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lunedì 28 dicembre 2009

La Barca

I proverbi rappresentano spesso una preziosa fonte di saggezza e di conoscenza che proviene direttamente dal nostro passato. Non a caso anche nella nostra società ipetecnologica e globalizzata, seppur sottoposti al bombardamento di Tv, videogames, cellulari e cazzabubbole varie, ci rivolgiamo ancora ai proverbi per rafforzare i concetti e le idee che vogliamo esprimere. Quello della saggezza popolare è però un mondo variegato, pieno di sfaccettature e troviamo quindi anche proverbi che sono in contrasto tra loro. Per esempio si dice "l'unione fa la forza", ma anche "chi fa da se fa per tre". Li trovo entrambi validi, ma dipende dalla situazione.
Ci sono poi proverbi che sembrano assurdi, come ad esempio "donna baffuta, sempre piaciuta". Mi sono sempre chiesto chi fosse il folle che lo ha inventato, anche se è noto che prima dell'Epilady e del laser questo problema era maggiormente sentito.

Un detto che mi ha fatto pensare alla storia di Poggio dei Pini degli ultimi 10 anni è quello reso famoso dalla canzoncina di Orietta Berti lanciata nella fine degli '60 "finchè la barca va lasciala andare, finche la barca va, tu non remare". Questo famoso ritornello mi fa pensare a un grave errore fatto a Poggio. E a Capoterra, Frutti d'Oro? Forse anche quelle sono barche lasciate andare alla deriva?
La barca poggina, subito dopo il "varo" e nei primi due decenni di "navigazione" rappresentava uno splendido ed isolato esempio di lottizzazione collinare. Il 29 luglio del 1977 ho messo piede per la prima volta a Poggio per giocare una partita di basket. Lo ricordo bene perchè era il giorno del mio sedicesimo compleanno. A quel tempo in tutta la provincia di Cagliari esistevano solo cinque campi coperti: Palazzetto dello Sport, Esperia, Liceo Dettori, Quartu e Poggio. Lo sport rappresenta solo un esempio di una serie di servizi e di iniziative che, unite alla bellezza dei luoghi, hanno spinto molti di noi a venire a vivere qui. Se vogliamo quindi usare la metefora dell'Orietta nazionale possiamo pensare al Poggio come a una barca. Una imbarcazione solida e ben costruita dai fondatori e spinta verso il mare con il contributo dei primi marinai: quei residenti degli anni 70 e 80 che partecipavano, chi più chi meno, alla vita sociale della comunità e spesso davano una mano concreta anche nella gestione dei servizi. Erano marinai rematori di una Poggio certamente diversa da quella odierna. E' inutile recriminare; l'intera società era diversa.

Negli anni 90 qualcosa è cambiato, lentamente. Poggio è diventata una località "alla moda", una residenza "di prestigio". I servizi sono aumentati in quantità e migliorati in qualità: scuole, palestre, piscina, strade asfaltate e illuminate, centro commerciale etc. Tutte strutture nuove di pacca. Contemporaneamente l'idea di vivere in campagna è diventata, nell'immaginario collettivo, non più indice di isolamento e desolazione, ma gioia del contatto con la natura, di pace e di serenità, lontano dai rumori molesti della città.
In qualche modo sono cambiate anche le motivazioni che hanno spinto i nuovi residenti a vivere qui. Non più solo pionieri campagnoli, ma anche professionisti in cerca di una residenza di prestigio e di privacy. Alla voglia di fare e partecipare è spesso (non sempre, per carità) subentrato un certo disinteresse per ciò che accade al di la del proprio muro di recinzione. Dal 1988 ad oggi i residenti sono passati da 500 a 2000, ma molti dei nuovi arrivati si sono seduti come passeggeri nella barca poggina, lasciando che fossero altri a remare.

Se da un lato è cambiato qualcosa nello spirito e nelle motivazioni dei residenti, cosa è successo sul fronte delle amministrazioni della Cooperativa?
L'aumento del numero di soci ha probabilmente accentuato quelle dinamiche che portano i cittadini ad essere distanti dalla vita amministrativa del luogo in cui vivono.
Non più, quindi, la Poggio-quasi-famiglia, ma la Poggio-quasi-Comune. La comunicazione, la trasparenza e la partecipazione alla vita sociale sono diminuite e ciò ha fatto si che i nuovi residenti non siano stati invogliati e prendere in mano il remo e partecipare alla vita comunitaria.

Da un lato, quindi la tendenza al disinteresse, talvolta così antipaticamente snob, e dall'altro la tendenza da parte delle amministrazioni a tenere distanti i soci come potenziale fonte di rottura di scatole. Il risultato è che scelte importanti per la vita futura della comunità sono state prese (o non prese) da poche persone, con un coinvolgimento molto limitato della comunità.

La vita comunitaria a Poggio rappresenta non solo uno degli elementi di distinzione da certe periferie anonime, ma anche uno dei pilastri che caratterizza la qualità della vita e quindi una ricchezza. E' importante che il maggior numero possibile di persone siano messe in condizione di remare.
Ma in che direzione? Non è facile individuare "la rotta" in una comunità di 2000 persone. A mio avviso ci vengono in aiuto due elementi: il buon senso e la democrazia. Il buon senso aiuta ad individuare quegli obiettivi che qualsiasi cittadino vorrebbe raggiungere. Esempi? Vorremmo pagare una quota sociale il più bassa possibile, vorremmo che il territorio sia verde, il lago pieno, che non ci siano incendi, vorremmo che il numero degli edifici non snaturi la bellezza ambientale di questo luogo, vorremmo molti servizi che consentano a noi e ai nostri figli di vedere in una comunità vivace e non in un borgo di pendolari e così via. Potremmo aggiungere altre 100 cose al nostro pozzo dei desideri. Da che parte ci dirigiamo? Andare a casaccio, puntare la prima boa che vediamo senza considerare l'intero percorso oppure, come diceva la canzoncina, lasciare la barca sempre sulla stessa rotta perchè tanto se è andata benone per venti anni può andare bene per altri venti.

Io credo che, invece, sia necessario adottare una strategia di medio e lungo termine che cerchi di perseguire il maggior numero dei risultati che la comunità ritiene prioritari. Un piano d'azione che venga adottato e messo in pratica dai Consigli di Amministrazione attuale e futuri, che si impegnino mantenere la rotta della barca sulla direzione indicata dai soci e a verificare le eventuali correzioni da intraprendere a seconda del mutare degli eventi e della società.
Avere lasciato la barca andare alla deriva su una rotta oscura, non condivisa e senza alternative è stato il più grave errore degli ultimi anni. Non avere compreso, all'inizio degli anni 90, dopo avere raggiunto una conformazione ottimale della lottizzazione dal punto di vista urbanistico, che era necessario cambiare la rotta verso nuovi obiettivi che garantissero un futuro diverso dalla costante edificazione fine a se stessa.
Erano anni in cui ogni lotto costituiva un piccolo patrimonio (150/200 milioni di lire) e quel raccolto doveva essere investito per costruire un futuro diverso. Tutti noi passeggeri abbiamo lasciato andare la barca verso il banco di sabbia in cui ci siamo arenati. Per fortuna lo scafo è ben solido e con una bella spinta potremo riprendere il mare. Facciamo mea culpa, ma mettiamoci ai remi. Tutti? Impossibile, però se lasciamo soli i 15 consiglieri che si sono presi questa bella patata bollente, se non sosteniamo le associazioni, poi non lamentiamoci.

Da un po' di tempo si parla di trasparenza e partecipazione. Non si tratta di ideali demagogici, ma di elementi che influenzano concretamente la qualità della vita e la bontà dell'amministrazione, ivi compreso il risultato economico. Una piccola rivoluzione su questo tema è già stata compiuta. Da alcuni mesi tutti i soci possono accedere agli atti della Cooperativa senza dovere intraprendere le assurde battaglie del 2007, quanto una richiesta firmata da circa 110 soci venne ignorata dall'amministrazione di allora. Ci sono, oltre alle associazioni di volontariato, numerose situazioni in cui i residenti possono impegnarsi a dare una mano anche tra i progetti della Cooperativa. Alcuni soci stanno cercando poi di creare un gruppo di volontari che si occupino di sistemazione del verde e sentieristica. Tutti vorrebbero un verde più curato e meglio usufruibile. Siamo certi che tutto quanto debba sempre piovere dall'alto?

In questo momento di una cosa proprio non si sente il bisogno: di chi rema contro. Eh si perchè c'è sempre qualcuno che per vari motivi spesso legati a sentimenti di basso livello (egoismo, invidia, vendetta etc.) oppure a obiettivi personali, decide di remare contro.
Ci sono molti modi per farlo. Uno dei più in voga dalle nostre parti è la calunnia o la disinformazione. Il successo di queste iniziative era una volta agevolato dall'assenza di strumenti di informazione e di confronto alternativi al "passaparola". La pratica è comunque sempre molto radicata. Dovremmo prendere con le pinze e verificare le informazioni che ci giungono con il sistema del passaparola. Poi ci sono quelli che per remare contro evitano di partecipare alle iniziative comunitarie ed è il male minore. Infine c'è sempre qualcuno che è sempre contrario a qualsiasi proposta. Esempi: salviamo il sentierino della pineta, facciamo una strada nella pineta, andiamo a destra dopo il nuovo ponte, andiamo a sinistra, andiamo dritti, aumentiamo le quote, non aumentiamo le quote, svendiamo il territorio per quattro soldi, ripianiamo il bilancio senza svendere il territorio. I soci possono leggere i verbali del CdA e trovare ampie tracce di discussioni inutili, ostruzionismi, tentativi di fare sgambetti, ribaltoni, inciuci.
La barca per fortuna ha già cambiato direzione, ma la forza con cui riusciremo a uscire dalle secche dipende da tutti noi.

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