Il giorno dopo (the day after) il 22 ottobre 2008, guardando la montagna che sovrasta Poggio dei Pini (M. S. Barbara m. 615 slm), abbiamo tutti notato una enorme fenditura rocciosa che prima non si vedeva. Quella ferita è evidente anche guardando il monte da 20 km di distanza.
Io ci sono stato molte volte e vi consiglio di salire fin lassù perchè in quel canalone si ha veramente l'idea della forza che si è scatenata quel giorno.
Mi permetto di consigliare una visita anche a quegli studiosi che, nell'affrontare il problema della messa in sicurezza del bacino idrografico, hanno completamente ignorato il territorio montano, ed in particolare gli affluenti e i canali che hanno prodotto una notevole quantità di sedimenti. Ininfluenti? Non scherziamo. L'alveo è interrito ovunque, gli affluenti idem. Il lago è mezzo pieno di terra, le pietre e i sedimenti più fini sono stati portati sino al mare, andando ad ingrossare ulteriormente l'effetto della piena che si è riversata sulle lottizzazioni costiere. Non quindi un problema del monte, ma un problema di tutti. Poteva andare peggio? Certamente. Pensiamo a quanto materiale sarebbe stato eroso se la zona montana non avesse caratteristiche vegetazionali apprezzabili, seppur migliorabili. Della battaglia futura per presevare questa ricchezza arborea e per regolare e rallentare le acque nei canali montani non c'è traccia negli studi che vengono esaminati i questi giorni.
Sebbene il bacino del Rio S. Girolamo abbia dimensioni piuttosto modeste, è normale che alla foce, dopo 12 km, il corso d'acqua abbia dimensioni più consistenti dopo aver raccolto tutti gli affluenti e i rigagnoli che incontra lungo il suo scorrere verso il mare. Ma quando arriviamo su questo canalone inciso nel granito rosa ci rendiamo conto che l'acqua che lo ha eroso in quel modo non può che essere arrivata direttamente dal cielo e da quei pochi metri che lo separano dalla cima.
Il canale, dopo essere disceso dalla cima, fa una curva in direzione nord puntando direttamente verso le case dell'antico borgo di S. Barbara. E' li che si trova la sorgente de Sa Scabizzada, presso un maestoso Eucaliptus che ha stoicamente resistito alla valanga di massi che ne ha profondamente inciso la corteccia (vedi foto). Come sappiamo l'edicola votiva dedicata alla santa è stata semidistrutta, fornendoci indirettamente anche una preziosa indicazione: mai vi era stata una alluvione così imponente dal XII secolo fino ad oggi.
Non esiste una denominazione cartografica per molti di questi affluenti del S. Girolamo. Ad ogni modo questo ruscello è stato battezzato Rio de Sa Scabizzada e rappresenta, a mio avviso, uno dei simboli di questo evento.
A sinistra ciò che resta dell'edicola votiva dedicata a S. Barbara, a destra l'albero scarificato dai massi durante la piena del 22 ottobre 2008.
Dopo l'edicola votiva il canalone si incunea tra le case del vecchio borgo, separando ed isolando di fatto la splendida Villa Devoto dal resto del villaggio. Poco più sotto, con il diminuire della pendenza, l'alveo del ruscello diventa una lunga distesa di massi.
Dove va a finire questa specie di pista di bob per pietre e macigni? Si tratta di una sorpresa, consentitemi un po di suspance, lo vedremo più avanti.
Nel frattempo vi invito a dare un'occhiata a questa immagine.
Questa è la foto satellitare del 2004 che si trova anche su Google Earth. Potete anche ingrandire l'immagine cliccandoci su. Vi faccio notare che il Riu de Sa Scabizzada, in queste foto quasi non si vede. Ho dovuto segnare con dei puntini gialli il suo percorso.
Guardiamo adesso questa seconda immagine.
E' stata ripresa alcuni giorni dopo l'alluvione (clicca per ingrandire). Non è necessario evidenziare il canale di cui stiamo parlando perchè è perfettamente visibile. Possiamo adesso svelare la sorpresa cui accennavo prima. Dove sono andati a finire, il 22 ottobre i macigni, la terra e le tonnellate d'acqua veicolati da questo affluente? Se avete osservato la foto di prima, quella con i puntini gialli, forse avrete già immaginato la risposta perchè si vede chiaramente che il torrente confluisce nel Rio S. Girolamo proprio all'altezza del centro ricerca "Hydrocontrol".
In questo ingrandimento è possibile vedere il punto di confluenza tra il Rio S. Girolamo e il Riu Sa Scabizzada (le due frecce), si nota l'edificio dell'Hydrocontol situato nel bel mezzo dell'alveo. Il muro di recinzione del centro ricerche si trova in una posizione ancor più discutibile, come se fosse un pinball di un flipper anni '70. Non per niente è stato completamente divelto dalla furia della piena. Il centro ricerche è stato allagato e abbandonato. Si resta attoniti e interdetti pensando che il centro è addirittura intitolato al "controllo dei sistemi idrici". Sembra una barzelletta, è invece realtà. Gran parte della recinzione del centro ricerche risulta realizzata sopra un terrazzo fluviale, formato da sabbia e ciottolami di varie dimensioni, e si trova a meno di 10 m di distanza dall’alveo di magra attuale (novembre 2009).
Sprechi e assurdità del passato? Forse, però vorrei farvi notare ancora una cosa. Quella linea arancione nell'ultima immagine rappresenta una difesa in massi che il piamo Hydrodata propone OGGI come intervento per la messa in sicurezza del "territorio". Costo 840.000 euro.
Morale della favola: non si fa alcun intervento di manutenzione del sistema idrico montano, ma si vogliono spendere ingenti somme per proteggere un edificio abbandonato posizionato nell'alveo del fiume in prossimità del punto di confluenza di due corsi d'acqua. Si delocalizzano alcune strutture che si trovano nei pressi dell'alveo e non si delocalizzano quelle che si trovano al suo interno. Se la Regone vuole davvero ripristinare l'Hydrocontrol, sempre che questa scelta sia opportuna e legale, lo faccia senza utilizzare i pochi fondi messi a disposizione per garantire la sicurezza di tutti i cittadini.
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