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domenica 18 febbraio 2018

I due relitti di Poggio dei Pini: Hydrocontrol e Osservatorio astronomico

di Giuseppe Elia Monni
Al Poggio ci sono due grandi relitti: l’Osservatorio astronomico e l’Hydrontrol. Due strutture che fornirono importanti contributi scientifici ma che oggi, svuotati di uomini e macchinari, sono scatole abbandonate, edifici in rovina, vandalizzati e persino dannosi dal punto di vista ambientale. Da anni ci si domanda che farne e noi Poggini, forse, dovremmo farci promotori di qualche proposta. Certo, le due strutture non c’entrano nulla con la Cooperativa (l’Osservatorio è dell’Università, l’Hydrocontrol della Regione) ed è anche vero che, tecnicamente, non ricadono neanche all’interno della lottizzazione (ricadono in aree limitrofe, vendute a suo tempo dalla Cooperativa) però si impongono, ingombranti e squallide, nel nostro paesaggio e il loro futuro ci riguarda. Spero quindi che anche grazie a questo blog si apra un dibattito che produca qualcosa.

Prima però di parlare di futuro sarebbe forse utile fare una breve considerazione riguardo al passato. Infatti, ci dovremmo domandare se ci convenne cedere quelle aree per ospitare quelle due strutture. E’ sempre difficile mettersi nei panni degli Amministratori, specie di quelli del passato, però col senno di poi possiamo tirare qualche somma. Quei due istituti, a fronte di un prestigio indiretto per Poggio dei Pini, non produssero molte ricadute positive per la nostra Comunità. Le aree vennero vendute a prezzi che è difficile valutare: l’area dell’Hydrocontrol venne venduta a circa 7mila lire a mq quando i lotti venivano venduti a circa 40mila lire a mq, un confronto un po’ azzardato vista la diversa natura dei beni e la loro diversa estensione (l’area per l’Hydrocontrol misurava circa 4 ettari) ma anche allora ci furono molte proteste per un prezzo che appariva troppo esiguo. Certo, sappiamo tutti che le proteste ci sono sempre e considerato quante poche aree servizi sono state vendute in 50 anni (a parte Osservatorio e Hydrontrol abbiamo venduto solo l’area per l’asilo nel 2004 e quella per la clinica veterinaria nel 2015) forse quella vendita non fu un’operazione tanto sbagliata. Portò circa 300 milioni di lire nelle casse della Coop. Però dobbiamo riflettere sul fatto che non portò ulteriori vantaggi al territorio, non si impose agli acquirenti alcun dovere di contribuire alla manutenzione delle infrastrutture che pure vennero utilizzate e oggi restano sul nostro territorio dei relitti inquinanti da risanare o rimuovere. Dovremo pensare a tutto questo, in futuro, da Amministratori o da Soci, quando qualche ente dovesse chiederci ospitalità. Ben vengano strutture e istituti di ricerca, porte aperte, tappeti rossi, ma secondo me dovremo cercare di legare maggiormente le loro attività al nostro territorio (come abbiamo cercato di fare con la clinica veterinaria in via di realizzazione) altrimenti si tratterà di una mera operazione immobiliare e allora, a quel punto, che la cessione delle aree sia a prezzi molto vantaggiosi per la Cooperativa. Altrimenti a mio parere non ci converrà.

Ciò detto, torniamo al futuro.

Per quanto riguarda l’Osservatorio si potrebbe forse pensare a una sua rinascita in ambito turistico (ricettività, ristorazione, etc.) sempre che l’Università riesca a trovare imprenditori seri e motivati che vogliano investire su una struttura così particolare, al tempo stesso rischiosa e originale.

Per l’Hydrontrol, invece, il discorso è al contempo più semplice e più complesso. Più semplice perché la struttura si presterebbe a molteplici usi (sede di associazioni di volontariato, caserma dei Carabibinieri, struttura ricettiva o commerciale o museale, etc.); più complesso perché molti di noi pensano che quell’edificio dovrebbe essere semplicemente demolito.

Io ero tra coloro che, ragionando da non tecnici, avevano sempre pensato che l’Hydrocontrol, costruito nell’alveo del San Gerolamo, avesse aggravato gli effetti dell’alluvione del 2008. La tesi (mia, di mio padre e di tanti altri) era ch’esso, anche a causa delle sue assurde recinzioni, avsse formato uno sbarramento che, caricandosi e poi rompendosi, avesse prodotto quell’onda anomala che scavalcò la diga e procurò morte. 

Molti di noi lo hanno pensato per molti anni. Così, quando da Amministratore della Cooperativa dovetti individuare un consulente tecnico per il processo sul’alluvione, incaricai uno dei migliori professionisti italiani e, tra i vari quesiti che gli posi, vi fu quello relativo all’Hydrocontrol. 

Ebbene, il professionista studiò le dinamiche dell’alluvione e ci spiegò che quella struttura, pur trovandosi nell’alveo del fiume, svolse un ruolo marginalissimo nell’accumulo di materiale. Dunque, la tesi mia, di mio padre e di tanti altri era sbagliata.

Ciò detto, e fidandomi quindi di un tecnico stimato e disinteressato, penso comunque che quella struttura ostacoli il normale deflusso del fiume e costituisca in ogni caso uno sfregio paesaggistico; preferirei dunque che la Regione, coerentemente con le linee guida che proclama di seguire in ambito ambientale, demolisse quell’edificio. E magari ne approfittasse per realizzare il nuovo ponte proprio in quel punto e non dove ha progettato, scelleratamente, di realizzarlo.

Ove mancasse questo coraggio, auspico che quella struttura sia risanata e produca servizi. Magari servizi compatibili coi rischi (direi con la certezza) di periodici allagamenti. Se l’acqua fosse marina suggerirei d’insediarci un allevamento di cozze. ( http://www.giuseppeeliamonni.it/cronache-dal-poggio/ )

1 commento:

Daniele Paderi ha detto...

Ciao Giuseppe, fai benissimo a ricordare queste due strutture. Penso che la prima (Ossevatorio..) si potrebbe utilizzare come per il planetario dell'unione sarda o il cs4 di pula. Ambienti di divulgazione scientifica aperti a scolaresche. Per l'Hydrocontrol e' più difficile dopo l'alluvione.

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