Questo Blog è stato creato per scambiare informazioni, idee, proposte e materiali tra residenti del comune di Capoterra. Si invitano i lettori a firmare i propri commenti o articoli con nome e cognome. Potete inviare i vostri articoli al seguente indirizzo: giorgio.plazzotta@gmail.com

venerdì 24 luglio 2009

OIL: arte, denuncia o terrorismo? La Raffineria è Mommoti?

Come sapete l'anonimato in questo blog non è normalmente consentito. Mai mi sono pentito di questa scelta, che mi ha permesso di tenere lontano da questo spazio di discussione, piccolo ma prezioso, moltissima spazzatura costituita da calunnie, illazioni e tentitivi di alterare la verità. Capisco che ci siano siti in cui i vari Fragola 86 e Banana33 (cfr. Checco Zalone) si esprimono liberamente ma con poca utilità pubblica. Questo blog non è nato per sfogare verbalmente istinti o frustrazioni di vario genere, ma ritengo che in due anni abbia raggiunto obiettivi importanti e abbia svolto un ruolo, piccolo ma di grande qualità, anche in occasione del tragico evento del 22 ottobre.
C'è però un caso in ritengo l'anonimato accettabile: quando a cause di affermazioni fatte (non calunniose) l'autore possa temere ripercussioni negative di vario genere.
In seguito alla pubblicazione del mio articolo in cui ho accolto negativamente il documentario OIL ho ricevuto alcune telefonate e alcuni messaggi anonimi da parte di persone che non hanno apprezzato il mio intervento. Evidentemente aveva ragione Giuseppe Monni, nel suo primo commento a quell'articolo. La mia è stata una lettura che va MOLTO controcorrente rispetto al comune sentire e ho poi notato che anche la critica al film sui vari siti locali è stata sempre molto positiva.
Dico subito che le persone che mi hanno contattato si sono sempre mostrate educate, mai offensive o minacciose. Ci sono sicuramente dei malintesi, che spero di avere chiarito, e ampie differenze di punti di vista che permangono tuttora ma che fanno parte di una naturale dialettica democratica. Un malinteso riguarda certamente la mia considerazione nei confronti dei sarrochesi. Quello che volevo dire è stato in parte travisato. A mio avviso le persone intervistate non rappresentano in modo corretto la società di questo paese. Ritengo che i contributi siano stati selezionati in modo strumentale al messaggio che il regista voleva dare. Un messaggio che continuo a sostenere essere profondamente e pericolosamente distorto. L'interrogatorio che mi è stato fatto su dove lavoro e che cosa faccio mi sembra una attività del tutto inutile. In modo velato mi si vuole dire "se tu non lavori in mezzo ai tubi della Raffineria non puoi parlare. Che ne sai dei colleghi che ho visto morire?". Io lavoro, invece, a Macchiareddu, che non mi sembra essere proprio Courmayeur in quanto a qualità dell'aria e abito nel comune di Capoterra, non ad Arzachena e nemmeno nella Milano da cui è improvvisamente piombato Mazzotta con il suo documentario. La morte non dovrebbe essere strumentalizzata. Il tumore al colon purtroppo colpisce ovunque e no credo che possa essere ricondotto ad alcuna forma di inquinamento. Ho rispetto, e anche apprensione, per chi sistema le valvole degli impianti della Raffineria. Non mi sognerei mai di negare che siano le persone esposte al rischio maggiore. Ma quando vedo che si tenta di affermare che qualsiasi malore o malattia grave possa essere ricondotta alla Raffineria-Mommoti, mi viene da reagire perchè non è questo il modo di fare emergere la verità. Questa realtà, con il suo inquinamento e il suo lavoro, non appartiene solo ad alcuni, ma a tutto il territorio, a tutti noi che ci viviamo vicino e ci lavoriamo.
Ho deciso di pubblicare un mio carteggio telematico con un anonimo amico che mi ha scritto in modo cortese e che ritengo possa avere comprensibili timori di ritorsioni. Ve lo ripropongo sperando di offrirvi la possibilità di approfondire la conoscenza del tema trattato e di confrontarvi con un differente punto vi vista.

cari tutti,
i messaggi che lancia il documentario OIL possono essere rintracciati, forse, in alcune semplici richieste che, operai SARAS e non, ritengono necessarie per lavorare in un ambiente in cui la sicurezza dovrebbe essere sempre mantenuta ai massimi livelli per 365 giorni all'anno (non trattandosi appunto di una fabbrichetta che produce cioccolata). Questa maggiore e costante sicurezza la si ottiene (ascoltando i vari personaggi che si alternano in OIL) preoccupandosi di :
  • verificare la formazione dei dipendenti assunti da ditte esterne i quali, come è noto, entrano nella proprietà SARAS ad eseguire lavori di manutenzione;
  • rispettare gli orari di lavoro, evitando turni massacranti;
  • verificare se siano correttamente forniti gli adeguati strumenti di protezione personale per svolgere mansioni di cui è d'obbligo per legge l'utilizzo (626);
  • monitorre il controllo costante e la diffusione (reale) dei dati riguardanti l'analisi di emissioni in atmosfera e rispettare i limiti consentiti dalla legge;
  • garantire la serietà di alcuni controlli sanitari effettuati ai dipendenti di ditte esterne su di un camper (i cui referti, pare, in caso di necessità non possono far parte della storia clinica del lavoratore in quanto poco attendibili);
  • provvedere alla gestione di una lavanderia interna;

Questi solo alcuni dei messaggi lanciati da chi ha deciso di parlare davanti ad una telecamera. Messaggi che si spera vengono presto recepiti e realizzati dalla dirigenza SARAS, soprattutto nell'interesse di TUTTI, dipendenti SARAS, dipendenti ditte esterne, abitanti di Sarroch e paesi limitrofi, lavoratori impegnati in attività estranee all'indotto petrolchimico, ecc.. Le informazioni si riferiscono forse ad una indagine epidemiologica eseguita dal prof. Annibale Biggeri i cui risultati sono stati presentati agli abitanti di Sarroch tra novembre 2008 e febbraio 2009 (chi era interessato ha partecipato, gli assenti non so). I risultati di tale indagine (ricchi di dati e tabelle) sono reperibili, immagino, presso il Comune di Sarroch su supporto cartaceo e magari (se il link funzionasse), anche online. Dati e tabelle non sono stati inseriti in OIL perché forse richiedono un'attenta valutazione; è comunque presente un breve resoconto dalla voce dello stesso prof. Biggeri, il quale constata un danno potenzialmente reversibile al DNA nei soggetti sottoposti ad indagine. Senza parlare di leucemie e tumori vari, potrebbe risultare interessante chiedersi se è normale riscontrare in bambine di 5 anni disfunzioni serie alla tiroide. L'espressione grammaticale, poi di chi ha partecipato ad OIL, mi sembra ottima; solo in un paio di interventi la voce è stata camuffata in fase di montaggio, perché sì, desiderosi di esprimere la propria opinione, ma "timorosi" magari di perdere il posto di lavoro. Se poi ci si riferisce in particolare al pastore che parla sardo stretto, ed è stato quindi necessario mettere i sottotitoli, beh! questo è un problema di chi magari vive male con il proprio passato, fatto di tradizioni usi e costumi. Spesso l'intelligenza e la rispettabilità non è garantita da una camicia ben stirata, da un diploma o da una laurea.> > Eppoi basta, se uno il documentario dice di averlo visto, non è che poi un altro glielo deve spiegare. Un documentario poi, analizzato nel suo insieme tra argomenti trattati, montaggio, scelte musicali ecc. è anche in minima parte, da considerare come un'opera più o meno d'arte e che quindi può interessare ad alcuni e ad altri no!!!> Evviva la libertà di pensiero e di opinione!
Il Tour OIL, organizzato per iniziativa di numerosi cittadini SARDI, è forse partito per le tante similitudini riscontrate con altre realtà sarde (purtroppo anche con la realtà delle restanti 19 Regioni d'Italia); quindi diciamo che Sarroch (sede della raffineria più importante d'Europa) potrebbe essere un punto di partenza per iniziare a convivere dignitosamente con impianti industriali che creano e garantiscono lavoro, sono inglobati dall'ambiente, e tante altre belle cose.. Sul motivo che spinge un regista indipendente di Milano a realizzare un documentario proprio a Sarroch, tralascio.., ognuno è libero di pensare quello che vuole, di sceneggiarsi il film mentale che preferisce! saluti da
un filtro esaurito

Egregio signore,
il fatto che lei, a differenza del sottoscritto, scriva non comunicandomi la sua identità riduce enormemente il valore delle sue affermazioni. Immagino che ci siano studi epidemiologici misurazioni e monitoraggi, ma di queste informazioni non vi è traccia nel documentario, che quindi non assolve il compito di descrivere correttamente la situazione. Aveva invece altri scopi e questo appare chiaro sin dal primo minuto. Le dico anche che le illazioni contenute nella pellicola potrebbero, ahimè, essere tutte vere. Io non ho mai asserito il contrario. E se vere fossero, ci tengo a precisare, il danno non verrebbe arrecato solo a una categoria di persone (es. operai della manutenzione impianti), ma a moltissime categorie di lavoratori e di residenti che perderebbero in alcuni casi la salute, in altri casi il posto di lavoro e in molti casi entrambe le cose. Se invece le ipotesi portate avanti dal film fossero false, distorte o esagerate, assisteremmo a un inutile danno che colpisce l'interno territorio e un numero di persone enorme. Tutti quanti quindi, esigiamo chiarezza e certamente questo film non si muove in questa direzione. L'ho pensato e l'ho scritto, senza nascondermi. Ho fatto male?
Per quanto riguarda il suo riferimento di tipo sociologico la informo che sono sardo e non sono dotato di laurea. Comprendo il disagio di chi, anche a causa della disoccupazione, trascorre molto del proprio tempo al bar, ma ritengo che la società e i punti di vista debbano essere rappresentati in modo più equilibrato. Sarroch non è assolutamente come è stata rapresentata da questo film e per primi i sarrochesi dovrebbero lamentarsene (e difatti lo hanno fatto). Le interviste sono state selezionate in maniera strumentale rispetto agli obiettivi che il regista voleva raggiungere sin dall'inizio. Aggiungo concludendo, che io, così come il regista, non ritengo di essere depositario della verità. Non posso certo dedicare il mio tempo libero a fare un indagine a tutto campo cercando dati a destra e a manca, ma vorrei leggerli se qualcuno fosse in grado di espormeli senza fare solo del dannoso terrorismo. Sono certamente interessato a saperne di piu e non ho problemi nemmeno a dialogare con lei, possibilmente in modo non anonimo. Puo anche telefonarmi se vuole al ###### e le do la disponibilità a scrivere un pezzo nel mio blog. Cordiali aluti
Giorgio Plazzotta

egregio signor Giorgio Plazzotta,
questo tipo di chiarimenti ritengo siano salutari ed utili. L'indagine epidemiologica del Prof. Annibale Biggeri è stata commissionata dal Comune di Sarroch, i risultati sono stati presentati in due incontri pubblici. Tempo fa cercando sul sito del Comune di Sarroch ho notato che non è linkato correttamente l'accesso per la consultazione dei risultati dell'indagine; penso sia stata realizzata anche una stampa dei risultati, se è interessato a questi dati dovrebbe semplicemente rivolgersi al Sindaco di Sarroch. Idem per monitoraggi emissioni in atmosfera, dovrebbero essere consultabili in tempo reale, come promesso da ARPA, funziona? si è realizzato il famoso passaggio di consegne dalla Provincia all'ARPA? Sono attendibili i risultati di questi monitoraggi? Se lei abita a Sarroch, e dipendente Saras, dovrebbe interessarsi personalmente ed insistere con chi di dovere per pretendere tali informazioni.Il motivo per cui il documentario non risulta particolareggiato in fatto di dati, numeri, percentuali, ecc.. (alla REPORT per intenderci) mi sembra ovvio, ha idea di quanto costa alla RAI un servizio di REPORT??? Si informi. E poi scusi, ma anche il format di REPORT non risolve i problemi, mi sembra, diffonde notizie che chissà perchè non passano attraverso i mezzi di informazione tradizionale, dovrebbe poi essere la coscenza civile di ognuno a smuovere qualcosa e a cercare di pretendere il rispetto nei luoghi di lavoro, dalle amministrazioni ecc... e sappiamo bene che ciò non avviene. Ripeto, come nel commento precedente, OIL è un semplice documentario realizzato con pochi euro, può interessare o meno. Gli argomenti che solleva penso siano piuttosto seri ed impegnativi, e la soluzione non può certamente arrivare dalla semplice visione di un documentario, apprezzandolo o criticandolo.Quello che ci differenzia rispetto alla vita di 60 anni fa è l'informazione. Quando non sai, non puoi pretendere rispetto, ti bevi tutto quello che ti raccontano e taci.E poi un'ultima cosa, chiediamoci almeno per un secondo: se questo benedetto petrolio dovesse un giorno terminare o non essere più economicamente conveniente la sua estrazione e raffinazione causa la scarsa qualità degli ultimi pozzi disponibili.... visione certamente futuribile; i figli dei suoi figli non avendo magari vicino a casa una raffineria dove poter guadagnare lo stretto necessario per campare, cosa potranno mai fare???In America la legge in materia di emissioni in atmosfera (acqua e suolo) è feroce, chi sgarra paga i danni e si adegua se non vuole chiudere; i valori consentiti sono la decima parte al di sotto dei limiti consentiti in Italia. Raffinerie ed industrie potenzialmente pericolose sorgono ben lontane da centri abitati. Riguardo all'anonimato, mi ci crogiolo finchè dura!Al momento non è vietato dalla legge, almeno nei blog! Sarebbe quindi gradita la visibilità di questo carteggio virtuale sul suo blog! se non lo ritiene sostenibile...pazienza!
cordialmente
filtro esaurito

Caro filtro :-)
non faccio il detective e così nemmeno gli altri spettatori. Chi propone un tema ha l'onere di fornire gli elementi a supporto delle proprie tesi. Non si arriva a conclusioni, peraltro pesantissime, per poi dire "le prove di quanto dico vattele a cercare tu". Ma che sistema è?
Mi sono seduto su quella sedia da spettatore, per vedere un documentario e mi aspettavo che il problema mi fosse esposto in modo obiettivo e chiaro. Non pretendevo tutti i dati esistenti ma almeno la loro sintesi. Penso che un documentario si faccia cosi. Tu ora dici che non è un documentario ma un'opera d'arte. Sono d'accordo.
Giorgio

14 commenti:

Nanni ha detto...

Ho riflettuto a lungo se intervenire o no in questo non dibattito a tratti surreale.
Lo schema è vecchio quanto collaudato: spostare il problema.
Non ho visto il film, forse un giorno lo vedrò, ma non mi interessa leggere la vita al regista scavando dentro le motivazioni che lo hanno portato a fare “un documentario senza documenti”.
Nei precedenti interventi ho letto di tutto: “è di Milano e quindi anche l’aria che respira lui è inquinata”, “non è sardo” (certo, è di Milano…) e via discorrendo sino ad un insuperabile “immagino che il regista del film non disdegni di andare in auto, accendere la luce della sua cucina e mangiare in un recipiente di plastica..” che mi ha ricordato un’affermazione del mitico Bruno Vespa (uno obiettivo, mica fazioso come Santoro o la Gabanelli...) che in una trasmissione “informativa” a pochi giorni dal referendum sul nucleare affermava “se gli italiani bocceranno il nucleare torneremo alle candele!”.
Andando sul concreto mi pare che questo film, bene o male, con tabelle o senza, ponga il problema dei possibili (sottolineo “possibili” così nessuno si offende) effetti che possono avere sulla salute pubblica (oltre che dei lavoratori) determinati insediamenti industriali (sottolineo “determinati” perché potremmo riferirci anche agli insediamenti di Macchiareddu se ci dà tanto fastidio parlare di Sarroch.). Mi sembra di aver capito dall’intervento di Rita che nel film si parli di un ricercatore toscano che ha effettuato un’indagine epidemiologica. Non avendo mai approfondito il problema ho fatto una piccola ricerca sulla rete, che chiunque avrebbe potuto fare, e credo che la ricerca in questione sia uno studio commissionato dal comune di Sarroch (non “dagli ambientalisti che nei luoghi comuni ci sguazzano”) a tre ricercatori, Biggeri, Catelan e Accetta dell’Università di Firenze. L’articolo dell’Unione Sarda del 23 novembre 2007, a cui si riferisce Rita, può essere reperito all’indirizzo: http://consiglio.regione.sardegna.it/rassegnastampa/pdf/58895.pdf
L’indagine epidemiologica in questione aveva lo scopo di accertare eventuali difformità, tra i bambini di Burcei e i bambini di Sarroch, nell’incidenza di alcune patologie, principalmente quelle respiratorie: i risultati di questo studio sono riportati nell’articolo che chiunque può andarsi a leggere.
In precedenza, nel 2005, promosso dall’Assessorato della Sanità della Regione Sardegna e condotto dall’Osservatorio epidemiologico regionale, lo studio DRIAS, condotto nelle aree di Portoscuso e Sarroch aveva evidenziato in queste due aree (aree e non i due singoli comuni) una diversa incidenza rispetto alla media di patologie respiratorie e tumorali tra la popolazione. Per chi volesse approfondire sui risultati di tale lavoro una sintesi è reperibile al seguente indirizzo: http://www.drias.it/doc/ComunicatostampaDRIASCarbonia.pdf
Credo che, visto che di mancanza di dati si è parlato e a scanso di alibi di qualunque tipo, si possa partire a impostare un ragionamento un po’ più serio ed equilibrato proprio dai dati e non dal DNA del regista.
Credo che nessuno voglia fare la guerra alla SARAS e tanto meno chiuderla, penso che però sia un diritto di tutti coloro che vivono in questa area, e non solo a Sarroch, in primo luogo esprimere liberamente la propria opinione, in secondo luogo pretendere la massima vigilanza nei confronti delle industrie presenti sul rispetto di tutte le norme che riguardano la sicurezza dei lavoratori e la tutela della salute pubblica.

Giorgio Plazzotta ha detto...

Nanni, conosci il mio stile e ti prego di non travisare le mie affermazioni quando sono palesemente scritte in modo semiserio. Il mio riferimento "anche lui ha l'aria inquinata a Milano" era evidentemente una licenza comica che, se permetti, credo di potermi prendere, anche se non sono un artista. La milanesità del regista è ovviamente un elemento di nessuna importanza, mentre a mio avviso è lecito chiedersi, come ho fatto, quali siano le motivazioni che lo abbiano spinto a realizzare un documentario che ho ritenuto ritengo molto fazioso.

Il problema principale del mio intervento non era: la Saras inquina oppure no, si muore per inquinamento oppure no. Non ho elementi per potere dissertare su questo argomento.
Il mio tema era invece: è corretto realizzare un documentario che arriva a conclusioni molto gravi senza portare elementi a supporto della propria tesi, ma utilizzando solo "emozioni" oppure strumentalizzandole.
Avrei fatto lo stesso tipo di intervento anche se il tema fosse stato un altro.

Nanni ha detto...

Chiudo la polemica prima ancora di aprirla ribadendo che a me non interessa parlare di come è fatto il film o di come la pensa il signor Mazzotta ma dell'argomento che il film tratta; poi che l'argomento sia stato trattato da Mazzotta o da Massimo Boldi o da Don Lurio (e con questo anch'io mi sono preso una licenza comica...) a me poco interessa anche perchè ho già scritto di non aver ancora visto il film.
Poichè nel mio precedente intervento sono parzialmente saltati i link che ho segnalato li ribadisco:
http://consiglio.regione.sardegna.it/rassegnastampa/pdf/58895.pdf
(studio Biggeri,Catelan,Accetta) e:
http://www.drias.it/doc/ComunicatostampaDRIASCarbonia.pdf
studio DRIAS).
Aggiungo che bene hai fatto, Giorgio, a citare le due mail non firmate che hai ricevuto. Personalmente ritengo di poter parlare liberamente di questi argomenti perchè faccio tutt'altro tipo di lavoro: non credo farei altrettanto se una di queste industrie desse da mangiare a me e alla mia famiglia.
Credo quindi che gli autori degli interventi che hai pubblicato meritino la massima stima e solidarietà.

Giorgio Plazzotta ha detto...

Nanni non so cosa tu voglia aprire o chiudere ma devo raccogliere la pietra che mi hai lanciato.
Il mio articolo era incentrato su come era fatto il documentario e non sui dati epidemiologici. Se tu o chiunque altro volete parlare di questi dati potete scrivere un articolo sull'argomento.
Io nel mio articolo ho provato a porre un altro problema: questo film è fatto bene o male? E' rigoroso? E' lecito portare avanti delle argomentazioni cosi' delicate in questa maniera?
Mi si risponde parlando di altro.
Mi sembra di essere in presenza di simulacri e di tabu' tipici di una sinistra che spesso su alcuni argoenti si muove con il paraocchi: guerra, ambiente, operai. Ci sono alcuni temi "intoccabili". se esci dall'ortodossia vieni subito bacchettato.

Stefano Fratta ha detto...

Giorgio, scusa ma dissento piuttosto decisamente. Cosa c'entra la sinistra? Cosa c'entrano i Tabù?
Se è per questo noi da un lato viviamo immersi in un mare di "informazione orientata" a volte esplicitamente -e questo è un dato di trasparenza, in fondo- e molto spesso subdolamente (TV, telegiornali al soldo dell'"editore di riferimento" di turno etc.)- così come viviamo anche e per converso in un momento in cui c'è spazio per una "industria dell'indignazione" di varia natura e qualità.
Vedi per esempio Grillo.
Però chissà perchè quando un comico che ha smesso di far ridere da tempo pretende, perchè ha un certo numero di seguaci pronti a riconoscerlo ed incoronarlo Profeta e Vate, di tesserarsi in un partito di cui non ha mai fatto parte (e io neppure), attaccandolo sempre e attaccando insieme ai "politici" anche una grande massa di persone che fa del volontariato partecipando come può alla soluzione dei problemi collettivi (perchè la politica con tutte le imperfezioni che ti pare è questo, oppure è marketing oppure è via libera ai Colonnelli o ai Duci), nessuno grida all'inquinamento della vita pubblica. Anzi, si è pronti a dire che questa è la prova della mancanza di democrazia dei partiti, come fossero tutti uguali, mentre in Italia si dà il caso unico nelle democrazie occidentali evolute di partiti personali in cui il leader decide tutto ed è di fatto padrone del partito (Berlusconi ma anche Di Pietro).
Ti faccio questo esempio per rispondere alla tua domanda:
"è corretto realizzare un documentario che arriva a conclusioni molto gravi senza portare elementi a supporto della propria tesi, ma utilizzando solo "emozioni" oppure strumentalizzandole"
La mia risposta è che, un documentario seppure non corretto, che è una opera se non d'arte certamente di artigianato di cui rispondono gli autori, nel momento in cui le informazioni languono può contribuire a sollevare un problema o l'attenzione su un problema. Questa azione è criticabilissima per come viene fatta ma rientra perfettamente in quella libertà di espressione cui non vorrei mai rinunciare. Aggiungo solo che una attenzione e una disamina critica dovremmo essere pronti a farla -e la scuola dovrebbe preparare i cittadini anche a questo- per molte o tutte le informazioni che ci vengono offerte. Un ultimo appunto: quando si grida "al lupo" pure in presenza di banali merdonedde non si fa comunque del "terrorismo", si fa dell'allarmismo, forse, ma è una cosa del tutto diversa. La confusione delle parole e dei significati è secondo me è dannosa.
Stefano Fratta

Giorgio Plazzotta ha detto...

Stefano quella sui taboo della sinistra è una provocazione che ha un pizzico di esagerazione e un po' di verità. Essendo anche io di sinistra, o perlomeno ritenendomi tale senza dubbi (per quello che possono valere le etichette), mi sono permesso di sottolineare quello che secondo me è un punto debole dello schieramento politico a cui faccio riferimento.
Se viene sparata una BUFALA che va colpire alcuni argomenti sensibili, ecco allora che la bufala si trasforma in qualcosa di positivo: opera d'arte, denuncia etc.
Sono ben consapevole del fatto che la questione inquinamento è seria, che lo sfruttamento di alcune categorie di lavoratori è sempre dietro l'angolo etc.
Mi sono permesso di estranearmi da queste mere questioni di strategia politica.
Sono estremamente ignorante sui temi proposti dal documentario e quindi mi sono avvicinato ad esso con lo spirito di chi voleva conoscere. Che informazioni mi ha dato il film? come ha colmato la mia debole conoscenza del problema?
Adesso mi viene detto che non dovevo prendere sul serio questo prodotto, che i dati esistono ma sono altrove, che non è un documentario, che contene esagerazioni e inesattezze grossolane nonchè pericolose distorsioni della realtà perche doveva fare emergere un problema.
E' come se domani io incominciassi a mettere in giro la voce che il Monte Santa Barbara è un vulcano spento che sta per eruttare come a Pompei perche voglio mettere in guardia dai rischi del dissesto idrogeologico.
Ti rendi conto che messaggi come questo possono portare qualcuno che un domani si sveglia con una forte cefalea o con una malattia più grave a pensare che la colpa è dell'inquinamento? Tu lo chiami allarmismo ma sei troppo buono perchè qui stiamo parlando della vita e della morte.
Io sono convinto che ci sia un modo diverso per giungere alla verità, un modo differente dal mettere in circolazione informazioni fortemente inesatte.
Ti ricordo anche che proprio qui in questo blog abbiamo fermato chi ha cercato di attribuire la responsabilità del disastro del 22 ottobre alla diga di Poggio e che lo abbiamo fatto mettendo in evidenza le informazioni vere. La scienza non la superstizione.

Antonio Sau ha detto...

Non ce la faccio...devo dire anche io la mia!
Brevemente se ci riesco.
Giorgio, non ho ben capito quale sia il problema che hai con questo documetario.
Si, è vero, per noi non c'è niente di nuovo. Ma non credo sia stato fatto per far sapere a noi che a Sarroch c'è la SARAS, credo che l'intenzione sia quella di far sapere (almeno) al resto d'Italia che in Sardegna, praticamente dentro un paese, c'è la più grande raffineria d'Europa. Questo secondo me risponde ad una tua domanda: perché è venuto qui? L'altra possibilità é che sia anche lui Juventino! :-)
Ti dico questo perché non è cosi ovvio che questo lo sappiano tutti. Mia moglie ha fatto un corso ENI (lavora in Sindyal) e li ha conosciuto delle persone che ignoravano l'esistenza di SARAS! In ENI, a Milano!
L'altra cosa ovvia che dice il documentario è che una realtà come quella inquina. Malgrado rispetti i limiti di legge, anzi, i nuovi lavori hanno abbassato a 17.000 ton all'anno (dati appresi dal documentario)le emissioni di SO2, ben al di sotto dei limiti, questa anidride solforosa viene immessa in atmosfera e ce la respiriamo noi, ricade nel paese e nelle zone limitrofe.
La raffineria non è momotti, ma sino ad oggi "l'informazione" data da SARAS è stata(anche) quei libretti distribuiti nelle scuole elementari, dove si vedono le ciminiere sorridenti da cui escono nuvolette con i fiorellini...questa si che mi pare distorsione della realtà!
Un ultimo appunto sulla "dignità dei sardi": io quella dignità l'ho vista nelle persone appartenenti all'associazione di Sarroch Arianoa che, malgrado la sicurezza del lavoro che può offrire la SARAS, cercano uno sviluppo diverso per il loro paese.
Non mi dilungo oltre, dico solo che sicuramete un paio di obbiettivi questo documentario li ha ottenuti:queste (ed altre) discussioni che ha generato, e le ricerche che, come me, tanti hanno fatto sulle ricerche del prof. Biggeri (che ho scaricato dal sito del comune di Sarroch a questo indirizzo http://www.comune.sarroch.ca.it/index.php?option=com_docman&task=cat_view&gid=118&dir=DESC&order=name&Itemid=138&limit=5&limitstart=5)

Giorgio Plazzotta ha detto...

Antonio
evidentemente anche per te la mistificazione dell'informazione, la strumentalizzazione della malattia sono strumenti validi per ottenere dei risultati.
Per me no, se voglio ascoltare una fiaba mi leggo un libro di Andersen.
Ovviamente il fatto che questa storia sia ambientata nel nostro territorio mi rende particolarmente sensibile, ma ti assicuro che se si fosse svolta a Gela o a Taranto la mia perplessità sarebbe stata identica.
Hai fatto bene a citare l'associazione Arianoa, spero che da loro partano iniziative serie mirate al controllo dell'inquinamento e delle condizioni di salute che riguardano tutti noi.

Stefano Fratta ha detto...

Giorgio, finche si PARLA di vita e morte, senza ammazzare nessuno, si fa solo ALLARMISMO. Quando in Italia morivano -non di raffreddore ma perchè uccise da una bomba in una piazza o da una pistola in un agguato- centinaia e centinaia di persone allora c'era il TERRORISMO, e tra usi impropri del diritto di espressione e omicidio ancora vorrei distinguere. Non può essere chiamata terrorismo la divulgazione di notizie, anche false e tendenziose, atte a suscitare allarme anche ingiustificato e meno che mai si fa terrorismo con un film documentario che è comunque per sua natura e tecnicamente anche un'opera di artigianato se non un'opera d'arte.
Quanto alle bufale noi tutti siamo bombardati da ogni parte, ma la nostra reazione è -naturalmente- selettiva, in ragione della conoscenza diretta degli argomenti trattati e della nostra sensibilità. Dico solo che un documentario, per falloso e inesatto che possa essere, rientra sempre tra le libertà di espressione possibili. Nessuno è tenuto ad essere obiettivo e meno ancora è tenuto ad essere riconsciuto obiettivo dagli eventuali "avversari", e il diritto a parlare di ogni argomento comprende anche la possibilità di spararle grosse, salvo il diritto dei danneggiati di rivalersi e contro-comunicare. Io non vedo scandalo, e le industrie e le produzioni industriali non sono tabù e non dovrebbero esserlo. Se un documentario "abborracciato" e "tendenzioso" -e io non l'ho ancora visto- ci spinge a porci delle domande e ad approfondire questi temi sarà stato comunque utile.
Stefano Fratta

Giorgio Plazzotta ha detto...

Stefano,
se un documentario manipola la verità portando una persona che si ammala di tumore (mettiamo al colon, come in una delle testimonianze del documentario) a credere che la causa della sua malattia sia, mettiamo, "tua zia", tu come definiresti questa operazione? Opera d'arte, denuncia?
Anche se tua zia è molto ricca e antipatica pensi che sia un modo corretto di agire?
Non capisco cosa c'entri la libertà di espressione. Non ho mai proposto l'impiccagione per il regista e nemmeno la censura del film, mi sono solo permesso di considerare scorretto e dannoso questo modo di portare avanti i problemi. Mi sono permesso di dire quello che molti hanno solo pensato e cioè che questo documentario è una cagata.
Sinceramente ho imparato molto di più dalle reazioni che hanno suscitato questi miei articoli che dal documentario.

giacomo ha detto...

Ciao, a me questo documentario è piaciuto, sia come opera d'arte cinematografica che giudico molto buona come monatatura, sia come dati e documenti che ha riportato, per'altro molti, è piaciuto a me e molti altri...penso inoltre che di questo regista se ne sentirà parlare molto in futuro.

ciao Giacomo

Stefano Fratta ha detto...

Scorretto e dannoso è una cosa, terrorismo è un'altra cosa. Ti faccio notare che il titolo del post riporta proprio la parola TERRORISMO. Con i terroristi non si discute, li si imprigiona o si cerca di farlo, mi pare. E mi pare anche giusto. Non è un appello alla censura? Mi fa piacere, ma "zia raffineria" ha spalle larghissime e pelle d'elefante, e non sarà certo una punturina di zanzara a nuocere. La libertà di espressione è quella che riconosciamo a tutti, compreso il diritto di filmare dire e sparare "cagate", soprattutto all'indirizzo di chi ha fior di mezzi per smentire e chiarire e corposi -legittimi, per carità- e diffusi interessi da difendere.
La libertà di espressione c'entra moltissimo e -come la tolleranza- va applicata e concessa anche o principalmente a quello che NON ci piace o NON ci trova d'accordo:
"Take away the right to say "fuck" and you take away the right to say "fuck the government"." (Lenny Bruce)
Stefano Fratta

Giorgio Plazzotta ha detto...

Stefano se er terrorismo intendi una azione di lotta politica basata sul terrore ovviamente non indendevo quello. Mi riferivo al sentimento di terrore che viene insinuato in chi, vivendo a Sarroch (o a Capoterra) potrebbe pensare di avere più probabilità di ammalarsi di tumore rispetto a una persona che abita a Porto Torres o a Milano.

Noto che tu quoque sei caduto nell'equivoco ritenendo che il mio intervento sia orientato a "difendere la raffineria" che, come hai giustamente sottolineato, ha le spalle ben larghe.
In realtà non mi piace per definizione la caccia alle streghe, anche se la strega è brutta e antipatica. Da sempre mi batto, credimi IN PRIMA PERSONA, per una informazione corretta e rigorosa. Mi rendo conto del fatto che nel mondo non debba esistere solo la scienza, ma anche la scultura, la narrativa, la poesia, il videoclip musicale etc. pero', mi chiedo, questo problema che riguarda la salute e l'inquinamento deve essere affrontato con la scienza o con la favola?
Vada pure per il fuck off alla Saras se questo può servire a sfogarsi, pero' eviterei il fanculo alla verità e alla scienza.

Stefano Fratta ha detto...

I "Vaffa day" non mi piacciono, e nemmeno i "Vaffa", che sono invettive e non argomenti. Ma se i Vaffa, anziche squalificare chi li grida in piazza -e l'arroganza tipica del turpiloquio piazzaiolo ha una sua triste storia di estremismo e prepotenza- è una utile e valida provocazione anti-casta, quando non la rivelazione di verità scomode finalmente svelate, perchè non dovrebbero valere i documentari anche fatti male? Se ci sono falsità verranno smontate, e si sarà chiarito qualche punto importante. Ci aràsempre chi vorrà credere ad una versione o a un'altra e chi ne inventerà altre ancora. La questione è aprire il discorso nocività, pericolosità attuale e/o potenziale, sicurezza e prevenzione. Per esempio: dovesse mai capitare un incidente di grandi proporzioni quali precauzioni si devono adottare da parte dei singoli cittadini? (tipo: fuggo via o mi tappo in casa?)
Stefano Fratta

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