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venerdì 21 novembre 2008

Dalle invettive ai fatti concreti

Caro sig. Pala
Non so che lavoro faccia e quali competenze Lei abbia, nel campo delle dighe.
Io faccio la geologa e, come ho già avuto modo di scrivere qui in altre occasioni, conosco personalmente il geologo che studiò il sito della diga nel 1960, e predispose la relazione geologica richiesta per la progettazione del laghetto collinare dell’Azienda Donna Maria Saggiante. il Prof. Pecorini. Egli è stato per anni docente di Geologia Applicata all’Università di Cagliari, consulente di tutti i più importanti enti regionali e i Consorzi di Bonifica durante la progettazione e la realizzazione della stragrande maggioranza delle dighe realizzate in Sardegna dal 1960 fino ai giorni nostri, nonché consulente dell’Assessorato Agricoltura negli anni ’60 quando la Regione Sardegna decise di finanziare la realizzazione di una cinquantina di laghi collinari per migliorare le condizioni delle aziende agricole sarde.
Poiché io ho lavorato con lui per circa 11 anni, ho potuto chiedergli di venire qui dopo l’alluvione per valutare lo stato del lago e della diga. Il suo responso è stato che la diga era stata realizzata alla perfezione da una ditta molto seria (Nuovo Castoro) che all’epoca realizzò moltissime dighe per laghetti collinari in Sardegna e in continente, soprattutto in Toscana. I materiali sono stati costipati così bene e così fortemente che nonostante l’enorme massa d’acqua il corpo del rilevato non ha subito nessuna lesione, non si sono verificate filtrazioni alla base e sostanzialmente la diga ha resistito all’onda di piena di dimensioni colossali in maniera eccellente.
La settimana scorsa su richiesta delle insegnanti mi sono recata alla scuola elementare di mio figlio per spiegare ai bambini cosa fosse successo nel nostro bacino idrografico e perché si sono avuti tanti danni a MONTE come a VALLE. Provo a spiegarlo anche a Lei, basandomi sui dati estratti dal rapporto della Protezione Civile Nazionale (il documento lo trova qui nel blog).
Il bacino del Rio S. Gerolamo è molto vasto: occupa tra la parte montana e la diga di Poggio dei Pini quasi 12,5 kmq. La pioggia che cade in questo bacino normalmente in un anno è pari a 650 millimetri. Il giorno dell’alluvione sono caduti tra le 6,30 e le 10,30 del mattino in tutto 372 mm di pioggia cioè più della metà di quella che cade normalmente in un anno. Tra le 7,00 e le 8,00 del mattino però sono caduti 148 mm di pioggia. Si tratta di valori che, per queste durate, sono tra i più alti mai registrati dalla rete pluviometrica regionale, per trovare registrazioni di valori simili, ma inferiori, occorre fare riferimento ai più gravi nubifragi che hanno interessato l’Isola nel 1940 (Talana) e nel 2004 (Villagrande strisaili)
Per sapere quanta acqua è passata nel Rio S. Gerolamo, da monte fino al mare, si può fare una semplice moltiplicazione da terza elementare: dobbiamo moltiplicare la superficie del bacino per i millimetri di pioggia caduti nelle 4 ore in cui ha piovuto, così otteniamo la quantità d’acqua che è passata a valle della diga: 12.500.000 x 0,372 = 4.650.000 mc.
Questa quantità è enorme ed in più l’acqua correva anche molto veloce, per questo è riuscita a trascinare tanta sabbia e tante pietre e massi giganteschi, trasportandoli lungo l’alveo e poi depositandoli dove la corrente era un po’ più lenta, per esempio nella zona sportiva di Poggio dove sono stati ritrovati, non a caso, i corpi delle due vittime. Se l’acqua contiene al suo interno anche sabbia, massi e fango riesce a fare molti più danni dell’acqua pulita, per questo si sono visti tanti fossi e buchi e scavi lungo le strade e nelle campagne.
La diga di Poggio dei Pini poteva contenere al suo interno soltanto 250.000 mc d’acqua, cioè molto meno dei 4,5 Milioni di mc che sono passati nel fiume. Quando ha iniziato a piovere il lago era semivuoto quindi è riuscito a contenere circa 250.000 mc d’acqua. Se sottraiamo questa quantità entrata nel lago a quella caduta nel bacino otteniamo: 4.650.000 – 250.000 = 4.400.000 mc.
Questa è la quantità d’acqua che è riuscita a passare dallo sfioratore della diga e poi nel fiume a valle e quindi è arrivata alla foce. Però il fiume a valle della diga, e nella zona della lottizzazione S. Gerolamo in particolare, aveva un alveo troppo stretto per farla passare tutta dentro gli argini, così l’acqua è uscita nelle campagne affianco al fiume e ha allagato tutti i frutteti e anche le case delle lottizzazioni di Rio S. Gerolamo e Frutti d’Oro.
Ora guardi questo semplice schemino tratto da un testo di geomorfologia:




Ora guardi questa immagine tratta dal PAI (Piano dell’Assetto idrogeologico) del comune di Capoterra, che tra l’altro è pure sbagliato e sottostima l’area a strisce diagonali rosse del letto di inondazione, come sta venendo fuori dall’esame di dettaglio della zona effettivamente inondata il 22 ottobre.


Secondo lei come mai ci sono stati così tanti danni nelle lottizzazioni S. Gerolamo e Frutti d’Oro? E’ colpa della diga o di qualche altro problema di tipo pianificatorio-urbanistico? Si può permettere di costruire una città dentro il letto naturale di un fiume?
Sa che esiste una legge del 1974 (L. 64/74) che impone la redazione di una relazione geologica e geotecnica da presentare obbligatoriamente insieme alla richiesta di concessione edilizia e che i comuni della Sardegna, Capoterra compreso, non l’hanno mai richiesta, se non negli ultimi due anni?. Sa che la stessa legge e le sue norme di attuazione (Min. LL. PP. del 11/03/1988) obbligano a presentare una relazione geotecnica per i piani di lottizzazione che investano vaste aree territoriali su cui debbano essere realizzate importanti opere sul territorio come ad esempio le lottizzazioni convenzionate e le relative opere di urbanizzazione primaria?.
Un’altra legge del 1985 (Legge Galasso) imponeva una distanza minima di 150 m dalle sponde dei corsi d’acqua per la realizzazione di manufatti ed abitazioni. Come mai a Capoterra non l’hanno mai applicata? Sa quanto dista la scuola materna di Rio S. Gerolamo dall’argine del fiume: 10 metri.
Allora è un problema di oche e cigni o questo è solo un modo di sviare l’attenzione dell’opinione pubblica per non far capire qual è il vero argomento del contendere?
Mi dispiace doverglielo dire ma la sua vita e quella della sua famiglia è stata messa a repentaglio da ben altri fatti e decisioni presi dai noto politici locali, privi di qualsiasi sensibilità ambientale, quando erano (sono) al governo di un territorio che per troppi anni, e per ben note ragioni economico-sociali, è stato violentato in tutti modi per far posto a case e servizi, dove essi non potevano e non dovevano esistere.
Quelle aree dovevano essere lasciate al loro stato naturale: ossia un fiume con nicchie ecologiche per anatre e oche che, guarda caso, all’indomani dell’alluvione stazionavano nel fiume ben in vista proprio sotto la scuola di San Gerolamo.


Per finire a proposito di solidarietà le vorrei ricordare, nel caso non se ne fosse accorto, che tanti ragazzi “poggini” hanno passato intere giornate a spalare fango e a svuotare scantinati anche nelle vostre case di Frutti d’Oro, e come avrà letto questi ragazzi fanno i volontari del GRUSAP e vivono a Poggio. Inoltre anche la Caritas di Poggio si è mossa in forze per aiutare gli sfollati e tutte le persone rimaste senza casa e senza beni.

A presto Rita Lai

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Massimiliano Steri - Cittadino stufo, di Capoterra

Con questo mio intervento cercherò di smorzare gli animi perchè, fortunatamente, di Signori Pala in giro ce ne sono pochi. Mi appello anche al buon senso dei frequentatori di questo blog, che si contraddistinguono per l'unione tra loro per ricercare una maniera tempestiva ed efficace per porre rimedio alle inefficienze varie che hanno causato questo disastro, ancor di piu' confido nella estrema competenza della geologa signora Rita Lai, della quale seguo con parecchia attenzione ogni commento, essendo appassionato di tutto cio' che riguarda il pianeta terra e quindi anche la geologia... non prestiamoci a inutili e sterili polemiche con chi, vuoi per ignoranza, vuoi per indirizzo politico, cercano a tutti i costi di individuare nel laghetto di poggio la colpa di tutto il disastro. E' un'azione vile e miserabile quella di poche persone che, approfittando della situazione di estrema emergenza e disperazione, nelle lottizzazioni san girolamo e frutti d'oro 2, hanno cercato di convincere gli abitanti stessi a questa assurda teoria... si sa, gli abitanti di queste zone purtroppo erano impegnati a spalare fango e cercare di salvare il salvabile e ovviamente non avevano nè il tempo nè lo stato d'animo per una passeggiata a monte... io stesso in un altro commento ho dichiarato che ho accompagnato alcuni conoscenti a vedere la situazione a partire dall'Hydrocontrol, e penso che ormai siano pochi a questo punto, quelli che ancora credono alle fesserie messe in giro da questi quattro miserabili attaccati al potere politico e al denaro, quindi penso che replicare di continuo a queste persone sia uno spreco di energie... (cummenti sciacquai sa conca a su burriccu direbbe mia nonna)... alcuni giorni dopo aver visto i segni del disastro, ho esaminato i punti di partenza e di arrivo della valanga, quindi ho deciso di mettere su una elementare presentazione powerpoint e inviarla al sito capoterraonline (consultabile nella sezione "dinamica di un'alluvione"), in quanto sentivo il dovere di spiegare, per sommi capi e nei limiti delle mie conoscenze, come si fosse sviluppata la tragedia... vi assicuro che nei commenti ho avuto tanta soddisfazione nel sentire un coro unico che grida ad alta voce "GIU' LE MANI DAL LAGHETTO", in quanto molte persone hanno finalmente capito da dove partire per cercare i responsabili. A questo punto, tralasciando la mia voglia di vedere in galera tutti i responsabili, a partire dagli anni 60 ad oggi, mi chiedo quale pazzo scatenato pensi di deviare il corso dell'alveo di un fiume con raggi di curvatura cosi' stretti come in prossimità dell'Hydrocontrol e in prossimità della lottizzazione rio san Girolamo, e poi credere che questo non causi un disastro? Non ho studiato geologia, nè ingegneria idraulica, ma mi sembra evidente che tutta quella massa d'acqua e detriti, una volta arrivata sulla ss 195 si sia espansa per inerzia investendo gli spazi dove la pendenza permetteva lo scorrere dell'acqua... basta vedere i danni causati a frutti d'oro 2 per farsi un idea... e vorrei far notare a persone poco umili come il signor pala che, probabilmente, se i grossi macigni scesi dalla montagna a velocità impressionanti, non fossero stati fermati sia dal laghetto grande, sia dal laghetto piccolo di pauliara, probabilmente una buona parte di questi massi avrebbero buttato giu' un pò di case anche a San girolamo... però mi sorge un dubbio, e qui mi associo agli interrogativi posti sopratutto dall'utente Giacomo... mettere in sicurezza il laghetto ok, abbassare il canale di scolmo ok, abbassare il livello delle acque ok... ma a monte che si fa? Lassu' dove sorge il rio san girolamo, ho l'impressione che siano presenti delle grosse conche che incamerano l'acqua, e questo dimostra come probabilmente la valanga caduta il 22 ottobre, sia frutto di piogge copiose nei giorni immediatamente precedenti,che abbiano riempito qualcuna di queste cavità, che sotto il violento acquazzone del 22, abbiano finito per franare assieme a un costone e rilasciare tutti quei milioni di metri cubi d'acqua tutti in una volta... chiedo un parere da un'esperta come la Signora Lai, non sarebbe utile studiare un modo efficace di costruire una vera e propria diga proprio là a monte? Una diga con delle paratie mobili, con dei sensori di livello,monitorate 24h in modo che in situazioni di allerta meteo si possa far defluire lentamente l'acqua previo evacuazione ordinata degli abitanti a valle (ricordiamoci che in Olanda vivono sotto il livello del mare, e quando scattano le evacuazioni non si sono mai viste scene di panico)... ho la grande paura che, se si dovesse ripetere(e qui spero vivamente che mai più succeda)un nubifragio simile, tutti i calcoli fatti sulla stabilità della diga,sui metri cubi, e sulla portata dell'alveo, potrebbero andare a farsi friggere, in quanto nessun tecnico può sapere realmente quale altra enormità d'acqua potrebbe scendere da quelle montagne, e questa mia paura è data dal fatto che il clima sta cambiando, questi nubifragi purtroppo si stanno ripetendo a intervalli sempre più brevi e, se in questo mondo ci vogliamo vivere tranuilli, è arrivata l'ora di mettere da parte gli stemmi politici, le scaramucce di quartiere, e lavorare seriamente per adeguarci ai cambiamenti che la natura ci impone. Un cordiale saluto
Massimiliano Steri, cittadino stufo(sopratutto della politica)-Capoterra

Anonimo ha detto...

L'intervento sul blog, eccezionalmente stupido, del Sig. Pala, mi é stato segnalato da un anatra, molto preoccupata di finire in .... padella.
Conclusioni: ecco spiegata (meglio, accertata) una delle "concause" che hanno determinato lo scempio ambientale nel Comune di Capoterra.
Saluti.
Maurizio Cadone

Rita ha detto...

Gentile Sig. Steri
purtroppo non esistono delle "grosse conche" nel bacino montano che contengano enormi masse d’acqua e non esistono neanche delle "grosse frane" di costoni rocciosi. Ciò che ha fatto l'acqua a monte dell'Hydrocontrol a quote di 400-500 m è stato causato dalla concentrazione estrema della precipitazione in quell'ora tra le 7 e le 8 del mattino. Se lei prende un recipiente con sabbia o terra asciutta e ci versa sopra all'improvviso un secchio d'acqua, quella terra subirà un improvviso spostamento verso i lati e verso l'alto uscendo dal recipiente. Nella realtà questo è accaduto con un'erosione enorme e diffusa lungo i versanti, sopratutto dove ci sono i solchi di ruscellamento incanalati e dove ci sono le pietraie, il terreno vegetale, la sabbia, le pietre, gli alberi ed i cespugli sono stati trascinati a valle lungo dei compluvi che hanno delle pendenze elevatissime (> 45°). Questo ha creato delle microfrane nella parte montana rocciosa in granito (vada a vedere il vallone di S. Barbara) e delle colate di detrito all'uscita delle valli, questo detrito a grossi blocchi, misto a ghiaia e sabbia si è riversato nell'alveo del Rio S. Gerolamo e quindi è stato trascinato ancora più a valle.
Per quanto riguarda la questione dei raggi di curvatura del fiume all'altezza dell'Hydrocontrol, questi non sono artificiali, ma esistevano già nelle cartografie precedenti (1960 e 1977), cioè prima della costruzione della struttura, erano delle specie di meandri che si era costruito il fiume attorno a dei depositi fluviali preesistenti (barre sabbioso-ghiaiose) che gli impedivano di scorrere liberamente; sono molto diffusi nei fiumi sardi (nel Sarrabus è la norma) e formano delle specie di isolette (barre fluviali) sollevate rispetto all'alveo, tanto è vero che la quota dell'Hydrocontrol rispetto a quella del fiume in origine era più elevata. Attualmente, a causa della sedimentazione ripetuta di enormi masse di detriti, sembra di vedere un unico alveo con delle deviazioni a 90° e non si nota più tanto l'isoletta, ma è solo un problema di variazione della corrente fluviale che, dopo secoli (probabilmente), si è reimpossessata del suo alveo di inondazione antico, comprendendo anche tutta l'area su cui sorge l'Hydrocontrol.
Spero di essere stata sufficientemente chiara.
Condivido con lei che i problemi di valle e di trasporto solido si devono risolvere partendo da monte, come insegnano tutti i testi di geomorfologia applicata ed i manuali di difesa idrogeologica; purtroppo qui da noi si ragiona ancora a compartimenti stagni e la difesa del suolo sembra solo una questione di "canali" e "argini" basta vedere cosa si sta facendo a Capoterra con i famosi "canali di guardia" dietro i cimitero e vicino al campo sportivo.
Finchè non si ritornerà a studiare il territorio nel suo complesso e con un'azione multidisciplinare tra esperti di diverse discipline: forestale, botanico, geomorfologo, idraulico, pedologo e sopratutto pianificatore-decisore, credo che sarà alquanto difficile venire a capo di tutte queste situazioni assai diffuse nel nostro territorio.
A presto Rita Lai

francomagi ha detto...

BRAVA RITA!

Anonimo ha detto...

Gentile signora Rita Lai, la devo ringraziare per l'esplicazione più che dettagliata sulla situazione a monte, e sopratutto sul raggio di curvatura delle deviazioni nei pressi dell'hydrocontrol... rimango ancora scettico riguardo alla deviazione sospetta nei pressi della lottizzazione di rio san girolamo... quanto alla pioggia, mi preme ricordare che già dal sabato (18 ottobre) stava piovendo,perlomeno in paese e anche più a valle, ma ovviamente rimango del tutto all'oscuro sulla situazione a monte... posso comunque testimoniare che il 22 ottobre in paese pioveva già dalle 4, 30 della mattina e questo potrebbe giustificare la valanga scesa a poggio tra le 7 di mattina e le 8... anche il centro di Capoterra infatti, verso quell'ora era investito da una serie di torrenti che hanno invaso le strade del centro, con pendenza verso valle... mi pare di capire che, per mettere in sicurezza il territorio in maniera efficiente, saranno necessarie delle opere dai costi altissimi, e sopratutto studiate e supervisionate da gente esperta... e qui esprimo tutto il mio rammarico in quanto sforzandomi ad essere il più ottimista possibile, non arrivo a vedere la benchè minima realizzazione di nessuna opera... mi viene in mente la scampagnata che ho fatto la domenica prima dell'alluvione nei pressi della diga (monca) di monte nieddu, che mi ha lasciato una tristezza addosso per l'incuria e il disfattismo con cui si conducono queste opere, ha proprio ragione lei, qui non esiste una cultura di difesa intelligente ed efficace del territorio.
Cordiali saluti, Massimiliano Steri

giacomo ha detto...

Ciao comunque sia manca e mancava una messa in sicurezza del fiume a monte della diga, perchè la potenza dell'acqua intesa come un corpo avente un peso che aumentava in maniera esponenziale a causa della velocità, fermarlo a valle è da incompetenti incominciare a fermarlo amonte invece è era e sarà la cosa da fare, l'incuria poi delle dighe che non si è ancora capito a chi spetti la manutenzione è un altra cosa, per cui conche e frane ( quest'ulitme ci sono state e c'è tutt'ora pericolo ) sono del tutto ininfluenti in quanto il problema sta a monte.

La stessa azione ( rallentamento ) creata dalla diga in terra è il nocciolo del problema, la diga però è situata in un posto lontano dal nascere del problema e quindi l'acqua quando è arrivata ha fatto anche li i suoi danni proprio perchè mancava e manca la manutenzione del fiume che dovrebbe avere funzione di mitigatrice dell'evento, il peso dell'acqua aumenta in base alla velocità assunta, più lacqua prende velocità più energia distruttrice acquisisce nel suo percorso.

Per questo ribadisco in maniera decisa che tra le concause di questo evento tragico c'è da ainserire la mancata messa in sicurezza del fiume a monte della diga che a causa di tanti eventi era quais totalmente inesistente.

Questi giorni la California è stata oggetto di un vastissimo incendio, la prima cosa cosa che ha fatto il governatore di quello stato è stata quella di intervenire contro le prossime alluvioni che saranno causate dall'assenza di alberi.

Per cui ha ragione Rita nel dire che sono assenti delle conche ma sopratutto Il Sig. Steri che ha colto il problema nel suo punto principale.

Ciao Giacomo

giacomo ha detto...

Ciao dimenticavo anche una cosa, l'Hydrocontrol per la cui ubicazione io e noi ragazzi che vivevamo da queste parti siamo sempre stati contrari anche perchè era una zona bellissima, ritengo che sia anch'esso ininfluente in quanto ha avuto funzione frenante, l'alveo a quei tempi era gia passante in quella curva, di fatti si formava una pozza d'acqua nella quale si andava a fare un tuffetto in primavera inoltrata, parlo di circa 25 anni fa quando le precitazioni erano abbastanza regolari, più a monte a circa 500 mt. c'era una sorgente che ricorderanno meglio i Capoterresi doc, dove anche un signore anziano da poco mi ha raccontato che era abitudine nei tempi antichi anche andare a lavare i panni, nonchè a raccogliere l'acqua.

Sicuramente comunque l'evento è stato fuori da ogni possibile immaginazione, per due motivi che io ritengo molto importanti, il primo sono state le frane delle pietraie del monte di S.Barbara e dei monti nel versante delle miniere di San Leone, che sicuramente erano li da migliaia di anni ( chiedere a Rita , il secondo è che è stata leggermente lambita una necropoli romana che aveva circa 2000 anni, che sarebbe meglio salvaguardare in quanto è anch'essa patrimonio storico del comune di Capoterra.

In definitiva penso e riscrivo che questo evento sia molto probabilmente vicino agli stravolgimenti climatici planetari, ritengo anche che le cause o parte di esse potrebbero essere nelle immediate vicinanze, queste sono soltanto delle ipotesi che dovranno essere prese in considerazione nel futuro prossimo, in quanto ricordiamoci che in 9 anni si sono avute precipitazioni concentrate per 3 volte e che in 20 anni i fiumi hanno ridotto in maniera eclatante la loro portata d'acqua per una forte riduzione della piovosità, la situazione è quella tipica annunciata e relativa ai fenomini di desertificazione dove lunghi periodi di siccità sono accompagnati da forti temporali devastanti dove il risultato è anche quello del dilavamento del suolo e della scomparsa del primo strato vegetale che è la base per la crescita delle piante.

Il fatto è che nonostante i possibili cambiamenti climatici nel territorio di Capoterra in una precisa posizione che si estende per circa 5 km in linea d'aria sopra gli abitati di Poggio dei Pini e Capoterra sono avvenute 3 alluvioni in 9 anni, fatto questo che mi sembra sia del tutto unico in Sardegna e in tutta Italia, da qui e sempre secondo me dovrebbero partire gli studi e le ricerche.

ciao Giacomo

giacomo ha detto...

I due canali sopra Capoterra sono rappresentativi di quello che si sarebbe dovuto fare anche per il Rio San Gerolamo, la loro funzione e non il metodo che critico( cemento ) hanno di fatto ridotto in maniera consistente l'azione dell'acqua, proprio perchè partono dal monte, salvando di fatto l'abitato sottostante ( Capoterra ).

Vorrei sapere per quale motivo non è stato fatto un qualcosa di simile per il Rio San Gerolamo che sta a monte sempre di diverse località abitate, utilizzando la stessa strada.

RIMETTO QUI QUETSI APPUNTI DI RITA LAI, GEOLOGA ED ESPERTA IN MATERIA, LA RIPROPONGO A TUTTI I LETTORI PERCHE' RITENGO SIA UN DOCUMENTO IMPORTANTISSIMO PER IL FUTURO DEL RIO SAN GEROLAMO E DI TUTTO L'ABITATO DI CAPOTERRA, INVITO TUTTI A COPIARLA E A CONSERVARLA SIA PERCHE' E' UN DOCUMENTO MOTLO INTERESSANTE E PER SOSTENERE QUESTA TESI CHE E' DI MASSIMA IMPORTANZA PER TUTTO L'ABITATO.

TESI: A CURA DI RITA LAI

Attualmente esistono due correnti di pensiero sulle sistemazioni idrauliche che conducono a risultati progettuali ben diversi tra loro.
Quella che fa capo solitamente agli ingegneri idraulici secondo cui la pulizia e sistemazione degli alvei si realizza mediante sezioni geometriche rigide e molto artificiali, senza vegetazione lungo le sponde, con asportazione totale dei sedimenti presenti sul fondo (sabbie, ghiaie, ecc.) e con argini a sezione regolare. Nei casi più estremi si arriva anche alla ben nota cementificazione degli alvei con lastre in calcestruzzo o al massimo rivestite in pietra, tipo, per intenderci, il canale di guardia realizzato dietro il cimitero di Capoterra.


La seconda invece si identifica con la cosiddetta “ingegneria naturalistica” una disciplina che si basa su progettazioni multidisciplinari tra tecnici di formazione differente che operano in sinergia (geologo, ingegnere idraulico, forestale, naturalista). Le tecniche dell’ingegneria naturalistica prevedono l'utilizzo di materiali naturali sia di tipo vegetale (piante intere o loro parti, talee, fascine di rami, ecc.) che di altra origine (pietrame, legname, griglie, reti metalliche, reti o tessuti in materiale sintetico, fibre, ecc.), messe in opera secondo semplici metodologie costruttive (muretti a secco, briglie e traverse in pietrame, fascinate e viminate), che riprendono tecniche utilizzate fin dal secolo scorso nelle valli alpine, ed in particolare tecniche proprie delle sistemazioni idraulico-forestali largamente utilizzate da parte del Corpo Forestale dello Stato nei territori montani. Secondo l’ingegneria naturalistica i fiumi non devono avere tracciati rettilinei ma il più possibile variati e simili a quelli originali, sponde vegetate con essenze dotate di radici in grado di resistere all’energia dell’acqua, zone di decantazione e riduzione della corrente, salti di fondo tipo briglie che consentano il rallentamento e la deposizione dei materiali trascinati. Insomma il fiume viene considerato un corpo naturale vivo e abitato da specie vegetali ed animali e non semplicemente un canale che trasporta acqua.
Appare ovvio che lavori di tale importanza da realizzare su un alveo con uno sviluppo di almeno 4-5 km (a monte della diga) non sono certo alla portata della cooperativa, la quale non potrebbe realizzarli neppure nel tratto di sua competenza.
Bisogna inoltre tener presente che il Comune di Capoterra, a seguito dell’alluvione del 1999, aveva ricevuto dalla Regione Sarda nel 2001 un finanziamento piuttosto consistente (ne hanno parlato i giornali in questi giorni e credo che ci sia già un’indagine della magistratura) per la realizzazione di una sistemazione generale del Rio San Girolamo, dalla foce fino alla zona in prossimità della chiesetta omonima, in cui nel 1999 venne gravamente danneggiato il ponte. Il Comune ha eseguito tali lavori solo nel tratto di valle dal mare fino alla confluenza tra il rio S. Girolamo e il Rio Masone Ollastu (quello di Su Loi) e poi nel tratto compreso tra la Sulcitana e la famosa scuola materna di San Gerolamo dove c’è il ponte mediante un’arginatura e la formazione di un argine artificiale che è andato in crisi con la recente alluvione. In quel periodo io facevo parte del Comitato Tecnico della cooperativa ed avevo chiesto che qualora il comune avesse progettato interventi simili nel tratto tra la zona sportiva e l’Hydrocontrol, la Cooperativa avrebbe dovuto concordarli e approvarli preventivamente anche con il coinvolgimento specifico del Comitato Tecnico.
In una relazione inviata ai membri del Comitato Tecnico scrivevo nel giugno 2002 le seguenti osservazioni: “Il tratto del Rio San Girolamo e le aree circostanti comprese grosso modo tra l’Hydrocontrol e la Zona sportiva, hanno subito durante l’evento alluvionale del 1999 una serie di fenomeni (accumuli di materiali sciolti, erosioni spondali, allagamenti, ecc.) che sicuramente necessiterebbero di alcuni interventi di sistemazione idrogeologica, che possono essere così riassunti: - eliminazione di parte dei materiali litoidi o organici (rami e radici, tronchi di alberi) accumulatisi in particolari punti dell’alveo a causa dell’elevato trasporto solido e che causano un restringimento della sezione; dove è possibile parte di tali materiali potranno essere lasciati in loco al fine di creare dei microambienti che caratterizzano e diversificano l’ecosistema (barre ghiaioso-sabbiose vegetate); - risagomatura dell’alveo di magra formato dai materiali sciolti, in cui l’acqua scorre per la maggior parte dell’anno; - risagomatura e protezione adeguata di alcuni tratti spondali erosi durante l’evento di piena del 1999 (zona delle piscine, zona del campo sportivo) mediante tecniche naturali (gabbionate, fascinate e viminate) con rivegetazioni spondali con finalità non solo paesaggistiche ma anche statiche per consentire la protezione ed il rafforzamento delle sponde; - riduzione della vegetazione erbacea che ostruisce l’alveo impedendo il normale deflusso delle acque (es. canneti troppo fitti), questo intervento dovrà interessare solo l’alveo, senza intaccare la vegetazione presente lungo le sponde; inoltre per l’eliminazione dei canneti si dovrà agire nel periodo di quiescenza della pianta, avendo cura di non disseminare i rizomi oltre l’area in cui sono presenti, perché gli anni successivi si otterrebbe un effetto di moltiplicarne la diffusione; - rivegetazione spondale dei tratti privi di vegetazione, mediante l’utilizzo di specie autoctone, che con le loro radici agiscano a protezione e stabilizzazione delle sponde.”
Questi miei suggerimenti rimasero lettera morta, sia perché il comune non fece assolutamente nulla, sia perché mi dimisi quasi subito dal Comitato tecnico poco dopo l’invio di quella relazione (che trattava vari argomenti) il cui contenuto evidentemente non fu tanto gradito ad alcuni amministratori.
Infine per quanto concerne i lavori da eseguire negli impluvi secondari presenti in tutta la lottizzazione, affluenti del corso d’acqua principale, anch’essi dopo i recenti eventi, avrebbero necessità di un serio programma di risanamento sempre mediante le tecniche dell’ingegneria naturalistica, soprattutto per salvare la funzionalità degli attraversamenti stradali e la sicurezza dei lotti dei soci. A questo proposito avevo già avuto modo di ricordare che la cooperativa nel 2006 aveva dato un incarico per individuare tutte le situazioni di potenziale rischio e che esistono dei documenti con uno studio preliminare in questo senso. Tale studio potreebbe essere aggiornato e servire da base per la pianificazione degli interventi più urgenti.

A questo punto, dopo ciò che è accaduto, spero che si decida veramente di mettere mano a tutti gli impluvi per sistemare definitivamente gli attraversamenti stradali che sono andati in crisi durante l’alluvione, principalmente a causa di fenomeni di enorme trasporto solido di sabbie e massi che hanno causato i problemi nelle zone di S. Barbara, Bellavista e centro Commerciale. Questi materiali sono quelli che provengono dalla parte più alta dei versanti, anche dalla zona della chiesetta di B. Barbara dove si è formato un lunghissimo conoide di detrito costituito da massi enormi (quello visibile nella foto del mio post iniziale) e che le acque trascinandoli a valle depositano entro gli impluvi, ostruendoli.
Scusate le lungaggini, che per alcuni saranno anche state un po’ ovvie e scontate, ma credo che non lo siano per i profani della materia.

FINE

CIAO GIACOMO

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