazione impropriamente temuta dal suo vicino di casa e che anche io condivido ampiamente. In previsione futura "Il futuro Piano Urbanistico Comunale dovrà essere incentrato sui riscontri oggettivi tecnico scientifici dei geologi, degli agronomi, degli esperti dei beni Storici Artistici, secondo il principio del risparmio del suolo". Condivisibile.

Giannetto Soi se la suona e se la canta dicendo che "il buon governo che l’attuale amministrazione pone in essere è lampante, anche se qualcuno purtroppo questo non lo riconosce, è impensabile che qualche collega non voglia mai e poi mai riconoscere il buon lavoro che la coalizione di centro sinistra comunista e sardista sta realizzando nell’interesse della comunità capoterrese tutta".

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