Spesso si sente parlare di lavori effettuati su aree pubbliche senza autorizzazione. Da un lato tutti dicono che le leggi, quando ci sono, debbano essere rispettate, ma è anche vero che noi italiani siamo purtroppo famosi nel mondo per non rispettarle o cercare di aggirarle, spesso utilizzando la nostra altrettanto rinomata fantasia. Talvolta, invece, ci sembra che le regole siano eccessive e non abbiano come fine ultimo quello di tutelare l'interesse delle collettività o dei singoli, ma semplicemente angariare il popolo e alimentare una macchina burocratica che deve giustificare la propria esistenza. Dove sta la verità, come solito nel mezzo?
L'alluvione del 2008 dovrebbe rappresentare, per tutti noi, oltre che una immane tragedia, anche un momento di riflessione su come possa essere rischioso ignorare non solo le leggi della natura ma anche le norme che, soprattutto negli ultimi decenni, sono state poste a tutela innanzitutto della vita umana, ma anche dell'ambiente e del paesaggio, un bene che per noi sardi ha un valore ancor più elevato, perchè significa anche lavoro e futuro.
Pensiamo, per esempio, ai tanti abusi compiuti lungo le coste sarde, come quello di Tuarredda (Malfatano) a proposito del quale, grazie all'intervento dell'associazione ambientalista "Gruppo di Intervento Giuridico" la magistratura ha recentemente emesso i primi rinvii a giudizio.
Il lago di Poggio, con la sua diga, è al tempo stesso un elemento naturale con elevato valore paesaggistico e una struttura idraulica da tenere sotto controllo. A prescindere da ciò che è avvenuto nel 2008 è quindi del tutto logico aspettarsi che esistano norme che lo tutelino e garantiscano la funzionalità e la sicurezza della diga. Difatti queste norme esistono e non da pochi anni. A pochi metri sorgono gli edifici dell'azienda Saggiante, il primo nucleo abitato di Poggio dei Pini, il suo cuore urbanistico e storico. La Cooperativa Poggio dei Pini è nata intorno a questo ben preciso punto geografico, il centro di un'idea, prima ancora di una mappa planimetrica di lottizzazione.
Appare incredibile leggere sull'Unione Sarda di oggi che qualcuno mette in moto le ruspe in un'area pubblica, ammettendo tranquillamente di non avere l'autorizzazione e, si suppone, la necessaria documentazione progettuale approvata. Perdipiù il mancato rispetto della normativa deriverebbe da un carattere di urgenza e dalla pericolosità dovuta a "irregolarità della superficie e affioramento di strati roccosi" (??). Anche il pericolo e la sicurezza, fattori di cui nei luoghi pubblici si occupano soggetti chiaramente determinati, pare sia una competenza che ci si possa auto-attribuire e auto-certificare.
In realtà lo stesso Comune di Capoterra ha una sua struttura amministrativa e un ben preciso iter da seguire. Una stretta di mano con il Sindaco non può essere considerata una autorizzazione valida. Che dire poi della Regione Sardegna e delle sue norme a tutela del paesaggio?
Capisco che quando si sente sulla propria testa la responsabilità di altre persone, che siano i ragazzi dell'oratorio, i soci della Cooperativa, i lettori della biblioteca etc., si sia tentati di mettere questa responsabilità al di sopra di tutto e si possa anche pensare di eludere le regole. In qualità di amministratore della Cooperativa, ho sofferto nel non potere fare nulla per sistemare quel guado nel quale transitavano ogni giorno centinaia di persone, eppure ci voleva poco, ma era vietato e, soprattutto, anche quello era suolo pubblico sul quale la competenza non era della Cooperativa.
Se ne potrebbero fare molti di esempi sempre legati al nostro territorio, esempi di violazioni delle norme fatte o proposte pensando di fare cose giuste ed utili.
Ricordo i tagli di alberi nell'alveo del fiume presso la palestra (2004), i lavori nel laghetto piccolo per risolvere il problema della salvinia molesta, la bitumazione di una strada in pineta. Altre proposte non realizzate: l'opposizione all'allargamento del canale scolmatore nell'immediato post alluvione, la realizzazione di una ampia pista carrabile nella pineta dove c'è il c.d sentiero lungolago. Anche le famose case nelle pinete contenute nella Variante del 2007, quelle che hanno sollevato le proteste della popolazione, del WWF e del già citato Gruppo di Intervento Giuridico, in fin dei conti provenivano da un comprensibile proposito di recuperare soldi per la Cooperativa. Ma chi siamo noi, per quanto preparati, per quanto onesti, per attribuirci il diritto di ignorare le leggi e intervenire su suoli strutture pubbliche, decidendo di fare le cose in modo difforme da quanto stabilito dalla legge?
Inoltre se il bene è pubblico, cioè di tutti (per esempio un albero) siamo certi di essere interpreti del volere della collettività e non magari solo di una parte assai ridotta di essa? Per esempio un albero potrebbe essere tagliato dai residenti di una casa a cui disturba la visuale (purtroppo è stato fatto spesso). Dal punto di vista di quelle persone l'albero messo in quella posizione è un fastidio, ma forse per tutti gli altri è un valore da preservare. Se non si rispettassero le regole, e andassimo in giro con la motosega a tagliare quello che vogliamo, saremmo al far west e io sono decisamente scettico sul funzionamento di una società anarchica. Inoltre ho l'impressione che chi si arroga il diritto di decidere per gli altri pur non avendone titolo (per mandato o per proprietà) non segue un impulso anarchico, ma altre logiche per cui non trovo alcuna giustificazione.
Capisco che quando si sente sulla propria testa la responsabilità di altre persone, che siano i ragazzi dell'oratorio, i soci della Cooperativa, i lettori della biblioteca etc., si sia tentati di mettere questa responsabilità al di sopra di tutto e si possa anche pensare di eludere le regole. In qualità di amministratore della Cooperativa, ho sofferto nel non potere fare nulla per sistemare quel guado nel quale transitavano ogni giorno centinaia di persone, eppure ci voleva poco, ma era vietato e, soprattutto, anche quello era suolo pubblico sul quale la competenza non era della Cooperativa.
Se ne potrebbero fare molti di esempi sempre legati al nostro territorio, esempi di violazioni delle norme fatte o proposte pensando di fare cose giuste ed utili.
Ricordo i tagli di alberi nell'alveo del fiume presso la palestra (2004), i lavori nel laghetto piccolo per risolvere il problema della salvinia molesta, la bitumazione di una strada in pineta. Altre proposte non realizzate: l'opposizione all'allargamento del canale scolmatore nell'immediato post alluvione, la realizzazione di una ampia pista carrabile nella pineta dove c'è il c.d sentiero lungolago. Anche le famose case nelle pinete contenute nella Variante del 2007, quelle che hanno sollevato le proteste della popolazione, del WWF e del già citato Gruppo di Intervento Giuridico, in fin dei conti provenivano da un comprensibile proposito di recuperare soldi per la Cooperativa. Ma chi siamo noi, per quanto preparati, per quanto onesti, per attribuirci il diritto di ignorare le leggi e intervenire su suoli strutture pubbliche, decidendo di fare le cose in modo difforme da quanto stabilito dalla legge?
Inoltre se il bene è pubblico, cioè di tutti (per esempio un albero) siamo certi di essere interpreti del volere della collettività e non magari solo di una parte assai ridotta di essa? Per esempio un albero potrebbe essere tagliato dai residenti di una casa a cui disturba la visuale (purtroppo è stato fatto spesso). Dal punto di vista di quelle persone l'albero messo in quella posizione è un fastidio, ma forse per tutti gli altri è un valore da preservare. Se non si rispettassero le regole, e andassimo in giro con la motosega a tagliare quello che vogliamo, saremmo al far west e io sono decisamente scettico sul funzionamento di una società anarchica. Inoltre ho l'impressione che chi si arroga il diritto di decidere per gli altri pur non avendone titolo (per mandato o per proprietà) non segue un impulso anarchico, ma altre logiche per cui non trovo alcuna giustificazione.
Tornando alla normativa, dato che alla fine questo blog, oltre ad essere un contenitore di opinioni è anche sempre stato una fonte di divulgazione di informazioni, vi allego qui sotto la descrizione di cosa sia una relazione paesaggistica applicata ad ogni opera che viene eseguita entro una distanza di 300 metri dal lago di Poggio dei Pini.
Più specificatamente l’istanza di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dello stesso D.Lgs. n. 42/2004, si rende obbligatoria per tutti gli interventi che modificano immobili ed aree oggetto degli atti e dei provvedimenti elencati nell’art. 157, oggetto di proposta formulata ai sensi degli articoli 138 e 141, tutelati ai sensi dell’art. 142, ovvero sottoposti alle disposizioni del Piano Paesaggistico Regionale.
Tutti gli interventi che ricadono nell’ambito dei beni sottoposti a tutela paesaggistica sono oggetto di verifica di compatibilità paesaggistica in merito all’interferenza delle opere previste con l’area tutelata del Lago di Poggio dei Pini, in agro di Capoterrra che risulta elemento territoriale ricompreso nelle categorie dei Beni Paesaggistici e pertanto soggetto a tutela, ai sensi delle norme di attuazione del Piano Paesistico Regionale, art. 8 comma 2 lettere b e c e secondo quanto disciplinato dalla Parte II dello stesso dettato normativo.
In particolare l’art. 17 comma 3 della Parte II inserisce nell’elenco delle categorie di beni paesaggistici, alla lettera g) “Zone umide, laghi naturali, ed invasi artificiali e territori contermini compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi”. Ai sensi dell’ art. 18 delle Norme di attuazione del PPR tali beni paesaggistici sono oggetto di conservazione e tutela finalizzati al mantenimento delle caratteristiche degli elementi costitutivi e delle relative morfologie in modo da preservare l’integrità, ovvero lo stato di equilibrio ottimale tra habitat naturale e attività antropiche, e qualunque loro trasformazione è soggetta ad autorizzazione paesaggistica.
1 Descrizione ed Analisi
2 Corografia generale dell'intervento scala 1: 10.000
3 Planimetria generale dell’area scala 1: 4.000
4 Progetto dell’intervento con planimetrie e sezioni illustranti le modifiche morfologiche scala 1: 2.000
5 Piano Territoriale Paesistico Regionale dei territori non ricompresi negli ambiti di paesaggio costieri
6 Carta dei vincoli territoriali scala 1: 4.000
7 Stralcio degli strumenti urbanistici scala 1: 4.000
Ovviamente, dettaglio non trascurabile, questa relazione non deve essere solo redatta, ma anche APPROVATA dagli enti competenti.
Ovviamente, dettaglio non trascurabile, questa relazione non deve essere solo redatta, ma anche APPROVATA dagli enti competenti.
2 commenti:
Ci sarebbe bisogno di un incontro tra tutte le parti e che qualcuno facesse un passo indietro , ognuno dico.
In quella zona può rinascere un'area verde dove i ragazzi giovani possano fare sport, sarebbe un vantaggio per tutti, d'altronde c'era prima e il tutto era ben introdotto nell'ambiente circostante.
Negli anni la zona è stata abbandonata a se stessa, gli uffici si sono trasferiti e di fatto un menefreghismo abbastanza diffuso ha fatto si che l'area a oggi sia devastata e abbandonata.
L'idea è buona ma la misura dell'intervento dovrebbe essere rivista, in maniera tale che il campo esistente e un altro ( ma sempre campestre ) possano sorgervi, possano essere rivitalizzati i giochi per i più piccoli, ripiantate delle siepi perimetrali che prima erano di rosmarino, e che venga prevista anche una partecipazione privata costante da parte del bar e della pizzeria, d'altronde ne avrebbero dei benefici.
Quindi, la Chiesa, La Cooperativa, Il Comune ( che si è sempre lavato le mani ) , e gli Esercenti limtrofi, tutti insieme senza fare i prepotenti, gli avidi e i sordi e per il rispetto degli abitanti di questo posto, dovrebbero assolutamente incontrarsi, appunto per fare un passo indietro e per cercare una soluzione RISPETTOSA E IN ARMONIA , sopratutto senza rompere l'anima a tutti quanti con una diatriba che mi sembra più da film anni 50 e che oggi risulta essere abbastanza surreale ma sopratutto poco costruttiva.
Di sicuro i prepotenti ( quelli che non fanno un passo indietro ) non hanno nessun diritto sopra le parti e anzi così facendo non stanno rispettando la Comunità nel suo globale ( Poggio dei Pini ).
La soluzione? un incontro costruttivo.
Ciao Giacomo
Giacomo l'articolo del giornale e anche le solite voci circolanti riportano l'informazione in maniera distorta. In particolare viene rappresentato in modo distorto il ruolo della Cooperativa. Ripeto quindi per l'ennesima volta che quel terreno è del comune e non della cooperativa, che il progetto della parrocchia non è mai transitato attraverso la cooperativa ma tutta la telenovela che lo riguarda (prima il diniego poi la concessione) si è svolta tra la Parrocchia e la Giunta Comunale. La Cooperativa, interpellata, ha espresso un parere negativo e ha anche proposto soluzioni alternative, rifiutate dalla Parrocchia. La Cooperatva non ha quindi alcun diritto di veto come qualcuno vuole far credere, semmai la tua titolarità è di tipo morale essendo la cooperativa l'entità che ha realizzato. dal niente questo centro residenziale.
La relazione paesaggistica, cosi come tutti gli altri documenti progettuali, non sono richiesti dalla Cooperativa, ma dalle leggi Regionali o Nazionali a cui anche la Parrocchia deve attenersi, anzi, dovrebbe dare l'esempio. La futura evoluzione della vicenda che riguarda quel campo non può quindi riguardare direttamente la Cooperativa che, ovviamente e nell'interesse della comunità, continuerà a proporre soluzioni alternative.
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