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domenica 29 maggio 2016

DOVE VUOLE ANDARE LA NOSTRA COMUNITA’? LETTERA APPELLO ALLA PACIFICAZIONE

 La cooperativa Poggio dei Pini compirà tra poco cinquant’anni. La nostra società a mutualità prevalente fu fondata il 27 luglio 1966 su iniziativa di 12 soci promotori a cui si unirono altri 28 soci fondatori. Se pensiamo che i soci divennero già nel primo anno  263 e che oggi hanno già superato le 800 unità , sorge spontanea la domanda: quanti di loro si riconoscono nella storia del nostro centro residenziale?

All’ultima assemblea ha partecipato poco più del 20% dei soci, deleghe comprese, e a fronte di 137 voti favorevoli all’approvazione del bilancio, 52 sono stati i voti contrari espressi con diverse motivazioni. E’ la prima volta che accade un fatto di tale gravità. Il crollo della partecipazione dei soci e un così ampio dissenso all’approvazione del bilancio denotano un malessere che deve preoccupare: dove vuole andare la nostra comunità?
Proviamo a ripercorrere le principali tappe della nostra storia per capirne il senso ed individuare le possibili cause della crisi attuale. Il primo decennio (1966-1976) è stato definito giustamente il tempo eroico del sogno della città giardino non lontana da Cagliari. Partito con 120.000 lire, il gruppo dei soci fondatori, esclusivamente sulla fiducia, riuscì a raccogliere diverse centinaia di milioni e la proprietà totale nel 1970 era già di 630 ettari con una rete stradale di 40Km .
Protagonista di questa fase storica è stato Ettore Lai, il primo presidente e ancora oggi presidente onorario. Fu proprio lui a spiegare lo spirito che animò i soci fondatori indicando nell’amicizia e nell’altruismo i principi guida. In questo clima si dedicò all’urbanistica Pier Luigi Monni, Eugenio Lazzari all’acquedotto, Marcello Anedda al piano amministrativo contabile con il prezioso coordinamento di Alfredo Sotgia. Si affiancarono inoltre a Ettore Lai, Elia e Alberto Marraccini, Silvio Alvito, Giuseppe Lunetta, Giovanni Mandas e Giampiero Atzori che fu eletto secondo presidente della cooperativa nel 1972. Seguirono le presidenze di Alfredo Sotgia, Giulio Gabba, Marcello Anedda e Lugi Pibiri.
Molti altri sono i nomi che dovrebbero essere ricordati ma l’importante è riconoscere che questo gruppo di amici diede vita ad un esperimento unico in Sardegna rifiutando la logica speculativa e fondando una società cooperativa senza fini di lucro. Dopo la lunga presidenza di Luigi Pibiri, terminata nei primi anni novanta, la carica di presidente fu esercitata per sei anni da Tonino Secchi  cui succedette Bruno Sitzia che dopo un anno venne sostituito dal compianto Gianni Pittaluga.
Ci sarebbe ora da chiederci che cosa nell’ultimo decennio (2006-2016) abbia potuto modificare così radicalmente lo spirito e l’immagine di Poggio dei Pini. Un dato per tutti appare significativo: in dieci anni si sono avvicendati 7 presidenti in uno scenario di grave ingovernabilità. La questione urbanistica e il referendum sul rinvio di tre anni della  variante al piano di lottizzazione hanno spaccato in due schieramenti contrapposti la nostra comunità. Ne sono derivate maggioranze che si sono ribaltate o che sono sopravvissute precariamente. Dal 2006 al 2016 sono stati eletti alla presidenza Giovanni Calvisi, Giacomo Cocco, Francesco Elias Sanna, Aldo Piras, Emilio Sanna, Tonino Secchi, Sandro Anedda.
Quest’ultimo decennio è stato certamente segnato dall’alluvione del 2008. La cooperativa è stata determinante per ottenere gli interventi urgenti delle istituzioni preposte e per assistere i soci nell’estimo dei danni subiti . Purtroppo però neppure questa sciagura ha potuto riunire tutti per cambiare un clima sociale sempre più pesante causato forse da una rottura generazionale con i primi amministratori della cooperativa e da un cambiamento radicale della compagine sociale.
Ormai lo scontro sul futuro urbanistico del Poggio si è concluso con la sentenza del Consiglio di Stato che ha posto una pietra tombale sull’annosa questione  gestionale delle opere di urbanizzazione primaria rimaste in capo alla cooperativa. La definitiva adozione del PUC, da parte del Comune di Capoterra, ha poi ridisegnato rigidamente ogni nostra possibile ipotesi di importanti sviluppi futuri. Due tra i principali motivi di contrasto sono dunque venuti meno.
Dal recente rinnovo del Consiglio d’Amministrazione della cooperativa ci si attendeva la tanto desiderata pacificazione e il superamento dei gruppi contrapposti: ciò non è accaduto! Ora si tratta di porsi la doverosa domanda: dove vogliamo andare come comunità? Il lascito di libertà e di bellezza dei padri fondatori ci può convincere che in quest’ultimo decennio abbiamo, un po’ tutti , tradito lo spirito di amicizia posto a fondamento di Poggio dei Pini?
I promotori di questo appello alla pacificazione che non si riconoscono in nessun gruppo di maggioranza o di minoranza, rivolgono a tutti, soci e amministratori, un’accorata richiesta: vogliamo chiudere il capitolo poco glorioso del nostro ultimo decennio? Come possiamo farlo?
Per cominciare appaiono qua e là timidi segni di ripensamento e di dichiarazioni di scuse da parte di alcuni protagonisti di questi ultimi anni per i tanti errori commessi. Si tratterebbe di non ignorare questo frangente propizio utilizzando il percorso del cinquantennale come cammino di ricerca della verità convincendoci che sono più numerose le ragioni che ci uniscono rispetto a quelle che ci distinguono o ci separano.
E’ forse giunto il tempo di un nuovo patto di rifondazione di Poggio dei Pini che nel rispetto dello Statuto sociale dia stabilità e speranza al nostro vivere insieme. Si è potuto già sperimentare che nessuno schieramento può escludere del tutto l’altro dal governo della cooperativa e che servono perciò nuovi ponti di dialogo e di comprensione reciproca.
Lo dobbiamo soprattutto ai nostri figli e alle nuove generazioni così che possano nuovamente celebrare al Poggio le feste di primavera nello spirito gioioso di un tempo. Memori che la nostra cooperativa deve promuovere e favorire la vita comunitaria basata sui principi della solidarietà e dell’amicizia fra i soci e fra le loro famiglie e sull’attiva partecipazione alla gestione degli interessi comuni (Art. 60 dello statuto).

I SOCI PROMOTORI
ATZENI MANFREDO
BENUSSI MARINO
CABRAS EFISIO
CABRAS MASSIMILIANO

CICALO’ ITALO

COCCO GIACOMO*
COLACI PIERO

DADEA MAURO

DEMONTIS TONIO

FRANCESCHI PIERO

LAO EUGENIO

LAY CARLO

MARIANI MARIO

MARINI GIANCARLO

MEZZANOTTE ROBERTO

MIGONI RENATO

NASCIMBEN DANIELA

PIRAS ALDO*
SECCHI TONINO*
SITZIA BRUNO*

*ex presidente della cooperativa

1 commento:

giuseppe monni ha detto...

Ciao Giorgio, si stanno moltiplicando i segnali che il clima, al Poggio, sta veramente e finalmente cambiando. La lettera appello che hai pubblicato (e che abbiamo pubblicato anche noi, con piacere, sul Portale della Coop) non è importante solo per il suo contenuto, ma soprattutto per i nomi dei firmatari. Leggere un unico appello alla pacificazione firmato da persone che, negli anni scorsi, hanno assunto posizioni diverse e spesso opposte, significa che c’è ancora un senso di unità profonda, attorno a dei principi comuni. Possiamo essere in disaccordo sulle singole scelte gestionali degli amministratori di turno (ci mancherebbe altro), possiamo anche criticare le strategie amministrative portate avanti dagli amministratori di un periodo o di un altro periodo (è il sale della democrazia) ma tutto ciò non dovrebbe mai sfociare nella rissa, nell’attacco personale, o ancor peggio in atti che potrebbero ledere la Società (vedi il tentativo di bocciare il bilancio). Io stesso, in tutti questi anni, come sai bene, sono stato vittima di attacchi pesantissimi, gravemente diffamatori, ma, come ho già ammesso in precedenti interventi, mi rendo conto d’essere stato anch’io un fomentatori di scontri, e qualche volta (me ne sono reso conto dopo) ho lanciato accuse ingiuste o comunque ingrate nei confronti di chi mi aveva preceduto nella gestione della Cooperativa. Certe responsabilità e difficoltà le comprendi col tempo. Sottoscriverò perciò con convinzione l’appello alla pacificazione (così come lo sottoscriverà certamente tutta la mia famiglia, a partire da mio padre e mio fratello) nella speranza di contribuire al ristabilimento di un clima sereno e collaborativo. Mai più attacchi personali, mai più atti lesivi per la Cooperativa, onore a chi ha costruito e gestito, in ogni tempo, questa Società, confrontiamoci sulle cose da fare e facciamole insieme.

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