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domenica 27 agosto 2017

Grandi ponti o piccoli rilevatori? Così la Svizzera affronta l’emergenza


di Angelo Pani
Sì, si può fare. Esiste un’alternativa al megaponte sul rio San Gerolamo. Un’alternativa meno devastante rispetto al progetto che la Regione vuole imporre per mettere in sicurezza la strada a monte del lago di Poggio dei Pini. La conferma arriva dalla Svizzera, dove una situazione di grave dissesto idrogeologico viene gestita senza ricorrere a devastanti interventi sul territorio.
Nel Cantone dei Grigioni, a breve distanza dal confine con l’Italia, un intero costone si è staccato dal fronte settentrionale del Pizzo Cengalo provocando una gigantesca frana che ha investito la Val Bregaglia. Quattro milioni di metri cubi di massi, ghiaia e terra sono precipitati a valle e, incontrando l’acqua dei torrenti, sono diventati una marea limacciosa che ha travolto alberi, case, strade e ogni altro ostacolo. Conosciamo bene cosa significhi tutto ciò. 
Anche se le cause sono completamente diverse, gli effetti della frana sono stati molto simili a quelli provocati dall’alluvione di Capoterra del 2008. Per avere ben chiaro cosa è successo, guardate questo video di 2 minuti su You Tube che raccoglie i principali filmati riversati sul web: https://youtu.be/_ER7ZSmNM7Yhttps://youtu.be/_ER7ZSmNM7Y

Ma torniamo alla storia di Pizzo Cengalo. Nel 2011 sono stati segnalati movimenti franosi nel versante svizzero della montagna (la cima, 3367 metri, è sul confine con l’Italia) e le autorità elvetiche, per mettere in sicurezza la zona, hanno adottato gli interventi previsti quando si verificano situazioni di grande rischio idrogeologico. No, non hanno messo in cantiere viadotti arditi, non hanno bloccato le strade e non hanno fatto evacuare i paesi vicini. Hanno creato a monte un bacino di contenimento e hanno posto sul terreno una serie di rilevatori per tenere sotto costante monitoraggio l’area di frana. Niente di eccezionale, sono tecniche di telerilevamento ben conosciute e applicate più volte anche a casa nostra. Da allora ci sono state numerose cadute di massi e smottamenti di media rilevanza e il sistema di sicurezza ha funzionato egregiamente. Il 23 agosto è arrivata la grande frana, i rilevatori hanno dato l’allarme in tempo reale e hanno fatto scattare i semafori posti su tutte le strade che potevano essere coinvolte. In questo modo, gli abitanti e i turisti che si trovavano a Bondo, Promontogno, Sottoponte e Spino si sono potuti mettere in salvo mentre le auto in transito sono state bloccate lontano dall’area investita dalla frana. Ci sono otto dispersi, è vero, ma si tratta di escursionisti che percorrevano un sentiero sotto la montagna franata. In queste situazioni, purtroppo, non ci può essere prevenzione che tenga. Altra possibile obiezione: forse la zona era facile da monitorare, una valle isolata, abitata da poche centinaia di persone. Niente di tutto ciò. La val Bregaglia si immette nel lago di Como e collega la Lombardia con alcune delle più note località turistiche della Svizzera. La frana ha interrotto la strada cantonale (l’equivalente delle nostre strade statali) che attraversa l’Engadina e consente di raggiungere St. Moritz, distante appena 36 chilometri.
In Svizzera, un semplice impianto di monitoraggio ha consentito di porre in sicurezza cinque paesi e una importante via di comunicazione che assorbe una mole di traffico certamente superiore a quella che si registra a Poggio dei Pini. Nella nostra Sardegna, l’Assessorato regionale ai Lavori Pubblici  vuole mettere in sicurezza una strada periferica sostituendola con un ponte autostradale il cui costo iniziale è di 7 milioni di euro. Un viadotto che gli abitanti del posto non vogliono e che lo stesso Consiglio comunale di Capoterra ha respinto. Più volte è stato chiesto di ridurre drasticamente le dimensioni del nuovo ponte che si vuole costruire e di monitorare il territorio posizionando una serie di pluviometri (uno esiste già) che, in caso di forti piogge, attivino il segnale di pericolo. Scienza e logica imporrebbero tra le due soluzioni quella meno impattante ed enormemente meno costosa che garantisce eguale sicurezza, ma i deboli segnali di apertura al dialogo si sono interrotti con l’uscita di scena dell’assessore Maninchedda. Il suo successore, l’ing. Balzarini, già Direttore generale dello stesso Assessorato, non pare disposto a mettere in discussione decisioni prese da altri e ha rimesso in corsa il progetto contestato. Talvolta i limiti della ragione sfuggono persino alla ragione.

Angelo Pani

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