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domenica 4 dicembre 2011

Quella diga che nessuno vuole

La notizia "fresca" è che la diga di Poggio dei Pini sarà ricostruita e gestita dal Consorzio di Bonifica della Sardegna.  Bene, anzi benissimo. Si tratta però del terzo annuncio simile negli ultimi 12 mesi, quindi andiamoci con i piedi di piombo. 

In realtà non è vero che nessuno vuole la diga di Poggio. La vogliono, insieme ovviamente al suo piccolo lago,  i residenti della frazione montana e probabilmente anche tutti gli altri capoterresi che sulle sponde di quel lago si sono recati spesso per una passeggiata, per far divertire i bambini con le anatre e i cigni o per fare le fotografie del matrimonio. 

Nessuno, però la vuole gestire, nonostante i 3,5 milioni di euro stanziati dalla Regione Sardegna per la sua ricostruzione. Aldilà dei cavilli burocratici la realtà è che, come al solito, nessuno si vuole prendere responsabilità, dopo la drammatica alluvione del 2008 che l'ha seriamente danneggiata e ha acceso i riflettori su questo piccolo invaso collinare. La sua principale colpa è quella di trovarsi lungo il corso di quel Rio S. Girolamo che ha provocato la più disastrosa alluvione della storia della nostra regione. 

La diga è stata costruita negli anni 50 nell'ambito di iniziative a sostegno dell'agricoltura (Cassa per il Mezzogiorno). A quel tempo Poggio dei Pini non esisteva e l'area era occupata da una grande azienda agricola (Saggiante). 
Con la nascita della Cooperativa il lago ha lentamente cessato di essere utilizzato per scopi irrigui, anche se la Cooperativa ha mantenuto la concessione.
In seguito all'evento del 2008 questa infrastruttura non può rimanere così com'è. Se ne è parlato a lungo anche in questo blog. Nel post alluvione c' è stato uno squallido tentativo di addossare la responsabilità del disastro a questa diga e qualcuno voleva buttarla giù nel tentativo di alleggerire responsabilità che sono invece in capo a singoli individui o gruppi politici. Fortunatamente ciò non è accaduto anche grazie all'intervento di alcune persone che sono intervenute in questo blog. Sul fronte opposto qualcun'altro avrebbe voluto fare finta di niente e ripristinarla alla "bell'e meglio". Due esempi diversi di una medesima irresponsabilità
La diga, invece, dovrà per forza essere ricostruita per adeguarsi, così come tutte le altre infrastrutture, a ciò che è successo il 22 ottobre 2008, quando in quel punto sono transitati 383 mc. al secondo, cioè quasi il quadruplo di quanto era previsto che sopportasse.
Da quel giorno il concessionario dell'invaso è rimasto la Cooperativa Poggio dei Pini, società che, anche volendo, non può permettersi di gestire una simile struttura in un contesto come quello attuale. A dire il vero non è stata in grado nemmeno di approntare le minime misure di sicurezza che erano previste dalla normativa (allarmi, illuminazione etc.).
Quindi, per forza, la Cooperativa è la prima a non volere gestire più la diga.
Da dopo l'alluvione è iniziato l'incredibile gioco dello scaricabarile, anzi, dello scarica-diga
Sin dall'inizio si è puntato sull'Ente Foreste. Il lago di Poggio, infatti, dopo aver cessato la sua funzione di supporto all'agricoltura, è diventato un importante punto di approvvigionamento idrico nella lotta agli incendi. Il  capoterrese, ed in particolare la zona del valico di Genn'e Murdegu (Hydrocontrol), detengono il triste primato come zone più percorse da incendi dell'isola. Bisogna anche considerare che in un contesto di cambiamento climatico e di desertificazione, i laghi collinari in Sardegna contribuiscono a mantenere umido il suolo che, infatti, nella zona di Poggio è particolarmente lussureggiante. Eliminarli sarebbe un grave errore.
L'Ente foreste sembrava quindi essere il candidato ideale per la gestione di questo lago, tantopiù che ad esso poteva essere accorpato anche il compendio boschivo circostante che, seppur appartenente alla Cooperativa, era stato da tempo reso inedificabile dalle norme sulla tutela del paesaggio e quindi destinato ad essere "area verde" per sempre. 
L'Ente Foreste, però non aveva nel suo Statuto questa tipologia di attività.
Il cerino passò quindi all'ENAS, l'Ente acque della Sardegna (ex Flumendosa) che, al contrario, gestisce la maggior parte degli invasi della regione. Passa il tempo e il passaggio all'ENAS, però, non si concretizza perchè anche in questo caso lo Statuto dell'ente lo impediva.  Nelle retrovie si svolgono giochi di palazzo che ovviamente non siamo in grado di documentare, ma i cittadini sanno bene in che razza di paese viviamo ed è forse poco utile conoscere i dettagli, i nomi di chi tirava da una parte e chi remava contro.   
Nel giugno scorso sembrava che ci fosse una svolta. Viene modificato lo Statuto dell'Ente Foreste (cosa tutt'altro che semplice) per consentirgli di gestire anche le piccole dighe. Con squilli di tromba si annuncia il lieto evento sulla paternità del quale si avventano i vari soggetti della politichina nostrana. 
C'è però un problema, e non di poco conto. All'Ente Foreste sono  a corto di personale, in particolare mancano gli specialisti. Le figure professionali necessarie ci sarebbero nell'organico regionale ma l'assessorato agli affari generali, guidato dall'inossidabile "poggino" Mario Floris, non li assegna all'Ente Foreste. Il cerino continua a girare.

Qualche giorno fa ecco il nuovo annuncio. La diga sarà ricostruita dal Consorzio di Bonifica che si occuperà tra l'altro della costruzione di un altro invaso, molto più grande, quello del Rio M. Nieddu che servirà il consumo idrico di Pula e Domus De Maria. 
Non è chiaro quali saranno gli usi del piccolo bacino di Poggio.  Forse quello agricolo? ma nella zona le aziende hanno lasciato il posto alla cementificazione selvaggia e la "tuerra" capoterrese viene lentamente trasformata in una città.  C'è da chiedersi se l'acqua del nuovo lago sarà dirottata verso utenze sconosciute per lasciare il lago prosciugato in estate, quando ci sono gli indendi.  Vedremo anche se dopo quest'annuncio il "balletto" finirà e i lavori finalmente potranno incominciare. Anche se tutto dovesse andare il per verso giusto ci vorranno degli anni e molti ostacoli da superare.  Nel frattempo i 3,5 milioni di euro sono li che aspettano da oltre 1 anno. 
  

1 commento:

giacomo ha detto...

Ciao,

l'unica cosa che sostengo è che con il fiume in queste condizioni ( vergognosamente e colpevolmente mancata manutenzione sia prima che dopo gli eventi del 1999 e del 2011),qualsiasi diga in qualsiasi materiale che verrà costruita sarà sempre a rischio di crollo.

Questi proclami sono soltanto dei romanzi di stupidità a cui siamo ormai abituati, la regione sarda è un ente che va riformato totalmente e che deve passare da luogo di sistemazione dei vari personaggi a un ridimensionamento drastico ma qualitativamente migliore, senza parlare della classe politica che è di tipo medioevale e incapace di gestire persino il turismo, questo da sempre.

Ricordo poi che la diga di monte Nieddu ( qui vicino ) è in costruzione forse da 15 anni e di fatto non si è fatto nulla, soldi buttati al vento per non fare niente.

La diga di S'Antonio, a Gutturu Mannu è piena per assenza di manutenzione e collaudo, di fatto lo scarico di fondo è intasato, potrebbe crollare anch'essa, se fossimo amministrati bene e in questi uffici ci fossero persone valide, la si salverebbe e la si trasformerebbe in un oasi di ristoro naturalistica e chiaramente in una piccola e importante riserva idrica per vari utilizzi ( antincendio, turistici, naturalistici )

Questa è la situazione, lasciamo perdere invece il " Ponte dei Furbi e dei Presuntuosi" che poi è crollato per fortuna prima che qualcuno ci passasse.

Il risultato finale è :

Regione Sarda bocciata a pieni voti



Ciao Giacomo

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