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mercoledì 7 dicembre 2016

L'orribile viadotto di Poggio poteva essere sostituito da un moderno sistema di monitoraggio


A proposito del Viadotto che si sta per realizzare a Poggio dei Pini sembra esserci una convergenza assoluta su due punti. Primo punto: "il territorio deve essere messo in sicurezza" è un mantra scolpito sulla pietra. Secondo punto: "il viadotto disegnato dalla Metassociati di Macomer è orripilante e dovrebbe essere modificato pesantemente".  Lo dicono ovviamente i capoterresi e le istituzioni locali: Cooperativa Poggio dei Pini, Comune di Capoterra e ministro Galletti si sono già espressi. Lo ha fatto anche anche l'Assessore Maninchedda, anche se ben pochi si fidano, in virtù del fatto che è proprio il suo assessorato ad essere l'artefice di questa bella pensata. 


Lasciamo (per oggi) perdere lo svolgimento del tema "come dovrebbe essere il ponte per integrarsi in modo più armonioso con il territorio". Certamente ne parleremo ancora.  Vorrei invece soffermarmi sul primo tema. Cosa significa, in pratica, mettere il territorio in sicurezza e come si può ottenere questo risultato. 
Se a me, uomo della strada, chiedessero cosa significa essere sicuro nel territorio in cui vivo,  io risponderei: 1. non rischiare la vita 2. che la mia casa sia al sicuro 3. non rimanere isolato 4.  che mi siano garantiti i servizi esenziali (luce, acqua). Cosa dovremo fare, cosa dovremmo "costruire" per ottenere questo risultato, la tanto ambita "sicurezza"?  Il Viadotto? Si/no. Basta o ci vuole altro, oppure si possono fare cose diverse?

Esiste un piano nazionale/regionale? Andiamo per ordine.
La strategia nazionale o regionale relativa alle catastrofi cosiddette "naturali" è la seguente: prevenzione zero, ci muoviamo solo dopo gli eventi calamitosi e operiamo sui territori colpiti, non su quelli che potrebbero essere colpiti domani.  Ovviamente le alluvioni, le frane, i terremoti dopo un po' colpiscono un altro territorio e si ricomncia da capo.  Stessa massima esposizione al rischio, altri morti, altri miliardi di euro spesi per la ricostruzione. 
E' ovvio che questo modo di agire non è intelligente. Bisognerebbe agire in anticipo e prepararsi agli eventi calamitosi. Se non sarà possibile annullarne gli effetti, potrebbero essere limitati i danni, cioe' i morti e i soldi spesi. non è poco. 

Io sinceramente mi comporterei diversamente. Il cosiddetto flash flood che ha colpito Capoterra nel 2008 non è diverso da quello che ha colpito Villagrande Strisaili nel 2005 e la Sardegna centro settentrionale nel 2012.  A livello nazionale, solo restando agli ultimi anni, questi eventi hanno devastato la Liguria (più volte), la Versilia, la Sicilia, la Calabria. Insomma, parliamoci chiaro, tutto il territorio nazionale potrebbe essere colpito domani da uno di questi eventi meteorologici. Non sono da prendere sotto gamba. 450 mm in 3 ore e mezza hanno trasformato il Rio S. Girolamo, che sino al giorno prima era un innocuo rigagnolo, in un mostro largo più del fiume Tevere a Roma. Dobbiamo, quindi, costruire un ponte di 120 metri a Poggio dei pini per superare l'eventuale ritorno di una piena cosi' imponente.
Se volessimo mettere in sicurezza tutto il territorio regionale, non solo nella viabilità principale, ma anche in quella secondaria, quanti sarebbero i ponti di queste dimensioni da costruire? Cento, duecento?  Sappiamo che l'erigendo megaviadotto costerà 6 milioni di euro. Quindi solo per i ponti e solo in Sardegna dovremmo spendere un miliardo di euro. E poi le opere di contenimento degli argini? Nel capoterrese si spenderanno circa 50 milioni di euro, limitandosi alla zona della foce. Pensate che il Rio S. Girolamo è attraversato in altri due punti a monte (Hydrocontrol e Chiesetta di S. Girolamo) per i quali non è previsto nessun ponte, quindi il mega  viadotto non risolverà i problemi di sicurezza nemmeno per questo piccolo bacino idrografico.
Appare evidente che tutti questi soldi non ci sono e non ci saranno mai. Sarebbe quindi opportuno mettere in atto un piano che destini le risorse con criteri diversi. Un piano che intervenga prima che si verifichino le catastrofi e non dopo. Un piano che preveda infrastrutture, ma anche altre azioni di mitigazione del rischio.  

A Poggio dei Pini circa 400 persone vivono aldilà del fiume (quartieri S. Barbara e Bellavista Alta).  Anche se non sono molti, hanno il diritto di non restare isolati in caso di una nuova esondazione, dato che non sono in grado di volare. Un ponte deve essere per forza realizzato. Si da il caso che l'attraversamento presso l''Hydrocontrol presenterebbe due enormi vantaggi: essendo decentrato rispetto al centro di Poggio non ne deturperebbe l'armonia urbanistica. Inoltre inn quel punto il rio ha una sezione più stretta e quindi il ponte sarebbe più corto e meno costoso. I tecnici della società Hydrodata hanno lavorato sulla carta da Torino senza nemmeno fare un sopralluogo! Non hanno effettuato considerazioni paesaggistiche.

Per gli altri attraversamenti (ivi compreso quello in coda al lago), cosi' come per tutti quegli attraversamnti a rischio sui quali non è possibile realizzare una grande infrastruttura viaria, esistono altre soluzioni. 

Noi italiani eravamo quelli dell' "ingegno". Ora non più. Siamo quelli che l'ingegno lo portano all'estero. A casa ci stiamo riempiendo di cemento gestito da appalti spesso addomesticati, da progetti e controprogetti. 
Basta però andare su Google e scrivere "flood warning system" per capire che altrove, per esempio negli USA, pullulano gli esempi di sistemi di protezione civile che utilizzano una tecnologia nemmeno troppo sofisticata per monitorare gli eventi meteorologici o geologici a rischio e mettere in moto le opportune azioni che servano a mettere in sicurezza le abitazioni e le infrastrutture, ivi compresi gli attraversamenti stradali. 

Chi ha vissuto l'evento del 2008 ricorda ogni minimo dettaglio alla perfezione. La sera prima del 22 ottobre il fiume era completamente a secco. Ha iniziato a piovere seriamente alle 3 di notte con tuoni e fulmini. Il valore pluviometrico era superiore al 140 mm. all'ora.   Bastano 100 mm a mettere in crisi qualsiasi territorio. Chiedetelo ai residenti di Pirri che finiscono sott'acqua con 50 mm.  In quel caso sono caduti 450 mm in 3 ore e mezza. Appare chiaro che se ci fosse stato un sistema di monitoraggio impostato, ad esempio, sul valore soglia di 100 mm. alle 4.00 sarebbe scattato l'allarme. Il piano avrebbe previsto, tra le altre cose, la chiusura con transenne degli attraversamenti del Rio S. Girolamo, operazione che non richiede particolari attrezzature o personale specializzato.  Alle 4.40 le strade sarebbero state chiuse al traffico le 4 presone travolte dall'acqua sarebbero ancora in vita. A differenza degli allerta meteo che riceviamo talvolta sul nostro cellulare e che poi, fortunamentente, si rivelano insussistenti, se gli allarmi sono basati su reali valori delle precipitazioni (o sul livello di laghi e fiumi)  non ci sarebbero falsi allarmi o chiusure inutili della circolazione.  Dal 22 ottobre 2008 non abbiamo più avuto precipitazioni di quell'intensità. 

Se avessimo un sistema di monitoraggio di questo tipo potremmo mettere in sicurezza tutti gli attraversamenti stradali del nostro paese, spendendo un ventesimo di quanto spenderemmo per realizzare orribili ponti in cemento e creeremmo anche posti di lavoro stabili, perchè il monitoraggio deve essere sempre attivo e pronto ad entrare in azione. Peraltro per alcune operazioni sarebbe utilizzato personale già assunto dalle pubbliche amministrazioni. Inoltre, last but not least, eviteremmo di riempire le nostre vallate e le nostre coste di orribili manufatti in cemento anche perchè la bellezza architettonica non abita più nel nostro paese preso in ostaggio dalla casta, dalla incompetenza e dalla corruzione.

5 commenti:

Giorgio Plazzotta ha detto...

dalla Treccani:

Vorrei sapere se è corretto dire "avrebbero potuto essere" oppure "sarebbero potuti essere"?

La scelta del verbo ausiliare per i tempi composti del verbo servile seguito dall'infinito essere è semplice: si deve usare avere. Dunque, avrebbero potuto essere.

Giorgio Plazzotta ha detto...

Ludovica Mulas ci scrive:
Ciao Giorgio
alcune considerazioni: innanzitutto le opere di messa in sicurezza dei corsi d'acqua si realizzano partendo da valle quindi dovendo farle per il rio S. Girolamo occorre ovviamente partire dal ponticello incriminato...e direi che tutto sembra abbastanza coerente se si pensa che alla foce stanno partendo i lavori e il Consorzio di Bonifica della Sardegna Meridionale, oggi proprietario del lago di Poggio, sta iniziando i lavori di messa a norma, quindi la regola sembra rispettata.


Per quanto attiene alla valutazione delle opere da realizzare per la messa in sicurezza vorrei ricordare che questa ultima non si può limitare all'organizzazione di un sistema di monitoraggio e allarme per gli abitanti, 2 o 400 che siano; mettere in sicurezza un territorio significa realizzare delle opere che tutelino l'incolumità dei cittadini, delle cose (edifici, impianti, mezzi di trasporto...) e degli eventuali soccorritori, questi sono i fattori basilari sui quali progettare opere ed impianti aventi anche lo scopo, non ultimo, di interrompere un'inutile spesa per fronteggiare le conseguenze dei tanti danni che, nel nostro caso, l'alluvione ha provocato.


E quindi dire oggi che non vogliamo il ponte è, secondo me, una vera follia che comunque cozza contro tutte le normative esistenti e questo è il significato principale della posizione della Regione; non dimentichiamoci che esiste un'ordinanza di demolizione del ponticello che è stato letteralmente spostato dall'acqua dalla sua sede originaria e che, nessuno è in grado di dire quando, potrebbe essere spazzato via da un prossimo evento alluvionale.


Quindi le dimensioni del ponte progettato non possono non tenere conto degli eventi accaduti, dell'ampiezza della zona esondata...i problemi, sempre secondo me, sono altri, la lentezza osservata nelle decisioni regionali che hanno permesso agli abitanti di Pauliara di avere il ponte solo 4 anni dopo, oppure che solo nel 2016 cominciano i lavori alla foce.


Ricordo ancora la conferenza stampa indetta dall'assessore Nonnis nel lontano 2011, quando venne annunciato l'appalto per quei lavori, e con aria trionfalistica si parlò di apertura dei cantieri entro l'anno successivo, questa è la vera vergogna; a Villanova Strisaili, (lo sentivo l'altra mattina alla radio) dopo dodici anni non hanno ancora concluso i lavori di messa in sicurezza ed il territorio è ancora in balia degli elementi naturali.


Concludo chiarendo che ovviamente la scelta del tipo di opera, del sistema costruttivo, dei materiali da utilizzare per la realizzazione del ponte dovevano essere altri; un'opera di tali dimensioni doveva essere progettata in maniera totalmente diversa, pur nel rispetto delle norme, e si poteva fare e, secondo me, si può ancora operare, basta mettersi attorno a un tavolo tutti insieme, regione, comune e progettisti, per arrivare ad un risultato che sia il meno impattante possibile, sempre e solo nel rispetto delle norme, altrimenti a cosa serve un piano paesaggistico? a indossare la veste dei protettori dell'ambiente dalle aberranti progettazioni salvo poi toglierla per permettere edifici come quelli di Tiscali in piena Convenzione Ramsar? oppure il CRS4 all'interno dei boschi di Piscina Manna? oppure ancora il nostro ponte?


Chiudo, sono stata fin troppo lunga.
Ciao
Ludovica

Giorgio Plazzotta ha detto...

Ludovica nel mio articolo mi riferisco alla mancanza di una strategia globale. Mettiamo in sicurezza questo attraversamento e lasciamo completamente inalterati tutti gli altri in attesa che un flash flood mieta vittime da qualche altra parte. Se volessimo realizzare una messa in sicurezza di tutto il territornio evidentemente non potremmo costruire 300 ponti quindi, a mio avviso, quella dei sistemi di monitoraggio collegati a una macchina efficiente che intervenga quando scatta l'allarme (e non dopo!) sarebbe l'ideale. Se esistesse questo progetto il ponte per la zona alta di Poggio potrebbe essere realizzato all'Hydrocontrol e a valle ci metterei un ponte che garantisca una portata di 150 mcs. non lascerei quello attuale che è veramente ridicolo. Ricordo che gli ingegneri idraulici della hydrodata non hanno affrontato il tema del paesaggio e nemmeo le priorità. il loro studio era destinato a trovare soluzioni idrauliche e basta,

Unknown ha detto...

Brevissima domanda riguardo al monitoraggio: se nel contempo manca l' energia elettrica come funziona l'allarme ? Renzo Barighini.

Giorgio Plazzotta ha detto...

Ciao Renzo. Il sistema di monitoraggio (quello collegato al pluviometro) sarebbe certamente dotato di gruppo di continuità. Per quanto riguarda invece la modalità di chiusura della strada al traffico, talvolta si parla di "sbarre" e di semafori, ma potrebbe benissimo entrare in azione una squadra di pronto intervento che posiziona transenne e segnalazioni.

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