La nostra isola sta vivendo una crisi terribile. Se le cose vanno male in molti paesi dell'europa meridionale, in Sardegna vanno anche peggio. Abbiamo la disoccupazione giovanile al 50%, alcune tra le principali industrie dell'isola hanno chiuso. Il tasso di emigrazione e di spopolamento non trova riscontri in Europa.
Eppure chi lo direbbe che una terra che si trova nella fascia climatica ideale, che dispone delle risorse naturali, delle potenzialità turistiche e agricole e che è abitata solo da 1,6 milioni di abitanti debba vivere una crisi di questo tipo. Difficile identificare tutti i motivi di questa debacle. E' il sistema economico mondiale a penalizzare la Sardegna, oppure la colpa è degli amministratori nazionali e locali? Qualcuno dice che la causa sarebbe nella scarsa propensione dei sardi alla cooperazione e all'imprenditorialità.
Ci sono, però, elementi concreti che non possiamo trascurare. Il costo dell'energia in Sardegna è più alto che altrove e non di poco, si parla del 75% in più. La fonte energetica oggi più economica, il gas metano, è assente dalla nostra isola. Oggi qualcuno forse dice "meno male" e pensa alle energie alternative, ma la penisola è stata "metanizzata" negli anni 60-70, e in questi 40 anni le imprese sarde hanno pagato a caro prezzo il "privilegio" di operare nell'unica regione italiana priva di una rete a metano. Che dire poi di quella che tutti dicono debba essere la risorsa principale di questa terra: il turismo. Per decenni abbiamo avuto una Tirrenia che, a prezzi forse contenuti, portava le persone in carri-bestiame con un servizio a dir poco vergognoso. Quando qualcuno ha giustamente messo fine all'enorme spreco di denaro pubblico generato da quella compagnia di navigazione, il trasporto navale è finito nelle mani di un cartello di compagnie private che hanno immediatamente raddoppiato i prezzi assestando un colpo mortale al nostro turismo. Per fortuna il trasporto aereo ha registrato un miglioramento grazie all'arrivo delle compagnie low-cost, con Ryanair in prima fila.
In questo contesto si inserisce la questione ZONA FRANCA di cui tanto si parla ultimamente. Per un cinquantenne come me la Zona Franca è un argomento quasi mitologico. Era infatti uno dei cavalli di battaglia di Mario Melis quando, negli anni '80 soffiava il "vento sardista" e quel partito, che alle ultime elezioni politiche non ha ottenuto neanche il 2%, aveva raggiunto il 20% dei voti.
Una decina di anni fa è si è parlato di zona franca doganale per il porto di Cagliari. In un primo momento sembrava che l'intera area industriale di Macchiareddu sarebbe potuta diventare una grande area franca collegata al porto industriale di Cagliari in grado di ospitare molte attività produttive e fornire un forte impulso all'economia di tutta la Sardegna meridionale.
A riprova di ciò, proprio oggi un quotidiano locale riporta la notizia secondo cui nel 2007 una grossa casa automobilistica stava per creare a Cagliari, nella zona franca mai nata, il più grande centro di smistamento dei suoi prodotti nel Mediterraneo.
Non sto parlando di ipotesi o progetti, ma di leggi a livello nazionale ed europeo. Era cosa fatta. Dopo quella delibera, incredibilmente ne è arrivata una seconda che riduceva l'area franca al solo porto industriale, escludendo quindi la zona industriale di Macchiareddu. Venne costituita persino una società, denominata Sardinia Free Zone, con tanto di Consiglio di Amministrazione, che esiste ancora. E' evidente che nulla è stato fatto, ma chi fa parte di quel CdA? Quanto costa, chi paga e perchè non si è fatto niente? Domande a cui, a mio avviso, dovrebbe rispondere la magistratura o perlomeno quella stampa che, se fosse, libera, avrebbe indagato su questa notizia.
E' evidente che ci sono interessi dietro questi fatti. D'altronde, nello stesso periodo in cui la Sardegna non realizzava nemmeno un centimetro quadrato di zona franca, Gioia Tauro, in Calabria, diventava porto franco sebbene fosse localizzato in una regione priva di statuto speciale e con caratteristiche geografiche non disagiate.
Negli ultimi dieci anni, più nulla. Nonostante la Comunità Europea abbia legiferato in modo da favorire la creazione di zone franche nelle aree più svantaggiate d'Europa e che la Sardegna fosse stata identificata come principale destinataria, in Italia, di questi provvedimenti, i nostri politici non hanno fatto nulla. La Sardegna e la valle d'Aosta hanno il diritto di applicare le medesime prerogative attivate sin dagli anni '60 a Livigno e Campione d'Italia. In Europa altre isole come le Canarie, le Azzorre e Cipro sono zone franche.
Angela Merkel nel 2012 in una intervista ha dichiarato che se i politici sardi non si fossero dati da fare la Sardegna avrebbe perso il diritto a godere di un regime fiscale diverso da quello comunitario. E' veramente incredibile che a tutelare gli interessi dei sardi si sia scomodata la cancelliera tedesca e non il presidente della regione o il premier italiano.
D'altronde il Trattato di Lisbona, che sarà applicato a partire dalla seconda metà di quest'anno, avrebbe comunque modificato profondamente la macchina burocratica doganale degli stati membri.
L'intervento della Merkel ha comunque fatto mettere in moto qualcosa. L'Associazione sarda degli artigiani ha trovato nell'avv. Scifo un valido difensore della causa della Zona Franca. Scifo e la dottoressa Randaccio, Intendente di Finanza in pensione, dopo avere studiato a fondo l'intero contesto giuridico e normativo e avere compreso che la Sardegna aveva già tutte le carte in regola per attivare la Zona Franca, hanno incominciato ad attuare pressioni sulle istituzioni locali sarde (Regione e Comuni) affinchè si attivassero per attuare, con opportune delibere, ciò che la giurisdizione nazionale e, soprattutto, europea, aveva da tempo preparato.
Quando ho sentito parlare di zona franca, un paio di mesi fa, ho reagito con un certo scetticismo. Immagino che anche molti di voi abbiano avuto la medesima reazione. Ma quando mai adesso ci danno la Zona Franca!. Il fatto è che siamo così abituati a vedere calpestati i nostri diritti da ritenere "impossibile" qualsiasi soluzione. Sebbene leggessi, su Internet, gli articoli nei quali si affermava che la Zona Franca era realizzabile non ci volevo credere. Pensavo che ci sarebbe stato qualche cavillo giuridico oppure semplicemente il "niet" di chi da sempre governa le sorti della nostra isola, da Roma, oppure da Cagliari tramite fedeli valvassori.
Alcuni giorni fa ho avuto l'occasione di assistere a una conferenza organizzata dal Gruppo di attivisti del Movimento Cinque Stelle di Capoterra (vedi foto), alla quale partecipavano i due alfieri di questa battaglia (Scifo e Randaccio).
Quell'incontro ha fugato molti dei miei dubbi su questo argomento e ha fatto emergere un quadro desolante, ma al tempo stesso entusiasmante. La nostra terra è stata colpita come da un incantesimo che ha impedito a tutti i "soloni" della politica locale di vedere che il piatto della Zona Franca era stato apparecchiato. Bisognava solo sedersi a tavola.
Leggo che c'è ancora qualcuno che mette in dubbio che sia così, ma non vengono indicate motivazioni. Solo slogan, supposizioni, insinuazioni. Leggo quindi che la Zona Franca sarebbe una bufala inventata in campagna elettorale, leggo che sarebbe una richiesta inammissibile e che l'Europa o il governo dovrebbero sbatterci la porta in faccia.
Eppure la situazione della Sardegna è disperata. Sebbene gli effetti della globalizzazione fossero prevedibili, una classe politica densa di corrotti ed incapaci non ha preparato il terreno per le trasformazioni economiche future. Oggi veramente la zona franca rappresenterebbe una soluzione per questa terra.
Negli ultimi mesi quasi tutti i comuni sardi hanno deliberato l'adesione alla zona franca, anche Capoterra. La Regione Sardegna ha fatto lo stesso. E si badi bene, non ha "richiesto", come qualcuno erroneamente scrive, ma ha proprio deliberato. In pratica, dicono Scifo e Randaccio, la Zona Franca integrale è già attiva. La Regione Sardegna ha anche scritto all'Ufficio Dogane e alla Saras per chiederne l'applicazione e, di conseguenza, smettere di applicare l'IVA e le accise sui carburanti. L'agenzia delle Dogane ha chiesto che la Comunità Europea si pronunci. A questo punto la Regione ha scritto alla CEE per chiedere un suo pronunciamento che deve avvenire entro due mesi dalla richiesta, cioè entro il 9 aprile. Insomma, chiacchiere a parte, siamo in dirittura di arrivo verso l'applicazione della zona franca integrale. La Zona Franca c'è già, ci può essere solo tolta con un nuovo intervento legislativo contrario ai precedenti (improbabile) oppure cercando di ricreare quella situazione di insabbiamento che ha reso possibile la sua mancata applicazione in tutti questi anni (probabile). Ma quel silenzio ha bisogno anche della nostra complicità.
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