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martedì 21 luglio 2009

OIL: un documentario senza documenti

Io lavoro nel Gruppo Saras. La raffineria mantiene me e la mia famiglia. Nonostante ciò, vorrei comunque scrivere a proposito del documentario intitolato "OIL, la forza devastante del petrolio, la dignità del popolo sardo” prodotto dal regista milanese Massimiliano Mazzotta, che è stato proiettato ieri qui a Poggio dei Pini.
Mi rendo conto che, considerata la premessa, il mio punto di visto possa essere considerato, da parte di chi legge, fortemente influenzato da un interesse personale. Ok, ci sto. Diciamo pure che su questo argomento io possa essere fazioso ed interessato. Vorrei lo stesso avere la possibilità di esprimermi. D'altronde può farlo il regista, che è a mio avviso ancora più "fazioso e interessato" di me (spegherò dopo il perchè), quindi penso a maggior ragione di farlo io che vivo e lavoro non lontano da quella che viene descritta come una "fabbrica di veleno e di morte". Dato che secondo Mazzotta potrei morire presto (in questo momento sto toccando di tutto), meglio parlare subito.

Nonostante l'importanza del lavoro, tantopiù nella nostra isola e in questo periodo di grande crisi economica, non sono disposto ad accettare l'idea che esso rappresenti il mio interesse riconosciuto e che invece non lo sia la salute.


Allo stesso modo mi sembra poco verosimile e rispettosa l'immagine di cinquemila kamikaze che, per 1500 euro al mese, vadano a prendere la loro dose quotidiana di veleno e di morte senza battere ciglio.
Ancor più ridicola l'idea, prospettata ieri da qualcuno in sala, che un dipendente Saras riceva una specie di "lavaggio del cervello" che gli impedisca di intendere e di volere.

Dopo avere chiarito la mia posizione di lavoratore Saras e cittadino presunto "inquinato", residente nell'area definita nel documentario più o meno come una schifezza, veniamo a Mazzotta. Cosa spinge questo giovane milanese a occuparsi del nostro territorio? Ha perso un parente a causa di un tumore e ha deciso di scoprirne le cause? E' un sardo che vuole difendere la sua terra? Per carità tutti si possono occupare della Sardegna e io potrei decidere di scrivere un libro su Canicattì. Abbastanza ridicolo invece quel sottotitolo del documentario "la dignità del popolo sardo". Ma che c'entra con il tema? Il regista milanese vuole difendere la dignità dei sardi, oppure è solo un mettere le mani avanti, una sviolinata ai sardi nel sottotitolo per giustificare il fatto che lui, con la Sardegna non ha niente a che fare e che, invece, sta sfruttando una situazione presente nella nostra terra per giocarsi la carta del successo personale.
Sicuramente Mazzotta si è ben documentato su questa terra e sugli impianti petrolchimici, non lo metto in dubbio. Però non sono nato ieri ed è da lungo tempo che non credo più a Babbo Natale. Vendere libri o film dedicati a qualcosa che funziona significa un fallimento editoriale assicurato. I prodotti che vanno forte sono invece gli scandali, i disastri, il pericolo, le guerre, la morte, le tragedie.
Vogliamo ricordare qualche esempio? Salman Rushdie scrive un illeggibile polpettone che vende milioni di copie solo perchè si becca una fatwa dagli ayatollah iraniani.
Michael Moore produce un documentario pieno di illazioni su eventuali trame che starebbero dietro agli attentati alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001. In quel documentario si portano avanti tesi incredibili del tipo "Bin Laden è al soldo degli americani", oppure "Le torri con i loro 5000 morti sono state fatte saltare in aria dagli americani per dare la colpa agli arabi e iniziare la guerra". Nonostante le prove a supporto di queste affermazioni siano scadenti, come ad esempio "la famiglia Bin Laden ha fatto affari con gli USA", quel documentario ha reso famoso l'autore che oggi è entrato a far parte dello Star System a stelle e strisce.
Non so se Mazzotta ambisca a diventare il Michael Moore italiano e se abbia selezionato la zona industriale di Sarroch come trampolino di lancio per la propria carriera. Questa è solo una mia illazione, esattamente come una delle tante che sono contenute in questo documentario.

Ma di cosa parla "OIL", in concreto? A parte l'accattivante e ben realizzato mixaggio audio-video, che sicuramente affascina e ipnotizza lo spettatore, quali sono i messaggi e, soprattutto, le informazioni che si vogliono trasmettere? In verità, pochi, già sentiti e confusi. E' un documentario o un videoclip?
Del fatto che l'impianto IGCC Sarlux, che produce 550 MW (un terzo di tutta l'energia elettrica prodotta in Sardegna) sia stato finanziato con la delibera CIP6 sulle energie rinnovabili se ne è parlato già da tempo. Questo argomento è stato oggetto di una seguitissima campagna di informazione e di protesta attuata da Beppe Grillo.
Affermare poi che il modello di sviluppo ottimale della Sardegna oggi non dovrebbe prevedere l'industria petrolchimica significa ripetere concetti che circolano da decenni. Benvenuto nella Sardegna delle cattedrali nel deserto, grazie per avercelo ricordato.
Tutto vero, ma il Cip6 non ha nulla a che vedere con l'inquinamento e la salute e le strategie industriali che pianificano la nostra economia, semmai dovessero essere realizzate, non possono certo far sparire con la bacchetta magica le industrie già presenti. Mi sembra una ovvietà. Soldi sprecati del contribuente italiano, cattiva progettazione dell'economia del nostro paese. Purtroppo banalità che non costituiscono, a causa della loro quotidianità, una notizia interessante, peraltro già trattata da altri in precedenza.

Per rendere il documentario più "piccante" sono necessari ben altri elementi: morte, pericolo, allarme.
Ecco quindi che vengono mostrate ciminiere fumanti a go-go, testimonianze di parenti di persone decedute di tumore e personaggi che si aggirano fuori dai bar sarrochesi. Il tutto è sicuramente molto pittoresco ma, mi chiedo, rappresenta realmente la società e la gente di Sarroch?
Ci sono poi le interviste ai dirigenti Saras che spiegano quali siano i prodotti della Raffineria. Abbiamo quindi scoperto che tutti quei tubi e quei silos non servono a produrre cioccolato o zucchero filante, ma la benzina e i derivati chimici con i relativi rifiuti tossici. Alcuni operai testimoniano che questi rifiuti sono veramente puzzolenti. E vorrei ben vedere se odorassero di gelsomino. Quello si che sarebbe lo scoop tanto ricercato da Mazzotta.
Compare a un certo punto anche un bel polpo che si dimena prima di finire probabilmente sotto forma di insalata di mare in qualche ristorante del litorale. Tutto fa brodo, anche il polpo.
L'assemblaggio di tutte queste immagini e testimonianze porta però a suffragare una tesi che seppur mai espressa chiaramente dai sottotitoli del documentario, rappresenta il tarlo che poi cerca di farsi strada nell'immaginazione dello spettatore: la raffineria causa la morte, la raffineria inquina in modo illegale, i tumori che si verificano tra i lavoratori e i residenti sono causati dall'inquinamento. A suffragare questa tesi drammatica e inquietante, non viene portato nessun elemento scientifico. Durante l'intero documentario non ho visto proiettare sullo schermo nemmeno una tabella. I numeri danno fastidio alle tesi prive di fondamento.
Quali sono le incidenze delle malattie sensibili all'inquinamento nel comune di Sarroch rispetto ad altri aventi caratteristiche simili (non Aritzo o Burcei per esempio)? Ha senso presentare le testimonianze di disperati parenti di persone decedute di tumore, pur sapendo che questa terribile malattia colpisce in qualsiasi angolo del pianeta e che solo alcune tipologie di tumore, a causa del funzionamento del corpo umano, possono essere ricondotte anche a cause riconducubili all'inquinamento atmosferico?

Il documentario mostra molte immagini di ciminiere e fumo. Noi quelle ciminiere le abbiamo viste in tutte le situazioni: con vento e senza, di giorno e di notte, con il sole e la pioggia. Si stagliano sempre sui monti del capoterrese, di Pula o sul mare. Conosciamo i colori della nostra terra e della nostra aria, anche quella di Sarroch. Mi e venuto da pensare che ogni volta che arrivo in Val Padana trovo sempre quell'atmosfera orripilante che ti si appiccica addosso, che non ti fa mai vedere il sole. Io, sardo, provo sempre un senso di nausea e fastidio e penso a come non mi piacerebbe vivere respirando ogni giorno tutte quelle schifezze (lo smog non è aerosol). Adesso viene qui dallo smog questo Mazzotta e mi dice che la mia aria fa schifo. Ma l'hai vista la tua?

Viviamo davvero nel paese di Pulcinella, privo di rilevazioni e di controlli o, ancor peggio, siamo tutti in pericolo di vita? E' questo il risultato che vuole ottenere il documentario? Dovremmo far chiudere gli impianti, oppure fuggire solo per avere visto un videoclip senza neanche un numero?
Sono argomenti delicati che non possono essere trattati con superficialità. Non si può spalmare merda senza elementi concreti, nemmeno addosso ai ricchi petrolieri anche perchè il lavoro non lo perdono loro, ma i 5000 che ci lavorano. Se questa industria mette veramente a rischio la mia salute sono il primo a volerlo sapere, ma tutti dobbiamo pretendere una informazione corretta basata su fatti concreti, non sul complottismo o sul sensazionalismo.
Se i cittadini vogliono maggiori garanzie di quelle che vengono già fornite sia dall'industria che dalle istituzioni, ne hanno tutto il diritto. Volendo fare qualcosa in prima persona, possono anche costituirsi in associazione e cercare di ottenere maggiori informazioni o spingere affinchè vengano diminuiti certi rischi, una volta appurati.

E' utile (a noi, non a lui) l'arrivo del signor Mazzotta da Milano che, rifacendosi a un banalissimo clichè del sardo "da bar", bruttarello, sdentato, sgrammaticato e non sbarbato (a Sarroch ci sono anche persone che si radono), fa un pò di colore e cerca la fama lasciandosi dietro una scia di sospetti e di timori?
Oppure Mazzotta è un eroe che ha aperto gli occhi ai cittadini dormienti, comprati con le buste paga o soggiogati da quelle che qualcuno nel documentario definisce come la "mafia" petrolifera?
I cittadini di Sarroch sono veramente come sono stati dipinti, oppure le interviste sono state selezionate in modo strumentale a supportare la tesi che dall'inizio il regista voleva portare avanti. Non esistono persone che parlano un corretto italiano a Sarroch? Ma su, andiamo!

Mi verrebbe la voglia di fare un documentario sui tanti che dopo avere trascorso una vita intera dentro la Raffineria, si godono la pensione e la vecchiaia in buona salute. Ma quello non fa notizia.

22 commenti:

giuseppe monni ha detto...

Caro Giorgio, premetto che non ho visto il film (e a questo punto voglio proprio vederlo, per poter parlare con cognizione). ma voglio comunque farti i complimenti per il tuo articolo coraggioso. Io penso che sia molto più coraggioso difendere una raffineria (che inevitabilmente inquina) piuttosto che accusarla di inquinare (e magari, anzi certamente, usufruire tutti i giorni dei prodotti di quella industria.... perché immagino che il regista del film non disdegni di andare in auto, accendere la luce della sua cucina e mangiare in un recipiente di plastica...). Penso che dobbiamo apprezzare chiunque vada controccorente, come hai fatto tu, perché il tumore peggiore è l'omologazione. Ciò non toglie, però, che devono esistere i registi come Mazzotta e i film come Oil. Le motivazioni che hanno mosso Mazzotta sono pressocché irrilevanti, perché la faziosità è solo un punto di vista; l'importante è che, quando si fa un documentario (e non, come tu giustamente osservi, un videoclip) si dia sempre spazio a dati oggettivi, o comunque si dia atto dell'esistenza di altri punti di vista. Pensiamo ai documentari di Report (e, in misura minore, a quelli di Santoro): sono faziosissimi, ma sono fatti bene, perché non si limitano a "spaventare" ma "spiegano" una situazione, aprono il dibattito su un problema. Da quanto dici, invece, mi pare che Oil proliferi di luoghi comuni (e l'ambientalismo ci sguazza, nei luoghi comuni). Lo spettatore dovrebbe imparare a distinguere i videoclip dal giornalismo. ma entrambi, sia i videoclip sia il giornalismo, sono necessari per animare un dibattito: ed il dibattito sui rischi di inquinamento, e sulle strategie di sviluppo sbagliate, è di enorme importnza. Perciò, complimenti al tuo coraggio, e continua a smontare i luoghi comuni, e a distinguere i videoclip dal vero giornalismo; ma contemporaneamente teniamo aperto il dibattito sulle ricadute per il nostro territorio. Io penso che la sviolinata di Mazzotta (circa la dignità dei sardi) sia triste, perché io di dignità, nei sardi, non ne ho mai vista (Se pensi che festeggiamo Sa Die de Sa Sardigna, ossia l'unica volta in cui non ci saremmo dovuti ribellare, perché abbiamo scacciato i napoleonici per tenerci i Savoia!). Gli unici invasori che ci avrebbero portato un po' di progresso civile li abbiamo scacciati; tutti gli altri, come Rovelli e Moratti, li abbiamo accolti con tutti gli onori, elemosinando posti da operaio. E' triste anche il fatto che Oil lo abbia fatto un milanese, e non un sardo. Ma, tant'è. Buon lavoro, Giorgio.

Giorgio Plazzotta ha detto...

Grazie Giuseppe,
ci tengo però a precisare che non ritengo che la raffineria non inquini. Nessuno si aspetta una cosa del genere e sarebbe una posizione insostenibile. La raffineria inquina cosi come tutte le industrie, soprattutto quelle di tipo chimico. Una cosa però è affermare la presenza di un inquinamento, oppure la presenza di un livello di qualità ambientale nei pressi della stessa che non è certo quello di Courmayeur, altra cosa è invece insinuare che il livello di inquinamento generato sia fuori da ogni controllo e sia causa di gravi danni alla salute dei cittadini se non addirittura la morte. Questa ipotesi, considerata la sua gravità, non può essere lanciata come una pietra nello stagno, ma deve essere supportata da dati reali.
Per quanto riguarda il paragone con la trasmissione REPORT mi sembra che non calzi molto. Quella trasmissione certamente porta avanti delle denunce ma mi sembra che i dati e le argomentazioni a supporto delle tesi siano molto più solide e documentate.
Infine è chiaro che apprezzo l'attività di denuncia che viene svolta da personaggi come Travaglio, Grillo o Michael Moore, ma pretendo anche fatti concreti che nel casi di questo documentario mi sembra siano carenti.

giuseppe monni ha detto...

Una precisazione: ho detto esattamente quello che hai ripetuto. 1) le industrie inevitabuilmente inquinano, bisogna documentare con dati oggettivi in quale misura quell'inquinamento è pericoloso per la salute umana e ambientale; 2) ho citato Report e Santoro proprio come casi tipici di giornalismo fazioso (nel senso che assume un punto di vista "di parte" e cerca di rafforzarlo) ma ineccepibile (perché correda con dati oggettivi e dà spazio alla controparte). In sintesi, siamo d'accordo su tutto.

Rita ha detto...

Premesso che anche a me il film non ha entusiasmato troppo, molte immagini e molta musica accattivante, ma pochi dati e informazioni su alcuni argomenti salienti. Per esempio perchè non si fa il minimo cenno alle petroliere che lavano le stive e ogni estate riversano in mare e nelle spiagge catrame e altre porcherie?
Vorrei ricordare che nel film è stato intervistato anche un professore universitario toscano (non ricordo il nome) che ha fatto un'indagine epidemiologica sui bambini di Sarroch e sull'incidenza delle malattie provocate dall'esposizione all'inquinamento atmosferico (asma, allergie, malattie tumorali tra cui le leucemie) E' vero il film non riporta tabelle e dati con percentuali e differenze tra Sarroch e un altro paese della Sardegna, ma mi pare che il professore universitario sia stato abbastanza esplicito. Inoltre chi avesse letto gli articoli dell'Unione Sarda, che compaiono ad un certo punto del film, che circa un anno fa hanno riportato dati e numeri su tale indagine universitaria, si ricorderà il contenuto e gli esiti di quello studio. Mi pare che non ci fossero molti dubbi circa l'alta percentuale di casi di incidenza di queste malattie e sopratutto di leucemie tra i bambini (certo non nella media degli altri comuni sardi).
L'errore del regista è stato di non riportare i numeri contenuti nello studio dell'Università e sopratutto di non aver messo in luce che neppure la ASL ha mai eseguito uno studio epidemiologico-oncologico SERIO su tutta la popolazione dell'area influenzata dai fumi della SARAS. La ASL fa capo alla Regione Sardegna, per quale motivo non è mai stato promosso un tale studio? Perchè il regista non lo dice?
Poteva andare ad intervistare, oltre Renato Soru, anche l'Assessore alla Sanità e chiedere spiegazioni, ma non si sa se l'abbia fatto.
Sicuramente il regista è giovane ed inesperto e non ha certo le capacità di una Milena Gabbanelli o di un Santoro e del loro staff di giornalisti.
Credo che molto lavoro ci sia ancora da fare per far luce VERAMENTE, sulla realtà non solo della SARAS ma anche di tutte le varie industrie più o meno inquinanti dell'area industriale di Macchiareddu.
Speriamo che oltre ai registi "continentali" si risveglino dal torpore anche i giornalisti nostrani.
Rita

Giorgio Plazzotta ha detto...

Mi è stato segnalato che a Sarroch è presente una associazione denominata ARIANOA che si propone proprio di fare quello che ho segnalato io nel mio articolo. Ben vengano queste iniziative se portano a una maggiore informazione e alla spnta affinchè venga fatto l possibile per ridurre l'inquinamento e limitare i rischi per la salute.

Anonimo ha detto...

Giampaolo Lai vorrebbe dire.

Ciao Giorgio, mi associo a quanto detto da G.Monni e quindi non ripeto.
Io non ho sentito dire che la SARAS va chiusa ma ho avuto la sensazione, da sempre, che sia mancata la volontà di fare indagini serie sugli effetti nefasti che lo stabilimento (anche altri) producono. Ebbene, fino all'anno passato mai era stata eseguita un barlume di indagine sanitaria. Ora c'è e parla in un certo modo,senza mezzi termini. La causa non è la presenza dell'impianto ma l'assenza di contromisure idonee per evitare i danni perchè queste costano e come tu potrai ben immaginare se la Saras investe in serie iniziative sopratutto efficaci per impedire certe anomalie il padrone non potrà spaziare sui mercati mondiali dei calciatori, della serie uno scudetto vale più della salute dei Sardi, che sono anche sdentati e con barba incolta.
Ho letto lo studio della VIA(non tutto) presentato all'epoca per la Sarlux. Ho copiato i dati che potrei anche farti leggere. E' triste vedere che i nostri universitari abbiano scritto quelle cose senza aggiungere: per evitare queste emissioni l'investitore DEVE adottare queste contromisure. E poi la connivenza fra enti in passato preposti ai controlli e i ripetuti guasti delle famose centraline ... dai.
Meno male che la Saras c'è perchè, considerata la scarsa considerazione in cui è tenuta l'Isola, di benzina poca ne sarebbe arrivata dall'Italia (accadeva anche per il cemento). Certo la Sardegna sarebbe diventata una formidabile fucina di ciclisti campioni perchè quello sarebbe stato qui il mezzo più utilizzato.
Ma la Saras continuerà ad esserci, ad inquinare, a dare lavoro indispensabile e a consumare risorse locali inclusa l'acqua perchè, come ricorderai, le falde del S.Lucia sono diventate saline a causa degli emungimenti spropositati fatti proprio dalla Saras che teneva il suo dissalatore inoperoso perchè dissalare costa. E' vero ? ricordati che venne condotta una battaglia per chiudere quei pozzi. Ciao Giampaolo

Giorgio Plazzotta ha detto...

Giampaolo ti conosco veramente da tanto e dovrai ammettere di meritare la palma che ti assegno di persona più documentata del pianeta. Hai letto la VIA, spulci tra i dati delle emissioni che vengono pubblicati etc. Ammetterai che non tutti possono documentarsi allo stesso modo. Un documentario dovrebbe servire anche a questo, lo dice il nome stesso. Mi siedo, ascolto a cerco di capire come stanno le cose. Invece, come ho fatto notare, numeri e dati sono totalmente assenti. Mi siedo ascolto e mi impaurisco.

giacomo ha detto...

Giorgio, numeri e dati sono assenti perchè si vogliono tenere assenti, e questo regista ha faticato ad averne alcuni, nel documentario c'erano diversi documenti documentati, chi non li ha visti o non li ha voluti vedere o non li ha captati.

Il vero obiettivo di queto filmato era quello di voler puntare i riflettori su una realtà che come minimo suscita delle perplessità, io la penso in maniera invece più cruda e dico che ad oggi ( 2009 ) mancano i controlli minimi previsti.

ANIDRIDE SOLFOROSA


http://it.wikipedia.org/wiki/Diossido_di_zolfo


Ciao Giacomo

Giorgio Plazzotta ha detto...

Giacomo come ti ho detto non credo a Babbo Natale. Il vero obiettivo non era quello che dici tu anche se indubbiamente il problema sollevato (controllo e monitoraggio dell'inquinamento indistriale, tutela della salute pubblica) esiste eccome.
A prescindere dagli obiettivi veri e presunti il risultato, a causa del modo in cui è stato realizzato questo "documentario" è di alimentare il sospetto e il timore. Cosi facendo ogni persona che si ammala di qualsiasi cosa può essere spinta a ritenere che la causa sia l'inquinamento, come se a Cagliari o a Olbia non si morisse lo stesso di cancro. Converrai che questo risultato è una aberrazione.

giacomo ha detto...

Ciao, a volte mi sembra di parlare con una multinazionale, o con quelli che difendono a spada tratta le centrali nucleari, la Saras finirà come per il discorso dell'amianto, e io inviterei tutte le persone che hanno perso dei cari o che hanno subito delle malattie che hanno qualcosa a che vedere con questa bomba ecologica ad associarsi in una causa giudiziaria contro la mancanza dei controlli e contro chi non rispetta le regole, causa lunga ma che pagherà di sicuro, così i signorotti dell'inter avranno meno soldi da buttarvia, e cancellerei anche dei finti gemellaggi che hanno la parvenza del sissignore e del grazie padrone.

I controlli servono anche per qualche ignaro lavoratore che non sa e non conosce.

SA DIE DE SA SARDIGNIA

Io di questa festa a volte mal riuscita, ho sempre pensato che i politici sardi l'avessero rispolverata per cercarsi la scusa dei mali di questa regione, della serie è colpa dei piemontesi se ci sono i problemi, i nostri politici se non erro prendono 25.000,00 al mese di stipendio ( cifra record ) ..se fosse per me proporrei un nuovo calcio in culo di massa riservato alla classe politica sarda, con annessa la famosa domanda " nara cixiri"

ciao Giacomo

Anonimo ha detto...

Caro Giorgio, permettimi di fare alcune considerazioni... anche qui ti rispondo perchè forse ho più spazio per scrivere ciò che penso...
innanzitutto condivido la tua posizione da "interessato", ma ciò non toglie che quel documentario, purchè privo di documenti e tabelle, descrive una situazione sin troppo ignorata da chi ci lavora e da chi ci abita vicino (ahimè qui ci siamo anche noi)... tralascio la considerazione che forse mazzotta cerca la notorietà, ma è dovuto venire lui da Milano a fare un documentario per sbatterci in faccia quello che a suo tempo ha voluto la regione sardegna, il governo (basta dire che ministro dell'industria c'era andreotti e abbiamo detto tutto), il sindaco di Sarroch (pur con meno responsabilità)... c'è di sbagliato che i terreni non erano del comune ma di proprietà dei Manca di villahermosa che tutti sappiamo non essere molto avvezzi alla tutela del territorio (nell'angius-casalis fa cenno ad una deviazione del rio san gerolamo per proprie necessità irrigue), ma avvezzi a riempirsi le tasche di soldi, infatti c'è un contratto a vita per operare in saras come ditta esterna...
come ti ho scritto in altri commenti dovresti cercare di pensare anche nei panni di un operaio che quando passa i tornelli ha a che fare 8-10 ore con il contatto diretto degli impianti (e qui ti posso tesimoniare che la differenza tra stare in trincea e stare in ufficio è enorme), che respira di tutto di più, che torna a casa con gli indumenti che sanno di zolfo e idrocarburi... mi dispiace dirlo ma... col tuo commento stai seguendo una marcata linea che tu sai benissimo che io non condivido... parli di "complottismo" (parola che pronunci molto spesso come luogo comune), tiri in ballo michael moore, che nonostante abbia fatto un documentario molto fazioso ha aperto gli occhi a quelli che ancora credono che gli attentati del 2001 li abbia fatti un manipolo di maghrebini impazziti (oddio anche tu ancora credi alla tesi ufficiale dei media?), storci il naso quando senti della gente parlare in sardo nel documentario (oh my god, tremendo peccato mortale... se non si parla italiano non si è credibili) ma perdi la bussola proprio per non saper leggere tra le righe, per vedere che tra quei ragazzi c'è un dipendente della raffineria che difende a spada tratta le "sue" ciminiere, e gli altri giovani un pò meno... inoltre ti posso dire che inconsapevolmente il lavaggio del cervello l'hanno fatto a tutti, probabilmente anche a te e non te ne accorgi... perchè io stavo per vomitare quando ho visto la scena di quello pseudo "comunicatore" che si vuole appropriare dell'identita' dei bambini consegnando dei libricini dove ci sono le ciminiere che ridono.... questo è lavaggio del cervello, e se non sei inorridito caro Gio... ti hanno fatto la centrifuga anche a te.... so benissimo con quale pressione le aziende affrontano il tema di "attaccamento all'azienda", la teoria di "grande famiglia"... sono cose a cui il sottoscritto è abituato a vedere e sopportare da troppi anni, e non cascarci minimamente... perchè il mio stipendio vale appena la prestazione lavorativa che do, e non sono tenuto a nessun extra nè in termini di prestazione nè in termini morali... concludo dicendo che la raffineria non dovcrebbe chiudere, ma bisognerebbe lavorare tutti affinchè si porti in un binario adeguato, e cioè meno produzione, più ricerca e attenzione alle problematiche dell'inquinamento, un discorso che porti alla defiscalizzazione del carburante, la richiesta di totale trasparenza e la possibilità che degli esperti non pagati da Mr INTER possano condurre dei controlli di qualità sull'ambiente e sulla salute dei lavoratori... tutte cose che si possono ottenere con l'aiuto della politica (se finalmente finisce di leccare il culo agli imprenditori), con i cittadini (se finalmente si scrollano di dosso la sindrome da schiavi del terzo mondo)... questo il mio onesto parere....

MAX PAPI

Giorgio Plazzotta ha detto...

Max il pezzo che ho scritto è lunghissimo ma credimi avrei avuto anche molte altre cose da dire.
La situazione di chi opera in mezzo ai tubi fumanti merita certo rispetto e conoscenza. Non mi sembra che questo documentario ci abbia fatto conoscere meglio quella realtà. Ora tu mi dipingi addirittura come uno snob che ignora le condizioni di lavoro di chi svolge una attività che presenta un grado di rischio certamente più elevato di quella del ragioniere o dell'informatico. Credimi non è cosi.
Io dico: gli impianti inquinano e dobbiamo sapere come e quanto. Se sono pericolosi per la salute dobbiamo sapere come e quanto. Se i controlli, i monitoraggi e le misurazioni non sono sufficienti bisogna spingere affinchè lo diventino. Se l'informazione non è sufficiente .. beh penso di avere chiarito abbastanza bene come la penso sull'informazione.
Certo mi aspetterei che a spingere per questa informazione e per questa sicurezza siano in primis le persone che sono sottoposte a questo rischio, i lavoratori degli impianti industriali, i cittadini che risiedono nelle vicinanze. Triste che debba venire Mazzotta ad "aprirci gli occhi" o addirittura a difenderci contro i potenti.
Caro Max io non sono contrario a tutte queste azioni di monitoraggio e di informazione. D'altronde io lavoro a Macchiareddu che non è Burcei e nemmeno Courmayeur.
Quello che si fa finta di non vedere, e anche tu Max cadi in questa trappola, è che questo documentario non ha, come invece l'autore afferma, lo scopo di "smuovere le coscienze" o di far parlare del problema.
Non si pone nell'ottica di chi vuole capire, di chi ancora non conosce la verità e vuole invece conoscerla. Se la realtà fosse chiara questo documentario non sarebbe totalmente privo di elementi di prova.
In realtà non c'è nemmeno un barlume di indagine in questo prodotto. Ci sono interviste, selezionate ad hoc ad uso e consumo di una teoria che si vuole promuovere.
Si parte da subito con una idea gà assodata e, invece di mostrare dati e prove, si mostrano testimonianze che al 99% non hanno veramente alcun valore e spesso nemmeno attinenza con il problema. Si spinge lo spettatore solo sul piano emotivo verso la direzione tracciata dall'autore.
Per quanto riguarda il sardo, il tuo commento mi rattrista. Se tu conoscessi il mio piacere e il mio gusto nel sentire parlare Oreste Pili non avresti detto queste cose.

Anonimo ha detto...

Come ha detto precedentemente Rita... forse Mazzotta ha peccato di inesperienza, perchè il documentario andava corredato di analisi e risultati... però io spero che scuota un pò la gente... e sopratutto quegli operai di cui ti parlavo, (è pieno) che giornalmente fanno dei lavori pericolosi e non hanno il coraggio di farsi tutelare... ma il discorso si amplifica perchè entra in gioco il mondo delle ditte esterne... io stesso sono stato testimone di episodi allucinanti mentre lavoravo là dentro... purtroppo in giro c'è troppa ignoranza ed è questo che mi disturba parecchio...
riguardo alla lingua sarda ti chiedo scusa se ti sei sentito offeso per ciò che ho scritto... ma ormai mi conosci, sai quanto difendo le mie origini e quanto lotto ogni giorno per far capire che negli anni qualcuno sopra di noi ha tentato di rubarci l'identità, la cultura e anche la dignità, ed è nostro compito riappropriarci di tutto questo...
ti faccio un'esempio... dopo il filmato sono andato a fare i miei complimenti a Mazzotta e ho fatto una battuta: "dai allora alla prossima fai anche un documentario sulle basi militari in Sardegna"... mi ha guardato con interesse ma puntualmente sono stato ripreso da un sardo che stava là affianco... come dire: siamo ancora "pocos, locos y malunidos"...
UN ABBRACCIO, MAX

Giorgio Plazzotta ha detto...

Max non so se ti conosco come dici tu di certo tu non conosci me dato che oltre a non avere colto quanto sia profonda la mia sardità (al di la del mio cognome che non finisce con U), hai pensato che io possa esprimere una opinione solo per compiacere il mio datore di lavoro. In realtà quella premessa era dedicata solo a chi non mi conosce.

Giorgio Plazzotta ha detto...

Invito i lettori che volessero contattarmi in merito al contenuto di questo articolo a non utilizzare la forma anomina.
Dato che io ci metto la faccia e il nome facciano altrettanto altrimenti si astengano. Grazie

Stefano Fratta ha detto...

Non sono riuscito a vedere il film e sono arrivato a dibattito quasi finito. Credo però che interrogarsi o promuovere interrogativi -così come darsi delle risposte prendendo esempio da altre opere e altri contesti- sulle motivazioni di chi fa un film su un argomento o su un altro non sia utilissimo, se vogliamo discutere il merito delle questioni. E la questione fondamentale è se e come e quanto l'attività della SARAS e delle industri chimiche incidono sulla salute dei lavoratori e delle popolazioni. Se non ci sono dati è giusto interrogarsi e chi deve monitorare la situazione e fornire i dati non è un cineasta, di qualsiasi livello in un film che per natura non è un repotrage giornalistico una operazione diversa, ma le autorità e le istituzioni sanitarie e di ricerca che noi -noi contribuenti- paghiamo anche per questo.
Si può avere antipatia per "l'industria della denuncia", e per fondati motivi, ma altrettanta antipatia si può avere per l'industria del consenso e del consenso all'industria.
Stefano Fratta

Giorgio Plazzotta ha detto...

non ho capito Stefano. Quindi tu sei favorevole a una azione di "denuncia" senza fornire alcune elemento?
Oggi un tizio mi ha scritto un messaggio anonimo giustificando l'assenza di dati con il fatto che si tratta di un'"opera d'arte".
L'unica cosa su cui sono d'accordo è che su questa questione debba essere ci piu' informazione, piu monitoraggio e piu indagina.
Il film ha gia tratto le sue conclusioni che sono aberranti e distorte. Si vuole sponsorizzare la tesi secondo cui ogni malattia che dovesse insorgere nei lavoratori potrebbe essere imputata alll'inquinamento. Durante la proiezione avevo un chirurgo a fianco che dissentiva decisamente quando ha sentito attrobuire all'inquinamento alcune patologie.

Giorgio Plazzotta ha detto...

Invito la lettrice che si firma Rossella a leggere bene la frase che da 2 anni si trova sotto il titolo del Blog nella quale invito i lettori a identificarsi con nome e cognome. Grazie.

Marco ha detto...

Ritengo che il film, premetto che ne conosco solo pochi minuti, ha ottenuto uno scopo importante, e credo fosse quanto voluto dall'autore, cioè farsi conoscere in giro e quindi farsi pubblicità, perchè ancora sono scettico sullo spirito di fondo della accusa al polo industriale solo per altruismo del regista. Comunque sia, è indubbio che la Saras inquina, ma è anche vero che inquina anche la Polimeri, che inquina la Sio, che inquinano il Casic e la Rumianca e il mattatoio sito in zona industriale Macchiareddu, e la Sanac, ma anche tutti gli stupidi che non rispettano la raccolta differenziata o gettano per strada o in spiaggia i resti della loro vita su questo pianeta....e perchè no, anche io quando giro in auto nel poco tempo libero lasciatomi dal lavoro, guarda caso in raffineria. Con questo intendo che la coscenza di chi desidera un mndo migliore deve essere rivolta a 360°, e tutti dobbiamo provare a migliorare il Nostro mondo prima che non si possa fare più niente. Chi sogna di abbattere la raffineria non capisce nulla della vita, o risiede da altre parti, oppure ancora è incoscente. La raffineria deve vivere, e con essa tutti noi, e lo deve fare nel migliore dei modi, inquinando un po' meno, e illuminandoci su quanto viene fatto per migliorare la vivibilità dell'ambiente circostante.

Giorgio Plazzotta ha detto...

idem come sopra per un certo Marco che ha scritto un commento che condivido. per cortesia indicate nome e cognome.

Giorgio Plazzotta ha detto...

Guido Montali ci scrive:

"Ciao Giorgio,
ti faccio una domanda retorica: se tu e la tua famiglia non vivreste di
SARAS, avresti scritto le stesse cose?
In realtà da un ambientalista come te certe posizioni sembrano assai
inappropriate!
Ma veniamo alla SARAS, anche io in certi periodi ho guadagnato da vivere
anche da li e ho avuto modo di vedere l'andazzo di buona parte del
personale sia operaio che impiegatizio. La mia convinzione è che molto
dell'iquinamento che da essa viene sprigionato dipende sopratutto da
episodi più o meno frequenti causati da cattiva programmazione delle
manutenzioni e anche dalla sciatteria del personale che ci lavora il
quale in molti casi si comporta come certi dipendenti statali d'altri
tempi. In pratica molti di loro producono i veleni che loro stessi
respirano e purtroppo fanno respiare anche a noi. Sicuramente avrai
visto anche tu cosa viene fuori dal BLOW DOWN certe notti (s vuoi ti
mando qualche fotografia). Una mia parente lontana che vive in America,
che si occupa di controllo d'imquinamento per lo stato, vedendo cosa
viene fuori dalle ciminiere della SARAS, mi ha detto che li certe
emissioni sarebbero state sanzionate molto severamente, ma qui siamo in
Italia e regna il "Vogliamose bene".
Veniamo all'Orgoglio Sardo che tanto decantiamo ma poco pratichiamo,
perchè se esistesse davvero, forse la raffineria inquinerebbe molto
molto meno perchè come ben sai è pur vero che il capitale è di Milano,
ma chi la fa marciare sono i sardi ai quali purtroppo molto spesso manca
l'amor proprio.
Guido Montali

Giorgio Plazzotta ha detto...

Guido, risposta alla tua prima domanda: si. Un film fatto cosi' male non mi sarebbe piaciuto nemmeno se avesse parlato della miniera di Furtei o del Poligono di Quirra.
Il problema che ho cercato di sollevare non è di inquinamento o di salute, argomenti nei quali non ho nessuna competenza. Su questi argomenti io avrei le stesse domande che hanno tutti i lettori: quanto inquinamento? quanto danno alla salute? Il regista ha risposto a modo suo a queste domande, con insinuazioni, illazioni e distorsioni. Io vorrei altre risposte. Posso dirlo? penso di si.
Sono invece rimasto negativamente colpito dall'approssimazione e dalla faziosità con cui questo pseudo documentario ha trattato argomenti cosi' delicati tanto da farmi sospettare che gli interessi dell'autore fossero ben diversi dalla "divulgazione" o, addiruttura, dal "risveglio delle coscienze". Ma ti potzu tokkai dicono a casa mia.

Mi permetto di correggerti: non sono un ambientalista ne tantomeno un naturalista.
Per quanto riguarda l'orgoglio dei sardi è appurato che sia una favola basta guardare il risultato delle ultime elezioni regionali.

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