
"Venghino siore e siori", siamo a settembre, tra poco più di un mese celebreremo mestamente il secondo anniversario dell'alluvione del 22 ottobre 2008. La natura, come al solito, sfogherà il calore accumulato durante la calda estate nei suoi temporali scroscianti. Quanto saranno violenti quest'anno? Quanti millimetri di pioggia? Dovremo solamente avere paura o qualcuno dovrà arrampicarsi nuovamente sugli alberi? Giriamo il tamburo della roulette capoterrese e speriamo che questa volta l'acqua venga assorbita da un bacino sul quale non è stato mosso nemmeno un metro cubo di terra. Da una parte tutti quei discorsi sulla piena millenaria forse hanno fatto pensare a qualcuno "vabbè, non saremo così sfigati da avere due piene millenarie nel giro di pochi anni!". Dall'altra parte però il ricordo delle alluvioni del 1999, del 2004 e del 2005 ci aiutano a capire che questo ragionamento è da incoscienti.
Chi deve intervenire? Ne abbiamo già parlato: il pallino si trova in Regione, dove "Der Kommissar" per l'Emergenza Ugo Cappellacci impersona Ponzio Pilato, sia per il famoso gesto di "lavarsene le mani", che come Governatore referente di un lontano Impero (Arcore) e non come rappresentante dei sardi. Si, lo so che questo sull'Unione non lo scrivono il che non significa necessariamente che non sia vero. Tecnicamente la partita si gioca negli assessorati e negli enti regionali dove però vige la più ferrea burocrazia: "tu metti una firma qui, io metto il mio timbro là e poi passiamo tutto a Tizio che effettuerà le sue valutazioni e restituirà a me, così potrò concedere l'autorizzazione". E così passano i mesi.. e gli anni. In questo contesto appare chiaro chi sono i giocatori della roulette capoterrese. I residenti con la canna puntata alla tempia e i burocrati che girano il tamburo.
Il Comune, per carità, adesso non può fare molto e d'altronde ha dichiarato di non sapere gestire nemmeno la realizzazione di un piccolo ponte. Dovrebbe alzare la voce ma non lo fa. Eppure al capoterrese è sempre stato attribuito uno spirito combattivo, testimoniato anche dalla presenza di una bella squadra di Rugby e dalla fama di "sbertiroris" conquistata in mille risse e baruffe.
La voce del Comune in questo frangente appare invece fioca e timida. Dal Municipio di via Cagliari giungono notizie di concerti musicali (pessimi peraltro), sul video appaiono interviste auocelebrative che parlano di grandi risultati; gli articoli della stampa fanno lo slalom tra i nomi degli assessori e le cose che non si possono dire. Il nostro Sindaco tra poco terminerà il suo mandato, e abbandonerà la scena come un cane che se ne va contento con l'osso in bocca, costituito dalla recente elezione a consigliere provinciale. Missione compiuta, nonostante quell'asilo, quel piano di emergenza mancante, quelle licenze edilizie dentro il canalone di S'acqua e Tommasu. Il Rio S. Girolamo se ne frega di tutto ciò. E' li che aspetta l'acqua autunnale con la sua sezione sempre insufficiente, le sue deviazioni artificiali, i ponti-tappo, il suo greto pieno di detriti e quel lago che una volta costituiva il simbolo paesaggistico dell'intero comune, ridotto oggi, e chissà per quanto tempo, a una pozza insignificante.
La voce del Comune in questo frangente appare invece fioca e timida. Dal Municipio di via Cagliari giungono notizie di concerti musicali (pessimi peraltro), sul video appaiono interviste auocelebrative che parlano di grandi risultati; gli articoli della stampa fanno lo slalom tra i nomi degli assessori e le cose che non si possono dire. Il nostro Sindaco tra poco terminerà il suo mandato, e abbandonerà la scena come un cane che se ne va contento con l'osso in bocca, costituito dalla recente elezione a consigliere provinciale. Missione compiuta, nonostante quell'asilo, quel piano di emergenza mancante, quelle licenze edilizie dentro il canalone di S'acqua e Tommasu. Il Rio S. Girolamo se ne frega di tutto ciò. E' li che aspetta l'acqua autunnale con la sua sezione sempre insufficiente, le sue deviazioni artificiali, i ponti-tappo, il suo greto pieno di detriti e quel lago che una volta costituiva il simbolo paesaggistico dell'intero comune, ridotto oggi, e chissà per quanto tempo, a una pozza insignificante.