THE NEW YORK TIMES
pubblicato il 24 Ottobre 1892
Questo Blog è stato creato per scambiare informazioni, idee, proposte e materiali tra residenti del comune di Capoterra. Si invitano i lettori a firmare i propri commenti o articoli con nome e cognome. Potete inviare i vostri articoli al seguente indirizzo: giorgio.plazzotta@gmail.com
Questi solo alcuni dei messaggi lanciati da chi ha deciso di parlare davanti ad una telecamera. Messaggi che si spera vengono presto recepiti e realizzati dalla dirigenza SARAS, soprattutto nell'interesse di TUTTI, dipendenti SARAS, dipendenti ditte esterne, abitanti di Sarroch e paesi limitrofi, lavoratori impegnati in attività estranee all'indotto petrolchimico, ecc.. Le informazioni si riferiscono forse ad una indagine epidemiologica eseguita dal prof. Annibale Biggeri i cui risultati sono stati presentati agli abitanti di Sarroch tra novembre 2008 e febbraio 2009 (chi era interessato ha partecipato, gli assenti non so). I risultati di tale indagine (ricchi di dati e tabelle) sono reperibili, immagino, presso il Comune di Sarroch su supporto cartaceo e magari (se il link funzionasse), anche online. Dati e tabelle non sono stati inseriti in OIL perché forse richiedono un'attenta valutazione; è comunque presente un breve resoconto dalla voce dello stesso prof. Biggeri, il quale constata un danno potenzialmente reversibile al DNA nei soggetti sottoposti ad indagine. Senza parlare di leucemie e tumori vari, potrebbe risultare interessante chiedersi se è normale riscontrare in bambine di 5 anni disfunzioni serie alla tiroide. L'espressione grammaticale, poi di chi ha partecipato ad OIL, mi sembra ottima; solo in un paio di interventi la voce è stata camuffata in fase di montaggio, perché sì, desiderosi di esprimere la propria opinione, ma "timorosi" magari di perdere il posto di lavoro. Se poi ci si riferisce in particolare al pastore che parla sardo stretto, ed è stato quindi necessario mettere i sottotitoli, beh! questo è un problema di chi magari vive male con il proprio passato, fatto di tradizioni usi e costumi. Spesso l'intelligenza e la rispettabilità non è garantita da una camicia ben stirata, da un diploma o da una laurea.> > Eppoi basta, se uno il documentario dice di averlo visto, non è che poi un altro glielo deve spiegare. Un documentario poi, analizzato nel suo insieme tra argomenti trattati, montaggio, scelte musicali ecc. è anche in minima parte, da considerare come un'opera più o meno d'arte e che quindi può interessare ad alcuni e ad altri no!!!> Evviva la libertà di pensiero e di opinione!
Il Tour OIL, organizzato per iniziativa di numerosi cittadini SARDI, è forse partito per le tante similitudini riscontrate con altre realtà sarde (purtroppo anche con la realtà delle restanti 19 Regioni d'Italia); quindi diciamo che Sarroch (sede della raffineria più importante d'Europa) potrebbe essere un punto di partenza per iniziare a convivere dignitosamente con impianti industriali che creano e garantiscono lavoro, sono inglobati dall'ambiente, e tante altre belle cose.. Sul motivo che spinge un regista indipendente di Milano a realizzare un documentario proprio a Sarroch, tralascio.., ognuno è libero di pensare quello che vuole, di sceneggiarsi il film mentale che preferisce! saluti da
un filtro esaurito
Nelle condizioni attuali dell’alveo a valle della diga, appare ovvio che tale compatibilità idraulica non poteva essere attestata da alcun professionista, in quanto la condotta avrebbe costituito sicuramente un ostacolo al normale deflusso delle acque.
Le condotte di queste dimensioni e caratteristiche non sono soggette allo Studio di Impatto Ambientale, perché né la normativa nazionale (DPCM 27/12/1988) né quella regionale lo prevedono (Deliberazione n. 24/23 del 23/04/2008 – Allegato B1 prevede che siano sottoposti a procedura di VIA regionale solo gli acquedotti con lunghezza > 20 km). Inoltre per quest’ultima normativa vale anche quanto disposto dall’ art. 4 – Interventi esclusi - in cui si legge che “Non sono sottoposti a procedura di VIA i singoli interventi disposti in via d’urgenza, ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 5 della L. 24/02/1992 n. 225 al solo scopo di salvaguardare l’incolumità delle persone e di mettere in sicurezza gli immobili da un pericolo imminente o a seguito di calamità” .
Si ricorda infine che a seguito dell’emanazione dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3711 del 31/10/2008 tutti gli interventi sulle opere fognarie e idriche sono dichiarati indifferibili, urgenti, di pubblica utilità e costituiscono varianti al piano urbanistico vigente; inoltre il Commissario per l’Emergenza Alluvione 2008 per i progetti di opere incidenti su beni sottoposti a tutela (ai sensi del D.Lgsl.vo n. 42 del 22/01/2004 quali boschi, fiumi, laghi ecc.), ha facoltà di derogare alle procedure anche per eventuali vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e può derogare a numerose disposizioni di legge.
Questo significa che se il Commissario avesse voluto, avrebbe anche potuto imporre ad Abbanoa di attraversare tutta la pineta per realizzare al più presto la condotta anche se la pineta fosse sottoposta ad un vincolo per la presenza di un bosco.
Il CdA attuale, dopo aver effettuato alcuni sopralluoghi alla presenza dei tecnici della ditta e dell’Ufficio Tecnico della Cooperativa e dopo aver contatto la Direzione Lavori di Abbanoa, ha scelto di evitare di far passare la condotta dentro la pineta. Infatti si è appurato che il tracciato previsto dal progetto avrebbe comportato un danno molto più consistente dell’attuale soluzione tecnica, con la condotta posata lungo la sponda prospiciente il lago, sotto la quota del sentiero.
Si è constatato, infatti, che la soluzione prospettata mesi fa da Abbanoa alla Cooperativa (gennaio 2009) prevedeva oltre al taglio di numerose essenze arboree ed arbustive (pini, ginepri, sughere, lecci, corbezzoli, mirto, lentisco, fillirea, ecc.) anche l’utilizzo di mezzi di cantiere che, per le loro dimensioni (3-3,5 m) e per le condizioni di utilizzo (spazio necessario per la movimentazione dentro la pista), avrebbero dovuto realizzare uno sbancamento della larghezza variabile tra i 5 e i 7 m e della profondità variabile tra i 2-3 m. Per il tipo di scavo realizzato sarebbe stato necessario accedere alla pista anche con dei camion per allontanare i detriti, per posare la condotta e per realizzare i necessari tombini in corrispondenza di sfiati e scarichi (necessari per il corretto funzionamento della condotta). Tali operazioni avrebbero comportato la destabilizzazione del versante granitico, che in alcuni punti presenta una pendenza > 30% , con conseguenti problemi di stabilità non solo del sentiero (che sarebbe diventato una pista), ma anche del versante soprastante la pista stessa, e avrebbero innescato grossi problemi di erosione lungo la sponda del lago con conseguente trasporto di masse di detriti dentro il lago alle prime piogge autunnali. Inoltre a causa dell’età delle piante, delle dimensioni delle radici e della stagione secca, nessuna delle piante espiantate e reimpiantate (come richiesto dal Corpo Forestale) sarebbe sopravissuta ad una operazione del genere.
Il motivo per cui si è optato per il tracciato più basso sul bordo della sponda del laghetto è dovuto a quattro motivi:
A maggiore garanzia del ripristino immediato della fascia interessata dalle operazioni di posa della condotta, è stato chiesto che l’ impresa esegua una risistemazione della sponda del lago (peraltro ora visibile solo perché il livello dell’acqua è molto basso), mediante anche l’ impiego di tecniche di ingegneria naturalistica, con l’utilizzo di una biostuoia opportunamente ancorata a monte e a valle, che ha la capacità di favorire la stabilizzazione della zona scavata e di agevolare la ricrescita delle essenze naturali palustri.
La creazione di una pista dentro il bosco era stata vista, inizialmente, come la soluzione ai problemi di isolamento di Pauliara, poichè si pensava di sfruttare il lavoro dell’impresa per la creazione di un vero e proprio stradello che avrebbe facilitato tale collegamento pedonale. In realtà i danni e l’impatto in termini vegetazionali e geomorfologici hanno sconsigliato tale opzione, in quanto la realizzazione dei lavori secondo le modalità previste dall’appalto non fornivano rassicurazioni circa la tutela dell’ambiente naturale.
In ogni caso la sistemazione dello stradello e la sua migliore fruizione, resta un obiettivo di questo CdA. La realizzazione di un vero e proprio sentiero ciclo-pedonale magari anche regolarizzato e illuminato opportunamente , sollecitato anche da numerosi residenti di Pauliara, verrà affrontato e risolto quanto prima, insieme a tutte le altre questioni attinenti alla sistemazione definitiva della viabilità danneggiata dall’alluvione.
Allo stesso modo mi sembra poco verosimile e rispettosa l'immagine di cinquemila kamikaze che, per 1500 euro al mese, vadano a prendere la loro dose quotidiana di veleno e di morte senza battere ciglio.
Ancor più ridicola l'idea, prospettata ieri da qualcuno in sala, che un dipendente Saras riceva una specie di "lavaggio del cervello" che gli impedisca di intendere e di volere.
Dopo avere chiarito la mia posizione di lavoratore Saras e cittadino presunto "inquinato", residente nell'area definita nel documentario più o meno come una schifezza, veniamo a Mazzotta. Cosa spinge questo giovane milanese a occuparsi del nostro territorio? Ha perso un parente a causa di un tumore e ha deciso di scoprirne le cause? E' un sardo che vuole difendere la sua terra? Per carità tutti si possono occupare della Sardegna e io potrei decidere di scrivere un libro su Canicattì. Abbastanza ridicolo invece quel sottotitolo del documentario "la dignità del popolo sardo". Ma che c'entra con il tema? Il regista milanese vuole difendere la dignità dei sardi, oppure è solo un mettere le mani avanti, una sviolinata ai sardi nel sottotitolo per giustificare il fatto che lui, con la Sardegna non ha niente a che fare e che, invece, sta sfruttando una situazione presente nella nostra terra per giocarsi la carta del successo personale.
Sicuramente Mazzotta si è ben documentato su questa terra e sugli impianti petrolchimici, non lo metto in dubbio. Però non sono nato ieri ed è da lungo tempo che non credo più a Babbo Natale. Vendere libri o film dedicati a qualcosa che funziona significa un fallimento editoriale assicurato. I prodotti che vanno forte sono invece gli scandali, i disastri, il pericolo, le guerre, la morte, le tragedie.
Vogliamo ricordare qualche esempio? Salman Rushdie scrive un illeggibile polpettone che vende milioni di copie solo perchè si becca una fatwa dagli ayatollah iraniani.
Michael Moore produce un documentario pieno di illazioni su eventuali trame che starebbero dietro agli attentati alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001. In quel documentario si portano avanti tesi incredibili del tipo "Bin Laden è al soldo degli americani", oppure "Le torri con i loro 5000 morti sono state fatte saltare in aria dagli americani per dare la colpa agli arabi e iniziare la guerra". Nonostante le prove a supporto di queste affermazioni siano scadenti, come ad esempio "la famiglia Bin Laden ha fatto affari con gli USA", quel documentario ha reso famoso l'autore che oggi è entrato a far parte dello Star System a stelle e strisce.
Non so se Mazzotta ambisca a diventare il Michael Moore italiano e se abbia selezionato la zona industriale di Sarroch come trampolino di lancio per la propria carriera. Questa è solo una mia illazione, esattamente come una delle tante che sono contenute in questo documentario.
Ma di cosa parla "OIL", in concreto? A parte l'accattivante e ben realizzato mixaggio audio-video, che sicuramente affascina e ipnotizza lo spettatore, quali sono i messaggi e, soprattutto, le informazioni che si vogliono trasmettere? In verità, pochi, già sentiti e confusi. E' un documentario o un videoclip?
Del fatto che l'impianto IGCC Sarlux, che produce 550 MW (un terzo di tutta l'energia elettrica prodotta in Sardegna) sia stato finanziato con la delibera CIP6 sulle energie rinnovabili se ne è parlato già da tempo. Questo argomento è stato oggetto di una seguitissima campagna di informazione e di protesta attuata da Beppe Grillo.
Affermare poi che il modello di sviluppo ottimale della Sardegna oggi non dovrebbe prevedere l'industria petrolchimica significa ripetere concetti che circolano da decenni. Benvenuto nella Sardegna delle cattedrali nel deserto, grazie per avercelo ricordato.
Tutto vero, ma il Cip6 non ha nulla a che vedere con l'inquinamento e la salute e le strategie industriali che pianificano la nostra economia, semmai dovessero essere realizzate, non possono certo far sparire con la bacchetta magica le industrie già presenti. Mi sembra una ovvietà. Soldi sprecati del contribuente italiano, cattiva progettazione dell'economia del nostro paese. Purtroppo banalità che non costituiscono, a causa della loro quotidianità, una notizia interessante, peraltro già trattata da altri in precedenza.
Per rendere il documentario più "piccante" sono necessari ben altri elementi: morte, pericolo, allarme.
Ecco quindi che vengono mostrate ciminiere fumanti a go-go, testimonianze di parenti di persone decedute di tumore e personaggi che si aggirano fuori dai bar sarrochesi. Il tutto è sicuramente molto pittoresco ma, mi chiedo, rappresenta realmente la società e la gente di Sarroch?
Ci sono poi le interviste ai dirigenti Saras che spiegano quali siano i prodotti della Raffineria. Abbiamo quindi scoperto che tutti quei tubi e quei silos non servono a produrre cioccolato o zucchero filante, ma la benzina e i derivati chimici con i relativi rifiuti tossici. Alcuni operai testimoniano che questi rifiuti sono veramente puzzolenti. E vorrei ben vedere se odorassero di gelsomino. Quello si che sarebbe lo scoop tanto ricercato da Mazzotta.
Compare a un certo punto anche un bel polpo che si dimena prima di finire probabilmente sotto forma di insalata di mare in qualche ristorante del litorale. Tutto fa brodo, anche il polpo.
L'assemblaggio di tutte queste immagini e testimonianze porta però a suffragare una tesi che seppur mai espressa chiaramente dai sottotitoli del documentario, rappresenta il tarlo che poi cerca di farsi strada nell'immaginazione dello spettatore: la raffineria causa la morte, la raffineria inquina in modo illegale, i tumori che si verificano tra i lavoratori e i residenti sono causati dall'inquinamento. A suffragare questa tesi drammatica e inquietante, non viene portato nessun elemento scientifico. Durante l'intero documentario non ho visto proiettare sullo schermo nemmeno una tabella. I numeri danno fastidio alle tesi prive di fondamento.
Quali sono le incidenze delle malattie sensibili all'inquinamento nel comune di Sarroch rispetto ad altri aventi caratteristiche simili (non Aritzo o Burcei per esempio)? Ha senso presentare le testimonianze di disperati parenti di persone decedute di tumore, pur sapendo che questa terribile malattia colpisce in qualsiasi angolo del pianeta e che solo alcune tipologie di tumore, a causa del funzionamento del corpo umano, possono essere ricondotte anche a cause riconducubili all'inquinamento atmosferico?
Il documentario mostra molte immagini di ciminiere e fumo. Noi quelle ciminiere le abbiamo viste in tutte le situazioni: con vento e senza, di giorno e di notte, con il sole e la pioggia. Si stagliano sempre sui monti del capoterrese, di Pula o sul mare. Conosciamo i colori della nostra terra e della nostra aria, anche quella di Sarroch. Mi e venuto da pensare che ogni volta che arrivo in Val Padana trovo sempre quell'atmosfera orripilante che ti si appiccica addosso, che non ti fa mai vedere il sole. Io, sardo, provo sempre un senso di nausea e fastidio e penso a come non mi piacerebbe vivere respirando ogni giorno tutte quelle schifezze (lo smog non è aerosol). Adesso viene qui dallo smog questo Mazzotta e mi dice che la mia aria fa schifo. Ma l'hai vista la tua?
Viviamo davvero nel paese di Pulcinella, privo di rilevazioni e di controlli o, ancor peggio, siamo tutti in pericolo di vita? E' questo il risultato che vuole ottenere il documentario? Dovremmo far chiudere gli impianti, oppure fuggire solo per avere visto un videoclip senza neanche un numero?
Sono argomenti delicati che non possono essere trattati con superficialità. Non si può spalmare merda senza elementi concreti, nemmeno addosso ai ricchi petrolieri anche perchè il lavoro non lo perdono loro, ma i 5000 che ci lavorano. Se questa industria mette veramente a rischio la mia salute sono il primo a volerlo sapere, ma tutti dobbiamo pretendere una informazione corretta basata su fatti concreti, non sul complottismo o sul sensazionalismo.
Se i cittadini vogliono maggiori garanzie di quelle che vengono già fornite sia dall'industria che dalle istituzioni, ne hanno tutto il diritto. Volendo fare qualcosa in prima persona, possono anche costituirsi in associazione e cercare di ottenere maggiori informazioni o spingere affinchè vengano diminuiti certi rischi, una volta appurati.
E' utile (a noi, non a lui) l'arrivo del signor Mazzotta da Milano che, rifacendosi a un banalissimo clichè del sardo "da bar", bruttarello, sdentato, sgrammaticato e non sbarbato (a Sarroch ci sono anche persone che si radono), fa un pò di colore e cerca la fama lasciandosi dietro una scia di sospetti e di timori?
Oppure Mazzotta è un eroe che ha aperto gli occhi ai cittadini dormienti, comprati con le buste paga o soggiogati da quelle che qualcuno nel documentario definisce come la "mafia" petrolifera?
I cittadini di Sarroch sono veramente come sono stati dipinti, oppure le interviste sono state selezionate in modo strumentale a supportare la tesi che dall'inizio il regista voleva portare avanti. Non esistono persone che parlano un corretto italiano a Sarroch? Ma su, andiamo!
Mi verrebbe la voglia di fare un documentario sui tanti che dopo avere trascorso una vita intera dentro la Raffineria, si godono la pensione e la vecchiaia in buona salute. Ma quello non fa notizia.
Ruspe in azione lungo il lago
Alcuni dei reliquati in zona Pauliara
Un reliquato, secondo la sua esatta definizione, è un pezzo di terreno che, quando sono stati ritagliati i lotti edificabili, è rimasto fuori: è un rimasuglio, che, per sua stessa natura, è molto piccolo, è spesso intercluso all'interno dei lotti edificabili, e comunque ha caratteristiche che lo rendono difficilmente commerciabile (è in zone scoscese, è attraversato da corsi d'acqua, o da linee elettriche, etc.): altrimenti, com'é ovvio, lo si sarebbe trasformato in lotto edificabile fin dall'inizio!