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venerdì 28 maggio 2010

Tagliamo la coda al toro

Qualche giorno fa sono arrivati gli avvisi di garanzia a 11 persone coinvolte nell'inchiesta sulla disgrazia del 22 ottobre 2008, ed in particolare per la morte di quattro persone tra Poggio dei Pini e Frutti d'Oro. Certamente tutti voi avrete letto la notizia quindi non mi dilungo sui dettagli.
Non ho nemmeno intenzione di esprimermi sull'esito del procedimento giudiziario, che farà il suo corso ed arriverà, seppur non in tempi brevi, a risoluzioni sicuramente giuste.
Vorrei però fare altre considerazioni.
Dobbiamo innanzitutto trovare una giusta definizione per quello che è accaduto. Quanto è tragedia inevitabile e quanto era invece evitabile?
Il Sindaco di Capoterra, che è tra gli 11 indagati, ricorda spesso che questo evento ha avuto proporzioni pluviometriche superiori a quelle dell'uragano Katrina.
Curioso il nostro sindaco. Talvolta minimizza o ingigantisce le cose a seconda della convenienza dialattica. Prima schernisce l'Associazione 22 Ottobre definendola "quelli del Gange", poi diventa lui stesso "quello del Katrina".
Sappiamo che il Comune di Capoterra non disponeva di un Piano di Emergenza che prevedesse il blocco delle strade sottoposte a rischio alluvione. La cosa assume una certa gravità se si pensa che a Capoterra le alluvioni non sono una novità. e che il nostro territorio è famoso in tutta l'isola per la sua piovosità. Il responsabile regionale della Protezione Civile, dott. Cicalò, ha però candidamente ribadito su Videolina, che solo 20 comuni sardi su 330 dispongono di un Piano di emergenza. Insomma, il comune di Capoterra era in buona compagnia, carente come il 90% dei comuni sardi. Perche c'è questo ritardo generalizzato? E' davvero colpa dei singoli comuni e dei loro sindaci oppure ci sono responsabilità più in alto?
Passiamo a Poggio dei Pini dove c'è la famosa diga. Di queste dighe ce ne sono decina in tutta l'isola e molte sono abbandonate a se stesse. Come sappiamo non è crollata e non ha avuto quindi nessuna influenza negativa sulla tragedia, semmai si è appurato che è l'esatto contrario, ne abbiamo già parlato.
Dovevano però esistere cartelli di segnalazione e anche un avvisatore acustico. Lo prescrive la normativa. Ora, i cartelli servono, non dico di no. Forse servono anche quelli che riportano il limite di 10 km/h che esistono ancora a Poggio dei Pini. Forse potrebbe essere utile un cartello con su scritto "attenzione, pericolo, possibilità di piena millenaria". E mettiamolo il cartello, costa cento euro.
Eppure in quella stessa strada 10 anni prima tutti avevamo assistito a scene simili, con macchine trasportate via dall'acqua. Fu una fortuna allora che non ci scappasse il morto. Ci è sembrato assurdo che dopo quell'esperienza la strada fosse ricostruita con le medesime caratteristiche, però dobbiamo constatare che anche le persone hanno fatto come se nulla fosse, correndo gli stessi rischi, attraversando strade allagate e ponti in situazioni meteorologiche proibitive.
Vi posso raccontare un episodio. Come sapete l'autunno è il mese più a rischio per le alluvioni. Dallo scorso autunno è anche attivo anche il nuovo servizio comunale di diramazione degli allerta meteo via SMS. E' vero che quasi sempre l'allerta meteo si risolve in un semplice temporale, ma ricordiamoci che l'allerta meteo del 22 ottobre prevedeva un rischio moderato, con precipitazioni di 60 mm (ne caddero 450). Non può essere diversamente. Ci hanno spiegato gli esperti che quelle "bombe" non possono essere previste. Da quasi due anni, in mancanza del ponte, chi deve raggiungere il quartiere di Pauliara da Poggio dei Pini deve attraversare un fastidioso guado. E' chiaro che in presenza di forti piogge quel guado rapprersenta un pericolo elevatissimo. La tragica alluvione si era verificata solo 1 anno prima e quindi tutti avrebbero dovuto avere una soglia di attenzione enorme. Invece ..... nonostante il personale della Cooperativa avesse chiuso il guado, qualche idiota ogni mattina rimuoveva lo sbarramento. E che dire poi di quella signora che nella primavera del 2009 cercava di attraversare il guado in piena con un gruppetto di bambini (anche figli non suoi) prelevati dalla palestra di Pauliara e che è rimasta bloccata in mezzo al guado?
Insomma mettiamo pure cartelli e lampeggianti, ma siamo sicuri che eviteranno gli incidenti se anche tutti noi continuassimo ad avere atteggiamenti menefreghisti?

Nella lista degli indagati troviamo i funzionari che, forse, potrebbero avere delle responsabilità nella applicazione di norme e leggi. Tutti noi sappiamo che alla base della tragedia del 22 ottobre c'è un utilizzo indiscriminato del territorio. Ci sono quelle concessioni edilizie rilasciate dove non si doveva costruire. Sappiamo bene che dietro quelle concessioni c'è sempre il cancro della corruzione che investe il nostro paese e gli mette la testa sottacqua. Qualcuno si arricchisce facendo diventare edificabile un terreno agricolo in zona a rischio idrogeologico, dopo vent'anni in centinaia finiscono con la casa sott'acqua e i danni li ripaghiamo tutti noi. I morti invece non tornano piu. Costoro risultano tra gli indagati? E chi ha realizzato ponti sottodimensionati basandosi su studi fatti male perchè forse chi li ha eseguiti era stato selezionato sulla base di amicizie e clientele, piuttosto che tramite una selezione basata sul merito? Chi trucca i concorsi e le gare d'appalto è indagato?
No di certo. Gli indagati sono i funzionari di turno che si trovavano in quel momento con il cerino in mano. Quale gloria oppure onore può avere il sindaco di un piccolo paese, un consigliere comunale oppure un ingnegnere che gratuitamente si presta ad essere responsabile per una piccola diga. Con tutto il rispetto per queste persone, stiamo parlando della coda del sistema. La saggezza popolare dice che se vogliamo risolvere un problema dobbiamo tagliare la testa al toro, ma la realtà è che alla fine ci passano sempre i soliti capri espiatori. Nulla contro il procedimento in corso che è un atto dovuto, ci mancherebbe. Ma sono certo che, se il nostro obiettivo è quello di non riassistere alle medesime scene in futuro, si deve fare di piu. Si deve cambiare la testa.
Qualcuno potrebbe anche pensare che "da qualche parte bisogna pur cominciare". Non so, invece, se tutto questo potrà servire. Sono quasi 50 anni che vedo questo paese girare su se stesso e certe cose non cambiare mai. La coda ricrescerà, con nomi diversi, e la testa continuerà a costruire ponti inadeguati, case negli alvei e cosi via.

lunedì 10 maggio 2010

Il lago che ritarda la piena

Pubblico volentieri questo contributo inviato dall'Ing. Alessandro Carta che ci fornisce alcune osservazioni sullo studio Hydrodata e in modo particolare sul ruolo attribuito al lago di Poggio. Personalmente ho trovato particolarmente interessante la considerazione sul ruolo che questo pur piccolo bacino può svolgere nei confronti delle piene. Si è difatti detto, ed è riportato anche nello studio, che il lago, con i suoi circa 250 mila metri cubi di capacità (oggi ridotti a 40 mila) non sarebbe in grado di contenere una piena come quella del 22 ottobre 2008 che ha riversato alla foce circa 4.500.000 metri cubi d'acqua e fango. E' vero. Pero' L'ing. Carta ci fa riflettere sul'azione di ritardo svolta dal bacino e sulla decisiva influenza che questo ritardo potrebbe avere sul piano di emergenza che riguarda tutti i territori che si trovano a valle di esso.

Giorgio Plazzotta


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di Alessandro Carta


Dalla illustrazione del nuovo progetto Hidrodata si è notato che, mentre sono state tenute in conto alcune osservazioni della Cooperativa Poggio dei Pini, il progetto stesso, da quanto si è riusciti a cogliere in tale sede, è rimasto praticamente invariato per quanto riguarda il laghetto, cioè il lago grande. La cosa non è assolutamente secondaria e, a mio avviso, deve essere affrontata subito, prima che gli interessati si convincano che la soluzione sia ormai scontata e definitiva.
Io avevo a suo tempo, in occasione di alcuni incontri al riguardo, formulato una osservazione sulla necessità di considerare tale lago come struttura esistente atta a costituire una (certo moderata) laminazione delle piene. Tale osservazione di larga massima, proposta in modo sicuramente affrettato e qualitativo, pare non abbia avuto alcun esito e neppure alcun momento di approfondimento. E’ pertanto rimasto lo schema che prevede un setto divisorio di circa 200 metri fra il torrente in piena e il lago, del quale non è facile dedurre la cinematica di funzionamento nelle varie situazioni meteoriche e le relative quote idriche, ma si immaginano i costi imponenti e le difficoltà di gestione dell’impianto.
E’ chiaro che il dimensionamento di tale setto, graficamente illustrato come un paramento quasi astratto, necessita probabilmente anche di uno spessore planimetrico maggiore, dovendo sopperire a spinte idrostatiche e dinamiche notevoli e varabili secondo l’evolversi degli eventi meteorici. Oltre alla necessità di impianti a monte e a valle atti a regolamentare l’ingresso al lago e lo sfioro.
Ma, a parte tali valutazioni economiche, in alternativa a tale schema, che comunque necessiterebbe di varie precisazioni, mi pare sia necessario effettuare una serie di considerazioni sulla opportunità generale di far attraversare l’ambito del lago da parte del torrente sia in fase di magra che in occasione di piene.
E’ parso infatti di capire che agli effetti della laminazione delle piene il volume di invaso del lago (orginariamente mi risulta di circa 250.000 mc) sia stato considerato irrilevante in rapporto ad una portata di piena del torrente come quella rilevata il 22 ottobre 2008 (calcolata in 409 mc/sec, in tale località). In effetti, ma solo quando il lago fosse inizialmente vuoto, si avrebbe un tempo di riempimento dell’invaso di circa 10 minuti, durante il quale a valle non scenderebbe una goccia d’acqua. E’ comunque un buon intervallo di preavviso per l’attivarsi di sistemi di allarme non solo a Poggio ma anche su tutta l’asta del torrente fino alla foce.
Una prima considerazione deve esser fatta sulla esigenza assoluta, al contrario di quanto avvnuto in occasione del nubifragio del 22 ott. 2008 (assolutamente inaspettato) di operare un continuo monitoraggio delle perturbazioni in arrivo, già diverse ore prima dell’evento, in modo da attivare le necessarie misure di sicurezza compresa quella di svuotare con la dovuta e possibile tempestività e gradualità il lago in occasione del paventarsi di eventi che vengano giudicati sicuramente preoccupanti. Facendo defluire per esempio una portata di 25 mc/sec il lago si svuota in circa tre ore. E’ evidente che in occasione di eventi simili l’acqua nel lago si ripristinerebbe comunque e subito, consentendo almeno un periodo di riempimento come quello calcolato (10 minuti).
Un’altra considerazione riguarda, per assurdo, la maggiore sicurezza che avrebbe qualsiasi arteria di traffico a valle del lago rispetto a quelle a monte dello stesso per la quale non è possibile alcun preavviso sull’arrivo della piena.
Ma il discorso deve essere ulteriormente approfondito con le seguenti altre considerazioni.
1) Innanzitutto è un po’ contradditorio il fatto che il volume dell’acqua nel lago quantitativamente sia considerato rilevante, e quindi preoccupi gli insediamenti a valle per la eventuale tenuta della diga, mentre la stessa quantità di acqua sia considerata irrilevante sotto l’aspetto della laminazione della piena. E’ evidente che i fenomeni sono connessi e paralleli e che si debba considerare l’effetto lago, più che come smorzamento della piena, come un efficace ed utilissimo preavviso.
2) Ma un vantaggioso effetto di laminazione vero e proprio può esservi comunque nel caso di eventuali accumuli idrici dovuti ad intasamenti locali a monte, come quello verificatosi probabilmente nella zona dell’Hydrocontrol per l’accumulo di detriti e quant’altro, in occasione dei quali, al momento del cedimento di tale sorta di diga, vi è un deflusso istantaneo (o quasi) dell’accumulo idrico relativo. Dato che la quantità d’acqua connessa a tali fenomeni risulta in genere notevolmente più ridotta rispetto al volume di invaso del lago, questo sarebbe atto a smorzarlo interamente. E ciò sia nella fase di riempimento del lago che, anche se in misura ridotta, a lago già pieno.
3) Ma vi è di più. Infatti si è fatto fin qui riferimento ai tempi di riempimento del lago in occasione dell’evento più calamitoso avvenuto (409 mc/sec) calcolato in circa 10 minuti. Da tale momento si attiverebbe però il deflusso dallo sfioratore che, se sufficientemente dimensionato, è atto a smaltire la portata massima previa formazione graduale di un sovralzo del liquido, che dipende dallo sfioratore e che si raggiunge solo a regime. Anche tale fase consente ulteriori tempi di allarme dell’ordine di altri 5 minuti (nel complesso 15 minuti di preavviso). Vi è poi da considerare che, per fortuna, non tutti gli eventi sono così catastrofici come quello citato. Già infatti tutta la progettazione delle varie opere pare sia stata improntata su un dimensionamento bilanciato su eventi meno intensi e più frquenti, con una portata di massima piena sotto i 200 mc/sec che consentirebbe di raddoppiare il tempo di allarme preventivo suddetto, valutabile quindi in circa mezz’ora. E’ evidente che in occasione di eventi meteorici più frequenti, ma pur sempre preoccupanti, si avrebbero ben più ampi tempi di messa in sicurezza della viabilità e delle zone di possibile invasione dell’acqua. Mentre nessun preavviso si avrebbe con la soluzione proposta da Hydrodata con la quale, senza l’effetto smorzante del lago, l’onda di piena arriverebbe improvvisa con la sua massima potenza distruttiva.
4) Ma vi sono altri motivi per preferire alla soluzione Hydrodata quella qui prospettata, e cioè:
a) lo scopo di creare proprio nel lago una zona di accumulo dei detriti (massi, alberi ecc.) maggiormente gestibile nel dopo alluvione, che può addirittura costituire non una passività ma una risorsa attiva (almeno al fine di sopperire alle spese di pulizia della zona) per la possibile formazione di un cantiere di scavo con ripristino dei livelli del fondo lago. Si sottolinea che altrimenti tali materiali si spargerebbero lungo le zone di golena, con spese di ripristino molto maggiori;
b) è evidente poi il vantaggio di avere in fase di scorrimento a valle del lago solamente acqua, senza trasporto solido, che crea vari tipi di problemi all’alveo e alle strutture di ogni genere, anche con pericoli di accumulo di materiali dove non è opportuno che ciò avvenga (ponti, ecc.);
c) sarebbe salvato il microclima del lago che ormai si è formato e con la miscelazione dell’apporto dei tre torrenti che confluiscono, solo in parte risulta compromesso;
d) si avrebbero notevoli vantaggi di carattere paesaggistico per la permanenza del lago ormai considerato bene identitario;
e) vi sarebbe una sostanziale maggiore sicurezza degli insediamenti esistenti a valle; infatti la diga, ormai collaudata da un evento oltre ogni limite di attendibilità, dovrà essere adeguata nell’impiantistica necessaria (scarico di fondo, monitoraggi sulla stabilità e i livelli) oltreché naturalmente per quanto riguarda l’opera di sfioro, che è stata sostanzialmente la causa di molti problemi.

In conclusione, il transito dell’acqua nel lago, ferma restando la necessità di conferire ogni sicurezza all’opera di invaso, nel suo livello orignario, non può che conferire svariati vantaggi a tutto il sistema, e non solo a Poggio dei Pini, che con l’adeguamento della viabilità al contorno, riacquisterà sicurezza e godibilità.
Quanto sopra potrà formare oggetto di ulteriori analisi ove ci venga fornito il progetto su DVD, possibilmente prima che diventi impossibile modificarlo.
Cordiali saluti,

Poggio dei Pini, 17.04.2010


Alessandro Carta

mercoledì 5 maggio 2010

I fatti importanti e le strumentalizzazioni

di Franco Magi

Approfitto dell’ultimo post per approfondire la tematica inerente i lavori di eliminazione della “salvinia molesta” nel laghetto piccolo (per la verità di ben poca rilevanza) ed alcuni altri aspetti della nostra Comunità (ben più importanti).

Per quanto attiene al laghetto piccolo, ritengo del tutto inutile soffermarmi sul fatto che essi non hanno mai costituito – diversamente dai tentativi di cementificazione delle pinete storiche e della scarsa trasparenza - motivo di “ribellione” da parte degli abitanti di Poggio, così come nessuno ha mai cercato di strumentalizzare tale vicenda. Ed infatti in nessuna comunicazione del Comitato (e sono molte) è mai stata citata tale problematica. Ed anche lo scrivente (che giustamente viene fatto rilevare la ha originata) non ne ha mai fatto menzione.

E’ però indispensabile riportare a verità i fatti: i lavori eseguiti sul laghetto piccolo nel 2007 erano, restano e saranno sempre abusivi, realizzati in assenza della prescritta autorizzazione.

Ed invero spiace dover assistere a simili torsioni della realtà, per la verità molto banali e superficiali.

La citata sentenza del TAR, lungi dall’affermare apoditticamente “che i lavori erano regolari”, ha molto più semplicemente (e meno male!) annullato una sanzione amministrativa di oltre 10.000 euro comminata alla Cooperativa, ritenendo (peraltro correttamente) che tali lavori non fossero inquadrabili come “opere di manutenzione straordinaria eseguite su immobili”, e che pertanto di conseguenza non fosse applicabile la sanzione amministrativa comminata dal Comune di Capoterra.

Ma dispiace rilevare che la violazione del Testo Unico sulle acque non ha conseguenze amministrative, ma bensì penali. Ed invero (lo abbiamo appreso più volte dalla stampa) il Giudice penale (nel gennaio 2009) ha con Ordinanza disposto l’imputazione coatta nei confronti dei responsabili della conclamata violazione dell’articolo 96 del Regio Decreto 523/1904.

Ignorare questa realtà (o fingere di ignorarla) è puerile ed inutile. Il tempo sarà ancora una volta il custode della verità dei fatti.

Gli abitanti del Poggio hanno giudicato il vecchio Consiglio di Amministrazione non certo sulla salvinia molesta, bensì sulle scelte urbanistiche scellerate, sulla quasi totale mancanza di trasparenza, sui metodi talvolta arroganti, sulle contraddizioni del loro operato (vedi referendum antenne) etc…

Ed oggi, nel 2010, la gente di Poggio non si interroga certo sui lavori eseguiti nel 2007 nel laghetto piccolo (che resteranno sempre abusivi), né tantomeno delle vicende sul prolungamento della strada 7 (in questo caso l’abusività del manufatto è stata a posteriori ammessa dalla stessa Vice Presidente della Cooperativa, che ne ha cercato finanche di chiederne la sanatoria) - ma giustamente si chiede come far rivivere lo splendido ecosistema che ha caratterizzato Poggio dei Pini. E soprattutto chiede tempi certi per la realizzazione del nuovo ponte di Pauliara e per la salvaguardia dei due laghi.

Qualcosa è stato fatto, ad esempio il nuovo ponte di Pauliara è in fase di appalto, lo studio Hydrodata, che originariamente prevedeva la cancellazione dei due laghi, è stato – grazie anche al fondamentale contributo della Cooperativa rimodulato. Ma molto certamente rimane da fare.

Mi auguro che i tempi dei paventati fallimenti e delle liquidazioni della Cooperativa siano veramente finiti. Io ho soltanto fatto il mio dovere, informando i Soci di ciò che andava accadendo.

Come già ampiamente detto avevo l’obbligo morale perché ero l’unico che – da Consigliere comunale – disponeva degli atti e dei documenti che gli stessi amministratori negavano pervicacemente ai Soci.

Contrariamente alle fomentate paure “stile 007” non dovevo “far fallire la Cooperativa per poi acquistarmela”, per poi sfruttare “inesistenti volumetrie scadute da decenni” (immaginatevi a che livello di fantasia si era giunti).

E come tutti i nuovi Consiglieri di Amministrazione potranno testimoniare ho scelto di prendermi un periodo di “disintossicazione” dalle infinite maldicenze di cui sono stato oggetto.

Ma spero che nessuno abbia il coraggio ed il pudore di strumentalizzare, ad esempio, gli aumenti delle quote sociali (che auspico temporanei) senza spiegare il motivo di tale scelta obbligata (e che peraltro mi risulta anche votata all’unanimità dall’attuale Consiglio di Amministrazione).

Scelta coartata questa dovuta alla mancanza di liquidità nelle casse della Cooperativa, cagionata sembrerebbe dalla unilaterale decisione di un Amministratore (a pochi mesi dalla fine del mandato) di vincolare ben 300.000,00 euro (accantonati prudentemente nel corso degli anni per far fronte ad eventuali spese straordinarie) in titoli per 5 anni.

Titoli che purtroppo se svincolati anticipatamente non garantiscono nemmeno il recupero delle somme investite.

Ma questo è un argomento che preferirei non approfondire.

Franco Magi

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