di M. Rita Lai
In occasione di eventi quali quello appena verificatosi a Capoterra, a parte lo sconforto e la disperazione, sorgono tante domande e quesiti e viene da chiedersi come sia possibile che nonostante l’esperienza vissuta solo 10 anni fa possano ancora ripetersi le stesse situazioni senza che l’uomo sia in grado di prevederli, fermarli, o rimediare al danno enorme.
Tutti corrono a fare un esame più o meno dettagliato dei fatti e delle possibili cause: chi ha avuto i lutti, chi ha perso tutto ma è sopravissuto, chi ha solo la casa allagata, chi non si può muovere perché non c’è più la strada, gli amministratori e le forze dell’ordine che devono intervenire, i volontari, la protezione civile, i tanti tecnici ed esperti, e per finire i magistrati che faranno l’inchiesta.
Si devono trovare le cause e si dovranno attribuire responsabilità, si dovrà trovare il colpevole reale per punirlo o forse si troverà un capro espiatorio.
In questi giorni immediatamente a ridosso dal disastro, nella frenesia e mossi dalla spinta emotiva si è scritto, letto e sentito di tutto: il clima impazzito; la pioggia torrenziale e l’evento meteorico eccezionale; la diga o le dighe che avrebbero ceduto; i ponti con sezioni insufficienti; le costruzioni selvagge e irrazionali entro gli alvei; le concessioni edilizie e gli abusi sanati; i canali ostruiti; la cementificazione e l’impermeabilizzazione dei suoli; gli incendi dolosi e ripetuti; i villaggi localizzati in aree a rischio di esondazione;le scuole sul bordo del terrazzo fluviale: i piani di assetto idrogeologico, le norme sulla difesa del suolo e quelle dei regolamenti edilizi.
Io ho provato a guardare il fenomeno dal punto di vista del geologo che deve innanzitutto studiare il paesaggio, le sue forme e i suoi processi naturali: sono andata alla ricerca di ciò che c’era a monte in quel bacino montano che ben conoscevo per averlo percorso a piedi con lo zaino in spalla, fino alla cima dell’Arcu S. Antoni. Ho letto le relazioni di chi ha progettato la diga e aveva studiato la zona circa 50 anni fa (1958-1960): calcoli idraulici, relazione geologica e geotecnica, prove di laboratorio sui materiali che la costituiscono. Sono andata a vedere ciò che ne resta e come è stata erosa dall’onda di piena. Ho guardato le carte topografiche al 25.000 al 10.000 (quelle del 1977 estremamente dettagliate) e quelle al 2000 in possesso della Cooperativa Poggio dei Pini, ho visionato le foto aree esistenti e spero di poter a breve vedere anche le riprese effettuate in questi giorni. Ho parlato con esperti nel campo della pianificazione delle fasce fluviali, consulenti della Regione che hanno redatto il PAI, docenti universitari venuti apposta per vedere il fenomeno. Ho girato per le aree devastate soprattutto nella parte montana sopra la diga. Ho visto i filmati su Youtube. Ho ascoltato i racconti delle persone che hanno visto cosa accadeva alle loro case. Infine ho riletto le tante relazioni e lettere inviate ai sindaci e ai Prefetti quando ero consigliere dell’Ordine dei Geologi della Sardegna (1995-1997) in cui si segnalava la necessità di affiancare i pianificatori con gli studi geologici e geomorfologici del territorio. Ho riletto le proposte fatte all’Assessorato all’Urbanistiche con le Linee Guida per la redazione dei PUC (1996) e poi la proposta redatta dall’Ordine per le Norme Tecniche di carattere Geologico da inserire nei Regolamenti Edilizi Comunali, inviate a ripetizione a tutti i comuni della Sardegna ed in particolare ai comuni che avevano ricevuto finanziamenti da parte dello Stato o della regione per interventi di messa in sicurezza da frane, alluvioni, ecc, suggerimenti rimasti inascoltati.
Infine ho ripreso in mano il libro di Tina Merlin, Sulla Pelle Viva e l’altro L’onda lunga del Vajont, appena comprato quest’estate in un piccolo negozio-bazar di Casso (ricordate Erto e Casso) sulle sponde di quello che doveva essere il lago del Vajont. Ho ripensato alla lunga e commovente storia del disastro di quella valle (che a mio parere tutti i geologi dovrebbero visitare obbligatoriamente quando frequentano l’università!) raccontata da un sopravissuto, il Sig. Bepi Vazza, ascoltata il 29 agosto di quest’anno sopra il coronamento della diga che doveva essere la più alta del mondo!
Poi ho deciso che era inutile continuare a pensare e a rimuginare.
Ho deciso che dovevo vedere bene cosa c’era in quel maledetto fiume che porta il nome di un santo (caso raro in Sardegna) e che la mattina del 22 ottobre ha riversato a valle forse più di un milione di mc d’acqua (stando ai calcoli eseguiti utilizzando i coefficienti di deflusso del progettista) ma c’è chi parla di 4 milioni in tre ore. Oggi ho percorso l’alveo a ritroso, dalla diga verso monte, nella zona deserta e disabitata, percorsa solo da cacciatori ed escursionisti, dove c’è soltanto un ovile del capraro ben conservato e ben posizionato sopra uno sperone granitico al riparo dalla furia dell’acqua. L’occasione è stata anche di verificare quello che si diceva in giro da qualche giorno e che qualcuno “ben informato” sosteneva con sicurezza di aver visto che in quella zona stesse venendo giù addirittura “una montagna enorme” con il pericolo che si formassero degli sbarramenti naturali pericolosissimi per il fiume.
Così, durante due ore di cammino, durante le quali le cime dell’anfiteatro del bacino di San Girolamo (M. Turruneri m 696, M. Conchioru m 740, Serra Sa Traia m 693, Punta Is Postas m 612, P. Su Aingiu Mannu m 605, S’Arcu de Is Sennoras m 481, Punta de sa Loriga m 469, M. Arrubiu m 348) erano perennemente avvolte in una inquietante nebbia che rendeva tutto soffuso e silenzioso, ho visto un paesaggio lunare: infatti le “cascate” che tutti hanno visto mercoledì mattina scendere lungo i versanti subverticali da una quota di 400 m hanno trascinato a valle di tutto. L’alveo che conoscevo era totalmente trasformato: non c’era più il sentiero che percorrevo sulla sponda destra e che passava sulla sinistra idrografica all’altezza delle gallerie minerarie; non c’erano più i piccoli terrazzi fluviali laterali; non c’era più il rudere della miniera sul greto del fiume, che aveva resistito alle due ultime alluvioni; non c’erano più olivastri e carrubi secolari, cespugli e altro. Tutto perfettamente pulito e nel greto oramai di dimensioni enormi, pari alla sezione osservabile sulle carte al 10.000, solo una distesa di sabbia, ciottoli, blocchi enormi di granito e metamorfite, che si estendeva dal Cuile Musiu a circa 200 m di quota, verso l’Hydrocontrol e oltre, fino a raggiungere il laghetto di Poggio posto a circa 65 m di quota s.l.m.. A monte del cuile ancora devastazione e trasformazione: roccia affiorante granitica grigio-rosata bellissima e levigata, solcata da cascate impetuose, con i cristalli di feldspato dalla forma netta e squadrata; oleandri completamente scortecciati e travolti, un asse di legno a 2 m dal greto del fiume, il capanno dei cacciatori devastato dalla furia dell’acqua. Oramai era tardi e non si poteva continuare nella fitta foresta che porta all’Arcu s. Antoni, bisognava tornare indietro.
Che dire? Non c’è e non ci può essere stupore per me, semmai ci può essere una sensazione di essere partecipe e spettatrice di un bellissimo fenomeno della natura che ha creato un paesaggio affascinante e di immensa bellezza per i suoi colori e le sue forme. Per noi geologi niente di strano o di eccezionale, niente di catastrofico, niente di anomalo o particolare: è tutto nella norma, infatti il fiume con quella precipitazione non poteva che fare il suo lavoro regolare e millenario, ciò che ha fatto per secoli da quando esiste quella valle. La pioggia e il ruscellamento lungo i versanti subverticali, ricoperti da una fitta boscaglia quasi impenetrabile dove l’incendio non passa più da decenni, hanno eroso la roccia e i suoi speroni rossastri e violaceo-marroni, hanno trascinato a valle tutto ciò che trovavano: sabbia derivante dall’alterazione naturale del granito sottostante, limo, ciottoli, pietrame a pezzatura di ogni genere, trovanti e immensi blocchi decametrici. Tutto ciò ha un nome ben preciso, anzi vari nomi e definizioni: erosione areale e incanalata, erosione spondale, trasporto e sedimentazione valliva, formazione di depositi fluviali mobili, formazione di terrazzi fluviali verso valle, trasporto dei sedimenti verso il mare e formazione delle spiagge. Tutti questi fenomeni sono, come tutti i geologi ben sanno, dei normali fenomeni che si ripetono ciclicamente e che nell’arco dei periodi storici (parlo al massimo di mille anni o anche 500 non di ere geologiche) si sono sicuramente già verificati centinaia di volte.
Cosa c’è da stupirsi? Assolutamente nulla, questi sono i normali e ripetuti processi geomorfologici che hanno condotto alla formazione dei nostri affascinanti paesaggi granitici della Gallura, alle nostre spiagge di sabbia finissima dove andiamo a prendere il sole d’estate. In qualsiasi libro di geografia questi fenomeni vengono insegnati anche ai bambini, mio figlio l’ha studiato in terza elementare. Domenica prossima lo porterò a vedere dal vivo ciò che la maestra gli ha disegnato alla lavagna e gli spiegherò che questi fenomeni non si possono bloccare con nessuna azione umana, ma che quando accadono bisogna essere molto prudenti e che, come i nostri saggi avi sapevano, anche noi dobbiamo diffidare dei corsi d’acqua da quelli più grandi e immensi a quelli più piccoli e insignificanti, e ancor più tenerci alla larga quando questi sono in piena attività e metterci in salvo. Prova ne sia che l’eremo di San Girolamo e il Cuile antico non hanno avuto il benché minimo danno perché erano sapientemente posizionati in siti assolutamente sicuri.
Mi dispiace doverlo constatare ancora una volta: il “genius loci” degli avi funzionava molto meglio delle capacità pianificatorie dei nostri attuali urbanisti e/o assessori di turno. L’uomo comune altamente tecnologico non conosce più questi principi basilari dell’insediamento umano, non capisce cosa significhi rispettare la natura, ormai si compra casa e si fanno scelte abitative sulla base di altri presupposti e di altre esigenze e non si ha più alcuna sensibilità sulla localizzazione degli edifici: è la conseguenza della nostra esigenza di vivere ovunque e comunque, e di voler trasformare a nostro piacimento qualsiasi cosa. Purtroppo non è così.
Dal punto di vista geologico la questione e la visione dei fenomeni naturali che portano alla catastrofe diviene completamente differente da quella che può avere il magistrato o il politico o il parente delle vittime.
Dal punto di vista della natura e della roccia che costituisce quel sito tutto è differente. Qualcuno sostiene che bisognava liberare gli alvei dai detriti e tenerli “puliti”. Ma puliti da che cosa? Dagli alberi o dalle pietre? Perché queste sono cose sporche? Oppure si doveva dare al fiume la forma che più ci aggradava, magari fare delle pozze per farci il bagno o per farci giocare i bambini?
Tutto il materiale che è finito nell’alveo del rio e poi dentro la diga non ha nessuna colpa per essersi mosso: è il suo “scopo” viaggiare verso il mare per formare le spiagge. Ma il problema è che nessuno lo avevo messo in conto nei calcoli della diga, forse perché un trasporto così ingente (tra i 2-3 milioni di mc) non era neppure prevedibile per noi umani, ma per il fiume sì, per lui era del tutto normale. Lo stesso discorso vale per gli impluvi dentro la zona abitata di poggio. Bisogna allora arrendersi ad un semplice fatto: attualmente credo che ben pochi siano in grado di valutare correttamente quale possa essere il trasporto solido di un corso d’acqua in Sardegna. Non esistono dati rilevati storici o recenti, non esistono quindi parametri di controllo e di confronto e questa è una grave pecca a cui il mondo scientifico dovrà porre rimedio.
Per quanto riguarda invece le portate liquide dovute alla pioggia anche qui non mi pare affatto che si possa parlare di clima impazzito o di fenomeno anomalo: basta infatti guardare le forme del paesaggio per capire che è tutto nella norma: un fiume che riesce a scavare un canyon come quello visibile a valle della diga piccola non può che avere avuto in un recente passato delle portate liquide e solide ingentissime, simili o addirittura superiori a quelle di questi giorni. E anche il fenomeno meteorologico non sembra, a detta degli esperti, particolarmente anomalo, anzi queste condizioni di caldo e le piogge autunnali con vento da sud-est sono molto frequenti in questo periodo dell’anno, e da noi per di più agisce il noto fenomeno delle piogge orografiche.
Allora dov’è il problema?
La questione di fondo è ancora una volta l’analfabetismo geologico e l’ignoranza diffusa di chi deve pianificare e di chi deve decidere le sorti del territorio su cui andiamo a vivere.
Comunque sia il colpevole è presto trovato è il capro espiatorio più semplice ed indifeso: non è la diga o un misero laghetto in secca, la prima ha fatto egregiamente il suo compito restando eroicamente in piedi nonostante sia stata pesantemente aggredita da monte e da valle, il secondo si è limitato a contenere i suoi 250.000 mc di acqua e terra e più di quelli non poteva sostenere.
Il vero capro espiatorio è dunque inevitabilmente il fiume! Prendetevela con lui oppure con chi non vi ha detto che dove passa l’acqua non si costruisce e non si passa neppure con le autovetture o i fuoristrada più potenti.
La natura, benchè ci dia fastidio, è sempre più potente dell’uomo e dei suoi mezzi, possiamo piegarla e addomesticarla ma poi fra cento o duecento anni vincerà sempre lei.
Tutti corrono a fare un esame più o meno dettagliato dei fatti e delle possibili cause: chi ha avuto i lutti, chi ha perso tutto ma è sopravissuto, chi ha solo la casa allagata, chi non si può muovere perché non c’è più la strada, gli amministratori e le forze dell’ordine che devono intervenire, i volontari, la protezione civile, i tanti tecnici ed esperti, e per finire i magistrati che faranno l’inchiesta.
Si devono trovare le cause e si dovranno attribuire responsabilità, si dovrà trovare il colpevole reale per punirlo o forse si troverà un capro espiatorio.
In questi giorni immediatamente a ridosso dal disastro, nella frenesia e mossi dalla spinta emotiva si è scritto, letto e sentito di tutto: il clima impazzito; la pioggia torrenziale e l’evento meteorico eccezionale; la diga o le dighe che avrebbero ceduto; i ponti con sezioni insufficienti; le costruzioni selvagge e irrazionali entro gli alvei; le concessioni edilizie e gli abusi sanati; i canali ostruiti; la cementificazione e l’impermeabilizzazione dei suoli; gli incendi dolosi e ripetuti; i villaggi localizzati in aree a rischio di esondazione;le scuole sul bordo del terrazzo fluviale: i piani di assetto idrogeologico, le norme sulla difesa del suolo e quelle dei regolamenti edilizi.
Io ho provato a guardare il fenomeno dal punto di vista del geologo che deve innanzitutto studiare il paesaggio, le sue forme e i suoi processi naturali: sono andata alla ricerca di ciò che c’era a monte in quel bacino montano che ben conoscevo per averlo percorso a piedi con lo zaino in spalla, fino alla cima dell’Arcu S. Antoni. Ho letto le relazioni di chi ha progettato la diga e aveva studiato la zona circa 50 anni fa (1958-1960): calcoli idraulici, relazione geologica e geotecnica, prove di laboratorio sui materiali che la costituiscono. Sono andata a vedere ciò che ne resta e come è stata erosa dall’onda di piena. Ho guardato le carte topografiche al 25.000 al 10.000 (quelle del 1977 estremamente dettagliate) e quelle al 2000 in possesso della Cooperativa Poggio dei Pini, ho visionato le foto aree esistenti e spero di poter a breve vedere anche le riprese effettuate in questi giorni. Ho parlato con esperti nel campo della pianificazione delle fasce fluviali, consulenti della Regione che hanno redatto il PAI, docenti universitari venuti apposta per vedere il fenomeno. Ho girato per le aree devastate soprattutto nella parte montana sopra la diga. Ho visto i filmati su Youtube. Ho ascoltato i racconti delle persone che hanno visto cosa accadeva alle loro case. Infine ho riletto le tante relazioni e lettere inviate ai sindaci e ai Prefetti quando ero consigliere dell’Ordine dei Geologi della Sardegna (1995-1997) in cui si segnalava la necessità di affiancare i pianificatori con gli studi geologici e geomorfologici del territorio. Ho riletto le proposte fatte all’Assessorato all’Urbanistiche con le Linee Guida per la redazione dei PUC (1996) e poi la proposta redatta dall’Ordine per le Norme Tecniche di carattere Geologico da inserire nei Regolamenti Edilizi Comunali, inviate a ripetizione a tutti i comuni della Sardegna ed in particolare ai comuni che avevano ricevuto finanziamenti da parte dello Stato o della regione per interventi di messa in sicurezza da frane, alluvioni, ecc, suggerimenti rimasti inascoltati.
Infine ho ripreso in mano il libro di Tina Merlin, Sulla Pelle Viva e l’altro L’onda lunga del Vajont, appena comprato quest’estate in un piccolo negozio-bazar di Casso (ricordate Erto e Casso) sulle sponde di quello che doveva essere il lago del Vajont. Ho ripensato alla lunga e commovente storia del disastro di quella valle (che a mio parere tutti i geologi dovrebbero visitare obbligatoriamente quando frequentano l’università!) raccontata da un sopravissuto, il Sig. Bepi Vazza, ascoltata il 29 agosto di quest’anno sopra il coronamento della diga che doveva essere la più alta del mondo!
Poi ho deciso che era inutile continuare a pensare e a rimuginare.
Ho deciso che dovevo vedere bene cosa c’era in quel maledetto fiume che porta il nome di un santo (caso raro in Sardegna) e che la mattina del 22 ottobre ha riversato a valle forse più di un milione di mc d’acqua (stando ai calcoli eseguiti utilizzando i coefficienti di deflusso del progettista) ma c’è chi parla di 4 milioni in tre ore. Oggi ho percorso l’alveo a ritroso, dalla diga verso monte, nella zona deserta e disabitata, percorsa solo da cacciatori ed escursionisti, dove c’è soltanto un ovile del capraro ben conservato e ben posizionato sopra uno sperone granitico al riparo dalla furia dell’acqua. L’occasione è stata anche di verificare quello che si diceva in giro da qualche giorno e che qualcuno “ben informato” sosteneva con sicurezza di aver visto che in quella zona stesse venendo giù addirittura “una montagna enorme” con il pericolo che si formassero degli sbarramenti naturali pericolosissimi per il fiume.
Così, durante due ore di cammino, durante le quali le cime dell’anfiteatro del bacino di San Girolamo (M. Turruneri m 696, M. Conchioru m 740, Serra Sa Traia m 693, Punta Is Postas m 612, P. Su Aingiu Mannu m 605, S’Arcu de Is Sennoras m 481, Punta de sa Loriga m 469, M. Arrubiu m 348) erano perennemente avvolte in una inquietante nebbia che rendeva tutto soffuso e silenzioso, ho visto un paesaggio lunare: infatti le “cascate” che tutti hanno visto mercoledì mattina scendere lungo i versanti subverticali da una quota di 400 m hanno trascinato a valle di tutto. L’alveo che conoscevo era totalmente trasformato: non c’era più il sentiero che percorrevo sulla sponda destra e che passava sulla sinistra idrografica all’altezza delle gallerie minerarie; non c’erano più i piccoli terrazzi fluviali laterali; non c’era più il rudere della miniera sul greto del fiume, che aveva resistito alle due ultime alluvioni; non c’erano più olivastri e carrubi secolari, cespugli e altro. Tutto perfettamente pulito e nel greto oramai di dimensioni enormi, pari alla sezione osservabile sulle carte al 10.000, solo una distesa di sabbia, ciottoli, blocchi enormi di granito e metamorfite, che si estendeva dal Cuile Musiu a circa 200 m di quota, verso l’Hydrocontrol e oltre, fino a raggiungere il laghetto di Poggio posto a circa 65 m di quota s.l.m.. A monte del cuile ancora devastazione e trasformazione: roccia affiorante granitica grigio-rosata bellissima e levigata, solcata da cascate impetuose, con i cristalli di feldspato dalla forma netta e squadrata; oleandri completamente scortecciati e travolti, un asse di legno a 2 m dal greto del fiume, il capanno dei cacciatori devastato dalla furia dell’acqua. Oramai era tardi e non si poteva continuare nella fitta foresta che porta all’Arcu s. Antoni, bisognava tornare indietro.
Che dire? Non c’è e non ci può essere stupore per me, semmai ci può essere una sensazione di essere partecipe e spettatrice di un bellissimo fenomeno della natura che ha creato un paesaggio affascinante e di immensa bellezza per i suoi colori e le sue forme. Per noi geologi niente di strano o di eccezionale, niente di catastrofico, niente di anomalo o particolare: è tutto nella norma, infatti il fiume con quella precipitazione non poteva che fare il suo lavoro regolare e millenario, ciò che ha fatto per secoli da quando esiste quella valle. La pioggia e il ruscellamento lungo i versanti subverticali, ricoperti da una fitta boscaglia quasi impenetrabile dove l’incendio non passa più da decenni, hanno eroso la roccia e i suoi speroni rossastri e violaceo-marroni, hanno trascinato a valle tutto ciò che trovavano: sabbia derivante dall’alterazione naturale del granito sottostante, limo, ciottoli, pietrame a pezzatura di ogni genere, trovanti e immensi blocchi decametrici. Tutto ciò ha un nome ben preciso, anzi vari nomi e definizioni: erosione areale e incanalata, erosione spondale, trasporto e sedimentazione valliva, formazione di depositi fluviali mobili, formazione di terrazzi fluviali verso valle, trasporto dei sedimenti verso il mare e formazione delle spiagge. Tutti questi fenomeni sono, come tutti i geologi ben sanno, dei normali fenomeni che si ripetono ciclicamente e che nell’arco dei periodi storici (parlo al massimo di mille anni o anche 500 non di ere geologiche) si sono sicuramente già verificati centinaia di volte.
Cosa c’è da stupirsi? Assolutamente nulla, questi sono i normali e ripetuti processi geomorfologici che hanno condotto alla formazione dei nostri affascinanti paesaggi granitici della Gallura, alle nostre spiagge di sabbia finissima dove andiamo a prendere il sole d’estate. In qualsiasi libro di geografia questi fenomeni vengono insegnati anche ai bambini, mio figlio l’ha studiato in terza elementare. Domenica prossima lo porterò a vedere dal vivo ciò che la maestra gli ha disegnato alla lavagna e gli spiegherò che questi fenomeni non si possono bloccare con nessuna azione umana, ma che quando accadono bisogna essere molto prudenti e che, come i nostri saggi avi sapevano, anche noi dobbiamo diffidare dei corsi d’acqua da quelli più grandi e immensi a quelli più piccoli e insignificanti, e ancor più tenerci alla larga quando questi sono in piena attività e metterci in salvo. Prova ne sia che l’eremo di San Girolamo e il Cuile antico non hanno avuto il benché minimo danno perché erano sapientemente posizionati in siti assolutamente sicuri.
Mi dispiace doverlo constatare ancora una volta: il “genius loci” degli avi funzionava molto meglio delle capacità pianificatorie dei nostri attuali urbanisti e/o assessori di turno. L’uomo comune altamente tecnologico non conosce più questi principi basilari dell’insediamento umano, non capisce cosa significhi rispettare la natura, ormai si compra casa e si fanno scelte abitative sulla base di altri presupposti e di altre esigenze e non si ha più alcuna sensibilità sulla localizzazione degli edifici: è la conseguenza della nostra esigenza di vivere ovunque e comunque, e di voler trasformare a nostro piacimento qualsiasi cosa. Purtroppo non è così.
Dal punto di vista geologico la questione e la visione dei fenomeni naturali che portano alla catastrofe diviene completamente differente da quella che può avere il magistrato o il politico o il parente delle vittime.
Dal punto di vista della natura e della roccia che costituisce quel sito tutto è differente. Qualcuno sostiene che bisognava liberare gli alvei dai detriti e tenerli “puliti”. Ma puliti da che cosa? Dagli alberi o dalle pietre? Perché queste sono cose sporche? Oppure si doveva dare al fiume la forma che più ci aggradava, magari fare delle pozze per farci il bagno o per farci giocare i bambini?
Tutto il materiale che è finito nell’alveo del rio e poi dentro la diga non ha nessuna colpa per essersi mosso: è il suo “scopo” viaggiare verso il mare per formare le spiagge. Ma il problema è che nessuno lo avevo messo in conto nei calcoli della diga, forse perché un trasporto così ingente (tra i 2-3 milioni di mc) non era neppure prevedibile per noi umani, ma per il fiume sì, per lui era del tutto normale. Lo stesso discorso vale per gli impluvi dentro la zona abitata di poggio. Bisogna allora arrendersi ad un semplice fatto: attualmente credo che ben pochi siano in grado di valutare correttamente quale possa essere il trasporto solido di un corso d’acqua in Sardegna. Non esistono dati rilevati storici o recenti, non esistono quindi parametri di controllo e di confronto e questa è una grave pecca a cui il mondo scientifico dovrà porre rimedio.
Per quanto riguarda invece le portate liquide dovute alla pioggia anche qui non mi pare affatto che si possa parlare di clima impazzito o di fenomeno anomalo: basta infatti guardare le forme del paesaggio per capire che è tutto nella norma: un fiume che riesce a scavare un canyon come quello visibile a valle della diga piccola non può che avere avuto in un recente passato delle portate liquide e solide ingentissime, simili o addirittura superiori a quelle di questi giorni. E anche il fenomeno meteorologico non sembra, a detta degli esperti, particolarmente anomalo, anzi queste condizioni di caldo e le piogge autunnali con vento da sud-est sono molto frequenti in questo periodo dell’anno, e da noi per di più agisce il noto fenomeno delle piogge orografiche.
Allora dov’è il problema?
La questione di fondo è ancora una volta l’analfabetismo geologico e l’ignoranza diffusa di chi deve pianificare e di chi deve decidere le sorti del territorio su cui andiamo a vivere.
Comunque sia il colpevole è presto trovato è il capro espiatorio più semplice ed indifeso: non è la diga o un misero laghetto in secca, la prima ha fatto egregiamente il suo compito restando eroicamente in piedi nonostante sia stata pesantemente aggredita da monte e da valle, il secondo si è limitato a contenere i suoi 250.000 mc di acqua e terra e più di quelli non poteva sostenere.
Il vero capro espiatorio è dunque inevitabilmente il fiume! Prendetevela con lui oppure con chi non vi ha detto che dove passa l’acqua non si costruisce e non si passa neppure con le autovetture o i fuoristrada più potenti.
La natura, benchè ci dia fastidio, è sempre più potente dell’uomo e dei suoi mezzi, possiamo piegarla e addomesticarla ma poi fra cento o duecento anni vincerà sempre lei.
39 commenti:
Ciao, volevo fare i complimenti a Rita che oltre ad essere una brava geologa e anche una brava raccontatrice, forte in geologia e in narrativa, dovresti fare la docente universitaria ( mio complimento )perchè hai quella qualità che pochi hanno, cioè di raccontare degli aspetti tecnici che a volte sono poco simpatici rendendoli gradevolissimi.
Io abito qui da 35 anni e ho conosciuto com'era il fiume prima, ribadisco sempre alcune cose, che sono: il letto inesistente per 15 - 20 anni dopo le alluvioni e gli incendi, precisamente incendio anno 1992 circa che cambiò radicalmente per effetto del dilavamento tutto l'alveo negli ultimi 1500 metri buoni, le testimonianze di persone che hanno 60 - 70 anni e che vivevano a Capoterra che non avevano mai visto niente di simile, i massi dentro il fiume, il letto salito quasi alla quota del terreno testimoniano l'incuria di questo fiume ( parlo di prima dell'alluvione ), questi dati testimoniano che chi si doveva occupare avendone l'obbligo ( in quanto c'era un abitato ) non l'ha fatto, il tutto avrebbe diminuito sensibilmente e sinceramente non so dirvi quanto, la quantità d'acqua scesa nel lago grande, probabilmente non avrebbe tracimato dalla diga ma solo dallo sfioro, probabilmente alcune macchine non sarebbero state trascinate, la diga piccola non avrebbe avuto quei danni etc etc.
Esistono degli uffici e degli enti che sono nati appositamente per queste cose, c'è gente strapagata dentro questi uffici, qualcuno probabilmente raccomandato, qualcuno bravo ( penso pochi )tuttavia qualcuno aveva l'obbligo di intervenire su di una situazione critica, segnalata, studiata, è vero la natura è bellissima ma purtroppo ci sono dei morti e dei danni ingenti e l'inchiesta che è gia partita dovrà tener conto di tutto quanto, perchè così come gli altri fiumi anche il Rio San Girolamo ha e aveva urgentissimo bisogno di un grande intervento per essere messo in sicurezza e per rallentare le sue acque perchè a valle c'è l'abitato e ci vivono persone, a meno che non si faccia evaquare tutta la zona che in un certo qual modo rientra in una zona di rischio ( mezza Poggio dei Pini ).
I fiumi in tutta la Sardegna sono tenuti sotto controllo, questo fiume era incontrollato questo è quello che io posso dire con estrema certezza, mi chiedo il perchè e di chi sono le responsabilità perchè è inutile dire che non ci sono responsabilità ed è inutile difendere i soliti noti degli uffici pubblici, la gente deve essere responsabilizzata,chi è responsabile ( se esiste ) deve pagare e deve essere messo a lavorare da qualche altra parte, o il fiume viene messo in sicurezza a monte della diga grande e subito o meglio che si riveda tutta la zona a valle comprese anche case e strutture ( zona sportiva ) e vengano spostate altrove compresa mezza Poggio dei Pini per non parlare della situazione di valle.
Sugli stravolgimenti climatici invece lascerei una porta aperta che potrebbe anche andare in contrasto paradossalmente verso eventuali responsabilità, ma non del tutto perchè la manutenzione e altra cosa, 3 alluvioni di questa portata in 10 anni che hanno stravolto il territorio come mai prima vogliono dire tantissimo, forse non bastano, aspettiamo altri 10 anni e se nei prossimi 10 dovessero o riaccadere lo stesso numero o aumentare in maniera esponenziale ( più probabile ) il clima ( l'uomo )sarebbe di sicuro responsabile, nel frattempo chi ha il dovere di fare il possibile lo faccia , l'uomo dovrà entro breve tempo rivedere il suo stile di vita perchè nel mondo ormai stanno accadendo eventi numericamente mai visti, ci sono due correnti di pensiero, una dice che è naturale ( umana e comprensibile tranquillità in America sono i seguazi di Bush = petrolieri e altri) l'altra dice dai dati raccolti che il clima è stravolto e che i fenomeni di questo tipo sono in forte ascesa in tutto il mondo, la mia opinione?? credo in tutte e due tranne che a bush :)
ciao Giacomo
Salve Rita complimenti per la sua lettera,se a le fa piacere vorrei venire e portare mie figli a fare un giro con lei e suo figlio,per aprezzare e cercare di rispetare la natura.Corrado SERRA
Ciao a tutti,
sono Nicola Nonnis abitavo a Poggio dei Pini dal 1982 e ora abito a Rio San Girolamo, a 100 metri dalla catastrofe, che per fortuna non mi ha colpito.
Ieri son salito a Santa Barbara e ho camminato verso la piccola cappella che era affianco al TORRENTE....bene quel torrente ore è largo 30 METRI e forma un'autostrada che porta sino alla cima di quel monte....quell'acqua insieme a una massa esagerata di pietre è detriti son passati dentro le tagliafuoco dove quest'estate è passato l'incendio e si son riversati dietro l'hidrocontrol!!!
E' un otttimo esempio di cosa sa fare la natura, bisognerebbe portarci qualcuno di quei GENI che vogliono buttar giù la diga!!!
Saluto tutti, Nicola.
http://www.legambiente.eu/archivi.php?idArchivio=2&id=4801
articolo molto interessante che ho trovato, è utile guardare anche molti siti di regioni del nord come il trentino, il piemonte, il friuli, la lombardia e quelle del centro italia.
come parole chiave si possono ricercare: rinaturalizzazione dei corsi d'acqua, dei fiumi, rallentamento delle acque fluviali etc etc.
ciao Giacomo
Sono d'accordo con gran parte di quanto è stato detto. Certamente non sarebbe stato male avere attivo un semplice sistema di controllo che a fronte di una pioggia elevata mettesse in moto una procedura di "chiusura" di ponti o di strade a ridosso di dighe o fiumi. Sarebbe bastato anche un sistema acustico o luminoso di avviso di pericolo per gli abitanti a passare in auto in certe zone del villaggio.
Forse questa può essere stata la vera carenza a fronte di eventi non nuovi per l'area in questione.
A volte procedure di questo tipo salvano vite umane.
E' stata data la notizia che il lago grande non verrà svuotato del tutto, verrà lasciata una piccola area che dovrebbe essere sufficiente per salvaguardare le diverse specie di fauna selvatica ( gallinelle d'acqua, cigni, germani anatre etc ) e ittica ( persicotrota, carpe, tinche etc,) tale informazione mi è pervenuta stasera e ad averla divulgata è stato l'ing. Botti maggiore responsabile dell'operazione di svuotamento, è stata gia fermata un altra idrovora, comunque invito tutti a controllare quanto promesso, inoltre tra i tanti problemi di tipo naturalistico c'è anche quello dellìazione da promuovere per eventualmente ricuperare alcune anatre che sono finite a valle, aggiungo anche che il danno alla flora posizionata lungo il fiume è di dimensioni ragguardevoli, ginepri secolari e altre piante sono state sradicate, il problema naturalistico è molto importante anche se viene dopo alcuni altri problemi più seri ma è alla base della rimessa in sicurezza del Rio San Girolamo.
Per la gita perlustrativa sul rio io ci sono, se vogliamo organizzarla in un giorno tipo sabato o domenica a me va benissimo, magari se organizza Rita va ancora meglio.
ciao Giacomo
Per la gita perlustrativa sul rio io ci sono, se vogliamo organizzarla in un giorno tipo sabato o domenica a me va benissimo, magari se organizza Rita va ancora meglio, Ciao Giacomo fammi sapere che vengo anchio se è possibile farla sabato sarebe meglio ciaooo.serra corrado
Ciao a tutti,
Vi confermo di aver parlato questo pomeriggio con l'Ing. Botti, il quale insieme al Geologo Novella è il responsabile per il lago, che mi ha confermato che verrà lasciata una pozza d'acqua (e mi ha asssicurato anche qualcosa di più...) per la tutela dei cigni e di tutti gli altri animali che compongono l'ecosistema.
Per questo motivo hanno già disattivato una idrovora.
Franco Magi
Confermo quanto detto da Franco che si è dato un gran da fare in tal senso, anche la Cooperativa si è attivata, numerose erano le persone che si sono preoccupate per la situazione attuale anche per questo brutto avvenimento, addirittura sono venute persone da cagliari che mi hanno lasciato i recapiti qualora ci dovesse essere una mobilitazione per un convincimento.
ciao Giacomo
Credo che Rita abbia chiarito in modo esemplare la differenza fondamentale tra le responsabilità del disastro. L'alluvione non ha responsabili, così come non esistono responsabili per le tempeste o per i cicloni. Vero è che esistono forti dubbi sulla eccessiva velocità delle evoluzioni climatiche (oggi c'è meno freddo di quando ero piccolo e molto meno di quando era piccolo mio padre), ma non dimentichiamo che gli eventi meteorologici improvvisi e repentini non sono certo di questi anni.
Fatta questa doverosa premessa sul cambiamento climatico, mi pare il caso di scendere di qualche gradino verso argomenti più vicini alla nostra piccola realtà. Le responsabilità non sono degli eventi naturali, dei fiumi, dei sassi, della sabbia o degli alberi nell'alveo, ma di una indecente “benevolenza” nei confronti di proprietari ed investitori che se gli si bloccassero lottizzazioni e concessioni edilizie ne andrebbe del loro investimento. Quante volte ho sentito gli amministratori rifiutare con disgusto tutte quelle regole che impedirebbero a qualsiasi persona di buon senso di costruire case in cui dormiranno bambini, in luoghi banalmente pericolosi. Quante volte i vincoli di naturale inedificabilità sono diventati “burocrazia” che frena l'economia. E noi cosa abbiamo fatto? Abbiamo accettato “solo per questa volta” perché il costruttore è una brava persona, l'abusivista ha diritto ad una casa, il proprietario del terreno ci ha messo tutti i soldi della liquidazione. Oppure era solo nostro cognato.
Molto meno scientificamente di Rita mi sono preso le carte catastali dell'impianto (circa del 1930) e con orrore ho visto che l'ondata di piena è passata negli stessi punti che le carte indicavano essere l'alveo del Rio San Girolamo. Uno studio empirico che avrebbe sconsigliato di realizzare qualunque edificio in prossimità di quei terreni che solo 70 anni fa erano fiume! Il senno di poi? Forse.
Roberto Trudu
l'alveo del Rio S. Lucia, nel tratto che va da Capoterra allo stagno, è stato ampiamente modificato dall'uomo con la costruzione di argini signficativi. Il fiume, nelle sue piene, cercherà di rimuovere questi ostacoli e l'uomo dovrà mantenerli efficenti. In questo modo l'alveo del S. Lucia è stato ridotto in ampiezza rendendo più sicuri i terreni e le costruzioni che si trovano sulle sue sponde.
Sono opere costose che gravano sulla collettività e non certo sull'imprenditotre che ha costruito quelle case a Rio S. Girolamo. Non penso che alcun prezzo sarà pagato da quegli amministratori che hanno consentito che ciò avvenisse.
A Poggio dei Pini credo che una sola casa (quella del mio vicino Gigi Putzolu) si trovi in una posizione che forse avrebbe dovuto essere evitata da chi ha disegnato il nostro villaggio. Vi sono poi numerosi impluvi che in queste occasioni si ingrossano e hanno causato problemi a una casa del rione Bellavista e a qualche recinzione. Questi impluvi vanno trattati con attenzione e probabilmente in futuro si dovrà operare affinchè la loro portata sia sufficente contenere anche queste precipitazioni cosi'intense senza causare mini-straripamenti.
La commissione di esperti che era stata creata tempo fa e poi "insabbiata" perchè non prona ai voleri di un passato CdA dovrebbe essere ricreata immediatamente. Si è giustamente detto che è il momento di lasciare da parte le divisioni e di operare per l'unità. Benissimo. Significa cambiare e accordarsi. Non significa continuare a fare le solite cose facendo finta di non vederle.
Solo oggi ho nuovamente la linea telefonica e, quindi, internet.
Ho letto il post di Rita Lai.
Bravissima.
Maurizio Cadone
Per la casa di Gigi Putzolu si dovrebbe intervenire immediatamente ripulendo il fiume sottostante che ormai è al livello della casa, così come era il fiume in posti poco distanti dietro, questo per far capire che il fiume era così prima per tutto il corso e che man mano è stato interrato nel corso di questi 20 anni, era così in quanto l'ho visto io e si è interrato per causa dell'uomo ( antropizzazione della zona )e degli incendi, bisognerebbe fare subito una specie di barriera provvisoria tipo piccolo molo, questo andrebbe fatto subitissimo, lo dico per qualcuno della cooperativa che legge questo blog, tanto il genio non ha visto, il fiume li aveva una profondità di 3 metri circa, adesso è al livello del terreno, vuol dire che l'acqua che pioverà salirà sopra il livello, la casa in oggetto è a livello ( ragionamento logico ), RIPETO : pulizia del fiume immediata e protezione provvisoria.
ciao Giacomo
Anzi per fare più in fretta e vista la gravità del caso, chiedo al buon Franco di occuparsene lui direttamente con questo ing. Botti, altrimenti qui si fa tardi e la situazione potrebbe essere deleteria per quella casa.
ciao Giacomo
Grazie per i complimenti, ma ho solo voluto raccontare le mie "impressioni geologiche" sull'accaduto.
Concordo pienamente con Roberto: ci sono fenomeni atmosferici differenti rispetto a diversi anni fa 8temperature maggiori, estati siccitose molto più lunghe) inoltre appaiono più frequentemente di prima. I meteorologi (alcuni di essi assai ben preparati lavorano al SAR) sostengono che sono solo più violenti e concentrati e che succedevano anche in passato ma di essi non abbiamo testimonianze scritte e fonti storiche in quanto certe aree della Sardegna (come Capoterra) erano completamente disabitate e nessuno poteva vederli e descriverli, anche i dati pluviometrici iniziano soltanto a partire dagli '20. Inoltre per noi geologi 100 anni sono pochi per dire che il clima sta cambiando, perchè certi fenomeni sono ciclici e si sono verificati anche in periodi storici a noi vicini (picchi freddi e caldi nel medioevo e nel '700).
Per quanto riguarda la questione della pianificazione urbanistica e delle concessioni edilizie sfondi una porta aperta: per anni mi sono battuta affinchè certe decisioni venissero supportate da una profonda conoscenza dei luoghi da parte di veri esperti e non di persone che si improvvisano tali. All'indomani dell'alluvione di Villagrande si era detto che tutto si sarebbe risolto con l'emanazione dei PAI. Ma anche su questo fronte ci sono gravi inadempienze: le norme non vengono rispettate, proliferano le varianti ai PAI in riduzione invece che in aumento (i costruttori premono?) rispetto alla perimetrazione originaria; vi è scarsa vigilanza da parte delle Autorità preposte; mancano gli adeguamenti al PAI nel corso della redazione dei PUC, e via di seguito.
Sui rischi che le abitazioni corrono all'interno della nostra lottizzazione credo che siano sotto gli occhi di tutti:case allagate, giardini devastati, recinzioni crollate, servizi tecnologici distrutti, falde affioranti all'interno degli scantinati, sorgenti che si sono riattivate in più punti, oltre al caso più noto della casa quasi sospesa sul fiume nella strada 24. In questi giorni (insieme ad un geologo poggino) abbiamo visionato circa una decina di casi più o meno gravi (ma non abbiamo ancora finito), compilando delle schede sintetiche di analisi dei fenomeni causati dall'alluvione. Alcune situazioni dovranno necessariamente essere risolte urgentemente altre richiederanno forse interventi più drastici e costosi, ma comunque tutto ciò richiederà ancora una volta una profonda conoscenza dei problemi e delle cause e probabilmente richiederà un'enorme disponibilità di denaro per porvi rimedio.
Bisognerà vedere cosa deciderà di fare la Cooperativa per risolvere tutte queste situazioni. Vedendo certe situazioni mi chiedo, però, come sia possibile che case progettate e realizzate di recente (dopo l'alluvione del 1999) da tecnici locali possano essere oggetto di scelte errate e pericolose per gli abitanti.
Infine per quanto riguarda la gita di domenica, aspettiamo che il tempo migliori e poi sarò ben felice di fare una paseggiata sui monti con amici e bambini. Non so se la domenica sia la giornata ideale visto che quella valle e molto battuta dai cacciatori. Vi farò sapere se sarò libera perchè ho l'impressione che questo fine settimana mi toccherà lavorare per finire i sopralluoghi in giro per Poggio.
Se qualcuno vuole segnalarmi qualche problema specifico lo può fare anche qui lasciando il suo indirizzo.
A presto
Rita
... dimenticavo anche io di fare i complimenti a Rita, che in modo chiarissimo ci ha esposto una materia abbastanza ostica.
La riprova che non dobbiamo cercare e retribuire alcuna "consulenza esterna".
Ciao
Franco Magi
Ciao, non so se vi ricordate all'inizio del lago grande ( imboccatura del rio san girolamo ) quella bella piccola spiaggia dove i cigni diciamo prendevano il sole, ecco quella bella lingua di sabbia 15 anni fa non c'era, lo scrivo per far capire a coloro che abitano qui da poco com'era la realtà di quel fiume prima e sopratutto per far capire che il fiume aveva un alveo ben diverso che era cambiato per via dei comportamenti umani, per favore non difendiamo a spada tratta i dipendenti pubblici di quello o quell'altro ente, mi dispiace se ci sono degli amici di qualcuno ma così facendo la realtà non viene mai a galla, se si vuole salvare il lago grande bisgona assolutamente sistemare il fiume a monte così com'era quando i Saggiante avevano con intelligenza fatto progettare e costruire la diga.
Per il Sar, volevo fare una domanda invece, la sera prima che facevano? a me non risulta che avessero dato nessun allarme meteo così come altri organi preposti italiani, per il meteo si sa da tempo che i più precisi sono gli inglesi e gli americani, il sito stesso dei surfisti che si riallaccia ai dati meteo americani è più preciso di quelli che in rete sono gestiti da enti o stato, infatti era l'unico a dare dei dati sula piovosità abbastanza chiari seppur sbagliati ma allarmanti, era quello che più si avvicinava, un altro sito è http://www.weather.com/ molto preciso.
Per il clima non saprei cosa dirvi, diciamo un dato reale, hanno dato ad AL GORE e alla commissione Onu il Nobel per la pace in virtù del clima, se poi qui in Sardegna ne sappiamo di più diciamolo a tutto il mondo così ci ascolteranno almeno per questa volta e magari qualcuno si prenderà il Nobel, oppure ci faranno una sonora pernacchia, è chiaro che la Sardegna non è salva dai cambiamenti climatici in quanto il problmea è planetario.
Per quanto riguarda invece il fiume Rio San Girolamo ribadisco ancora una volta, era quasi del tutto interrato per circa 1 km a monte della diga grande( esistono foto satellitari di prima e dopo) vorrei sapere chi aveva il compito di gestirlo e di fare la manutenzione, vorrei solo sapere chi aveva questo compito, tutto qui.
Cordiali saluti
Giacomo
Aggiungo anche una cosa per cercare di far capire il mio concetto, se la Poggio dei Pini non avesse mai pulito il canale scolmatore cosa sarebbe successo, ecco la cosa è uguale, il canale rappresenta in pratica un pezzo di fiume.
ciao Giacomo
Se qualcuno vuole segnalarmi qualche problema specifico lo può fare anche qui lasciando il suo indirizzo.
A presto
Rita
Salve Rita vorrei segnalarle cosa succede ogni volta che piove, e soprattutto cosa e successo con questa alluvione,presso il terreno non edificato parallelo alla strada n.8 dove scorre un fiumiciattolo che ad un certo punto non ha più sbocco se non un tubo da 25\30, che con la grossa quantità d'acqua piovuta in questi giorni a causato l'allagamento di diverse case Daniele e Pascualino e buttato recinzioni e allagato macchine,per capire come si possa intervenire ho chi a fatto e autorizzato dei lavori nei lotti senza tenere conto che li scorre un fiumiciattolo, per evitare che possa capitare in futuro,grazie Corrado Serra strada 8 n.5
penso che sia opportuno che venga ricostituita al più presto quella "Commissione" di esperti che supervisioni alle attività di edificazione e manutenzione che hanno impatto sul territorio dal punto di vista idro-geologico.
E' indispensabile che l'uff. tecnico della cooperativa possieda strumenti che supportino la conoscenza e la gestione delle opere che hanno impatto sul sistema idrogeologico. Nel prossimo futuro saranno realizzati senz'altro degli interventi, mi sembra corretto che vengano seguiti attentamente perche da questi lavori dipenderà la SICUREZZA di tutti noi. Non so come dirlo, perchè giustamente in questo momento siamo tutti afflitti dal VOLEMOSE BENE ed è giusto che sia così, però è anche importante che certi cambiamenti nel modo di agire in cooperativa vengano attuati da subito. Continuo a non vedere segnali, spero di sbagliarmi.
Chi ha qualche idea su come portare avanti la creazione di questa commissione dal punto di vista politico?
Per fare un qualcosa di molto utile secondo me è necessario che si faccia una raccolta di firme devo dire fuori dalla cooperativa, per far sistemare il rio san girolamo a monte della diga con un intervento di rinaturalizzazione del corso d'acqua, creando come minimo due cose, una quella di riportare l'alveo com'era orignariamente, due di arginare la furia dell'acqua sia con degli interventi di riforestazione laddove è passato l'incendio e con dei rallentamenti fluviali dell'acqua, il tutto senza stravolgere la natura ma riqualificandola.
Tale richiesta è da inoltrare con molte firme alla Regione Sardegna.
ciao Giacomo
Giacomo, la legge regionale che ho appena pubblicato nel blog (Grazie Franco per l'immediato invio) stanzia circa 500.000 euro per uno studio idrogeologico dei bacini dei corsi d'acqua interessati dall'alluvione. Una cosa è certa, questi bacini, dopo quello che è successo, non saranno più trascurati e considerati "inifluenti" o a "basso rischio". Immagino anche che saranno realizzate opere opportune. Ci saranno anche errori e sprechi, speriamo non troppi errori e non troppi sprechi.
Secondo me la cooperativa non sarà interessata dalle opere sul Rio S. Girolamo ma potrebbe doversi occupare degli impluvi interni alla lottizzazione.
La cooperativa è interessata in quanto ha subito danni derivanti sia dall'incuria del fiume a monte sia dalla eccezionale piovosità, gli studi sono gia stati eseguiti e sono al comune da circa 10 anni, io penso che purtroppo ci siano delle gravi responsabilità da parte di chi doveva gestire il rio a partire dalla sorgente che ripeto aveva subito delle imense trasformazioni negli ultimi 15 anni ( non esisteva più per lunghi tratti ), la cooperativa si dovrebbe schierare subito con chi ha subito dei danni impagabili come la perdita di vite umane, questo è il modo giusto e corretto di comportarsi a difesa dei soci e familiari, per me non c'è altra strada e non mi sembra che le persone che la gestiscano la seguiranno in quanto non hanno quest'animo e questo coraggio, spero di sbagliarmi .
Mi ero dimenticato un altra coa sempre molto importante, stamattina sono andato sopra il canalone di Santa Barbara, precisamente su della sorgente de sa scabizzada, quella era la più vasta larga e lunga pietraia di tutta la montagna, quelle pietre erano li probabilmente da migliaia di anni, non ci sono più, la frana ha cancellato tutto ciò che c'era in questo canalone ed ha scoperto un banco granitico che forse non aveva mai visto il sole, molto bello e anche pauroso, confermo quindi quello che Nicola Nonnis aveva detto, però ci tengo a dire che esiste a mio avviso un alto rischio di frane di assestamento, forse è meglio tenersi alla larga da queste zone ( canali ) che sono di sicuro da far visionare a degli esperti.
ciao Giacomo
Vorrei chiarire alcuni concetti che mi sembrano ancora un po’ confusi e dire anche cosa penso io di alcuni fenomeni relativi alle sistemazioni fluviali.
Qualcuno ha fatto un paragone con la lottizzazione che si trova a valle del rio S. Lucia, cioè tutte le case che si trovano a ridosso del market I Gabbiani che, nonostante l’alluvione del 1999 e anche quella del 2005 (oltre a questa) non hanno subito allagamenti. In quel caso circa 15-18 anni fa venne modificato sensibilmente l’alveo del Rio che fu pesantemente rettificato e scavato con la realizzazione di una sezione del tutto artificiale che è ben visibile passando nella strada che dall’Agriturismo Agricantus conduce all’inceneritore. Quel progetto fu predisposto e realizzato dal Consorzio di Bonifica prevedendo una portata di piena con un tempo di ritorno di 200 anni. Come si può vedere l’alveo ha una sezione del tutto artificiale con sponde a 45° rivestite con mantellate in rete metallica e sezione al fondo trapezoidale più incassata rispetto alla golena interna agli argini. In pratica si è “messo in sicurezza” l’alveo proprio perché a valle doveva essere realizzata quella megalottizzazione (cooperativa 100, residenza del sole, albergo, scuole, centro commerciale e tra poco anche la chiesa). Tutto ciò scatenò all’epoca le ire degli ambientalisti (Amici della terra, Gruppo di Intervento Giuridico) che cercarono di opporsi all’ennesima rettificazione ed artificializzazione di un fiume, le cui caratteristiche di naturalità erano già pesantemente compromesse dagli escavi delle cave di ghiaia (vicino all’impianto per la produzione di asfalti e bitumi, tutt’ora esistente). Quell’opera tanto contestata, e secondo me veramente orrenda, ha però salvato tutti i residenti ed infatti, nel 1999, la cosa fu sottolineata anche dai giornali.
Attualmente esistono due correnti di pensiero sulle sistemazioni idrauliche che conducono a risultati progettuali ben diversi tra loro.
Quella che fa capo solitamente agli ingegneri idraulici secondo cui la pulizia e sistemazione degli alvei si realizza mediante sezioni geometriche rigide e molto artificiali, senza vegetazione lungo le sponde, con asportazione totale dei sedimenti presenti sul fondo (sabbie, ghiaie, ecc.) e con argini a sezione regolare. Nei casi più estremi si arriva anche alla ben nota cementificazione degli alvei con lastre in calcestruzzo o al massimo rivestite in pietra, tipo, per intenderci, il canale di guardia realizzato dietro il cimitero di Capoterra.
La seconda invece si identifica con la cosiddetta “ingegneria naturalistica” una disciplina che si basa su progettazioni multidisciplinari tra tecnici di formazione differente che operano in sinergia (geologo, ingegnere idraulico, forestale, naturalista). Le tecniche dell’ingegneria naturalistica prevedono l'utilizzo di materiali naturali sia di tipo vegetale (piante intere o loro parti, talee, fascine di rami, ecc.) che di altra origine (pietrame, legname, griglie, reti metalliche, reti o tessuti in materiale sintetico, fibre, ecc.), messe in opera secondo semplici metodologie costruttive (muretti a secco, briglie e traverse in pietrame, fascinate e viminate), che riprendono tecniche utilizzate fin dal secolo scorso nelle valli alpine, ed in particolare tecniche proprie delle sistemazioni idraulico-forestali largamente utilizzate da parte del Corpo Forestale dello Stato nei territori montani. Secondo l’ingegneria naturalistica i fiumi non devono avere tracciati rettilinei ma il più possibile variati e simili a quelli originali, sponde vegetate con essenze dotate di radici in grado di resistere all’energia dell’acqua, zone di decantazione e riduzione della corrente, salti di fondo tipo briglie che consentano il rallentamento e la deposizione dei materiali trascinati. Insomma il fiume viene considerato un corpo naturale vivo e abitato da specie vegetali ed animali e non semplicemente un canale che trasporta acqua.
Appare ovvio che lavori di tale importanza da realizzare su un alveo con uno sviluppo di almeno 4-5 km (a monte della diga) non sono certo alla portata della cooperativa, la quale non potrebbe realizzarli neppure nel tratto di sua competenza.
Bisogna inoltre tener presente che il Comune di Capoterra, a seguito dell’alluvione del 1999, aveva ricevuto dalla Regione Sarda nel 2001 un finanziamento piuttosto consistente (ne hanno parlato i giornali in questi giorni e credo che ci sia già un’indagine della magistratura) per la realizzazione di una sistemazione generale del Rio San Girolamo, dalla foce fino alla zona in prossimità della chiesetta omonima, in cui nel 1999 venne gravamente danneggiato il ponte. Il Comune ha eseguito tali lavori solo nel tratto di valle dal mare fino alla confluenza tra il rio S. Girolamo e il Rio Masone Ollastu (quello di Su Loi) e poi nel tratto compreso tra la Sulcitana e la famosa scuola materna di San Gerolamo dove c’è il ponte mediante un’arginatura e la formazione di un argine artificiale che è andato in crisi con la recente alluvione. In quel periodo io facevo parte del Comitato Tecnico della cooperativa ed avevo chiesto che qualora il comune avesse progettato interventi simili nel tratto tra la zona sportiva e l’Hydrocontrol, la Cooperativa avrebbe dovuto concordarli e approvarli preventivamente anche con il coinvolgimento specifico del Comitato Tecnico.
In una relazione inviata ai membri del Comitato Tecnico scrivevo nel giugno 2002 le seguenti osservazioni: “Il tratto del Rio San Girolamo e le aree circostanti comprese grosso modo tra l’Hydrocontrol e la Zona sportiva, hanno subito durante l’evento alluvionale del 1999 una serie di fenomeni (accumuli di materiali sciolti, erosioni spondali, allagamenti, ecc.) che sicuramente necessiterebbero di alcuni interventi di sistemazione idrogeologica, che possono essere così riassunti: - eliminazione di parte dei materiali litoidi o organici (rami e radici, tronchi di alberi) accumulatisi in particolari punti dell’alveo a causa dell’elevato trasporto solido e che causano un restringimento della sezione; dove è possibile parte di tali materiali potranno essere lasciati in loco al fine di creare dei microambienti che caratterizzano e diversificano l’ecosistema (barre ghiaioso-sabbiose vegetate); - risagomatura dell’alveo di magra formato dai materiali sciolti, in cui l’acqua scorre per la maggior parte dell’anno; - risagomatura e protezione adeguata di alcuni tratti spondali erosi durante l’evento di piena del 1999 (zona delle piscine, zona del campo sportivo) mediante tecniche naturali (gabbionate, fascinate e viminate) con rivegetazioni spondali con finalità non solo paesaggistiche ma anche statiche per consentire la protezione ed il rafforzamento delle sponde; - riduzione della vegetazione erbacea che ostruisce l’alveo impedendo il normale deflusso delle acque (es. canneti troppo fitti), questo intervento dovrà interessare solo l’alveo, senza intaccare la vegetazione presente lungo le sponde; inoltre per l’eliminazione dei canneti si dovrà agire nel periodo di quiescenza della pianta, avendo cura di non disseminare i rizomi oltre l’area in cui sono presenti, perché gli anni successivi si otterrebbe un effetto di moltiplicarne la diffusione; - rivegetazione spondale dei tratti privi di vegetazione, mediante l’utilizzo di specie autoctone, che con le loro radici agiscano a protezione e stabilizzazione delle sponde.”
Questi miei suggerimenti rimasero lettera morta, sia perché il comune non fece assolutamente nulla, sia perché mi dimisi quasi subito dal Comitato tecnico poco dopo l’invio di quella relazione (che trattava vari argomenti) il cui contenuto evidentemente non fu tanto gradito ad alcuni amministratori.
Infine per quanto concerne i lavori da eseguire negli impluvi secondari presenti in tutta la lottizzazione, affluenti del corso d’acqua principale, anch’essi dopo i recenti eventi, avrebbero necessità di un serio programma di risanamento sempre mediante le tecniche dell’ingegneria naturalistica, soprattutto per salvare la funzionalità degli attraversamenti stradali e la sicurezza dei lotti dei soci. A questo proposito avevo già avuto modo di ricordare che la cooperativa nel 2006 aveva dato un incarico per individuare tutte le situazioni di potenziale rischio e che esistono dei documenti con uno studio preliminare in questo senso. Tale studio potreebbe essere aggiornato e servire da base per la pianificazione degli interventi più urgenti.
A questo punto, dopo ciò che è accaduto, spero che si decida veramente di mettere mano a tutti gli impluvi per sistemare definitivamente gli attraversamenti stradali che sono andati in crisi durante l’alluvione, principalmente a causa di fenomeni di enorme trasporto solido di sabbie e massi che hanno causato i problemi nelle zone di S. Barbara, Bellavista e centro Commerciale. Questi materiali sono quelli che provengono dalla parte più alta dei versanti, anche dalla zona della chiesetta di B. Barbara dove si è formato un lunghissimo conoide di detrito costituito da massi enormi (quello visibile nella foto del mio post iniziale) e che le acque trascinandoli a valle depositano entro gli impluvi, ostruendoli.
Scusate le lungaggini, che per alcuni saranno anche state un po’ ovvie e scontate, ma credo che non lo siano per i profani della materia.
A presto Rita
la mia domanda è: è possibile che previa adeguata "istruzione" sul come comportarsi, dopo che questi impluvi secondari verranno in qualche modo "sistemati", la manutenzione periodica possa essere effettuata anche dai proprietari dei lotti limitrofi?
sono ottimista? faccio un esempio: io la mia cunetta me la decespuglio da solo, se avessi un impluvio a fianco del mio lotto e mi venisse detto di effettuare periodcamente certe attività (es. sradicare le canne una volta all'anno, eliminare con pala e carriola eventuali materiali sabbiosi etc.) non credo che mi asterrei dal farlo. In questo modo la cooperativa potrebbe effettuare una azione di controllo periodico e interventi limitati dove necessario. Dobbiamo renderci conto che le aree verdi del Poggio e anche gli impluvi sono importanti e devono essere curati periodicamente. Propongo non provocatoriamente una campagna del tipo "adotta 100 metri di area verde" grazie alla quale noi stessi ci sentiamo "responsabilizzati" anche alla cura del terreno che si trova al di fuori del nostro lotto.
Le istruzioni su come comportarsi potrebbero essere contenute nel portale della Cooperativa.
dato che tu Rita hai parlato del Comitato Tecnico e considerato quello che è successo in questi giorni, sono convinto della necessità di ricreare questo "gruppo di lavoro" facendo in modo che non accada nuovamente che la sua efficacia venga annullata da irresponsabili comportamenti di qualche amministratore. non importa se è stato fatto: diciamo che questi temi sono stati sottovalutati da tutte le amministrazioni, palla al centro e si cominci adesso la partita.
A questo proposito sarebbe opportuno che non si creassero ulteriori attriti e che chi oggi è legittimato a rappresentare la nostra comunità comprenda che è necessario effettuare un salto di qualità e che questo è il momento giusto per farlo. Non sono parole e propositi.
Si può creare facilmente e rapidamente il gruppo di lavoro con le professionalità che servono ma è indispensabile l'azione della cooperativa che mi sembra ancora arroccata sul concetto della gestione de "noartri". Capisco che agire seguendo "su connottu" (i gruppi ristretti di amici) faccia parte della tradizione poggina degli ultimi 15 anni, ma qui abbiamo già perso molte delle strutture costruite dall'uomo. Vogliamo perdere anche il paesaggio naturale?
Pensiamo poi che se perdiamo oggi il lago, domani se ne andrà anche il bosco al prossimo incendio.
Mi sono imbatturo per caso in questo blog cercando informazioni su studi idrogeologici, quindi compiuti su basi scientifiche serie (almeno fin dove la scienza puo' arrivare, dopo di che dovrebbe supplire il buon senso)
riguardanti il nostro territrorio di capoterra. Leggere gli interventi di rita e' stato un' autentica delizia (un po di consolazione ci vuole in questi giorni tristi).
Una competenza e un rigore nell'analisi da prendere sicuramenrte d'esempio e soprattutto non solo frutto di un lavoro a tavolino ma anche di una conoscenza del territorio maturata sul campo, cosa anche questa sempre piu' rara anche tra molti addeti ai lavori.
Ancora i miei complimenti e speriamo che queste parole non restino per l'ennesima volta inascoltate da chi di dovere (quanto competenti e adeguati di fronte a tanto delicate decisioni? siamo sicuri che il solo voto popolare sia sufficiente a poter ricoprire potenzialemnte qualunque incarico?) . Ci si augura inoltre che ci sia anche un adeguata vigilanza a che le risorse messe a disposizione,se anche non del tutto adeguate, vengano comunque spese al meglio affinche' la straordinaria azione di soldarieta', di cui ancora una volta il nostro paese e l'intera sardegna ma possiamo dire l'italia in genere ha saputo e sta dando esempio, non riceva l'ennesimo schiaffo dalla sciagurata pratica dall'arraffa, arraffa per cui noi italiani siamo anche, purtoppo, famosi nel mondo.
Giuseppe C. -Frutti d'oro
Ciao sono d'accordissimo conq uanto ha detto Rita, ringrazio a nome penso di tutti quel ragazzo che ha scritto da Frutti D'Oro, Giuseppe, cologo l'occasione per ripromuovere la mia idea di una raccolta di firme estesa a tutto il territorio colpito per far fare quello che ha detto Rita nella sua dettagliata proposta, questa è sicuramente la giusta strada per risolvere i veri problemi partendo da monte del problema.
Invito Giuseppe C. a ripresenziare su questo blog in quanto questa raccolta di firme se si farà dovrà essere estesa anche a Frutti D'Oro e potrebbe essere uno collaboratore per questa inziativa.
ciao Giacomo
Ciao ho pubblicato sul sito www.poggionatura.org sia qualche foto sia l'articolo di Rita, è un documento che ritengo interessante e validio, lo sostengo apertamente e lo ritengo davvero importante per il futuro del Poggio e delle case a valle, della natura e dei laghi, sosteniamolo con tutte le forze.
ciao Giacomo
Ciao a tutti,
ho fatto un giro a piedi nella zona di San Girolamo, Miniere di San Leone, sino all'ovile del capraro e verso S'Arcu Mannu lungo il canale di Bacchialinu...
Conosco o meglio....conoscevo molto bene quelle zone e son rimasto molto colpito dallo stato in cui si trova la montagna e i vari fiumi e torrenti ho fatto un centinaio di foto, quello che ho visto ha dell'incredibile la strada che costeggiava il fiume ovviamente non esiste più e il fiume è larghissimo e carico di detriti.
E' stato interessante dopo la passeggiata confrontare quello che avevo visto con le immagini satellitari di Google Earth...incredibile!
Farò avere a Giorgio quanto prima le foto così magari le pubblica, se qualcuno è interessato me lo faccia sapere.
Saluti, Nicola Nonnis
Salve, anche io in questi giorni ho fatto parecchie foto.
Suggerirei a Giorgio di creare una spazio dove inserire queste foto, magari sarebbe il caso di aggiungere per ognuna una breve didascalia che illustri il sito, oppure sarebbe bello georeferenziarle su una mappa di google così tutti potrebbero capire da dove sono state scattate.
Giorgio facci sapere se si può fare come con google. Magari si potrebbero autorizzare a scaricare le foto solo gli utenti registrati, e visionare comunque prima quelle pubblicabili (non si sa mai che qualcuno faccia scherzi) così come accade in GoogleHearth
Si può fare?
Ciao Rita
la mappa georeferenziata si puo fare usando come base quello strumento che ho chiamato GeoPoggio. Le foto però rischiano di essere tante e dovrei farlo io a mano.
Una seconda soluzione consiste invece nell'utilizzare l'album fotografico che ho su Isola Sarda all'indirizzo http://www.isolasarda.com/public/igallery/igallery.asp
con questo strumento chi ha un bel pò di foto puo' inserirle e descriverlo da solo, se invece qualcuno ne ha una o due è meglio che me la mandi via email.
Chi ha foto e vuole metterle dentro l'album mi contatti.
Giorgio ti ho mandatouna mail con il link alle foto, hai ricevuto?
Saluti, Nicola Nonnis
Ciao a tutti, l'intervento della signora Lai è la descriziona ragionata, scientifica ma con espressioni dei nostri sentimenti più profondi. Non bisogna dimenticarlo con i venti d'autunno.
saluto tutti
franca
Ciao, come avrete notato anche per oggi nessuno aveva dato l'allerta meteo, questo per far capire a tutti chi governa la situazione, inoltre stanno tirando su la bufala che sono stati i ponti a causare i maggiori danni ( fonte unione sarda ), invece io voglio continuare a dire che oltre ad essere stata la quantità d'acqua che è caduta è stata e ha contribuito l'incuria del Rio San Girolamo, un incuria tale che vedeva il Rio ormai quasi completamente intasato di detriti che negli anni ( circa 20 )si erano accumulati facendo scomparire di fatto l'alveo originale del fiume, chi aveva il compito di ripulirlo??
La cosa strana che a dirigere i lavori non c'è nessun direttore, che si sta facendo un ansa pericolosa prima di un ponte ( ponte piscine ) che non si sta riaprendo il rio anche vicino a case di soci che sono a rischio.
Voglio rimarcare il fatto che nessuno ha dato a distanza di una settimana l'allerta meteo per la giornata di oggi, sono ripetitivo ma agli asini bisogna ridirlo in continuazione, sperando che leggano.
Oggi dovrebbe piovere fino alle 18 circa e si legge in alcuni siti che potrebbe ripiovere con intensità forte, meglio stare attenti.
ciao giacomo
vi segnalo questa iniziativa suo stesso tema
Nell'ambito delle iniziative promosse per manifestare contro la L. 133/08, giovedì 06 novembre 2008 avrà luogo una lezione pubblica sul tema:
"Alluvioni: catastrofi mandate dal cielo o disastri annunciati?"
Terranno la lezione:
il dott. Antonio Fadda, presidente dell'Ordine dei geologi della Sardegna
il Prof. Antonio Pala, docente di Idrogeologia presso la Facoltà di Scienze
MM.FF.NN.
Via Roma - Palazzo del Consiglio Regionale - ore 10
saluti
giuseppe colizzi
Salve, mi chiamo Antonio, sono un geologo che da tre anni vive a frutti d'oro 2. Ho letto con molto interesse quanto scritto qui, soprattutto le parole illuminanti di Rita. Fortunatamente casa nostra è una delle poche che non ha avuto alcun danno dall'alluvionema, durante i giorni passati a spalare fango, ho capito che si doveva fare qualcosa per fare in modo che le nostre case fossero più sicure. Senza aspettare che le decisioni vengano dall'alto. Senza aspettare che si facciano le opere e poi tra 3, 5 o 10 anni stiamo di nuovo spalando fango.
Qui a frutti d'oro abbiamo creato un gruppo di tecnici (ingegneri, geologi, avvocati) con due obbiettivi: il primo, immediato è quello di dare assistenza tecnico giuridica gratuita a tutte le persone che hanno avuto danni dall'alluvione. Questo lo stiamo realizzando appogiandoci alla caritas.
Il secondo obbiettivo è quello di creare una sorta di comitato scientifico di tutte le lotizzazioni per cercare di avere qualche voce sulla progettazione e la realizzazione delle opere di messa in sicurezza, partendo dal capire a chi saranno dati quei 500000 euro per gli studi di dettaglio messi a disposizione dalla regione.
Questi giorni è stato distribuito un comunicato per fare conoscere l'iniziativa, e oggi alle 19.00 alle 21.00 ci incontriamo nella parrocchia di Frutti d'oro.
Sarebbe veramente un piacere poterci incontrare, credo che soprattutto in queste occasioni l'unione faccia la forza.
Ci saremo. Il Rio S. Girolamo ci unisce. I nostri figli sono venuti a spalare a frutti d'oro dal primo giorno, sarebbe bello continuare il percorso di ricostruzione insieme.
Posta un commento