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domenica 4 gennaio 2009

La passeggiata di inizio anno

Oggi 4 gennaio si è tenuta la passeggiata ecologica organizzata da Rita Lai con la collaborazione del nostro blog. Hanno partecipato circa 30 persone di tutte le età. Giornata sempre nuvolosa ma nessun rischio pioggia.
Anni fa le "passeggiate ecologiche" rappresentavano un'occasione di incontro abbastanza comune per i residenti di Poggio dei Pini, penso che ne venissero organizzate almeno un paio ogni anno. Ultimamente abbiamo assistito alla diminuzione o alla scomparsa di molte iniziative che, aldilà dello scopo ludico, sportivo, culturale o conviviale, costituivano importanti momenti di incontro, utili per conoscersi, socializzare, scambiarsi opinioni e suggerimenti.
Così è stato anche questa volta.
In questa mappa Google viene mostrato l'intero percorso, che ha avuto come punto di partenza l'Hydrocontrol e il punto di arrivo l'Arcu s'Antoni a 520 m. di altezza.

In giallo è segnato il percorso dell'andata, il rosso il ritorno. Per gruppi più piccoli, il percorso potrà iniziare presso il ponte che porta al borgo di S. Gerolamo. Noi avevamo troppe automobili e abbiamo quindi preferito lasciarle nel parcheggio antistante l'Hydrocontrol.
Il percorso, all'andata, segue il corso del fiume. La carrareccia che percorreva l'alveo è quasi completamente scomparsa. Il fiume il 22 ottobre era una furia scatenata che ha invaso e travolto con una cascata di macigni, sassi e sabbia, tutto ciò che trovava. Avevo già visitato più volte la zona negli ultimi mesi riportando qui sul blog. la presenza di Rita ci ha consentito di conoscere utili informazioni sull'aspetto geologico del territorio. Abbiamo quindi imparato cos'è un conoide, un gully, e differenziato tra una roccia metamorfica e una di porfido.

Adesso che non c'è più quella carrareccia, i cacciatori che frequentano la valle e gli allevatori che ne sono gli unici abitanti, percorrono uno stradello che passa sul costone denominato "Gennecraboni" (linea rossa).

Camminare sul greto del torrente è impegnativo anche per la presenza dell'acqua (in estate il rio è in secca) ma è la stessa acqua che con il suo rumore e i suoi riflessi rallegra i viandanti. Anche in bambini sono felici per la possibilità in inzaccherarsi ad ogni piè sospinto (i genitori un meno).


Il gruppo di escursionisti alle prese con un guado

Prima della impegnativa salita verso Arcu s'Antoni ci soffermiamo presso una cascatella che si trova non distante dal bivio. Abbandoniamo il greto del S. Gerolamo e lentamente saliamo verso il crinale dell'arco montuoso che separa le valli del S. Gerolamo e del Gutturu Mannu.
Il sentiero che porta al passo negli ultimi decenni è stato percorso soprattutto da cacciatori e da qualche escursionista. Appartengono difatti a un passato ormai lontano le attività umane che facevano base in questa valle. Lungo il costone occidentale erano attive alcune miniere da cui si estraevano ferro e minerali preziosi (oro, argento, uranio). Molti boschi sardi, da nord a sud erano poi erano utilizzati per la produzione di carbone da legna. Questa zona è molto ricca di testimonianze di questa attività, costituite dalle classiche "piazzole", da capanne in pietra diroccate e dalle presenza di una rete di mulattiere adatte al trasporto dei materiali con le bestie da soma.
Come è noto esisteva anche una ferrovia che dalla valle raggiungeva l'approdo minerario a Su Loi attraversando quella che oggi viene chiamata "la via dei genovesi".
Il sentiero che portava al crinale passando praticamente dentro il Canale s'Antoni è stato devastato in molti punti dal nubifragio e ben difficilmente potrà essere ripristinato. Il passaggio è difatti interrotto da voragini che rendono il cammino simile a un percorso a ostacoli. La nostra salita è stata quindi lenta e faticosa, soprattutto per i più anziani.

Il passo ci consente di ammirare uno splendido panorama sulla valle del S. Gerolamo da un lato e della valle del Gutturu Mannu verso ovest.

Dopo il meritato spuntino scendiamo percorrendo una strada alternativa che suggerisco di utilizzare come via preferenziale. A poche centinaia di metri dal canale esiste infatti la vecchia mulattiera che metteva in comunicazione, attraverso il passo s'Antoni, la zona mineraria di S. Gerolamo con le miniere di S. Leone che si trovano esattamente sul versante opposto.
I costruttori della mulattiera ben sapevano che i canali, in occasione dei nubifragi, potevano diventare torrenti impetuosi e hanno costruito la mulattiera a una distanza di sicurezza dal canale principale che, come si è visto, l'avrebbe distrutta. Oggi questa mulattiera, che è parzialmente invasa dai cespugli, ritornerà ad avere il suo ruolo di collegamento tra le valli testimoniando come l'accurata progettazione di un'opera viaria può farla durare anche attraverso i secoli.

Nella mappa è evidenziato in giallo il percorso (è anche un sentiero CAI) che veniva utilizzato per salire a s'Arcu S'Antoni sino al 22 ottobre. In rosso viene invece indicato il percorso della vecchia mulattiera che attualmente rappresenta la strada migliore e più veloce per salire al passo.



Ecco infine una foto di gruppo degli amici che hanno raggiunto il passo. Ci vediamo alla prossima passeggiata.

38 commenti:

Stefano Fratta ha detto...

Grazie a chi ha organizzato e promosso l'escursione, molto utile e istruttiva grazie alle spiegazioni di Rita Lai, che ha illustrato bene quello che è successo a monte del Rio S. Girolamo. Da ripetere.

francomagi ha detto...

... ciao Stefano, ho un amico ad Arcore che ci potrebbe accompagnare in numerose escursioni.
Questo amico ha anche "casa" in Costa Smeralda, e sarebbe lieto di farTi ammirare la collezione di cactus...
Hai capito chi è?

Giorgio Plazzotta ha detto...

Sarà per caso Mangano?

Stefano Fratta ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
mcecca ha detto...

innanzitutto grazie a chi ha organizzato la bella gita.
Oggi ho parlato con il collega Paolo Randaccio che ha dato la sua disponibilita ad accompagnarci alle miniere con degli strumenti Geiger.
Quando siete disponibili fatemelo sapere, per me preferibilmente una domenica.

matteo ceccarelli

Giorgio Plazzotta ha detto...

Stai parlando delle miniere abbandonate che si trovano sul costone? Pensavo che non fossero minimanete accessibili ...
Oppure ti riferisci a quelle di S. Leone?

giacomo ha detto...

C'è dell'uranio da quelle parti, giusto ?

Giorgio Plazzotta ha detto...

si, ma io e Piergiorgio siamo andati presso una delle imboccature minerarie che era piena d'acqua immagino siano cosi anche le altre, quindi pensavo che oltra l'imboccatura non si possa andare

Piergiorgio ha detto...

In quella che abbiamo visto non si poteva entrare ma vi sono almeno altri 4/5 fori da cercare.
Uno in particolare lo abbiamo visto Domenica e da lontano sembrava aperto.

Riuniamo un piccolo gruppo (solo adulti)con un po di attrezzatura e andiamo a cercare minerali. Se si unisce qualche geologo o esperto in minerali la cosa sarà molto interessante.

Grazie Matteo per il tuo interessamento.

giacomo ha detto...

ci potrebbe essere anche qualche filone d'oro....


Giacomo

mcecca ha detto...

Le miniere sono quelle che abbiamo visto domenica sul costone, paolo randaccio mi ha detto che lui e' stato diverse volte e non e' necessario entrare dentro, dice che fuori si trovano delle pietre interessanti. vorrebbe dare un'occhiata anche all'acqua.
Si pensava di organizzare per domenica 18 gennaio.

matteo ha detto...

prima dell'alluvione, sul versante che dà sulla valle del rio san girolamo, si trovava un tunnel apparentemente ben rifinito, con all'ingresso un carrello minerario completamente arruginito, piuttosto affascinante.

già prima dell'alluvione l'acqua in questo tunnel arrivava quasi al ginocchio, per cui non sono mai andato oltre i primi metri.

si trovavano poi alcuni scavi piu' grezzi, credo vengano chiamati "assaggi" o "saggi" nel linguaggio tecnico minerario.

vi si riusciva a entrare infilandosi nelle aperture che si aprivano nel terreno, e almeno uno era composto da una stanza di una decina di metri quadri di ampiezza che però non conduceva piu' in profondità nella montagna.

non so se ora, dopo l'alluvione, le aperture siano ancora visibili e quella stanza sia ancora accessibile

Piergiorgio ha detto...

Per me va bene il 18/01.
Le informazioni che ho me le ha fornite mio suocero che ha lavorato nelle miniere fino alla chiusura, appena lo vedo gli chiedo se si ricorda la profondità dei vari cunicoli.
Piergiorgio

Giorgio Plazzotta ha detto...

allora organizziamo per il 18.
direi sempre ore 9.30 all'Hydrocontrol.

matteo c'e' una foto nell'articolo di qualche giorno fa dedicato alla'escursione con piergiorgio davanti all'imboccatura della miniera con carrello. Penso che sia quella a cui ti riferisci tu.
L'acqua quel giorno arrivava proprio all'ingresso

Giorgio Plazzotta ha detto...

sarebbe utile se qualcuno che ha libri in cui si parla di queste miniere (per esempio quello di emanuele atzori) mettesse a disposizione il materiale in modo da avere anche un quadro generale del contesto storico e minerario

Rita ha detto...

Io ho un libro che parla della miniera di San Leone, cioè della miniera di ferro a cui si accede dalla strada per Santadi (nella valle del Gutturu Mannu) che è sul versante opposto rispetto a quello su cui sbucano le gallerie minerarie sovrastanti il Rio San Gerolamo. Attualmente dovrebbe essere di proprietà della DICOVISA a cui appartiene anche la diga che sta sempre nella vallata del Gutturu Mannu.
Proverò a leggere se nel libro si parla anche di queste miniere più piccole di Su Linnarbu e poi vi mando le eventuali notizie storiche. Ho guardato nel libro di Atzori ma non c'è nessun cenno a questa miniera.
Verrei volentieri a fare la passeggiata. Ci sentiamo presto.
Rita

Giorgio Plazzotta ha detto...

ho trovato questo:

Arcu su Linnarbu: In questa zona, nei pressi di Santa Barbara, sono state fatte ricerche di uranio. I minerali di uranio si possono trovare in lamelle o aggregati irregolari. Altri minerali presenti: Carnotite, Fosfuranlite, Metautunite, Uraninite.

Giorgio Plazzotta ha detto...

questo per quanto riguarda San Leone:

Miniera di San Leone: Vi si coltivava la magnetite. La concessione apparteneva dal 1863 ad una società francese che la utilizzava per le sue acciaierie e che successivamente acquistò ettari di foreste in zona per poterne utilizzare il legname come combustibile per gli impianti. Fu questa società a costruire la prima ferrovia in Sardegna, che portava dalle miniere all'imbarco di Maddalena (la spiaggia separata da quella di Giorgino dal canale di collegamento col mare degli stagni di Capoterra e Cagliari). E'ancora possibile, nelle grandi discariche e in vari punti all'interno della concessione, ritrovare campioni di minerali come: Actinolite fibrosa verde, Andradite, Autunite, Babingtonite, Bassetite, Biotite, Calcite, Calcopirite, Chiastolite, Ematite compatta, Epidoto in cristalli giallo-verdi, Grammatite, Granato in cristalli bruni, Grossularia, Gummite, Hedembergite fibrosa verde, Ilvaite, Limonite, Magnetite, Marcasite, Metasaleeite, Metatorbernite, Molibdenite, Molibdite, Muscovite, Ortoclasio, Parsonsite, Pirite, Pirrotite, Quarzo in piccoli cristalli, Renierite, Rutilo, Sabugalite, Saleeite, Scheelite, Torbenite, Tremolite, Uranofane, Wollastonite fibroso-raggiata bianca.

Giorgio Plazzotta ha detto...

ho trovato il riferimento a un libro che parla di questa miniera:

SENESI F., OLMI F., SABELLI C., STARA P. - La mineralizzazione uranifera di Arcu Su Linnarbu - 2002, 3, 148.

Giorgio Plazzotta ha detto...

Arcu su Linnarbu, Capoterra, Cagliari Province, Sardinia, Italy
(Arcu su Linnarbu, Capoterra, Cagliari, Sardegna, Italia)


The Arcu su Linnarbu deposit is located near Capoterra, in Sulcis, to the south of Monte Arcosu, in the neighborhood of the ancient San Leone mine (separate locality).
This deposit is poor in primary U minerals but the secondary ones are very abundant.
Arcu su Linnarbu area is one of the few Italian localities where it is possible to collect well formed crystals of radioactive phases, some of which are very rare.

In 1956 the SOMIREN, a society of ENI group, made a radioactive mineral search also in Sardinia. The works carried out at Arcu su Linnarbu showed the industrial irrelevance of this U deposit and so any operation ceased. In 1980-1982 a new field campaign carried out by AGIP Nucleare S.p.A., jointly with Ente Minerario Sardo, confirmed the conclusions of the previous prospects.

The geology of this area is dominated by the presence of Mt. Arcosu granitic mass, which intrusion has generated the usual thermometamorphic ring around the intrusion. The previous Cambrian schists have been transformed also in magnetite skarns and appear deeply silicified. The uranium minerals have been found in siliceous breccia located at the contact between the granite and the schists. It is also deeply permeated by Fe oxides.

References:
- Pietracaprina A., 1963. I minerali di uranio in Sardegna. Studi Sassaresi, Sassari. Sez. III, 11: 587-650.
-Ravagnani D., 1974. I giacimenti uraniferi italiani e i loro minerali - Gruppo Mineralogico Lombardo-Museo Civico di Storia Naturale di Milano - Milano, 1974, pp. 160-164
- Vochten R., Brizzi G., 1987. Bassetite and other uranium minerals from Arcu su Linnarbu, Capoterra, Cagliari, Sardinia. Mineralogical Record 18:3, 181-184
- Stara A., Tanca G., Rizzo R., Ibba A., 1996. Cacoxenite, wavellite ed altri fosfati in Sardegna. Riv. Miner. Ital., 20, 4: 321-323.
- Vochten R., Van Springel K., 1996. A natural ferrous substituted saléeite from Arcu su Linnarbu, Capoterra, Cagliari, Sardinia. Mineral. Mag., 60: 647-651.
- Senesi F., 1998. Churcite-(Y). Ritrovamento nel giacimento uranifero di Arcu su Linnarbu, Capoterra, Cagliari. Riv. Miner. Ital., 22, 2: 42.
- Frau F., Sabelli C., 2000. Soddyite, a mineral new to Italy, from Arcu su Linnarbu, Sardinia. N. Jb. Miner. Mh., 2000: 158-164.
- Olmi F., Sabelli C., Senesi F., Stara P., 2002. La mineralizzazione uranifera di Arcu su Linnarbu. Riv. Miner. Ital., 26 (3): 148-169.
- Mascia S., 2003. La ianthinite di Arcu su Linnarbu (Capoterra, Cagliari). Riv. Mineral. Ital., 27 (4): 209-212.

Giorgio Plazzotta ha detto...

altro piccolo dettaglio

in sardo su Linnarbu è il pioppo

mcecca ha detto...

Parlando col collega Paolo Randaccio mi ha detto che la diga del Gutturu mannu appartiene alla miniera di San Leone perche rapprsentava il suo generatore di energia idroelettrica, per niente sofisticata ma efficace per quel periodo

Piergiorgio ha detto...

Giorgio
Anch'io avevo trovato l'informazione sul sito www.mindat.org,
ed è l'unica che ho trovato nella rete.
Sempre nello stesso sito ricercando la ianthinite trovi indicazioni del sito di Su Linnarbu, ecco il link http://www.mindat.org/min-2000.html

mcecca ha detto...

Vi giro questo e-mail di Paolo Randaccio (Bq=bequerel e' l'unita di misura della radioattivita, ppm=parti per milione)
=============================
Molto bene!
gita scientifica vuol dire che avremo strumentazione portatile per individuare e recuperare campioni di roccia
con contenuto di uranio particolarmente interessante. Voglio precisare le normative sulla radioprotezione (Decreti
Legislativi N. 241 del 26 maggio 2000 e N. 257 del 9 maggio 2001) affermano che:
"Sono soggette alle disposizioni del presente decreto le pratiche con materie radioattive
artificiali o con materie radioattive naturali .... allorché si verifichino congiuntamente ... le condizioni seguenti:
a) la quantità totale di radioattività del radionuclide è uguale o superiore ai valori riportati nella Tabella ....
(per l'U238 in equilibrio secolare 1000 Bq);
b) la concentrazione media del radionuclide, intesa come rapporto tra la quantità di radioattività del
radionuclide e la massa della matrice in cui essa è contenuta, è uguale o superiore a 1 Bq/g."

Dalle misure gia' fatte risulta che la concentrazione di U238 nelle pietre piu' radioattive che abbiamo
raccolto in precedenza e' di circa 1000 Bq/kg, cioe' 1 Bq/g, corrispondente al limite di legge.

Qualche numero
La attivita' specifica dell'U238 (cioe' solo Uranio e discendenti senza matrice di calcare o di granito)
e' di circa 12.5 MBq/kg, quindi la concentrazione in massa dell'U238 nelle rocce piu' radioattive che
troveremo e' di circa 1000/12.5 ppm = 80 ppm, da confrontare con un valore medio di concentrazione
di Uranio pari a 3.5 ppm, quindi circa 20 volte superiore alla radioattivita' dei muri di casa vostra.
Si considera interessante dal punto di vista dello sfruttamento minerario una concentrazione di Uranio
superiore a 1000 ppm, per questo motivo le miniere di Arcu su Linnarbu non sono state sfruttate
industrialmente.

Ovviamente sono disponibile per fornire informazioni, misure, grafici, strumenti e tutto quello che ho in
laboratorio a chi e' interessato.
Saluti e a presto, Paolo.

Giorgio Plazzotta ha detto...

direi a questo punto che la passeggiata è schedulata per domenica 18 h.9.30 partenza da Hydrocontrol.
salvo problemi legati alle condizioni meteo.
Ho creato un evento facebook e mettero un articolo qui nel blog

Anonimo ha detto...

Le miniere di San Leone sono di proprietà della Kovisar (probabilmente la stessa cosa di DICOVISA) che ha sede a Cagliari.

Tempo fa chiamando, c'era la possibilità di avere accesso alla zona.

Domenica forse ci sarò anche io...

Saluti, Nicola Nonnis

Anonimo ha detto...

KOVISAR di Federico Corda Argiolas
070560116

Nicola

Giorgio Plazzotta ha detto...

Al limite a S. leone ci andiamo un'altra volta. Le miniere di uranio si trovano nel versante della valle del Rio S. Girolamo e non sono quindi nei terreni privati della Kovisar.
Da Matteo Ceccarelli vorrei una conferma della partecipazione del suo amico ricercatore per domenica mattina.
Inoltre vi segnalo che un lettore di Facebook ha scritto: ma non sarà pericoloso? Gli ho risposto che siamo in buon mani ma se avete qualcosa da aggiungere circa la pericolosita' ...

mcecca ha detto...

Confermo la partecipazione di Paolo Randaccio, esperto di radioprotezione. Riguardo la pericolosita leggete il mio commento precedente. Il livello medio di radioattivita in quelle miniere e' nei limiti consentiti dalla legge, cioe molto basso, ed e' questo il motivo per cui non hanno continuato l'esplorazione, perche l'uranio e' molto poco. Si parla di concentrazioni di 80 ppm (parti per milione) contro 1000 ppm necessari per un'attivita estrattiva. Da segnalare che la radioattivita naturale, cioe quella che proviene anche dai muri di casa vostra, e' di circa 3.5 ppm.
una domanda: quanto ci vuole per arrivare alle miniere partendo dall'Hydrocontrol? Dobbiamo attrezzarci con un panino?
A domenica (salvo maltempo).

Giorgio Plazzotta ha detto...

stavolta cercheremo di lasciare le macchine più avanti presso il ponte di S. Gerolamo per risparmiare 20 minuti.
Dal ponte alla minera secondo me ci vuole 1 ora. E' molto piu vicino dell'Arcu S'Antoni dell'altra volta.
Il cronogramma potrebbe essere questo: 9.30 partenza
11.00 arrivo 12.30 ritorno 13.30 alle macchine.
Ovviamente chi vuole si può trattenere di piu. Il panino lo porterei soprattutto se è una bella giornata.

Piergiorgio ha detto...

Camminando veloci ci impieghiamo sicuramente meno.
Alcuni viveri sono indispensabili, se la cosa diventa interessante il tempo vola ed e meglio aver un panino.

Oltre a ciò cosa ci dobbiamo portare?
Se cerchiamo minerali suppongo martello, scalpello, buste.
Io mi porterei anche un caso, pile e alcuni metri di corda.

mcecca ha detto...

si martello e scalpello vanno portati e uno zaino se si vogliono portare a valle dei campioni

Rita ha detto...

Vi mando alcune notizie sulle due miniere che ho raccolto un po' qui e lì, oltre a quelle che aveva già pubblicato Giorgio.

Vorrei chiarire che la miniera di S. Leone non è proprio la stessa cosa di quella di Su Linnarbu, ma probabilmente originariamente le due miniere appartenevano alla stessa concessione mineraria: la prima si trova nella valle del Rio Gutturu Mannu e quindi nel bacino idrografico del Rio S. Lucia (formato dai due rii Gutturu Mannu e Guttureddu), invece quella di Su Linnarbu che abbiamo visto da lontano durante l'escursione del 4 gennaio si trova nel versante del Rio S. Gerolamo.
La prima miniera, nella zona attualmente denominata San Leone, fu aperta nel 1862(concessione mineraria del 1 febbraio 1863) dalla Società Petin-Gaudet seguita dall'ingegnere minerario francese Leone Gouin, dal quale prese il nome la località dove sorgeva il giacimento. Il permesso di ricerca riguardava le località di Punta Sa Stiddiosa e Punta Su Aingiu Mannu, quindi proprio le due montagne che formano la linea di displuvio tra i due bacini idrografici.
Il 2 aprile 1865 partì da S. Leone il primo convoglio ferroviario della Sardegna. I francesi costruirono, infatti, la prima linea ferrata sarda: il materiale veniva caricato sui vagoncini ferroviari e trasportato tramite una ferrovia lunga 15,4 km all'imbarco a La Maddalena Spiaggia, da qui il minerale veniva inviato in Francia. La miniera ebbe varie vicende: nel 1906 subentrò la società Mineraria Mediterranea che trasportava il minerale in Toscana; quindi nel 1939 passò alla Ernesto Breda; nel dopoguerra passò alla Ferromin che nel 1952 cercò di riammodernarla con un nuovo impianto di trattamento elettromagnetico che consentiva una produzione di 70 ton/giorno.
Quindi per un breve periodo se ne interessò anche l'AGIP i cui geologi stimarono che il sottosuolo racchiudeva circa 2 milioni di tonnellate di minerale ferroso (magnetite) misto ad altri minerali accessori tra cui anche quelli uraniferi, ma purtroppo l'alta percentuale di silice a cui il minerale era unito ne resero antieconomica l'estrazione e troppo gravoso il funzionamento degli impianti. La fermata definitiva avvenne nel gennaio del 1963 e quindi ci fu l'abbandono della miniera che aveva dato lavoro anche a 300 operai.
Negli anni '70 i terreni ed i fabbricati, oltre alla diga sul rio Gutturu Mannu furono venduti alla DI.CO.VI.SA, cooperativa agricola sarda che si occupava di distillazione. Questa azienda però dal 2002 ha cessato tutte le sue attività produttive, e probabilmente adesso i terreni sono passati appunto alla KOVISAR di Federico Corda Argiolas (quello dei vini) che usa le gallerie minerarie per la conservazione dei vini e pare anche per produrre funghi. (Notizie tratte in parte da: "Sardegna da Salvare Vol. XII a cura di Sandro Mezzolani e Andrea Simoncini).
Credo che inizialmente le due miniere fossero inserite in un'unica concessione mineraria che comprendeva un'area di circa 360 ha, poi probabilmente si ebbe la divisione tra le due concessioni, tanto che anche sul versante del Rio S. Gerolamo fu costruita una linea ferrata che, partendo dall'alveo dove abbiamo visto i ruderi, si dirigeva verso l'Hydrocontrol, dove ancora oggi si possono osservare i resti di un ponte ferroviario in pietra. Quindi la ferrovia proseguiva lungo la sponda sinistra del fiume sulla Via dei Genovesi, attuale strada 24 (più o meno). Credo che l'attraversamento avvenisse nella zona a monte di Su Strumpu e quindi attraversava la zona di Pauliara dove sono ancora oggi visibili altri due ponti in pietra, uno lungo la strada n. 3 (incrocio con la 37) e uno più avanti sommerso dalla vegetazione sotto il ponticello nuovo della strada n. 21. La ferrovia proseguiva lungo la Via dei Genovesi (l'attuale stradina asfaltata che da Pauliara porta alla lottizzazione S. Girolamo) e giungeva fino a Su Loi, dove era stato realizzato un altro pontile d'imbarco.
Inoltre si sa che nel 1956 la SOMIREN una società del gruppo ENI fece uno studio sui minerali radioattivi in Sardegna e nella zona di Su Linnarbu rilevò una presenza di minerali troppo inconsistente per l’industria mineraria. Allo stesso risultato giunse anche L’AGIP Nucleare S.p.A in associazione con l’Ente Minerario Sardo i cui studi confermarono, tra il 1980-1982, le stesse risultanze dell’altra società. Qui pare siano stati segnalati ritrovamenti di un minerale detto "ianthinite", un idrossido di uranile, fortemente radioattivo, solubile in HNO3, con soluzione gialla; abbastanza solubile anche in HCl e H2SO4, oltre che di saleeite (fosfato) e soddyite (silicato) altri due minerali uraniferi.
Spero di riuscire a trovare la pubblicazione di Stara del 2002.

Per finire nel volume di Quintino Sella "Sulle condizioni dell'industria mineraria nell'isola di Sardegna" del 1871 risulta che a Capoterra esistevano all'epoca anche altre miniere denominate: Baratrotta, Bidda Is Morus, Mitza S'Acqua Ferru. A questa località probabilmente si riferiva V. Angius in Casalis (Dizionario geografico storico commerciale degli stati di S. M. il re di Sardegna, 1833), quando afferma che "si pretende che una piccola acqua che scaturisce a piè del monte in distanza di un miglio e mezzo dal paese verso maestro-tramontana sia ferruginea, e di ciò adducesi prova del suo gusto ingrato, e in una pellicola che vi galleggia, nella quale si riconosce ferro carbonatico"

Per quanto riguarda l'inquinamento di cui si è parlato bisogna ricordare che l'acqua che si è infiltrata nelle gallerie e da qui è uscita durante l'alluvione con impeto, avrà sicuramente dilavato il giacimento, pertanto è naturale che abbia assunto quella colorazione, anche l'odore di zolfo che si sente lungo il greto del fiume sono un chiaro segno che nell'acqua sono contenuti minerali. Inoltre le acque di ruscellamento avranno sicuramente dilavato le discariche minerarie all'uscita dalle gallerie, così come avviene da anni sul versante di San Leone dove sono presenti enormi cumuli, stimati intorno alle 150mila tonnellate, di materiali derivanti dall'impianto di trattamento a umido. Questi materiali contengono non solo ferro ma anche altri minerali accessori e il dilavamento non fa altro che portarli in soluzione, mobilizzandoli lungo tutto il fiume.
Spero di poter venire anche io domenica, pensate che sarà difficoltosa come l'ultimo tratto dell'Arcu S.Antoni oppure è più facile?
Rita

Piergiorgio ha detto...

Grazie Rita per le informazioni.
Sicuramente il percorso è più agevole dell'ultima passeggiata.
Il dislivello da affrontare e di soli 100/120 m, dall'alveo del fiume, vi sono solo un paio di attraversamenti scomodi ma facili in corrispondenza dei canaloni.
Più impegnativo diventa se si vuole proseguire oltre la casetta, posta dopo la miniera.

giacomo ha detto...

Ciao di ferrovia ne esisteva una soltanto o erano due, io sapevo soltanto dell'esistenza di una, appunto quella sul Rio San Gerolamo.

Invece mi sembra di sapere che ci fu l'idea di farne una che passasse lungo il rio Santa Lucia e che avrebbe portato fino a Carbonia ma che non venne mai fatta.

La miniera intesa come impianti e tutto il resto però era soltanto dall'altra parte e no sul versante di Rio San Gerolamo, questo per onore del vero, altrimenti poi qualche giornalista scrive notizie errate.

Oggi l'unico inquinamento degno di nota e attenzione è quello dato dalle fogne che sono state divelte e che dopo 3 mesi ancora Abbanoa il monopolista del servizio idrico in Sardegna che qualcuno chiama l'ultimo carrozzone politico non ha ancora sistemato

Ciao Giacomo

Rita ha detto...

Pensavo di essere stata abbastanza chiara riguardo alle linee ferrate.

La principale è quella costruita nel 1864-1865 lungo il Rio Santa Lucia, partiva dalla Stazioncina di San Leone (ancora esistente dentro l'area mineraria) e costeggiava la sponda destra del Rio S. Lucia fino ad arrivare all'odierno Maramura, dove si può ancora vedere un resto del molo che formava l'approdo (davanti al ristorante).

La seconda fu costruita al servizio della miniera di Su Linnarbu, ma non sono riuscita a scoprire in quali anni (si potrebbe chiedere a qualcuno che ci ha lavorato) forse all'inizio degli anni '20-'30 del secolo scorso o anche più tardi. Partiva un poco a valle della miniera e la stazione era sulla sponda sinistra del Rio S. Gerolamo un po' a monte delle serre distrutte. Di essa non resta più nulla perchè è stata travolta dall'alluvione del 2005 e poi con l'ultima alluvione è stata totalmente asportata; la linea ferrata correva lungo la sponda sinistra fino alla zona della diga e quindi passava sulla sponda destra fino a raggiungere Su Loi.

Probabilmente in orgine la miniera era unica e le gallerie attraversavano tutta la montagna da parte a parte, ma poi dopo la vendita dell'area mineraria è probabile che fossero presenti alcuni edifici anche nel versante di S. Gerolamo, dove effettivamente si vedono dei piccoli manufatti (una casetta vicino agli imbocchi delle gallerie). Credo però che il trattamento del minerale della Miniera di Su Linnarbu fosse fatto altrove.
Rita

giacomo ha detto...

Ciao, va bene per la ferrovia anche sull'altro versante non lo sapevo, però sono abbastanza convinto che l'attività di trattamento fosse una sola, comunque sia magari si scoprirà meglio più avanti, le miniere penso che siano quelle di San Leone, che poi negli anni su questo versante sono state chiamate erroneamente con il nome della zona, penso che che la dicitura corretta sia miniere di San Leone che comprendevano tre concessioni quella di San Leone, quella di Su Meriagu e quella di Sant' Antonio, meglio conosciuta come miniera dei genovesi, di conseguenza si può dire che questa ferrovia sul versante verso Poggio potrebbe essere stata costruita proprio dai genovesi che poi hanno dato il nome alla strada dove di fatti passava l'altro trenino.

Comunque metto un link utile che ho trovato e che penso sia il più attendibile ..sempre per adesso.

link: http://www.minieredisardegna.it/LeMiniere.php?IdM=34&IdCM=13&SID=

Mi ricordo anche che al Poggio quando il bar era dove c'è adesso il bar, scusate il gioco di parole ma dove c'è adesso il bar c'era lo spaccio per almeno una quindicina d'anni, in una mensola di quel bar non gestito dagli attuali gestori ma da altri, c'èra una collezione di minerali azzurri molto belli provenienti appunto da queste miniere.

Altra cosa importante anche per la gita è che su quelle montagne a strapiombo versante sul rio San Gerolamo nidifica il falco pellegrino, infatti negli anni passati si diceva che venissero a prendere le uova per rivenderle ai falconieri arabi e anche europei, oggi si può dire che questo rapace sia presente di nuovo nella zona e non è difficile vederlo mentre caccia gli storni e anche qualche piccione selvatico di una colonia che esiste da sempre sopra il centro commerciale sul monte Santa Barbara, sembra un gheppio ma più grande ha ali abbastanza aguzze o a punta e ha un battito più lento , anche se non pratica il volo planato tranne quando scende in picchiata.

Sarà una fortuna osservarlo

ciao Giacomo

giacomo ha detto...

Ciao, durante la gita abbiamo assistito al volo di quattro rapaci grossi, più anche un falco che è passato velocemente anche se lontano, che vista la località doveva essere di sicuro un pellegrino, questi 4 rapaci che comunque stavano assieme, o erano un unica famiglia che aveva due piccoli e si allenavano al volo o erano i preparativi per i voli nuziali, i rapaci forse erano poiane, la cosa merita un approfondimento che potrebbe anche rivelarci delle sorprese abbastanza interessanti, bisognerebbe organizzare un servizio fotografico appostandosi nella zona.

Ciao Giacomo

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