Ho ricevuto da Maria Rita Lai una relazione dedicata ai temi indicati nel titolo. Mi rendo conto che questo documento è piuttosto lungo, ma è colmo di riferimenti tecnici e di dati, oltre che di spunti di riflessione, percui è impossibile sintetizzarlo senza banalizzarne il contenuto.
Vi invito a leggerlo con attenzione, magari un pò alla volta, e a inserire commenti o fare domande.
Di Maria Rita Lai
Ho meditato a lungo se intervenire o meno su questo blog, ma dopo aver letto l’intervento di Pasquale Cabizza e la proposta di Roberto Trudu sulla creazione di un’“Associazione per lo Sviluppo Sostenibile di Poggio dei Pini” (che nel seguito chiamerò per brevità ASSPP) mi sono decisa a dire la mia sull’argomento e su altri argomenti trattati in questi mesi. Fin’ora non ero intervenuta perché non mi piacevano affatto i termini in cui si stava svolgendo la discussione, con continue accuse e invettive tra i difensori del CdA ed il Comitato: la sensazione era che spesso fossero solo delle sterili e inutili discussioni. Io vorrei che finalmente si iniziasse a parlare di fatti concreti e di proposte concrete e non di pura filosofia o di accuse e denunce tra le due fazioni, basate su articoli del codice civile o sulle leggi della privacy.
Inoltre sulla base di esperienze sui blog e su questi luoghi virtuali di discussione, ho la sensazione che spesso non servano affatto a chiarire le idee o ad avere notizie più precise e dettagliate perché ognuno tenta di tirare l’acqua al suo mulino dicendo 1/10 delle cose che sa. Questo Blog era partito con la pubblicazione delle cartografie di dettaglio dei precedenti progetti ma ovviamente tutto ciò doveva essere necessariamente implementato con i documenti, le relazioni, le convenzioni e i vari carteggi tra Comune e Coop. che purtroppo non si avevano a disposizione. Così l’informazione purtroppo non era completa e la discussione si è diretta in una altro senso, come ho detto sopra.
Vorrei quindi affrontare alcune questioni che coinvolgono sia le scelte future della vita della cooperativa, sia alcuni problemi di tipo essenzialmente “tecnico” che però sono strettamente legati fra loro. Vorrei fare capire che gestire la Cooperativa non è solo un problema di bilancio (entrate-uscite) da far quadrare a fine anno per i prossimi quaranta anni, ma anche di iniziare a vedere un po’ più avanti nel tempo e di capire a quali conseguenze possano condurre le scelte del CdA (sia quello attuale che i futuri).
I fatti concreti sono quelli che illustrerò nel seguito, scusandomi in anticipo se sarò un po’ prolissa, spero che chi ne avrà voglia riesca d arrivare alla fine e capisca il succo del discorso.
1 - Risorse naturali e del loro uso sostenibile: Non ho studiato leggi e normative societarie di vario tipo, né conosco così bene il Codice Civile come qualcuno che scrive in questo blog, ma sono un tecnico ed in relazione agli studi effettuati (scienze geologiche) e alle esperienze che ho potuto fare in 22 anni di lavoro in vari campi (dalla geologia ambientale, alla geopedologia, alla geotecnica, alla geologia applicata alle opere pubbliche), mi è capitato molto spesso (anche attualmente) di occuparmi di risorse naturali e del loro uso sostenibile, termine che è attualmente molto in voga, non solo tra gli ambientalisti e gli esperti della materia, ma anche tra i profani che spesso lo usano senza sapere cosa ci sia dietro questa terminologia. Personalmente ho iniziato ad appassionarmi a questi temi dopo aver letto, nel 1978, il famoso saggio “I limiti dello sviluppo” , voluto da alcuni scienziati riuniti nel Club di Roma e realizzato con il contributo del M.I.T. (Massachusset Institut of Technology), nel quale gli autori (veri precursori della materia) mettevano in guardia sulle conseguenze dell’utilizzo delle risorse naturali (suolo, acqua, petrolio, ecc.) e del loro uso e consumo sconsiderato, privo di qualsiasi pianificazione a lungo termine, e iniziavano a delineare e preannunciare anche i problemi di tipo climatico a cui l’intero pianeta sarebbe andato incontro di lì a poco, a causa dell’inquinamento e dell’effetto serra.
Successivamente ho continuato ad occuparmi di questi argomenti, soprattutto tramite la pedologia e la geologia ambientale, affrontando il problema delle scelte sostenibili. Inizialmente con la tesi di laurea riguardante il consumo dei suoli ed il degrado del territorio di Quartu S.Elena a causa dello sviluppo urbanistico irrazionale e dell’abusivismo edilizio lungo la costa, da Margine Rosso fino a Capitana. Per chi non lo sapesse il comune di Capoterra ha moltissime analogie con quello di Quartu S.Elena e negli anni ’80 lo sviluppo di Quartu e la sua espansione “a macchia di leopardo”, ha avuto un trend molto simile a quello che Capoterra vive da una decina d’anni a questa parte. Quella esperienza proseguì con la collaborazione, negli anni ’90, col gruppo di lavoro formato da ingegneri, storici, archeologici, geologi e pedologi, chiamati a predisporre il PUC di Quartu S.Elena, attualmente in vigore, che in quel periodo fu uno dei pochi comuni della Sardegna a riuscire ad approvare un PUC in sostituzione del vecchio piano di fabbricabilità degli anni ‘70.
Successivamente, ormai da più di dieci anni, mi occupo di progettazione di condotte idriche all’interno del Servizio Progetti dell’ENAS (ex Ente Autonomo del Flumendosa): ritengo di dover fare questa precisazione in relazione ad alcune cose che scriverò oltre.
2 – Gestione economica della Cooperativa: non sono esperta in gestione aziendale come l’Ing. Cabizza, perciò non sono in grado di valutare se 15 dipendenti sono troppi o pochi, credo però che, come fa qualsiasi azienda seria, questo problema potrebbe essere risolto molto facilmente attraverso un esame dei carichi di lavoro e delle attività svolte da ciascun dipendente e della sua produttività (contabilità industriale), per capire dove si sta spendendo troppo e come fare a ridurre le spese eccessive (se lo fossero). Non so se la Cooperativa abbia mai pensato di fare un’indagine del genere, ma sicuramente dovrà essere uno dei punti fondamentali che il prossimo CdA dovrà affrontare. A giudicare però dalla grande quantità (come riferisce qualcuno su questo blog – ma vorrei sapere quanti sono realmente) di contenziosi tra Coop. e soci, in merito a presunti abusi commessi all’interno dei lotti, sia in fase costruttiva che successivamente alla edificazione, verrebbe da chiedersi come sia possibile che, pur avendo un consistente numero di dipendenti che periodicamente e quotidianamente transitano sul territorio (geometri, guardie giurate, operai), la Coop. non riesca a tenere sotto controllo le presunte “attività illecite” dei soci, considerato che qualsiasi progetto passa al vaglio prima dell’Ufficio Tecnico e poi del Comitato tecnico (nel quale sono presenti altri geometri ed ingegneri).
3 - Nuova lottizzazione, beni identitari e uso sostenibile: il Comitato ha puntato tutta la sua azione sul problema della tutela dei valori identitari, della difesa del patrimonio boschivo e naturale di Poggio dei Pini, ora anche la costituenda ASSPP vuole continuare su questa linea. Concordo pienamente sul fatto che tali beni debbano essere tutelati, ma credo che ormai il discorso dovrebbe spostarsi su argomenti ben più importanti e “di ben altro peso”, l’uso sostenibile infatti non può riferirsi solo ed esclusivamente alla tutela e salvaguardia delle aree verdi e delle pinete ma, e soprattutto, dovranno essere affrontati altri temi che influenzeranno le scelte ed in particolare la definizione del carico massimo insediabile in termini di abitanti, in funzione della effettiva sostenibilità ambientale.
Voglio subito dire che la mossa della cooperativa di “ritirare” immediatamente dal piano di lottizzazione i lotti dentro le pinete, probabilmente oltre che essere dettata, come qualcuno ha insinuato in questi mesi, da questioni di opportunismo (per tappare la bocca agli oppositori e stravolgere il referendum), secondo me deriva dal fatto che inizialmente non avevano considerato bene le implicazioni di tipo normativo-vincolistico derivanti dalle recenti norme sul paesaggio. Non mi è chiaro come mai questo aspetto sia sfuggito ai progettisti. Infatti è noto che i boschi ricadono nell’elenco dei beni tutelati e sottoposti a precise norme nazionali e regionali (Codice Urbani e P.P.R.) e difficilmente possono essere variate le destinazioni d’uso, ancora di più se si tratta di rimboschimenti in aree con problemi di tipo idrogeologico come la nostra zona. L’atteggiamento del Corpo Forestale di Vigilanza Ambientale in merito è ben noto a chi opera nel campo delle opere pubbliche, infatti anche soltanto per poter eseguire delle indagini geognostiche in una zona boscata, in cui deve essere progettata un’opera, sono necessarie preventive comunicazioni al C.F.VV.AA. che dopo appositi sopralluoghi deve rilasciare apposita autorizzazione; inoltre se ci si trova all’interno di un bene paesaggistico particolare – quali i parchi – l’Ufficio Tutela del paesaggio richiede anche la Relazione Paesaggistica perfino per l’esecuzione di stradelli finalizzati all’esecuzione di indagini geotecniche mediante sondaggi in situ. Figuriamoci se poi per realizzare l’opera dovesse essere necessario abbattere gli alberi: nella migliore delle ipotesi prescrivono (giustamente) che tutte le essenze debbano essere reimpiantate ai margini dell’opera stessa.
Durante la riunione del 1 dicembre avevo manifestato il dubbio, circa il fatto che in base alla normativa vigente il piano di lottizzazione dovesse essere accompagnato dalla Relazione Paesaggistica prescritta dal D.P.C.M. 12712/2005 emanato ai sensi dell’art. 146, comma 3 del Codice dei beni Culturali e del paesaggio (D.Lgsl. 22/1/2004 n. 42 - cosiddetto Codice Urbani). Avevo segnalato che l’art. 4.2 del D.P.C.M. afferma che le opere di urbanizzazione primaria sono soggette a studio di compatibilità paesaggistica, tanto più se inserite entro aree a bosco o entro punti o percorsi panoramici od ambiti di percezione da punti o percorsi panoramici. La norma fornisce l’elenco di tutta la documentazione tecnica da porre a corredo della domanda di compatibilità paesaggistica (cartografia specialistica, rappresentazione fotografica dello stato attuale, planimetrie di dettaglio, sezioni, rendering fotografico dell’intervento, ecc.). Durante la riunione avevo posto la domanda al presidente Calvisi per sapere se tale studio fosse stato allegato al Nuovo Piano di Lottizzazione, ma non ebbi alcuna risposta, pertanto credo non ve ne fosse traccia. Forse è stato ritenuto più economico e conveniente ritirare quei lotti piuttosto che dover integrare lo studio con nuovi allegati costosi e che facevano rallentare i tempi delle autorizzazioni. Bisogna però tener presente un altro fatto che forse è sfuggito al CdA, secondo la definizione di “bosco” adottata dal C.F.VV.AA. anche la macchia densa ed evoluta con lentischi, erica, corbezzoli, ginepri e sughere ed altre essenze tipiche della macchia mediterranea (vedi zona di Santa Barbara), è definita “bosco” e quindi è sottoposta allo stesso grado di tutela di una pineta o lecceta.
Parliamo quindi dei beni identitari, definiti all’art. 6 comma 5 del P.P.R. e meglio caratterizzati nell’Allegato 3 delle Norme Tecniche di Attuazione, “sono beni caratteristici del paesaggio culturale sardo costituiti dagli immobili, aree e/o valori immateriali, che consentono il riconoscimento del senso di appartenenza delle comunità locali alla specificità della cultura sarda, del suo paesaggio e della sua identità. Possono essere: elementi di tipo areale, caratterizzati dalla presenza di edifici e manufatti di valenza storico-culturale; reti ed elementi connettivi; aree di insediamento produttivo di interesse storico culturale. La loro tutela e salvaguardia risulta indispensabile per il mantenimento dei valori fondamentali e delle risorse del territorio”. Su questo argomento ci sono stati vari scambi di idee anche nel forum della Coop. ma mi sembra che chi scrive come al solito non conosca a fondo le leggi e parli un po’ a “vanvera”. E’ bene precisare che quelli presenti nel nostro territorio devono ancora essere identificati: infatti la disciplina dei beni identitari, secondo quanto disposto dall’art. 9 comma 1 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.P.R., prevede che tali beni debbano essere individuati direttamente dal P.P.R. o dai Comuni in sede di adeguamento degli strumenti urbanistici alle sue previsioni; inoltre l’art. 9 comma 6 stabilisce che la Regione o i Comuni debbano provvedere a delimitarne l’area finalizzata alla salvaguardia: ossia non solo li devono identificare, ma devono anche fissare un’area di rispetto intorno ad essi. Allo stato attuale nel territorio di Poggio dei Pini, non risultano ancora censiti e/o delimitati cartograficamente beni identitari, se si esclude quello di Santa Barbara individuato nella cartografia predisposta dalla regione per il P.P.R. e consultabile nel sito della Regione. (http://webgis.regionesardegna.it/tavole_ppr/tavole_25k/A2_5651.pdf ) Sulla base di informazioni fornitemi da collaboratori dell’Ass. Urbanistica, ho appreso che il comune di Capoterra sta ancora predisponendo un’apposita cartografia dei suddetti beni, secondo quanto previsto dalla norma, anche perché ha in corso la revisione del PUC. La costituenda ASSPP potrebbe dunque intervenire presso il comune per prendere visione di queste cartografie e valutare se effettivamente il GRUSAP o altri elementi puntuali (ponti ferroviari esistenti lungo la Strada n. 3, fortini, ecc.) siano stati catalogati quali beni identitari: perché non proporre, ad esempio, che tra essi venga inserito anche il lago, o le pinete visto che richiamano un profondo senso di appartenenza (richiamo al nome stesso della nostra comunità). Mi chiedo però se siamo consapevoli di quali ripercussioni avrà tale cartografia sulle future concessioni edilizie. Mi risulta che a Cagliari siano già stati bloccati due cantieri in fase di avanzata costruzione (uno in Via Perugia e uno in Via Ravenna) e forse anche un terzo, perché il progettista aveva dichiarato che le opere in costruzione erano ubicate a più di 100 metri da un sito identitario (invece il Corpo Forestale sostiene il contrario). Ciò significherà che entro 100 m dai siti identitari difficilmente il comune potrà rilasciare licenze edilizie? Ma allora che senso ha che la Cooperativa annulli il lotto ubicato in corrispondenza del GRUSAP, se poi i lotti confinanti saranno di fatto inedificabili a causa di vincoli urbanistico-paesaggistici? Qualche urbanista potrebbe sciogliere questo dubbio?
Sempre durante la stessa riunione avevo posto un altro quesito al presidente, anche questo irrisolto e rimasto senza risposta. Come è possibile prevedere l’edificazione delle aree A2 e A3, ossia quelle disposte lungo la sponda sinistra del Rio S. Gerolamo a valle delle due dighe, se le opere di urbanizzazione previste (strade, ecc.) ricadono a meno di 150 m dalle sponde del fiume? Oltre al fatto che esistono precise norme del P.P.R. riguardo agli interventi che ricadono ad una certa distanza da tutti i fiumi, mi risulta (per esperienza diretta) che anche il Genio Civile applicando il T.U. sulle opere idrauliche di cui al R.D. 523/1904 prescriva una distanza minima di tutte le opere molto maggiore di quella riportata nelle carte del Nuovo Piano di Lottizzazione. Inoltre avrei voluto sapere cosa è scritto nel piano a proposito del fatto che quelle aree sono anche a rischio idrogeologico e ricadono all’interno del PAI (Piano di Assetto Idrogeologico), oltre al fatto che durante l’alluvione del 1999, come tutti i poggini ricorderanno, subirono gli effetti dell’allagamento da parte delle acque esondate dallo scarico di superficie del lago, ed essendo a valle di una diga in terra tracimabile, probabilmente richiederebbero un apposito studio di Compatibilità Idraulica ai sensi delle Norme del PAI (su questo argomento mi riprometto di informarmi in maniera più dettagliata ed eventualmente vi riferirò in seguito).
3 - Problema del carico massimo insediabile: nelle ultime riunioni informative, promosse prima del referendum per illustrare i vari piani di lottizzazione dal 1968 al 2007, secondo me sono state date scarse informazioni circa un aspetto fondamentale per lo sviluppo sostenibile di Poggio: nessuno ha affrontato il problema delle dotazioni idriche e delle fonti di approvvigionamento idropotabile della cooperativa fino al 2040. Vi sembra un problema da poco? Non si sa né se i precedenti piani affrontavano questo argomento, né se gli attuali estensori del nuovo Piano di Lottizzazione si siano posti il problema e come l’abbiano risolto. Questo secondo me è veramente l’unico e vero problema che doveva condizionare tutta la revisione del piano di lottizzazione e cercherò di spiegare perché.
L’attuale approvvigionamento idrico della Cooperativa (sintetizzando al massimo) avviene mediante due fonti: 1) l’acqua già potabilizzata, fornita da Abbanoa, proveniente dal sistema Flumendosa-Campidano tramite una condotta ex EAF (ora ENAS) e che approvvigiona anche Capoterra, ha come recapito finale una vasca di carico ubicata nella collina di Su Sinzurru, che separa Poggio da Capoterra (di fronte all’Hydrocontrol sul valico che porta al cimitero); quest’acqua è di buona qualità in quanto sottoposta ad accurati processi di potabilizzazione; 2) i numerosi pozzi (circa una decina) realizzati dalla cooperativa, in prevalenza intorno all’area sportiva; quest’acqua ha una qualità completamente diversa dalla precedente per la presenza in sospensione di alluminio, ferro e altri metalli e viene sottoposta solo a clorazione (credo che la Coop. potrebbe fornire altre notizie in merito ai processi di potabilizzazione in atto); chi abita a Pauliara conosce bene questo problema e convive con “l’acqua rossa” o l’ha risolto montando in ingresso un doppio filtro (a corda e ceramico) che dopo due settimane diventa di un evidente color ruggine. La Cooperativa, però a quanto mi risulta distribuisce l’acqua dei pozzi solo nella zona di Pauliara, mediante un sollevamento fino alla vasca di carico ubicata sulla collina di Pauliara, esiste però una condotta di collegamento tra il potabilizzatore della zona sportiva ed il resto della lottizzazione che può essere utilizzata in situazioni di scarso approvvigionamento dalla condotta Abbanoa, come accadde nel 2001 (qualcuno si ricorda la stagione dei tubi impazziti che salvano ogni pochi giorni e la conseguente chiusura delle saracinesche?). Esistono inoltre altri serbatoi interni alla Coop. Il punto da affrontare è allora il seguente: siamo sicuri che le risorse disponibili totali (dotazioni idriche) messe a disposizione da Abbanoa e quelle complessive dei pozzi saranno in grado di soddisfare la richiesta idrica di tutti gli abitanti futuri ipotizzati dal nuovo piano di lottizzazione? Bisogna infatti tenere presente che le nostre condotte non trasportano solo acque per uso potabile ma, e soprattutto, per uso irriguo: infatti nel periodo estivo i consumi crescono enormemente grazie a quei soci che hanno trasformato il loro lotto in un prato all’inglese con specie erbacee estremamente idroesigenti che necessitano anche di 4 innaffiature consecutive al giorno (così mi dicono coloro i quali possiedono il prato con l’erbetta sempreverde), arrivando anche a spendere 1000€ di consumi idrici nel trimestre estivo. Credo che questa sia pura follia!! E non si pensi che il problema si possa risolvere come fanno coloro i quali hanno affidato alla trivellazione di un pozzo (profondo anche 100 m) la possibilità di avere l’acqua gratis senza doverla pagare alla Cooperativa.
Vorrei che su questo argomento venga fatta una seria riflessione: cosa succederà se tutti i proprietari dei nuovi lotti decidessero di impiantare enormi prati all’inglese, innaffiandoli sia con l’acqua della rete sia scavando un proprio pozzo? Tenete presente che ho sentito dire da molte persone che uno dei motivi per cui avevano comprato il terreno a Poggio, piuttosto che in un’altra lottizzazione di Capoterra, è anche dovuto al fatto che l’acqua non manca mai e non è razionata.
Qui nasce quindi il problema delle risorse naturali e dell’uso sostenibile: come intende affrontare la Cooperativa il problema dell’approvvigionamento idrico per i prossimi 40-50 anni? Considerando che a detta di tutti gli esperti di idrologia, nel prossimo futuro le condizioni pluviometriche in Sardegna saranno quelle di un aumento progressivo dei fenomeni siccitosi e che quindi le risorse dovranno necessariamente essere razionate. E’ impensabile che i soci possano continuare a sprecare l’acqua in un modo insensato ed incontrollato innaffiando i loro giardini senza un minimo controllo. Infatti è ben noto agli idrogeologi che lo scavo di sempre nuovi pozzi, anche a breve distanza dai precedenti, sia che siano della Cooperativa che di altri soci, avrà come conseguenza la depressione della superficie piezometrica ciò l’abbassamento della falda a quote inferiori a quelle del mare (attualmente credo che la falda dei pozzi zona campo sportivo si attesti intono ai – 30÷40 m dal p.c. cioè a circa + 10 m s.l.m) e la conseguente infiltrazione di acqua salina dal mare, come già avviene in alcuni pozzi di Pauliara. Considerata l’attuale tendenza evolutiva delle falde costiere della Sardegna, non ultima quella di Capoterra, questo fenomeno noto come “salinizzazione della falda” non è solo utopia ma purtroppo un grave rischio.
Quindi uno dei punti fondamentali che il prossimo CdA dovrà affrontare è il seguente: saranno disponibili dotazioni idriche aggiuntive da parte di Abbanoa, gli attuali pozzi saranno in grado di soddisfare le nuove esigenze idriche? A quanto mi risulta non esiste un preciso studio idrogeologico del sistema acquifero del bacino del Rio S. Girolamo, basato su dati di piovosità, deflussi e di ricarica della falda, che permetta di conoscere l’entità reale delle risorse idriche disponibili e di quelle realmente utilizzabili senza arrivare al depauperamento di queste ultime, non esiste neppure un catasto dei pozzi scavati dai soci ed a quale distanza siano ubicati rispetto a quelli della Cooperativa, non si conoscono quindi le interferenze tra emungimenti della cooperativa ed emungimenti dei soci, oltre ovviamente a non conoscere l’esistenza di altri pozzi lungo tutto il bacino del Rio S. Gerolamo. A suo tempo avevo scritto una relazione, in quanto membro del Comitato Tecnico (sulla base dell’art. 2 dell’ex Statuto che all’epoca stabiliva che il Comitato Tecnico “esprime pareri tecnico-economici su argomenti di natura urbanistica, edilizia, ambientale, idrogeologica e tecnologica, relativi a qualsiasi intervento da realizzare nel territorio del Centro Residenziale”). Durante una delle riunioni del Comitato (2002 - anno della più grave crisi idrica della Sardegna) era stata ipotizzata la possibilità, da parte della Cooperativa, di incentivare i residenti alla perforazione di pozzi per uso irriguo nei propri lotti, anche in considerazione dell’elevato costo dell’acqua potabile e della scarsità della risorsa. Ritenni, e lo scrissi, che una tale indicazione fosse totalmente in contrasto con un razionale utilizzo delle falde freatiche presenti nel nostro centro residenziale. Innanzitutto perché i pozzi si sarebbero trovati a brevissima distanza l’uno dall’altro (meno di 200 – 300 m, se la metà dei soci ne avessero scavato uno), già ora i molti pozzi presenti a Pauliara interferiscono necessariamente con quelli della Cooperativa, posti in prossimità della zona sportiva, riducendone la portata; in secondo luogo un eccessivo numero di pozzi determina un progressivo depauperamento della risorsa portando alla sua riduzione progressiva o alla perdita delle sue qualità chimico – fisiche. La risposta della Cooperativa fu di non affrontare questi argomenti e diede incarico ad un geologo di seguire lo scavo di nuovi pozzi nella zona sportiva (nel 2002-2003) senza effettuare alcuno studio globale dell’acquifero.
Un altro punto fondamentale da affrontare è quello del risparmio idrico, attraverso un’opera capillare di sensibilizzazione sia dei nuovi, ma anche dei vecchi soci, circa un corretto uso dell’acqua. Ad esempio indicando quali specie arboree, arbustive ed erbacee sono ammissibili e quali devono essere scoraggiate perché assolutamente incompatibili con il clima della nostra zona. Anche su tale argomento ebbi occasione di fornire alcune indicazioni all’epoca in merito all’uso di specie arboree, arbustive ed erbacee per la realizzazione del Parco Giochi, ma credo che un qualsiasi naturalista o biologo sia in grado di fornire indicazioni precise, certo meglio dei vivaisti che cercano di vendere il prato pronto che hanno in azienda, sempre guarda caso costituito da essenze assolutamente inadeguate alla realtà sarda.
4 – Normativa ambientale sull’utilizzo delle risorse idriche superficiali e sotterranee e sulla gestione degli sbarramenti: per finire credo che la nostra comunità (soci ed amministratori) dovrà prendere atto che non può continuare a disporre delle sue risorse naturali senza sapere cosa succede intorno e soprattutto che tutte le attività normative e pianificatorie relative all’aspetto quantitativo e qualitativo delle risorse idriche, a livello europeo, nazionale e regionale, sono sostanzialmente cambiate negli ultimi anni. E con questo mi riferisco alle recenti normative di recente approvazione in merito all’utilizzo delle risorse idriche sia superficiali che sotterranee ed alla gestione dei laghi-sbarramenti: 1) la Direttiva 2000/60/CE “Direttiva Quadro per l'azione comunitaria in materia di acque”; 2) il D.Lgls. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) Parte Terza - Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche” 3) D. Min. Ambiente 30/6/2004 “Criteri per la redazione del progetto di gestione degli invasi” ; 4) la recente L. Regionale n. 19 del 6 dicembre 2006 “Disposizioni in materia di risorse idriche e bacini idrografici”; 5) Legge Regionale n. 12 del 31 ottobre 2007 “Norme in materia di progettazione, costruzione, esercizio e vigilanza degli sbarramenti di ritenuta e dei relativi bacini di accumulo di competenza della Regione Sardegna”.
Non credo che sia il caso in questa sede di entrare nel merito di quanto stabiliscano tali norme sull’utilizzazione delle risorse idriche, anche perché la disamina dei numerosissimi articoli in esse contenute richiederebbe un tempo interminabile: il punto fondamentale è che la loro finalità fondamentale è quella di perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili. Inoltre dette norme prescrivono per gli utilizzatori e gestori di invasi tutta una serie di obblighi ed incombenze, che riguardano necessariamente anche la Coop., in quanto detentrice di una concessione regionale per l’utilizzo relativa al solo sbarramento in terra lungo il Rio S. Gerolamo.
5 – Problema del Lago piccolo e del lago grande: In tutta questa discussione ho fin’ora tralasciato il discorso sull’utilizzo della terza fonte di approvvigionamento idrico indicata dalla Coop. in molti suoi documenti e discussa anche all’interno del Comitato tecnico (quando ne facevo parte), cioè il Lago grande, anzi i due laghi di cui tanto si è scritto in questi ultimi mesi. Lasciando da parte tutta la polemica sui lavori illegittimi o meno e sulle relative denince, voglio solo ricordare che la vicenda non è affatto chiusa come qualcuno cerca di farci credere, infatti siamo ancora in attesa di conoscere ufficialmente quale sia stata la risposta del Genio Civile alla ulteriore richiesta di chiarimenti formulata da parte dell’Assessorato LL.PP. della Regione nel mese di dicembre, in merito alle autorizzazioni rilasciate dal G.C. nel corso del 1999 e citate dalla sospensiva del T.A.R. Ho letto il parere del T.A.R. e la risposta del Genio Civile conseguente all’interrogazione consiliare (come sostengo mi risulta che ne sia stata inviata anche una seconda all’Assessorato), ma devo dire che l’esame della normativa a cui ho fatto cenno sopra (D.Min. Ambiente 30/6/2004 - GU n. 269 del 16-11-2004) mi ha suscitato nuovi e forti perplessità. Tale normativa infatti prescrive che i gestori degli sbarramenti debbano predisporre un apposito piano di gestione dell’invaso di cui sono titolari, relativamente alle seguenti azioni, che devono essere preventivamente autorizzate dal Servizio competente dell’Assessorato regionale dei lavori pubblici:
- Art. 2: a) «svaso»: svuotamento totale o parziale dell'invaso mediante l'apertura degli organi di scarico o di presa; b) «sfangamento o sghiaiamento»: operazione per rimuovere il materiale sedimentato nel serbatoio; c) «spurgo»: operazione di sfangamento che fa esitare a valle, trascinato o disperso nella corrente idrica, attraverso gli organi di scarico, o, eventualmente, di presa, il materiale solido sedimentato; d) «asportazione di materiale a bacino vuoto»: operazione di sfangamento che utilizza macchine per il movimento e per la rimozione del materiale sedimentato.
- Art. 3 … Nel caso di asportazione di materiale a bacino pieno o vuoto, il progetto di gestione indica anche: a) il volume di materiale solido che si prevede di rimuovere dal serbatoio; b) le modalita' di rimozione del materiale; c) la caratterizzazione qualitativa del materiale solido da rimuovere; d) le modalita' di dislocazione ovvero di smaltimento del materiale rimosso, da individuare in relazione alle caratteristiche dell'ambiente destinato a ricevere i materiali asportati, o altra sua riutilizzazione consentita considerando, tra l'altro, in relazione alle sue caratteristiche di qualità, l'utilizzo per colmate, l'ammendamento per terreni agricoli, l'utilizzo per riprofilare porzioni della morfometria dell'alveo fluviale in relazione alle specifiche caratteristiche della zona d'alveo interessata; e) le aree di dislocazione del materiale rimosso che devono essere poste in condizioni di sicurezza idraulica sia per quanto riguarda la stabilita' degli ammassi, sia per quanto riguarda l'esposizione a fenomeni erosivi, sia in caso di dislocazione in aree golenali, per quanto riguarda il verificarsi di piene del fiume.
Sorvolando sulle sanzioni, a questo punto mi vengono ulteriori dubbi sulla vicenda: come mai nessuno ha mai citato tale norma e ci si è limitati a tirare in ballo l’art. 146 del Codice Urbani (tutela di beni paesaggistici) o al contrario (da parte della Coop.) l’art. 149 (secondo il quale non sarebbe necessaria l'autorizzazione prescritta dall'articolo 146, per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici). Credo che anche il T.A.R. sia stato indotto in errore nella valutazione dei fatti, proprio perché la normativa di riferimento è tutt’altra rispetto a quella citata dalla denuncia. Su questo punto credo quindi che serva una disamina molto più precisa e approfondita da parte di esperti in materia.
Subito dopo però sorge un secondo dubbio riguardante la disponibilità da parte della Coop. di quel bene (laghetto piccolo) infatti il Genio Civile dichiara che:
- La Cooperativa Poggio dei Pini è titolare di una concessione di acque pubbliche e delle relative opere di derivazione e invaso dal bacino ex ditta eredi Leone Saggiante costituito da uno sbarramento in terra di altezza al coronamento di m. 13 5 e di capacità max di mc 311.890. La concessione è stata rinnovata in data 03.05.04 ed è tuttora vigente.
- A valle delle opere di derivazione sopra descritte sempre sul Rio San Girolamo è presente un ulteriore piccolo invaso indotto dal rigurgito di un'opera di regimazione realizzata con un muro in c.l.s. di modesta altezza, di cui non si conosce il soggetto realizzatore ma si suppone possa essere lo stesso che a suo tempo ha realizzato lo sbarramento in terra del lago alto. Quest'ultimo sbarramento in c.l.s. non è inserito nel disciplinare [34/d del 20.11.03] che governa la concessione di derivazione delle acque del San Girolamo alla Cooperativa Poggio dei Pini e pertanto, la stessa cooperativa, non ha imposizioni di obblighi manutentivi né tanto meno diritti di gestione su queste opere.
Devo dire che qualcosa di assolutamente simile scriveva il prof. Lazzari in una Relazione redatta per conto della Coop. e datata Dicembre 2001, che afferma (cito testualmente dalla copia di detta relazione): “Secondo i documenti esistenti negli uffici della Cooperativa possiamo storicamente risalire a quanto è stato fatto dal 1965 ad oggi sia per quanto riguarda l’autorizzazione di derivazione dell’acqua del Rio S. Gerolamo, che per le vicissitudini di costruzione della diga in terra sullo stesso Rio. Manca invece qualsiasi documento che ci faccia risalire alla storia dello sbarramento in muratura sullo stesso Rio”.
Bisogna precisare che il prof. Lazzari nella relazione si riferisce sempre alle operazioni ed adempimenti necessari per adeguare le opere di sbarramento alle normative allora vigenti e che la Coop. doveva predisporre urgentemente al fine del rinnovo in sanatoria della concessione (perchè la concessione era scaduta nell’aprile 1998): tali adempimenti però erano riferiti esclusivamente alla diga in terra, mentre non si parla mai della diga in muratura.
Questa puntualizzazione è importante perché si riferisce ai nuovi obblighi derivanti dall’entrata in vigore della Legge Regionale n. 12 del 31 ottobre 2007. La norma prescrive che entro il termine perentorio di nove mesi dall’entrata in vigore (8 febbraio 2008 – 8 novembre 2008), “il gestore è tenuto a presentare alla struttura regionale competente la domanda finalizzata ad ottenere l’autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio, corredata da una perizia tecnica, secondo le modalità prescritte dall’Allegato A. Ai proprietari o ai gestori degli sbarramenti esistenti che, decorsi tre mesi dalla scadenza del termine di cui sopra, omettano di presentare la domanda di autorizzazione alla prosecuzione della gestione si applicano congiuntamente: a) la sanzione di 5.000 euro; b) la sanzione della demolizione, a proprie spese e con le dovute cautele, dello sbarramento entro il termine fissato dall’autorità regionale competente; decorso inutilmente tale termine, la medesima autorità regionale ne dispone l’esecuzione d’ufficio con spese a carico dei responsabili o l’acquisizione al patrimonio regionale”. Tenendo conto di quanto prescritto nell’allegato A per le dighe esistenti, cioè che deve essere attestata la conformità delle opere in parola al progetto originario in base al quale è stata autorizzata la loro esecuzione, è facile dedurre che si tratti di una grossa patata bollente per la Coop. soprattutto per quanto riguarda la diga piccola di cui, come detto sopra, mancherebbe qualsiasi documento progettuale e per la quale come è noto non si conosce neppure il soggetto realizzatore per la quale non ha imposizioni di obblighi manutentivi né tanto meno diritti di gestione su queste opere.
5 – Proposte relative a piste ciclabili e aree ricreative: qualcuno nel blog ha proposto che l’Associazione si occupi di proporre la realizzazione di piste ciclabili e altre attività simili. Vorrei ricordare che a seguito di un concorso di idee dal titolo: “Valorizzazione dei due laghi e zone contermini” promosso in data 14.12.2001 dalla Società Poggio dei Pini A.r.l. vennero presentati tre progetti, esaminati dal Comitato Tecnico. Di essi uno fu predisposto dal GRUSAP ed avendo partecipato personalmente alla sua stesura, riporto integralmente il testo della lettera di trasmissione del progetto alla Coop.: “Con la presente il GRUSAP intende partecipare al concorso di idee per la valorizzazione delle aree circostanti i due laghi, pur sapendo di non adempiere totalmente alle richieste fatte in data 14.XII.2001 dalla suddetta pregiatissima Società Poggio dei Pini A.r.l. L'associazione non ha le capacità e le competenze per poter partecipare ad un concorso di idee relativo alla progettazione di tipo urbanistico ed ingegneristico e per tale ragione ha deciso di avvalersi della collaborazione di alcuni professionisti residenti al Poggio. In particolare la proposta è stata realizzata con la collaborazione del Dott. Giampaolo Cillocu (ingegnere), Prof. PhD. Gianluigi Bacchetta (docente di Biologia vegetale applicata), Dott.ssa Maria Rita Lai (geologa), Sig. Giacomo Cillocu (responsabile per il Grusap del settore ambiente e aree verdi). Si specifica che le persone sopra elencate partecipano in maniera totalmente gratuita a questa iniziativa e che eventuali riconoscimenti andranno totalmente all'associazione. Il GRUSAP offre inoltre la sua manodopera, i propri mezzi e mette a disposizione una grande quantità di essenze vegetali di cui è già in possesso per realizzare le opere di seguito specificate. Distinti saluti. Il PRESIDENTE”. Sono inoltre disponibile a fornire l’intera relazione esplicativa del progetto (avendola redatta ho ancora il file sul mio PC), mentre non possiedo più la cartografia allegata che era stata prodotta in sole due copie (una per la Coop. e una per il Grusap). Brevemente: il progetto prevedeva la valorizzazione delle due aree a ridosso dei laghi mediante la realizzazione di: un piccolo orto botanico, strutture per la sosta lungo le rive; pista pedonale e/o pista ciclabile; pista jogging/percorso salute; creazione di zone di interesse naturalistico; conversione floristica e vegetazionale a vantaggio delle specie e delle comunità vegetali autoctone ed eliminazione progressiva delle specie alloctone; pulizia del sottobosco. Preciso che la Coop. non identificò mai il soggetto vincitore del concorso né diede corso alla realizzazione degli interventi suggeriti dai tre partecipanti.
6 – Pianificazione, edificazione e consumi energetici sostenibili: su questo argomento avrei ancora molto da dire. Ma riassumo qui per non continuare ad annoiarvi. Si potrebbe cogliere l’occasione di affrontare il tema della pianificazione dell’uso del territorio considerando anche altri aspetti. Tra questi segnalo, ad esempio, l’utilizzo di reti duali per l’approvvigionamento idrico: le reti duali per intenderci sono reti distinte una con acqua potabile (trattata e più costosa) da utilizzarsi in cucina e per il lavaggio personale (lavandini, docce, vasche), un’altra nella quale scorre acqua grezza per gli sciacquoni del water e utilizzabile per l’irrigazione dei giardini, potrebbe derivare anche dal riciclo di acque grezze. Nel resto d’Europa i nuovi condomini vengono dotati di questi sistemi. Problema delle fognature inadeguate e delle manutenzioni: quanti soci sanno che è vietato scaricare nella fognatura le acque provenienti dalle grondaie dei tetti? Secondo voi perché ad ogni pioggia un po’ più forte del previsto, i tombini fognari nella zona bassa di Pauliara saltano per aria con conseguente fuoriuscita di liquami in prossimità del lago piccolo? La Coop. ha mai effettuato delle verifiche, casa per casa, per conoscere il recapito finale delle acque di gronda? Problema della manutenzione delle strade: vi siete mai posti il problema del motivo per cui, quando e come si deteriorano le strade su cui la Coop. spende soldi per il rifacimento? Qualcuno ha sostenuto che ciò sia dovuto al fatto che nel nostro territorio piove molto e le cunette non riescono a smaltire tutta l’acqua, con conseguente ruscellamento ed erosione dei bordi stradali. Io sono convinta invece che in molti casi (e ne ho avuto la conferma diretta) spesso e volentieri ciò accade per uno scarso stato di addensamento del sottofondo stradale: quando furono bitumate le strade spesso il bitume fu poggiato a diretto contatto con la roccia granitica (in montagna) o con il granito alterato ed argillificato (in pianura), che costituisce il substrato di fondazione della strada; cioè non fu interposto(forse per risparmiare), come una buona tecnica costruttiva delle strade impone (Vedi Norme CNR-UNI sui rilevati stradali), uno strato di “sottofondo” inerte adeguatamente costipato e (in particolari casi) un telo di tessuto-non tessuto. Ciò ha fatto sì che spesso questi cedimenti si verificano subito dopo il passaggio di camion colmi di terra e/o di materiali edili (mattoni) destinati all’edificazione di nuove abitazioni; tali carichi sono fuori norma, ovvero non potrebbero circolare in strade comunali e/o private, non in grado di sopportate quei pesi esagerati perché il sottofondo non è in grado di sostenerli. Basterebbe chiedere al Comune che venga apposto un limite di portata in ingresso e soprattutto vigilare affinché chi rompe paga. In certi casi, vedi alcuni incroci stradali risanati dalla Coop. era assolutamente evidente quale fosse la causa del cedimento: in quel periodo nelle vicinanze si stava costruendo una nuova abitazione e i mezzi stracarichi, che vi transitavano, non venivano controllati da nessuno, dopo pochi giorni l’asfalto aveva ceduto. Problema del risparmio energetico: perché non si inizia a pensare di attivare un’azione congiunta, presso il comune e la Regione, affinché tutte le nuove abitazioni, e quelle esistenti per chi lo vorrà fare, possano essere dotate di pannelli solari e fotovoltaici senza dover incorrere in lunghe ed estenuanti trafile di autorizzazioni, che già adesso vengono negate a chi abita in certe zone di Poggio? Qualche socio si è già scontrato con questi adempimenti burocratici (gli è stata addirittura negata l’autorizzazione all’installazione, che hanno il solo effetto di disincentivare e scoraggiare l’installazione di tali impianti innovativi. Ancora sul risparmio energetico: vorrei che nel prossimo piano di lottizzazione si tenesse conto anche di un altro fatto, razionalizzare l’ubicazione delle strutture (scuole di ogni ordine, servizi quali market ecc.) al fine di ridurre il più possibile gli inevitabili consumi di carburante e il conseguente inquinamento dell’aria. Sfido qualsiasi urbanista a dimostrare che l’attuale configurazione dei servizi presenti con la dislocazione delle scuole materna e media abbarbicate in una collina scomodissima da raggiungere, la scuola elementare da tutt’altra parte (per giunta in una strada stretta e senza parcheggi dentro Residenza del Poggio), l’area sportiva divisa tra la zona di Pauliara e la piscina posta da tutt’altra parte (chiedete alla Poggio Sport Village quanto è costato, la scorsa estate, trasportare i bambini che frequentano il baby-parking in piscina per le lezioni di nuoto), la zona servizi con market, negozi, edicola e uffici da un’altra parte ancora, abbia qualcosa di razionale e agevoli la fruibilità e consegua l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile in termini di economicità energetica.
Ci sarebbero ancora altri argomenti da sviscerare per esempio sulla gestione degli impianti sportivi e le relative manutenzioni ordinarie e straordinarie; sulle carenze ed inadeguatezza delle strutture scolastiche (vedi inesistenza delle mense e delle palestre); sul problema del rischio idrogeologico e dell’intasamento delle cunette di dreno o dei canali occlusi, che impediscono il normale deflusso delle acque di ruscellamento verso i terreni confinanti, ma per ora credo che sia stata messa abbastanza carne al fuoco.
Di tutti questi argomenti avrei auspicato si parlasse nelle riunioni informative con i soci: su quali interventi e servizi hanno bisogno i soci ed i loro figli (anche piccoli) che vivono al Poggio; sul vero assetto futuro del territorio; sulla sua gestione in termini “veramente sostenibili”, veramente non se ne può più di accuse e di denunce tra soci e/o tra soci e CdA.
Pertanto mi auguro che nessuna delle affermazioni da me riportate vengano prese come un’accusa nei confronti di alcuno dei soci o degli amministratori (presenti e passati), come ho detto all’inizio il mio intento è solo quello di affrontare questioni tecniche e pratiche della vita di tutti i giorni, da un punto di vista squisitamente pratico e tecnico e su questa strada vorrei continuare a dialogare e eventualmente a collaborare se il mio supporto potrà servire ed interessare, soprattutto con persone che siano addentro ai problemi, e non con chi scrive solo per fare sterili ed inutili polemiche che non portano da nessuna parte e servono solo a riempirsi la bocca di parole ed a spacciarsi per esperti paesaggisti, urbanisti o altro.
Saluti a tutti.
Maria Rita Lai
Vi invito a leggerlo con attenzione, magari un pò alla volta, e a inserire commenti o fare domande.
Di Maria Rita Lai
Ho meditato a lungo se intervenire o meno su questo blog, ma dopo aver letto l’intervento di Pasquale Cabizza e la proposta di Roberto Trudu sulla creazione di un’“Associazione per lo Sviluppo Sostenibile di Poggio dei Pini” (che nel seguito chiamerò per brevità ASSPP) mi sono decisa a dire la mia sull’argomento e su altri argomenti trattati in questi mesi. Fin’ora non ero intervenuta perché non mi piacevano affatto i termini in cui si stava svolgendo la discussione, con continue accuse e invettive tra i difensori del CdA ed il Comitato: la sensazione era che spesso fossero solo delle sterili e inutili discussioni. Io vorrei che finalmente si iniziasse a parlare di fatti concreti e di proposte concrete e non di pura filosofia o di accuse e denunce tra le due fazioni, basate su articoli del codice civile o sulle leggi della privacy.
Inoltre sulla base di esperienze sui blog e su questi luoghi virtuali di discussione, ho la sensazione che spesso non servano affatto a chiarire le idee o ad avere notizie più precise e dettagliate perché ognuno tenta di tirare l’acqua al suo mulino dicendo 1/10 delle cose che sa. Questo Blog era partito con la pubblicazione delle cartografie di dettaglio dei precedenti progetti ma ovviamente tutto ciò doveva essere necessariamente implementato con i documenti, le relazioni, le convenzioni e i vari carteggi tra Comune e Coop. che purtroppo non si avevano a disposizione. Così l’informazione purtroppo non era completa e la discussione si è diretta in una altro senso, come ho detto sopra.
Vorrei quindi affrontare alcune questioni che coinvolgono sia le scelte future della vita della cooperativa, sia alcuni problemi di tipo essenzialmente “tecnico” che però sono strettamente legati fra loro. Vorrei fare capire che gestire la Cooperativa non è solo un problema di bilancio (entrate-uscite) da far quadrare a fine anno per i prossimi quaranta anni, ma anche di iniziare a vedere un po’ più avanti nel tempo e di capire a quali conseguenze possano condurre le scelte del CdA (sia quello attuale che i futuri).
I fatti concreti sono quelli che illustrerò nel seguito, scusandomi in anticipo se sarò un po’ prolissa, spero che chi ne avrà voglia riesca d arrivare alla fine e capisca il succo del discorso.
1 - Risorse naturali e del loro uso sostenibile: Non ho studiato leggi e normative societarie di vario tipo, né conosco così bene il Codice Civile come qualcuno che scrive in questo blog, ma sono un tecnico ed in relazione agli studi effettuati (scienze geologiche) e alle esperienze che ho potuto fare in 22 anni di lavoro in vari campi (dalla geologia ambientale, alla geopedologia, alla geotecnica, alla geologia applicata alle opere pubbliche), mi è capitato molto spesso (anche attualmente) di occuparmi di risorse naturali e del loro uso sostenibile, termine che è attualmente molto in voga, non solo tra gli ambientalisti e gli esperti della materia, ma anche tra i profani che spesso lo usano senza sapere cosa ci sia dietro questa terminologia. Personalmente ho iniziato ad appassionarmi a questi temi dopo aver letto, nel 1978, il famoso saggio “I limiti dello sviluppo” , voluto da alcuni scienziati riuniti nel Club di Roma e realizzato con il contributo del M.I.T. (Massachusset Institut of Technology), nel quale gli autori (veri precursori della materia) mettevano in guardia sulle conseguenze dell’utilizzo delle risorse naturali (suolo, acqua, petrolio, ecc.) e del loro uso e consumo sconsiderato, privo di qualsiasi pianificazione a lungo termine, e iniziavano a delineare e preannunciare anche i problemi di tipo climatico a cui l’intero pianeta sarebbe andato incontro di lì a poco, a causa dell’inquinamento e dell’effetto serra.
Successivamente ho continuato ad occuparmi di questi argomenti, soprattutto tramite la pedologia e la geologia ambientale, affrontando il problema delle scelte sostenibili. Inizialmente con la tesi di laurea riguardante il consumo dei suoli ed il degrado del territorio di Quartu S.Elena a causa dello sviluppo urbanistico irrazionale e dell’abusivismo edilizio lungo la costa, da Margine Rosso fino a Capitana. Per chi non lo sapesse il comune di Capoterra ha moltissime analogie con quello di Quartu S.Elena e negli anni ’80 lo sviluppo di Quartu e la sua espansione “a macchia di leopardo”, ha avuto un trend molto simile a quello che Capoterra vive da una decina d’anni a questa parte. Quella esperienza proseguì con la collaborazione, negli anni ’90, col gruppo di lavoro formato da ingegneri, storici, archeologici, geologi e pedologi, chiamati a predisporre il PUC di Quartu S.Elena, attualmente in vigore, che in quel periodo fu uno dei pochi comuni della Sardegna a riuscire ad approvare un PUC in sostituzione del vecchio piano di fabbricabilità degli anni ‘70.
Successivamente, ormai da più di dieci anni, mi occupo di progettazione di condotte idriche all’interno del Servizio Progetti dell’ENAS (ex Ente Autonomo del Flumendosa): ritengo di dover fare questa precisazione in relazione ad alcune cose che scriverò oltre.
2 – Gestione economica della Cooperativa: non sono esperta in gestione aziendale come l’Ing. Cabizza, perciò non sono in grado di valutare se 15 dipendenti sono troppi o pochi, credo però che, come fa qualsiasi azienda seria, questo problema potrebbe essere risolto molto facilmente attraverso un esame dei carichi di lavoro e delle attività svolte da ciascun dipendente e della sua produttività (contabilità industriale), per capire dove si sta spendendo troppo e come fare a ridurre le spese eccessive (se lo fossero). Non so se la Cooperativa abbia mai pensato di fare un’indagine del genere, ma sicuramente dovrà essere uno dei punti fondamentali che il prossimo CdA dovrà affrontare. A giudicare però dalla grande quantità (come riferisce qualcuno su questo blog – ma vorrei sapere quanti sono realmente) di contenziosi tra Coop. e soci, in merito a presunti abusi commessi all’interno dei lotti, sia in fase costruttiva che successivamente alla edificazione, verrebbe da chiedersi come sia possibile che, pur avendo un consistente numero di dipendenti che periodicamente e quotidianamente transitano sul territorio (geometri, guardie giurate, operai), la Coop. non riesca a tenere sotto controllo le presunte “attività illecite” dei soci, considerato che qualsiasi progetto passa al vaglio prima dell’Ufficio Tecnico e poi del Comitato tecnico (nel quale sono presenti altri geometri ed ingegneri).
3 - Nuova lottizzazione, beni identitari e uso sostenibile: il Comitato ha puntato tutta la sua azione sul problema della tutela dei valori identitari, della difesa del patrimonio boschivo e naturale di Poggio dei Pini, ora anche la costituenda ASSPP vuole continuare su questa linea. Concordo pienamente sul fatto che tali beni debbano essere tutelati, ma credo che ormai il discorso dovrebbe spostarsi su argomenti ben più importanti e “di ben altro peso”, l’uso sostenibile infatti non può riferirsi solo ed esclusivamente alla tutela e salvaguardia delle aree verdi e delle pinete ma, e soprattutto, dovranno essere affrontati altri temi che influenzeranno le scelte ed in particolare la definizione del carico massimo insediabile in termini di abitanti, in funzione della effettiva sostenibilità ambientale.
Voglio subito dire che la mossa della cooperativa di “ritirare” immediatamente dal piano di lottizzazione i lotti dentro le pinete, probabilmente oltre che essere dettata, come qualcuno ha insinuato in questi mesi, da questioni di opportunismo (per tappare la bocca agli oppositori e stravolgere il referendum), secondo me deriva dal fatto che inizialmente non avevano considerato bene le implicazioni di tipo normativo-vincolistico derivanti dalle recenti norme sul paesaggio. Non mi è chiaro come mai questo aspetto sia sfuggito ai progettisti. Infatti è noto che i boschi ricadono nell’elenco dei beni tutelati e sottoposti a precise norme nazionali e regionali (Codice Urbani e P.P.R.) e difficilmente possono essere variate le destinazioni d’uso, ancora di più se si tratta di rimboschimenti in aree con problemi di tipo idrogeologico come la nostra zona. L’atteggiamento del Corpo Forestale di Vigilanza Ambientale in merito è ben noto a chi opera nel campo delle opere pubbliche, infatti anche soltanto per poter eseguire delle indagini geognostiche in una zona boscata, in cui deve essere progettata un’opera, sono necessarie preventive comunicazioni al C.F.VV.AA. che dopo appositi sopralluoghi deve rilasciare apposita autorizzazione; inoltre se ci si trova all’interno di un bene paesaggistico particolare – quali i parchi – l’Ufficio Tutela del paesaggio richiede anche la Relazione Paesaggistica perfino per l’esecuzione di stradelli finalizzati all’esecuzione di indagini geotecniche mediante sondaggi in situ. Figuriamoci se poi per realizzare l’opera dovesse essere necessario abbattere gli alberi: nella migliore delle ipotesi prescrivono (giustamente) che tutte le essenze debbano essere reimpiantate ai margini dell’opera stessa.
Durante la riunione del 1 dicembre avevo manifestato il dubbio, circa il fatto che in base alla normativa vigente il piano di lottizzazione dovesse essere accompagnato dalla Relazione Paesaggistica prescritta dal D.P.C.M. 12712/2005 emanato ai sensi dell’art. 146, comma 3 del Codice dei beni Culturali e del paesaggio (D.Lgsl. 22/1/2004 n. 42 - cosiddetto Codice Urbani). Avevo segnalato che l’art. 4.2 del D.P.C.M. afferma che le opere di urbanizzazione primaria sono soggette a studio di compatibilità paesaggistica, tanto più se inserite entro aree a bosco o entro punti o percorsi panoramici od ambiti di percezione da punti o percorsi panoramici. La norma fornisce l’elenco di tutta la documentazione tecnica da porre a corredo della domanda di compatibilità paesaggistica (cartografia specialistica, rappresentazione fotografica dello stato attuale, planimetrie di dettaglio, sezioni, rendering fotografico dell’intervento, ecc.). Durante la riunione avevo posto la domanda al presidente Calvisi per sapere se tale studio fosse stato allegato al Nuovo Piano di Lottizzazione, ma non ebbi alcuna risposta, pertanto credo non ve ne fosse traccia. Forse è stato ritenuto più economico e conveniente ritirare quei lotti piuttosto che dover integrare lo studio con nuovi allegati costosi e che facevano rallentare i tempi delle autorizzazioni. Bisogna però tener presente un altro fatto che forse è sfuggito al CdA, secondo la definizione di “bosco” adottata dal C.F.VV.AA. anche la macchia densa ed evoluta con lentischi, erica, corbezzoli, ginepri e sughere ed altre essenze tipiche della macchia mediterranea (vedi zona di Santa Barbara), è definita “bosco” e quindi è sottoposta allo stesso grado di tutela di una pineta o lecceta.
Parliamo quindi dei beni identitari, definiti all’art. 6 comma 5 del P.P.R. e meglio caratterizzati nell’Allegato 3 delle Norme Tecniche di Attuazione, “sono beni caratteristici del paesaggio culturale sardo costituiti dagli immobili, aree e/o valori immateriali, che consentono il riconoscimento del senso di appartenenza delle comunità locali alla specificità della cultura sarda, del suo paesaggio e della sua identità. Possono essere: elementi di tipo areale, caratterizzati dalla presenza di edifici e manufatti di valenza storico-culturale; reti ed elementi connettivi; aree di insediamento produttivo di interesse storico culturale. La loro tutela e salvaguardia risulta indispensabile per il mantenimento dei valori fondamentali e delle risorse del territorio”. Su questo argomento ci sono stati vari scambi di idee anche nel forum della Coop. ma mi sembra che chi scrive come al solito non conosca a fondo le leggi e parli un po’ a “vanvera”. E’ bene precisare che quelli presenti nel nostro territorio devono ancora essere identificati: infatti la disciplina dei beni identitari, secondo quanto disposto dall’art. 9 comma 1 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.P.R., prevede che tali beni debbano essere individuati direttamente dal P.P.R. o dai Comuni in sede di adeguamento degli strumenti urbanistici alle sue previsioni; inoltre l’art. 9 comma 6 stabilisce che la Regione o i Comuni debbano provvedere a delimitarne l’area finalizzata alla salvaguardia: ossia non solo li devono identificare, ma devono anche fissare un’area di rispetto intorno ad essi. Allo stato attuale nel territorio di Poggio dei Pini, non risultano ancora censiti e/o delimitati cartograficamente beni identitari, se si esclude quello di Santa Barbara individuato nella cartografia predisposta dalla regione per il P.P.R. e consultabile nel sito della Regione. (http://webgis.regionesardegna.it/tavole_ppr/tavole_25k/A2_5651.pdf ) Sulla base di informazioni fornitemi da collaboratori dell’Ass. Urbanistica, ho appreso che il comune di Capoterra sta ancora predisponendo un’apposita cartografia dei suddetti beni, secondo quanto previsto dalla norma, anche perché ha in corso la revisione del PUC. La costituenda ASSPP potrebbe dunque intervenire presso il comune per prendere visione di queste cartografie e valutare se effettivamente il GRUSAP o altri elementi puntuali (ponti ferroviari esistenti lungo la Strada n. 3, fortini, ecc.) siano stati catalogati quali beni identitari: perché non proporre, ad esempio, che tra essi venga inserito anche il lago, o le pinete visto che richiamano un profondo senso di appartenenza (richiamo al nome stesso della nostra comunità). Mi chiedo però se siamo consapevoli di quali ripercussioni avrà tale cartografia sulle future concessioni edilizie. Mi risulta che a Cagliari siano già stati bloccati due cantieri in fase di avanzata costruzione (uno in Via Perugia e uno in Via Ravenna) e forse anche un terzo, perché il progettista aveva dichiarato che le opere in costruzione erano ubicate a più di 100 metri da un sito identitario (invece il Corpo Forestale sostiene il contrario). Ciò significherà che entro 100 m dai siti identitari difficilmente il comune potrà rilasciare licenze edilizie? Ma allora che senso ha che la Cooperativa annulli il lotto ubicato in corrispondenza del GRUSAP, se poi i lotti confinanti saranno di fatto inedificabili a causa di vincoli urbanistico-paesaggistici? Qualche urbanista potrebbe sciogliere questo dubbio?
Sempre durante la stessa riunione avevo posto un altro quesito al presidente, anche questo irrisolto e rimasto senza risposta. Come è possibile prevedere l’edificazione delle aree A2 e A3, ossia quelle disposte lungo la sponda sinistra del Rio S. Gerolamo a valle delle due dighe, se le opere di urbanizzazione previste (strade, ecc.) ricadono a meno di 150 m dalle sponde del fiume? Oltre al fatto che esistono precise norme del P.P.R. riguardo agli interventi che ricadono ad una certa distanza da tutti i fiumi, mi risulta (per esperienza diretta) che anche il Genio Civile applicando il T.U. sulle opere idrauliche di cui al R.D. 523/1904 prescriva una distanza minima di tutte le opere molto maggiore di quella riportata nelle carte del Nuovo Piano di Lottizzazione. Inoltre avrei voluto sapere cosa è scritto nel piano a proposito del fatto che quelle aree sono anche a rischio idrogeologico e ricadono all’interno del PAI (Piano di Assetto Idrogeologico), oltre al fatto che durante l’alluvione del 1999, come tutti i poggini ricorderanno, subirono gli effetti dell’allagamento da parte delle acque esondate dallo scarico di superficie del lago, ed essendo a valle di una diga in terra tracimabile, probabilmente richiederebbero un apposito studio di Compatibilità Idraulica ai sensi delle Norme del PAI (su questo argomento mi riprometto di informarmi in maniera più dettagliata ed eventualmente vi riferirò in seguito).
3 - Problema del carico massimo insediabile: nelle ultime riunioni informative, promosse prima del referendum per illustrare i vari piani di lottizzazione dal 1968 al 2007, secondo me sono state date scarse informazioni circa un aspetto fondamentale per lo sviluppo sostenibile di Poggio: nessuno ha affrontato il problema delle dotazioni idriche e delle fonti di approvvigionamento idropotabile della cooperativa fino al 2040. Vi sembra un problema da poco? Non si sa né se i precedenti piani affrontavano questo argomento, né se gli attuali estensori del nuovo Piano di Lottizzazione si siano posti il problema e come l’abbiano risolto. Questo secondo me è veramente l’unico e vero problema che doveva condizionare tutta la revisione del piano di lottizzazione e cercherò di spiegare perché.
L’attuale approvvigionamento idrico della Cooperativa (sintetizzando al massimo) avviene mediante due fonti: 1) l’acqua già potabilizzata, fornita da Abbanoa, proveniente dal sistema Flumendosa-Campidano tramite una condotta ex EAF (ora ENAS) e che approvvigiona anche Capoterra, ha come recapito finale una vasca di carico ubicata nella collina di Su Sinzurru, che separa Poggio da Capoterra (di fronte all’Hydrocontrol sul valico che porta al cimitero); quest’acqua è di buona qualità in quanto sottoposta ad accurati processi di potabilizzazione; 2) i numerosi pozzi (circa una decina) realizzati dalla cooperativa, in prevalenza intorno all’area sportiva; quest’acqua ha una qualità completamente diversa dalla precedente per la presenza in sospensione di alluminio, ferro e altri metalli e viene sottoposta solo a clorazione (credo che la Coop. potrebbe fornire altre notizie in merito ai processi di potabilizzazione in atto); chi abita a Pauliara conosce bene questo problema e convive con “l’acqua rossa” o l’ha risolto montando in ingresso un doppio filtro (a corda e ceramico) che dopo due settimane diventa di un evidente color ruggine. La Cooperativa, però a quanto mi risulta distribuisce l’acqua dei pozzi solo nella zona di Pauliara, mediante un sollevamento fino alla vasca di carico ubicata sulla collina di Pauliara, esiste però una condotta di collegamento tra il potabilizzatore della zona sportiva ed il resto della lottizzazione che può essere utilizzata in situazioni di scarso approvvigionamento dalla condotta Abbanoa, come accadde nel 2001 (qualcuno si ricorda la stagione dei tubi impazziti che salvano ogni pochi giorni e la conseguente chiusura delle saracinesche?). Esistono inoltre altri serbatoi interni alla Coop. Il punto da affrontare è allora il seguente: siamo sicuri che le risorse disponibili totali (dotazioni idriche) messe a disposizione da Abbanoa e quelle complessive dei pozzi saranno in grado di soddisfare la richiesta idrica di tutti gli abitanti futuri ipotizzati dal nuovo piano di lottizzazione? Bisogna infatti tenere presente che le nostre condotte non trasportano solo acque per uso potabile ma, e soprattutto, per uso irriguo: infatti nel periodo estivo i consumi crescono enormemente grazie a quei soci che hanno trasformato il loro lotto in un prato all’inglese con specie erbacee estremamente idroesigenti che necessitano anche di 4 innaffiature consecutive al giorno (così mi dicono coloro i quali possiedono il prato con l’erbetta sempreverde), arrivando anche a spendere 1000€ di consumi idrici nel trimestre estivo. Credo che questa sia pura follia!! E non si pensi che il problema si possa risolvere come fanno coloro i quali hanno affidato alla trivellazione di un pozzo (profondo anche 100 m) la possibilità di avere l’acqua gratis senza doverla pagare alla Cooperativa.
Vorrei che su questo argomento venga fatta una seria riflessione: cosa succederà se tutti i proprietari dei nuovi lotti decidessero di impiantare enormi prati all’inglese, innaffiandoli sia con l’acqua della rete sia scavando un proprio pozzo? Tenete presente che ho sentito dire da molte persone che uno dei motivi per cui avevano comprato il terreno a Poggio, piuttosto che in un’altra lottizzazione di Capoterra, è anche dovuto al fatto che l’acqua non manca mai e non è razionata.
Qui nasce quindi il problema delle risorse naturali e dell’uso sostenibile: come intende affrontare la Cooperativa il problema dell’approvvigionamento idrico per i prossimi 40-50 anni? Considerando che a detta di tutti gli esperti di idrologia, nel prossimo futuro le condizioni pluviometriche in Sardegna saranno quelle di un aumento progressivo dei fenomeni siccitosi e che quindi le risorse dovranno necessariamente essere razionate. E’ impensabile che i soci possano continuare a sprecare l’acqua in un modo insensato ed incontrollato innaffiando i loro giardini senza un minimo controllo. Infatti è ben noto agli idrogeologi che lo scavo di sempre nuovi pozzi, anche a breve distanza dai precedenti, sia che siano della Cooperativa che di altri soci, avrà come conseguenza la depressione della superficie piezometrica ciò l’abbassamento della falda a quote inferiori a quelle del mare (attualmente credo che la falda dei pozzi zona campo sportivo si attesti intono ai – 30÷40 m dal p.c. cioè a circa + 10 m s.l.m) e la conseguente infiltrazione di acqua salina dal mare, come già avviene in alcuni pozzi di Pauliara. Considerata l’attuale tendenza evolutiva delle falde costiere della Sardegna, non ultima quella di Capoterra, questo fenomeno noto come “salinizzazione della falda” non è solo utopia ma purtroppo un grave rischio.
Quindi uno dei punti fondamentali che il prossimo CdA dovrà affrontare è il seguente: saranno disponibili dotazioni idriche aggiuntive da parte di Abbanoa, gli attuali pozzi saranno in grado di soddisfare le nuove esigenze idriche? A quanto mi risulta non esiste un preciso studio idrogeologico del sistema acquifero del bacino del Rio S. Girolamo, basato su dati di piovosità, deflussi e di ricarica della falda, che permetta di conoscere l’entità reale delle risorse idriche disponibili e di quelle realmente utilizzabili senza arrivare al depauperamento di queste ultime, non esiste neppure un catasto dei pozzi scavati dai soci ed a quale distanza siano ubicati rispetto a quelli della Cooperativa, non si conoscono quindi le interferenze tra emungimenti della cooperativa ed emungimenti dei soci, oltre ovviamente a non conoscere l’esistenza di altri pozzi lungo tutto il bacino del Rio S. Gerolamo. A suo tempo avevo scritto una relazione, in quanto membro del Comitato Tecnico (sulla base dell’art. 2 dell’ex Statuto che all’epoca stabiliva che il Comitato Tecnico “esprime pareri tecnico-economici su argomenti di natura urbanistica, edilizia, ambientale, idrogeologica e tecnologica, relativi a qualsiasi intervento da realizzare nel territorio del Centro Residenziale”). Durante una delle riunioni del Comitato (2002 - anno della più grave crisi idrica della Sardegna) era stata ipotizzata la possibilità, da parte della Cooperativa, di incentivare i residenti alla perforazione di pozzi per uso irriguo nei propri lotti, anche in considerazione dell’elevato costo dell’acqua potabile e della scarsità della risorsa. Ritenni, e lo scrissi, che una tale indicazione fosse totalmente in contrasto con un razionale utilizzo delle falde freatiche presenti nel nostro centro residenziale. Innanzitutto perché i pozzi si sarebbero trovati a brevissima distanza l’uno dall’altro (meno di 200 – 300 m, se la metà dei soci ne avessero scavato uno), già ora i molti pozzi presenti a Pauliara interferiscono necessariamente con quelli della Cooperativa, posti in prossimità della zona sportiva, riducendone la portata; in secondo luogo un eccessivo numero di pozzi determina un progressivo depauperamento della risorsa portando alla sua riduzione progressiva o alla perdita delle sue qualità chimico – fisiche. La risposta della Cooperativa fu di non affrontare questi argomenti e diede incarico ad un geologo di seguire lo scavo di nuovi pozzi nella zona sportiva (nel 2002-2003) senza effettuare alcuno studio globale dell’acquifero.
Un altro punto fondamentale da affrontare è quello del risparmio idrico, attraverso un’opera capillare di sensibilizzazione sia dei nuovi, ma anche dei vecchi soci, circa un corretto uso dell’acqua. Ad esempio indicando quali specie arboree, arbustive ed erbacee sono ammissibili e quali devono essere scoraggiate perché assolutamente incompatibili con il clima della nostra zona. Anche su tale argomento ebbi occasione di fornire alcune indicazioni all’epoca in merito all’uso di specie arboree, arbustive ed erbacee per la realizzazione del Parco Giochi, ma credo che un qualsiasi naturalista o biologo sia in grado di fornire indicazioni precise, certo meglio dei vivaisti che cercano di vendere il prato pronto che hanno in azienda, sempre guarda caso costituito da essenze assolutamente inadeguate alla realtà sarda.
4 – Normativa ambientale sull’utilizzo delle risorse idriche superficiali e sotterranee e sulla gestione degli sbarramenti: per finire credo che la nostra comunità (soci ed amministratori) dovrà prendere atto che non può continuare a disporre delle sue risorse naturali senza sapere cosa succede intorno e soprattutto che tutte le attività normative e pianificatorie relative all’aspetto quantitativo e qualitativo delle risorse idriche, a livello europeo, nazionale e regionale, sono sostanzialmente cambiate negli ultimi anni. E con questo mi riferisco alle recenti normative di recente approvazione in merito all’utilizzo delle risorse idriche sia superficiali che sotterranee ed alla gestione dei laghi-sbarramenti: 1) la Direttiva 2000/60/CE “Direttiva Quadro per l'azione comunitaria in materia di acque”; 2) il D.Lgls. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) Parte Terza - Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche” 3) D. Min. Ambiente 30/6/2004 “Criteri per la redazione del progetto di gestione degli invasi” ; 4) la recente L. Regionale n. 19 del 6 dicembre 2006 “Disposizioni in materia di risorse idriche e bacini idrografici”; 5) Legge Regionale n. 12 del 31 ottobre 2007 “Norme in materia di progettazione, costruzione, esercizio e vigilanza degli sbarramenti di ritenuta e dei relativi bacini di accumulo di competenza della Regione Sardegna”.
Non credo che sia il caso in questa sede di entrare nel merito di quanto stabiliscano tali norme sull’utilizzazione delle risorse idriche, anche perché la disamina dei numerosissimi articoli in esse contenute richiederebbe un tempo interminabile: il punto fondamentale è che la loro finalità fondamentale è quella di perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili. Inoltre dette norme prescrivono per gli utilizzatori e gestori di invasi tutta una serie di obblighi ed incombenze, che riguardano necessariamente anche la Coop., in quanto detentrice di una concessione regionale per l’utilizzo relativa al solo sbarramento in terra lungo il Rio S. Gerolamo.
5 – Problema del Lago piccolo e del lago grande: In tutta questa discussione ho fin’ora tralasciato il discorso sull’utilizzo della terza fonte di approvvigionamento idrico indicata dalla Coop. in molti suoi documenti e discussa anche all’interno del Comitato tecnico (quando ne facevo parte), cioè il Lago grande, anzi i due laghi di cui tanto si è scritto in questi ultimi mesi. Lasciando da parte tutta la polemica sui lavori illegittimi o meno e sulle relative denince, voglio solo ricordare che la vicenda non è affatto chiusa come qualcuno cerca di farci credere, infatti siamo ancora in attesa di conoscere ufficialmente quale sia stata la risposta del Genio Civile alla ulteriore richiesta di chiarimenti formulata da parte dell’Assessorato LL.PP. della Regione nel mese di dicembre, in merito alle autorizzazioni rilasciate dal G.C. nel corso del 1999 e citate dalla sospensiva del T.A.R. Ho letto il parere del T.A.R. e la risposta del Genio Civile conseguente all’interrogazione consiliare (come sostengo mi risulta che ne sia stata inviata anche una seconda all’Assessorato), ma devo dire che l’esame della normativa a cui ho fatto cenno sopra (D.Min. Ambiente 30/6/2004 - GU n. 269 del 16-11-2004) mi ha suscitato nuovi e forti perplessità. Tale normativa infatti prescrive che i gestori degli sbarramenti debbano predisporre un apposito piano di gestione dell’invaso di cui sono titolari, relativamente alle seguenti azioni, che devono essere preventivamente autorizzate dal Servizio competente dell’Assessorato regionale dei lavori pubblici:
- Art. 2: a) «svaso»: svuotamento totale o parziale dell'invaso mediante l'apertura degli organi di scarico o di presa; b) «sfangamento o sghiaiamento»: operazione per rimuovere il materiale sedimentato nel serbatoio; c) «spurgo»: operazione di sfangamento che fa esitare a valle, trascinato o disperso nella corrente idrica, attraverso gli organi di scarico, o, eventualmente, di presa, il materiale solido sedimentato; d) «asportazione di materiale a bacino vuoto»: operazione di sfangamento che utilizza macchine per il movimento e per la rimozione del materiale sedimentato.
- Art. 3 … Nel caso di asportazione di materiale a bacino pieno o vuoto, il progetto di gestione indica anche: a) il volume di materiale solido che si prevede di rimuovere dal serbatoio; b) le modalita' di rimozione del materiale; c) la caratterizzazione qualitativa del materiale solido da rimuovere; d) le modalita' di dislocazione ovvero di smaltimento del materiale rimosso, da individuare in relazione alle caratteristiche dell'ambiente destinato a ricevere i materiali asportati, o altra sua riutilizzazione consentita considerando, tra l'altro, in relazione alle sue caratteristiche di qualità, l'utilizzo per colmate, l'ammendamento per terreni agricoli, l'utilizzo per riprofilare porzioni della morfometria dell'alveo fluviale in relazione alle specifiche caratteristiche della zona d'alveo interessata; e) le aree di dislocazione del materiale rimosso che devono essere poste in condizioni di sicurezza idraulica sia per quanto riguarda la stabilita' degli ammassi, sia per quanto riguarda l'esposizione a fenomeni erosivi, sia in caso di dislocazione in aree golenali, per quanto riguarda il verificarsi di piene del fiume.
Sorvolando sulle sanzioni, a questo punto mi vengono ulteriori dubbi sulla vicenda: come mai nessuno ha mai citato tale norma e ci si è limitati a tirare in ballo l’art. 146 del Codice Urbani (tutela di beni paesaggistici) o al contrario (da parte della Coop.) l’art. 149 (secondo il quale non sarebbe necessaria l'autorizzazione prescritta dall'articolo 146, per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici). Credo che anche il T.A.R. sia stato indotto in errore nella valutazione dei fatti, proprio perché la normativa di riferimento è tutt’altra rispetto a quella citata dalla denuncia. Su questo punto credo quindi che serva una disamina molto più precisa e approfondita da parte di esperti in materia.
Subito dopo però sorge un secondo dubbio riguardante la disponibilità da parte della Coop. di quel bene (laghetto piccolo) infatti il Genio Civile dichiara che:
- La Cooperativa Poggio dei Pini è titolare di una concessione di acque pubbliche e delle relative opere di derivazione e invaso dal bacino ex ditta eredi Leone Saggiante costituito da uno sbarramento in terra di altezza al coronamento di m. 13 5 e di capacità max di mc 311.890. La concessione è stata rinnovata in data 03.05.04 ed è tuttora vigente.
- A valle delle opere di derivazione sopra descritte sempre sul Rio San Girolamo è presente un ulteriore piccolo invaso indotto dal rigurgito di un'opera di regimazione realizzata con un muro in c.l.s. di modesta altezza, di cui non si conosce il soggetto realizzatore ma si suppone possa essere lo stesso che a suo tempo ha realizzato lo sbarramento in terra del lago alto. Quest'ultimo sbarramento in c.l.s. non è inserito nel disciplinare [34/d del 20.11.03] che governa la concessione di derivazione delle acque del San Girolamo alla Cooperativa Poggio dei Pini e pertanto, la stessa cooperativa, non ha imposizioni di obblighi manutentivi né tanto meno diritti di gestione su queste opere.
Devo dire che qualcosa di assolutamente simile scriveva il prof. Lazzari in una Relazione redatta per conto della Coop. e datata Dicembre 2001, che afferma (cito testualmente dalla copia di detta relazione): “Secondo i documenti esistenti negli uffici della Cooperativa possiamo storicamente risalire a quanto è stato fatto dal 1965 ad oggi sia per quanto riguarda l’autorizzazione di derivazione dell’acqua del Rio S. Gerolamo, che per le vicissitudini di costruzione della diga in terra sullo stesso Rio. Manca invece qualsiasi documento che ci faccia risalire alla storia dello sbarramento in muratura sullo stesso Rio”.
Bisogna precisare che il prof. Lazzari nella relazione si riferisce sempre alle operazioni ed adempimenti necessari per adeguare le opere di sbarramento alle normative allora vigenti e che la Coop. doveva predisporre urgentemente al fine del rinnovo in sanatoria della concessione (perchè la concessione era scaduta nell’aprile 1998): tali adempimenti però erano riferiti esclusivamente alla diga in terra, mentre non si parla mai della diga in muratura.
Questa puntualizzazione è importante perché si riferisce ai nuovi obblighi derivanti dall’entrata in vigore della Legge Regionale n. 12 del 31 ottobre 2007. La norma prescrive che entro il termine perentorio di nove mesi dall’entrata in vigore (8 febbraio 2008 – 8 novembre 2008), “il gestore è tenuto a presentare alla struttura regionale competente la domanda finalizzata ad ottenere l’autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio, corredata da una perizia tecnica, secondo le modalità prescritte dall’Allegato A. Ai proprietari o ai gestori degli sbarramenti esistenti che, decorsi tre mesi dalla scadenza del termine di cui sopra, omettano di presentare la domanda di autorizzazione alla prosecuzione della gestione si applicano congiuntamente: a) la sanzione di 5.000 euro; b) la sanzione della demolizione, a proprie spese e con le dovute cautele, dello sbarramento entro il termine fissato dall’autorità regionale competente; decorso inutilmente tale termine, la medesima autorità regionale ne dispone l’esecuzione d’ufficio con spese a carico dei responsabili o l’acquisizione al patrimonio regionale”. Tenendo conto di quanto prescritto nell’allegato A per le dighe esistenti, cioè che deve essere attestata la conformità delle opere in parola al progetto originario in base al quale è stata autorizzata la loro esecuzione, è facile dedurre che si tratti di una grossa patata bollente per la Coop. soprattutto per quanto riguarda la diga piccola di cui, come detto sopra, mancherebbe qualsiasi documento progettuale e per la quale come è noto non si conosce neppure il soggetto realizzatore per la quale non ha imposizioni di obblighi manutentivi né tanto meno diritti di gestione su queste opere.
5 – Proposte relative a piste ciclabili e aree ricreative: qualcuno nel blog ha proposto che l’Associazione si occupi di proporre la realizzazione di piste ciclabili e altre attività simili. Vorrei ricordare che a seguito di un concorso di idee dal titolo: “Valorizzazione dei due laghi e zone contermini” promosso in data 14.12.2001 dalla Società Poggio dei Pini A.r.l. vennero presentati tre progetti, esaminati dal Comitato Tecnico. Di essi uno fu predisposto dal GRUSAP ed avendo partecipato personalmente alla sua stesura, riporto integralmente il testo della lettera di trasmissione del progetto alla Coop.: “Con la presente il GRUSAP intende partecipare al concorso di idee per la valorizzazione delle aree circostanti i due laghi, pur sapendo di non adempiere totalmente alle richieste fatte in data 14.XII.2001 dalla suddetta pregiatissima Società Poggio dei Pini A.r.l. L'associazione non ha le capacità e le competenze per poter partecipare ad un concorso di idee relativo alla progettazione di tipo urbanistico ed ingegneristico e per tale ragione ha deciso di avvalersi della collaborazione di alcuni professionisti residenti al Poggio. In particolare la proposta è stata realizzata con la collaborazione del Dott. Giampaolo Cillocu (ingegnere), Prof. PhD. Gianluigi Bacchetta (docente di Biologia vegetale applicata), Dott.ssa Maria Rita Lai (geologa), Sig. Giacomo Cillocu (responsabile per il Grusap del settore ambiente e aree verdi). Si specifica che le persone sopra elencate partecipano in maniera totalmente gratuita a questa iniziativa e che eventuali riconoscimenti andranno totalmente all'associazione. Il GRUSAP offre inoltre la sua manodopera, i propri mezzi e mette a disposizione una grande quantità di essenze vegetali di cui è già in possesso per realizzare le opere di seguito specificate. Distinti saluti. Il PRESIDENTE”. Sono inoltre disponibile a fornire l’intera relazione esplicativa del progetto (avendola redatta ho ancora il file sul mio PC), mentre non possiedo più la cartografia allegata che era stata prodotta in sole due copie (una per la Coop. e una per il Grusap). Brevemente: il progetto prevedeva la valorizzazione delle due aree a ridosso dei laghi mediante la realizzazione di: un piccolo orto botanico, strutture per la sosta lungo le rive; pista pedonale e/o pista ciclabile; pista jogging/percorso salute; creazione di zone di interesse naturalistico; conversione floristica e vegetazionale a vantaggio delle specie e delle comunità vegetali autoctone ed eliminazione progressiva delle specie alloctone; pulizia del sottobosco. Preciso che la Coop. non identificò mai il soggetto vincitore del concorso né diede corso alla realizzazione degli interventi suggeriti dai tre partecipanti.
6 – Pianificazione, edificazione e consumi energetici sostenibili: su questo argomento avrei ancora molto da dire. Ma riassumo qui per non continuare ad annoiarvi. Si potrebbe cogliere l’occasione di affrontare il tema della pianificazione dell’uso del territorio considerando anche altri aspetti. Tra questi segnalo, ad esempio, l’utilizzo di reti duali per l’approvvigionamento idrico: le reti duali per intenderci sono reti distinte una con acqua potabile (trattata e più costosa) da utilizzarsi in cucina e per il lavaggio personale (lavandini, docce, vasche), un’altra nella quale scorre acqua grezza per gli sciacquoni del water e utilizzabile per l’irrigazione dei giardini, potrebbe derivare anche dal riciclo di acque grezze. Nel resto d’Europa i nuovi condomini vengono dotati di questi sistemi. Problema delle fognature inadeguate e delle manutenzioni: quanti soci sanno che è vietato scaricare nella fognatura le acque provenienti dalle grondaie dei tetti? Secondo voi perché ad ogni pioggia un po’ più forte del previsto, i tombini fognari nella zona bassa di Pauliara saltano per aria con conseguente fuoriuscita di liquami in prossimità del lago piccolo? La Coop. ha mai effettuato delle verifiche, casa per casa, per conoscere il recapito finale delle acque di gronda? Problema della manutenzione delle strade: vi siete mai posti il problema del motivo per cui, quando e come si deteriorano le strade su cui la Coop. spende soldi per il rifacimento? Qualcuno ha sostenuto che ciò sia dovuto al fatto che nel nostro territorio piove molto e le cunette non riescono a smaltire tutta l’acqua, con conseguente ruscellamento ed erosione dei bordi stradali. Io sono convinta invece che in molti casi (e ne ho avuto la conferma diretta) spesso e volentieri ciò accade per uno scarso stato di addensamento del sottofondo stradale: quando furono bitumate le strade spesso il bitume fu poggiato a diretto contatto con la roccia granitica (in montagna) o con il granito alterato ed argillificato (in pianura), che costituisce il substrato di fondazione della strada; cioè non fu interposto(forse per risparmiare), come una buona tecnica costruttiva delle strade impone (Vedi Norme CNR-UNI sui rilevati stradali), uno strato di “sottofondo” inerte adeguatamente costipato e (in particolari casi) un telo di tessuto-non tessuto. Ciò ha fatto sì che spesso questi cedimenti si verificano subito dopo il passaggio di camion colmi di terra e/o di materiali edili (mattoni) destinati all’edificazione di nuove abitazioni; tali carichi sono fuori norma, ovvero non potrebbero circolare in strade comunali e/o private, non in grado di sopportate quei pesi esagerati perché il sottofondo non è in grado di sostenerli. Basterebbe chiedere al Comune che venga apposto un limite di portata in ingresso e soprattutto vigilare affinché chi rompe paga. In certi casi, vedi alcuni incroci stradali risanati dalla Coop. era assolutamente evidente quale fosse la causa del cedimento: in quel periodo nelle vicinanze si stava costruendo una nuova abitazione e i mezzi stracarichi, che vi transitavano, non venivano controllati da nessuno, dopo pochi giorni l’asfalto aveva ceduto. Problema del risparmio energetico: perché non si inizia a pensare di attivare un’azione congiunta, presso il comune e la Regione, affinché tutte le nuove abitazioni, e quelle esistenti per chi lo vorrà fare, possano essere dotate di pannelli solari e fotovoltaici senza dover incorrere in lunghe ed estenuanti trafile di autorizzazioni, che già adesso vengono negate a chi abita in certe zone di Poggio? Qualche socio si è già scontrato con questi adempimenti burocratici (gli è stata addirittura negata l’autorizzazione all’installazione, che hanno il solo effetto di disincentivare e scoraggiare l’installazione di tali impianti innovativi. Ancora sul risparmio energetico: vorrei che nel prossimo piano di lottizzazione si tenesse conto anche di un altro fatto, razionalizzare l’ubicazione delle strutture (scuole di ogni ordine, servizi quali market ecc.) al fine di ridurre il più possibile gli inevitabili consumi di carburante e il conseguente inquinamento dell’aria. Sfido qualsiasi urbanista a dimostrare che l’attuale configurazione dei servizi presenti con la dislocazione delle scuole materna e media abbarbicate in una collina scomodissima da raggiungere, la scuola elementare da tutt’altra parte (per giunta in una strada stretta e senza parcheggi dentro Residenza del Poggio), l’area sportiva divisa tra la zona di Pauliara e la piscina posta da tutt’altra parte (chiedete alla Poggio Sport Village quanto è costato, la scorsa estate, trasportare i bambini che frequentano il baby-parking in piscina per le lezioni di nuoto), la zona servizi con market, negozi, edicola e uffici da un’altra parte ancora, abbia qualcosa di razionale e agevoli la fruibilità e consegua l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile in termini di economicità energetica.
Ci sarebbero ancora altri argomenti da sviscerare per esempio sulla gestione degli impianti sportivi e le relative manutenzioni ordinarie e straordinarie; sulle carenze ed inadeguatezza delle strutture scolastiche (vedi inesistenza delle mense e delle palestre); sul problema del rischio idrogeologico e dell’intasamento delle cunette di dreno o dei canali occlusi, che impediscono il normale deflusso delle acque di ruscellamento verso i terreni confinanti, ma per ora credo che sia stata messa abbastanza carne al fuoco.
Di tutti questi argomenti avrei auspicato si parlasse nelle riunioni informative con i soci: su quali interventi e servizi hanno bisogno i soci ed i loro figli (anche piccoli) che vivono al Poggio; sul vero assetto futuro del territorio; sulla sua gestione in termini “veramente sostenibili”, veramente non se ne può più di accuse e di denunce tra soci e/o tra soci e CdA.
Pertanto mi auguro che nessuna delle affermazioni da me riportate vengano prese come un’accusa nei confronti di alcuno dei soci o degli amministratori (presenti e passati), come ho detto all’inizio il mio intento è solo quello di affrontare questioni tecniche e pratiche della vita di tutti i giorni, da un punto di vista squisitamente pratico e tecnico e su questa strada vorrei continuare a dialogare e eventualmente a collaborare se il mio supporto potrà servire ed interessare, soprattutto con persone che siano addentro ai problemi, e non con chi scrive solo per fare sterili ed inutili polemiche che non portano da nessuna parte e servono solo a riempirsi la bocca di parole ed a spacciarsi per esperti paesaggisti, urbanisti o altro.
Saluti a tutti.
Maria Rita Lai
18 commenti:
Ciao Rita domani spero ci sia anche tu alle 19 al circolo sociale vecchio, per il tuo articolone/lavoro davvero interessante dico solo " a great work!! "..si scrive così?? :) ciao Giacomo
Ciao Rita
Il tuo articolo è un pò lunghetto e lo commenterò a rate.
Mi riferisco al punto 2; sicuramente le attività all'interno della Cooperativa sono tali da giustificare 15 dipendenti (fino al 96 erano 17); basta pensare che per un servizio su 24 ore come la vigilanza devono ruotare in turno 6 persone.
Voglio comunque dire che oltre alle attività di routine, in armonia con quanto auspicato da altri, sarebbe il caso di curare meglio il verde, le piste ciclabili, realizzare sentieri, percorsi salute, ecc. Il lavoro non manca e, credimi, non serve la contabilità industriale, se non per l'imputazione corretta dei costi.
Per quanto riguarda gli abusi edilizi all'interno di Poggio dico:
-innanzitutto occorre un rigoroso rispetto delle regole in fase di progetto e di approvazione dello stesso, rigoroso e senza eccezioni.
-se durante l'esecuzione vengono riscontrate difformità, e succede, l'Uff.Tec. chiede al socio di modificare lo stato delle cose, ma in genere non ha strumenti coercitivi, e può solo contare sul buon senso del socio. Se l'abuso è in difformità, più in generale, rispetto alle norme di Capoterra, è costretto a fare intervenire quest'ultimo, e deve farlo a tutela degli altri soci, perchè un abuso danneggia l'intera comunità.
Non è il numero di geometri che ci dà la garanzia.
Ora riprendo a leggere il tuo articolo.
Ciao
Pasquale
Ciao ancora Rita
Mi riferisco al punto 3 (ma quanto scrivi!!):
Il problema idrico è stato un mio cavallo di battaglia in passato, ma dobbiamo rassegnarci all'idea che il problema esiste già, perchè ci sono ancora oltre 200 lotti assegnati e non edificati, e quelli futuri, comunque vadano le cose, non saranno più di 150 (+16-17% rispetto agli attuali), quindi il problema va affrontato a prescidere dalla variante, i cui effetti, va detto, si vedranno nel concreto fra non meno di dieci anni, e anche di più.
Visto che la rete idrica è da rifare (io ne sono certo), si potrebbe fare in modo che la linea che alimenta l'uso domestico sia distinta da quella per uso irriguo, differenziando i prezzi e le disponibilità.
Sei molto ottimista se pensi che il prossimo Consiglio possa risolvere questi problemi, ci vorranno tanti Consigli....
Ciao, alla prossima
Pasquale
Ciao Rita,
il Tuo intevento è lungo, ma molto interessante: e dallo stesso emerge un dato chiaro, già messo in evidenza da noi.
La variante è molto superficiale anche dal punto di vista tecnico, e contiene numerose lacune.
Pasquale, non capisco come continui a sostenere che la Cooperativa ha "solo" 15 dipendenti; basta leggere la nota allegata al bilancio 2006 per evincere che la stessa ne autodichiara ben 20.
Gradirei una conferma di ciò...
Anches se detti in buona fede, dobbiamo verificare meglio i dati che forniamo...
Franco Magi
Franco
Ti rispodo subito: la Cooperativa ha 15 dipendenti fissi, di cui uno part time. Nel bilancio compaiono anche gli stagionali, che la Cooperativa assume a tempo determinato in caso di necessità, prevalentemente per la pulizia del verde, e ti assicuro che sono necessari.
Ciao
Pasquale
Ma come, prima sostenevi la necessità di assumere per il verde, ed ora sostieni che ci sono numerose assunzioni per il verde stesso?
Io leggo il bilancio, a pagina 6 della nota intergrativa: Organico, quadri, 1
impiegati, 5
operai, 14
TOTALE 20
Se ci sono "stagionali", come Tu sostieni (e non ho motivo di dubitarne), significa che sono numerosissimi... in quanto per arrivare all'equivalente di 5 "fissi" ne servirebbero almeno ... 15.
Il dato è comunque incontrovertibile: 20 dipendenti sono troppi...
senza contare l'ultimo "consulente", di cui non conosciamo nemmeno l'importo percepito...
Franco Magi
Dico la mia sulla questione dell'abusivismo e delle denunce di cui si è parlato. Prendendo in considerazione le due possibilità estreme e cioè
- un controllo quasi poliziesco con personale che fa la ronda
- affidarsi al buon senso collettivo, alla conososcenza e al rispetto delle leggi
io opterei per una soluzione intermedia. Purtroppo è un problema che non riguarda solo Poggio dei Pini ma l'intero paese. Abbiamo visto quello che succede quando non si applica alcuna vigilanza. Una certa pressione "preventiva" aiuta molto alla risoluzione del problema. Sapere che la Cooperativa interviene favorisce una maggiore attenzione dei soci che potrebbero essere indotti, per ignoranza o superficialità, a violare le leggi urbanistiche. Vigilare per aiutare non per reprimere.
Non so se questa attività venga svolta o se ci si limiti a intervenire in seguito a segnalazioni di altri soci. Una certa vigilanza preventiva io la farei.
Ciao a tutti, vorrei sapere prima di tutto se stasera c'è questo incontro alle ore 19 presso il circolo, chiedo anche a Pasquale se viene anche lui e anche a Rita, potreste rispondere anche qui oppure alla mia mail.
Per quanto riguarda la Cooperativa il punto dolente fino a oggi ( sperando che si cambi ) è dato dal fatto che ha chiuso le porte alle collaborazioni e al cooperare che hanno sempre distinto il Poggio dove tutti i Soci e famiglie hanno contribuito alla crescita della comunità sin da quando è nata e dove hanno contribuito tutti dal primo all'ultimo arrivato.
Diciamo che questa è secondo me la vera chiave di lettura della situazione attuale.
Bisogna ricreare quel tessuto che è stato di fatto distrutto o anestetizzato ( questo si vedrà ).
Per quanto riguarda la pista ciclabile bisognerebbe creare le basi per poterla realizzare per tutto il comprensorio capoterrese, creando un grosso movimento in tal senso, al poggio un pezzo era stato gia fatto e si potrebbe prolungare.
cordiali saluti
Giacomo Cillocu.
Per Giacomo
Io stasera ci sarò, e gradirei anche la presenza di Luca.
Per Franco Magi
Continui a polemizzare con me senza motivo, come se io volessi fregarti. Che motivo hai? NON TI CAPISCO!!!!
Sto solo esprimendo la mia opinione, supportata dalla mia esperienza di gestione durata sei anni. Sto rispondendo alle domande in modo corretto esponendomi in prima persona pur non facendo parte di nessuna organizzazione.
A questo punto faccio una domanda: qualcuno ha da dire sul mio operato da Amministratore? Lo dico perchè dalle obiezioni che mi vegono mosse sembra che io per sei anni abbia fatto solo lo stupido.
Ad ogni buon conto dico ancora:
-io non sono il CdA, non rendo conto del suo operato e non sono la controparte del Comitato
-sto esprimendo la mia opinione sull'organizzazione della Cooperativa, ED E' SOLO UN MIO PARERE, RISPETTABILE.
Ritengo che per gestire il quotidiano occorrano gli attuali 15 dipendenti fissi più un operatore fisso per il verde, che un tempo era il Sig. Palla.
Servono inoltre gli statgionali per la pulizia straordinaria del verde, che si concentra in pochi mesi e non può essere distribuita durante tutto l'anno.
Franco, intravedi in questa mia posizione qualcosa di losco che miri a fregare il Comitato?
Ho esortato tutti a deporre le armi con articoli molto pacati e corretti, ho chiesto di voltare pagina, ma tu continui ad attaccarmi.
Ciao
Pasquale
Ciao Pasquale,
mi dispiace abbia interpretato il mio intervento in tale senso: non ho mai messo in dubbio il Tuo operato da Amministratore (non ho alcun elemento), mi sono limitato a citare il dato occupazionale desumibile dal bilancio del 2006, e non mi sembra di avere offeso nessuno.
Così come non vedo assolutamente alcun tentativo che "miri a fregare il Comitato".
Esistono solo diversità di vedute, di opinioni, e non si discute delle persone.
Anzi, devo riconoscere che - pur non condividendo molte delle Tue affermazioni - apprezzo la volontà di dialogare e discutere dei problemi.
E mi sembra che già questo sia un fatto positivo.
Franco magi
Ciao a tutti, personalmente penso che questa riunione sia aperta a tutti perchè per me la politca della chiusura è sempre e comunque negativa, penso però che si dovrà di fatto abbandonare la strada delle polemiche e metterci subito al lavoro per realizzare le idee che verranno proposte.
cordiali saluti
Giacomo Cillocu
Scusate, ma mi pare che, come al solito, la discussione sui punti che ho posto all'attenzione stia iniziando a degenerare verso una china che non mi riguarda affatto. Quello del numero dei dipendenti della Coop. non era il punto principale della discussione, tanto è vero che era il più breve di tutti, lo era semmai la questione della contabilità industriale e della valutazione degli effettivi carichi di lavoro, non desumibili di certo dall'esame del bilancio 2006. Voleva essere semmai uno spunto di riflessione e/o azione per i futuri amministratori.
Sono sempre più convinta che i punti essenziali della discussione sul blog debbano essere ricondotti alla questione delle risorse e degli usi sostenibili (cioè del discorso proposto da Roberto Trudu) su cui ancora nessuno ha espresso pareri in merito.
Non ho ben capito su quali argomenti si svolgerà la discussione di questa sera, alla quale purtroppo non potrò partecipare a causa di una fastidiosa influenza (che però, costringendomi a casa, mi ha consentito di avere molto tempo da dedicare alla nota inviata ieri sera al blog ... per questo era così lunga!!).
A presto Rita
Da Silvio Ceccarelli.
Ieri sera a mezzanotte pewnsavo che più nessuno entrasse nel blog a leggere per cui avevo rimandato ad oggi, questa sera, un mio intervento sull'argomento. Ma vedo che il carteggio continua quasi in tempo reale perciò provo a dire la mia.
Un grazie, un sentitissimo grazie, alla Profesoressa per tutte le notizie che ci ha fornito, per le sue conoscenze messse a nostra disposizione e per il tempo che ha dovuto impiegare per la ricerca e la stesura della relazione.
Caro amico Cabizza, non pensi che forse andrà rivisto il numero dei lotti edificabili a disposizione?
Da quello che ho letto sono in dubbio anche le zone a2 e a3 che davamo per scontate; i loti ricavabili a valle della strada 52 mi sembra che siano nella golena del S.Girolamo; i lotti vicino al lago, quelli delle due pinete li avremmo già esclusi; quelli a monte delle strade 57-58-59 potrebbero ricadere nella tutela del p.p.r.; quelli nei pressi delle scuole, se il Comune ce li retrocede, sono glabri per il gran numero di incendi che li anno sempre percorsi quasi annualmente, quindi potrebbero ricadere nella tutela delle aree devastate da fuoco e per un certo numero di anni essere dichiarate inedificabili.
Se questi miei dubbi fossero veri, non sarebbe il caso di ripensare ad una gestione della Cooperativa in economia, con fondi propri, senza sprechi e senza velleitarismi, magari andando a cercare i contributi pubblici, per opere a progetto, da qualunque Ente disponga di denaro per opere di pubblica utilità?
Siccome si gioca spesso sugli equivoci, alla ricerca di polemiche tanto sterili quanto inutili, ti voglio assicurare che queste mie valutazioni e miei dubbi non vogliono essere una critica nei tuoi confronti, bensì un aiuto per risolvere i problemi, che sono tanti e, come vediamo, molto complessi.
Ricordiamoci che solo qualche giorno fa si è parlato di "spaccatura" nella nostra comunità. Credo che ci voglia un pò di tempo per "spurgare" la quantità di "elettricità" che si è accumulata. Mi sembra di poter dire che i partecipanti a questo blog abbiano optato per un atteggiamento di costruzione. D'altronde praticamente nessuno dei punti su sui si è creato il conflitto è stato chiarito e nemmeno risolto e mi sembra che il CdA non abbia modificato il suo atteggiamento di chiusura, quindi è comprensibile che un certo nervosismo permanga.
Personalmente il confronto tra diverse opinioni mi aiuta a verificare le scelte che devo compiere mettendole in discussione. Se poi il confronto avviene con la correttezza e serenità utilizzate da Pasquale, ritengo ancora più preziosa la sua offerta di collaborazione.
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Rita ha ragione, l'argomento personale non è il più interessante della sua relazione. Il blog è così: si inizia un filo e gli altri seguono.
Silvio ha spostato l'attenzione su una questione importante: la variante è "approvabile" oppure le normative e i vincoli in effetti bloccheranno questo o quell'intervento? Chi prende queste decisioni, la regione o il Comune? Cosa possiamo fare noi per avere una risposta chiara alla domanda: DOVE IN EFFETTI SI PUO' COSTRUIRE?
Ciao Rita, guarisci presto allora, per la riunione di stasera si inizerà a parlare di quelle cose che verranno proposte e di quelle che sono gia state proposte.
Riassumo quanto si è scritto un pò da tutti, me compreso.
Temi economici proposte e suggerimenti.
analisi variante
Situazione acqua ( da te proposta )
Tematiche ambientali
Beni identitari
Piste ciclabili
Manifestazioni che abbiano lo scopo di riscotruire un tessuto sociale ( oggi distrutto )che sia terreno fertile per la partecipazione, la cooperazione e lo sviluppo di nuovi ideali.
Se per alcune di queste iniziative il cda sarà il primo interlocutore ( sperando in una apertura alla collaborazione ), per altre si potrà agire lo stesso in totale libertà ( che bella parola!! ).
Se poi la nascita dell'associazione dovrà avere una sua ufficialità, allora ci sarà anche da preparare uno statuto, stabilendo da subito quali saranno gli obiettivi primari, vedremo il tutto stasera.
ciao
Giacomo Cillocu
Pista ciclabile: una proposta per disegnare un tracciato di piste ciclabili era già stata fatta, ma la proposta è rimasta sulla carta, purtroppo. Forse una associazione permanente, e non un comitato temporaneo, che si propone di migliorare la vivibilità di Poggio dei Pini sotto il profilo ambientale e dello sviluppo sostenibile potrebbe portare avanti questo tipo di proposte con la necessaria continuità.
Stefano Fratta
Ciao Stefano, aggiungo anche che la pista ciclabile secondo me dovrebbe ssere concepita per tutto il comprensorio capoterrese, sarebbe meglio e anche più facile ( anche se ci sarà più lavoro ) , visto che in casa nostra ci sono per il momento alcune difficoltà, oggi magari si comincia, penso che sarà un lavoro che avrà i suoi tempi..magari 2 o 3 anni..se prima meglio per tutti.
ciao Giacomo
Sono d'accordo. Le VERE piste ciclabili sono una rete estesa che fornisce sicurezza alla mobilità alternativa all'auto, magari con un servizio integrato tra mezzi pubblici e bici (non è un sogno, in nazioni molto meno accoglienti dal punto di vista del clima è una realtà da decenni). Non sono un piccolo circuito nei parchi, per le passeggiate o per i "più piccoli".
In attesa che nell'area di Cagliari si producano sia la "massa critica" di utenti, sia un passo in avanti nella mentalità di governo dei sistemi di mobilità (siamo ancora ai megaparcheggi) si potrebbe provare a fare un tentativo in una area circoscritta...
Stefano Fratta
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