Si è tenuto sabato scorso l'incontro intitolato "Il bacino del Rio S. Gerolamo e l'evento alluvionale del 22 ottobre 2008" organizzato dalla neonata Associazione 22 OTTOBRE di cui mi pregio essere uno dei soci fondatori.
Considerato che l'incontro è durato 5 ore, non mi è possibile certo effettuare una resoconto di tutte le cose che si sono dette. Mi consola il fatto che moltissime delle informazioni riportate erano già state pubblicate da tempo in questo blog.
Sono comunque emersi dati nuovi che, pur non modificando il quadro generale emerso finora, aiutano a comprendere ancora meglio ciò che è accaduto in quelle drammatiche 3 ore della mattina del 22 ottobre 2008. Cercherò di riportarvi le mie riflessioni e alcuni dati che non erano stati pubblicati precedentemente.
E' finalmente nata una associazione di cittadini che si propone di fare molte cose ( vedi Statuto nel sito http://22ottobre.org/ ) ma, soprattutto in questo momento, far sentire la voce della cittadinanza unita dei capoterresi, senza distinzione di colore politico o di "lottizzazione" di residenza. Alla base dell'azione di questa associazione c'è innanzitutto la conoscenza di ciò che è accaduto; un elemento fondamentale per capire anche come costruire un territorio più sicuro, dove un temporale non getti nell'angoscia migliaia di persone. L'associazione 22 OTTOBRE vede tra i suoi fondatori non pochi professionisti delle discipline legate all'ambiente e al territorio.
Antonio Sau presenta l'Associazione 22 OTTOBRE
Il Presidente Antonio Sau, nella sua introduzione, ha detto una cosa molto importante. "il fiume è passato sopra le divisioni esistenti tra le varie lottizzazioni". Eh si, questo Rio S. Girolamo, ignorato e sottovalutato negli ultimi decenni, unisce Poggio dei Pini con le lottizzazioni costiere accomunando questi territori e abbattendo le barriere psicologiche che qualcuno, sbagliando, aveva pensato di tirare su. Nel '99 la distruzione e la morte aveva colpito più duramente qualche km più a nord, nel centro storico di Capoterra. Forse è giunto il momento di mettere un punto e a capo su questa storia: questo territorio, l'intero territorio comunale è accomunato dal medesimo rischio idrogeologico. Questa associazione, che nasce già composta da persone che vivono in tutte le lottizzazioni di Capoterra e intende crescere raccogliendo adesioni in tutto il territorio comunale, può rappresentare, aldilà dei risultati che ci attendiamo, anche l'avvio di una nuova storia per la comunità capoterrese, una storia di maggiore unità, solidarietà e comprensione tra tutti i residenti. Veniamo ora ad alcuni commenti sugli interventi.
Abbiamo appreso dall'Ing. Puligheddu del Distretto Idrografico che i dati registrati dal pluviometro di Capoterra centro sono stati anche superiori a quelli fatti registrare dal pluviometro di Poggio dei Pini: circa 450 mm. nelle tre ore (378 a Poggio). Considerazioni mie: se è vero che le opere realizzate a Capoterra centro sono state danneggiate e che in più punti vi sono stati danni e rischi, pensate a cosa sarebbe successo se quelle opere non fossero state realizzate per niente e se il Rio S. Lucia non fosse stato messo in sicurezza.
Il confronto tra l'evento meteorologico del 22 ottobre e molti altri eventi registrati in passato, anche al di fuori della Sardegna, racconta di valori record per gli ultimi 100 anni, ma comunque non molto superiori a eventi come quello di Villagrande Strisaili e quelli della Versilia e di Modica in Sicilia. Inoltre nel 1961 a Uta fu registrata una precipitazione giornaliera di 450 mm. Non si dispone di dati anteriori al 1922, e prima? Chissà quante volte si sono verificati eventi simili. I cambiamenti climatici recenti, che pure esistono, non hanno avuto alcun ruolo in questa catastrofe. Solo i politici e i giornalisti utilizzano in abbondanza questo argomento: i primi come scusa per giustificare le loro manchevolezze e i secondi per cercare quello scalpore che sembra un ingrediente fondamentale nel modo odierno di fare informazione.
Ciò che avvene è tecnicamente denominato "flash flood" e anche nel mediterraneo, come ha ricordato Carlo Dessy dell'ARPAS, si verificano dei piccoli cicloni che si portano dietro precipitazioni particolarmente intense.
I partecipanti osservano le mappe pluviometriche del 22 ottobre
La portata del S. Girolamo registrata a Poggio dei Pini è stimata in 409 mc/sec. Un dato importante che, se confermato, potrebbe diventare il punto di riferimento anche per i calcoli relativi alle opere che devono essere realizzate nella parte alta del bacino. Si pensi che il dato precedente era di circa 150 mc/sec.
Il ricercatore Andrea Lazzari ha presentato un interessante studio con il quale è stata simulata la rottura della diga del lago di Poggio dei Pini. Sebbene si sia sottolineato che una simulazione deve essere sempre presa con beneficio di inventario, i risultati sono molto incoraggianti: in caso di rottura della diga in terra il territorio "invaso" dall'acqua avrebbe una ampiezza quasi identica a quello interessato dalla piena senza rottura, il livello dell'acqua alla foce sarebbe superiore di circa 50 cm. e la velocità della corrente superiore di 0,3 m/sec. Spero che l'ing. Lazzari ci renda disponibili per la pubblicazione le mappe e un breve riepilogo con i dati della simulazione.
Andrea Lazzari e Alessandro Forci sono intervenuti
Sempre a proposito della storia degli eventi alluvionali passati, di cui il Geologo Alessandro Forci ha raccolto le testimonianze riportate nei giornali dell'epoca, è interessante la sua considerazione riguardante i dei famosi "tempi di ritorno" che vengono utilizzati in statistica per indicare la probabilità che un evento si ripeta. Si tratta di indicazioni che hanno una certa validità per i giochi (enalotto, tombola etc.) ma utilizzarli per le calamità naturali lascia un pò il tempo che trova. Difatti, come il un numero del lotto potrebbe essere estratto due settimane di seguito ..... beh avete capito cosa intendo.
Il dott. Novella è l'unico dei relatori che ha potuto presentare un resoconto di attività svolte nel post alluvione. Il Genio Civile è infatti l'unico soggetto che ha già operato e mi sembra abbia anche ultimato le attività di sua competenza. La diga del lago di Poggio, della quale è stata testimoniata una qualità costruttiva impeccabile, è stata ripristinata con caratteristiche di solidità simili a quelle che aveva prima. Non presenta infiltrazioni d'acqua e costituisce un manufatto idraulico sicuro.
Il problema è che oggi, dopo l'alluvione, il sistema diga-lago-canale scolmatore, deve essere in grado di resistere a un evento delle medesime proporzioni di quello del 22 ottobre, con i suoi 400 mc/sec.. Ciò ha costretto lo stesso Genio Civile ad abbassare sensibilmente il livello dell'invaso. Il lago di Poggio non è il Garda e un paio di metri in meno significano la sua morte.
Se a ciò si aggiunge che il lago si è "interrito" di circa 1 metro, non si può negare che abbia ragione anche il rappresentante della Cooperativa Poggio dei Pini Antonio Sechi quando afferma che "un lago così non serve a nessuno". Il lago con le dimensioni attuali (e con la terra dentro) è un lago morto e oggi perdipiù vi confluiscono gli scarichi fognari di circa 1000 residenti.
Giovanni Puligheddu e Giovanni Monaci
Ho trovato spunti interessanti anche nell'intervento di Maria Teresa Melis e Paola Cannas dell'Ass.to Urbanistica della Regione Sardegna. L'esame della cartografia di fine '800, che era stata presentata in questo blog in un articolo di Alessandro Forci, mostra chiaramente la posizione delle "terrazze fluviali" create dalle piene del fiume nei secoli precedenti. Quelle terrazze sono state poi stravolte dall'attività edificatoria degli ultimi decenni, ma rappresentano una prova concreta dell'esatta collocazione dell'alveo di piena del fiume. Confrontando queste terrazze con le foto aeree della piena del 22 ottobre, si nota una clamorosa corrispondenza. Il 22 ottobre non si è verificata una "esondazione". Il fiume ha occupato esattamente quello che è il suo "letto di piena", si è preso ciò che è suo. L'esondazione, aggiungo io, si è verificata nella preparazione, nella coscienza e nella onestà di chi ha permesso di costruire degli edifici (e un asilo!) nel letto di un fiume. Inoltre l'esame della carta pedologica (dei terreni) mostra chiaramente la posizione e l'estensione dei terreni alluvionali proprio dove si sono costruite le case. Tutti questi dati non provengono da nuovi rilievi, ma sono li presenti nella cartografie già esistenti da anni. Perchè vengono tirati fuori solo ora?
E' vero, come ha ribadito il geologo Giovanni Tilocca, che il PAI, seppur contenente errori, è stato comunque il primo strumento che ha imposto una certa regolamentazione sulle attività urbanistiche, però se basta un'occhiata alla cartografia storica per "vedere" situazioni che si sono poi trasformate in tragedie, come mai questi "rischi" non sono stati riportati correttamente nei PAI?. La risposta secondo me si può leggere fra le righe e dovrebbe farci riflettere. Quando le relazioni geologiche contrastano con gli interessi edificatori ($$$) si attiva uno scontro impari che non può essere lasciato sulle spalle del tecnico. E' l'intera società che deve darsi regole certe e ineludibili dai furbetti del quartierino di turno e che devono essere applicate punto e basta.
Il Corpo Forestale, rappresentato da Giovanni Monaci, ci ha mostrato come il Vincolo Idrogeologico che gravava sul territorio montano del comune di Capoterra sin dagli anni '30 sia stato ignorato a lungo e poi, quando ormai erano sorte alcune lottizzazioni che si inerpicavano sui costoni montani, il vincolo è stato semplicemente "spostato". Ovviamente non aveva più senso considerare "forestale" un'area urbanizzata. Un esempio del conflitto tra la volontà di preservare il territorio e la volontà di costruire. Mi chiedo quali capitoli di questa telenovela (lo scontro cemento-ambiente) verrano scritti nei prossimi anni. Chi vincerà la disfida tra l'ambiente come risorsa perenne (anche economica) e il cemento alleato con i soldi facili e subito nelle tasche di pochi?
Monaci ha mostrato anche la mappa degli incendi che hanno colpito il nostro comune negli ultimi 20 anni. Appare evidente una concentrazione anomala nel territorio di Poggio dei Pini. Adesso che il lago è morto sarà ancora piu difficile difendersi da quelle mani disgraziate.
In conclusione questo incontro, al quale hanno partecipato circa 200 persone, ha rappresentato un momento di conoscenza importante e un buon punto di partenza per l'Associazione 22 Ottobre. Adesso, oltre che continuare a capire, è importante anche ricostruire, soprattutto quelle fogne che fanno veramente molta paura.