Questo Blog è stato creato per scambiare informazioni, idee, proposte e materiali tra residenti del comune di Capoterra. Si invitano i lettori a firmare i propri commenti o articoli con nome e cognome. Potete inviare i vostri articoli al seguente indirizzo: giorgio.plazzotta@gmail.com
sabato 29 novembre 2008
Anche Soru alle prese con la sindrome di SU VAJONTI
giovedì 27 novembre 2008
Poggio ancora divisa in due
TIPO ATTO: Interrogazione
DATA PRESENTAZIONE: 12-11-2008
PRESENTATORE: Franco Magi
DESTINATARI: Sindaco, Assessore ai Lavori Pubblici
IL SOTTOSCRITTO
CONSIDERATO che a circa 3 settimane dal tragico evento alluvionale del 22 ottobre la viabilità comunale, grazie soprattutto all’intervento del Genio militare, è stata pressoché integralmente ripristinata, seppure per alcuni casi in condizioni precarie in attesa dei progetti definitivi di sistemazione;
VISTO che ad oggi soltanto la viabilità connessa al ponte di collegamento tra il quartiere di Pauliara ed il resto della lottizzazione Poggio dei Pini è rimasta completamente inaccessibile, creando potenziali fattori di rischio agli abitanti ivi residenti;
VALUTATO che non è stata neppure fornita adeguata informazione sugli intendimenti dell’Amministrazione con riferimento a questo tratto di viabilità;
VISTO che quotidianamente gli abitanti di Pauliara, per raggiungere il resto della lottizzazione o il Comune, sono costretti a percorrere un tragitto estremamente più difficoltoso e rischioso in considerazione della tortuosità ed insufficienza del pavimento stradale;
CONSIDERATO che la diga di sbarramento sul lago grande non assolve oggi ad alcuna funzione di tenuta, essendo quest’ultimo stato svuotato temporaneamente ed il percorso del fiume deviato impedendo il riempimento;
VALUTATO dunque che nelle more del progetto di ripristino e messa in sicurezza della suddetta diga – che dovrà avvenire quanto prima e la cui realizzazione consentirà il ritorno alla normalità del lago – la viabilità di collegamento tra Pauliara ed il resto del Poggio non risulterebbe esposta a rischi di sorta;
CONSIDERATO INFINE che a Pauliara risiedono numerosi bambini in età scolare, le cui scuole di riferimento si trovano alla Residenza del Poggio o a Sa Birdiera, e che quindi il loro raggiungimento è particolarmente disagevole in assenza della strada di collegamento del vecchio ponticello;
TUTTO CIO’ PREMESSO E CONSIDERATO
INTERROGA IL SINDACO E L’ASSESSORE CON DELEGA AI LAVORI PUBBLICI
AL FINE DI SAPERE, CON RISPOSTA URGENTE E SCRITTA
- di chi sia la competenza al ripristino della sopradescritta viabilità;
- nel caso che la competenza sia comunale quali azioni abbia intrapreso o intenda intraprendere nell’immediato per il ripristino della stessa;
- nel caso la competenza appartenga ad altri soggetti istituzionali, se abbia già provveduto e intenda comunque provvedere a richiedere alle stesse – con carattere di massima urgenza – ogni intervento a ciò rivolto;
- se non ritenga indispensabile, nelle more del ripristino della predetta viabilità, mettere in sicurezza il percorso pedonale già esistente che conduce da Pauli Ara a Residenza Lago costeggiando il lago grande.
martedì 25 novembre 2008
Confronto con il catasto del 1930
Se si osserva con attenzione si individuano facilmente i "landmarker" che non sono cambiati nel corso degli anni (strada dei Genovesi, vecchia Strada Provinciale per Porto Botte (oggi SS195), Strada Vicinale Baccalamanza-Ollastu, Sentiero Barracca Varzia).
Come si può notare i campetti e gli spogliatoi si trovano sull'alveo del fiume, a conferma di quanto già rilevato da Rita Lai e Alessandro Forci, ma allargando il campo di osservazione, con dolore, rilevo che anche la Scuola Materna di Rio San Girolamo si trova sull'alveo del fiume.
Posso solo commentare che la Carta Catastale dell'impianto è stata sovrascritta negli anni con i nuovi frazionamenti, ma le linee originarie sono ancora lì. Si vedono. Come è possibile che i progettisti non si siano accorti che le opere da realizzare cadevano in pieno sul fiume? Non hanno ritenuto attendibili le carte catastali? Chiediamolo ai vari censori che oggi ci insegnano a disprezzare gli ecosistemi (naturali e artificiali) perchè fastidiosi e semplici vezzi di ricchi annoiati, in favore di una tutela spinta dell'economia edilizia (non certo a tutela degli abitanti del prodotto di detta economia). Vero è che tutto ciò che è naturale o si appoggia alla natura, segue logiche diverse dall'incremento annuo della produzione nazionale, ma forse una gita guidata a monte del "lago criminale" può far comprendere a questi fini economisti, cosa succede quando la montagna troppo alta e poco boscata si vendica, quando i compluvi vengono ostruiti con ponticelli troppo economici, quando il sottobosco, ma anche il cisto e il lentischio, non riescono a sopravvivere per i troppi incendi...
Eliminiamo ogni accumulo di risorsa idrica, perchè qualcuno a valle, in riva al fiume, ai laghi e al mare, deve costruire, "lisciamo" ogni versante collinare e aspettiamo la prossima alluvione.
L'edificio parzialmente coperto dalla campitura rossa dell'alveo è proprio la scuola materna di Rio S. Girolamo
lunedì 24 novembre 2008
La zona sportiva di Poggio nelle mappe storiche
Premetto che sono arrivata a queste conclusioni dopo un’analisi della cartografia storica della zona, poiché però avevo ancora dei dubbi nel pomeriggio del 22 novembre sono tornata nell’area per esaminare bene le quote del terreno e le morfologie dell’alveo. Purtroppo i lavori già eseguiti nella zona dell’alveo antistante il campo di calcio e la stessa asportazione dei materiali sedimentati in tutta la zona sportiva hanno parzialmente cancellate le tracce del passaggio del fiume, ciononostante alcuni elementi fondamentali si riconoscono perfettamente.
Situazione nel 1898
Allego innanzitutto la carta IGM al 25.000 del 1898, primo rilievo esistente della zona, dopo quello più antico delle mappe catastali del De Candia. Si nota che il fiume era piuttosto irregolare e nella zona sportiva esistevano due tracce una è indicata con il toponimo Rio di S. Gerolamo mentre quella inferiore non ha nome, questi due alvei si distaccavano per poi ricongiungersi dopo la scritta Rio.
In questa carta si nota anche che sul mare i due fiumi Rio S. Gerolamo e Rio Masoni Ollastu avevano le foci ben distinte e non sfociavano insieme, inoltre sembrerebbe che l’ultimo tratto del Rio S. Gerolamo fosse già stato deviato verso sud all’altezza della strada statale, infatti la sua direzione naturale sarebbe leggermente più dritta (tratteggio azzurro) senza quella innaturale deviazione di circa 90° verso sud e probabilmente prima passava sopra le Case su Loi. Mentre il rio posto in mezzo ai due, di cui parlava il collega Alessandro Forci, non risulta ben definito, tanto è vero che in prossimità della statale è interrotto. Questo fatto è molto comune per i corsi d’acqua che attraversano zone costituite da terrazzi fluviali antichi come quello in questione che in molti casi al passaggio tra alluvioni antiche (molto impermeabili) e terreni sempre alluvionali ma più recenti e permeabili si infiltrano nel sottosuolo facendo sparire le loro tracce, per poi magari riaffiorare più a valle. E’ un fenomeno molto diffuso nella piana di Muravera e San Vito (molto simile a quella di Capoterra), a causa della loro indeterminatezza questi corsi d’acqua vengono talvolta ignorati dalla topografia, ma è come se fossero quiescenti e in occasione di eventi eccezionali l’alveo si riattiva improvvisamente.
Un’altra curiosità: la zona in cui sorgerà la diga piccola ha il toponimo Su Strumpu ad indicare che lì doveva esserci un sito particolarmente insidioso e da cui si cadeva, oppure da cui cadeva l’acqua improvvisamente e pericolosamente, forse c’era una cascata. Infatti è il punto in cui c’è il salto di circa 10 m lungo l’alveo, con il canyon in granito sotto la dighetta in calcestruzzo.
Ora vediamo la situazione nella cartografia sempre IGM del 1960: si vede chiaramente che l’area sportiva è attraversata da due corsi d’acqua, il principale è ancora denominato Riu de S. Gerolamo a nord, ma immediatamente sotto si vede un altro alveo secondario che correva quasi parallelo al primo per poi ricongiungersi in corrispondenza della quota 19. L’area viene denominata Comancino e nella carta è delimitata da due scarpate nette, ben delineate con le tipiche barbette (segnetti color seppia paralleli tra loro), queste scarpate segnavano il limite del terrazzo fluviale più antico costituito da depositi ghiaioso-sabbiosi rossastri, molto compatti, che delimitavano le due sponde del corso d’acqua con differenze di quota di circa 6 m tra l’alveo e la sommità della scarpata.
Tra le scarpate era presente il deposito alluvionale recente formato da sabbia, ghiaie e massi, un deposito incoerente e molto permeabile. L’andamento del corso d’acqua che potrebbe apparire singolare, in realtà è del tutto normale nei fiumi con un elevato trasporto solido che scorrono incassati entro dei terrazzi fluviali più antichi (arrossati), ve ne sono diversi esempi nel Sarrabus ed in altre aree della Sardegna.
Si tratta di alvei anastomizzati, cioè formati da diversi rami paralleli, causati dal fatto che il fiume ha sedimentato grosse quantità di materiali formando all’interno del suo alveo delle isolette o barre fluviali allungate secondo il verso della corrente e sulle quali si sviluppa una vegetazione ripariale tipica di questi ambienti, ad oleandri, tamerici, ontani, carrubi ecc. Queste barre fluviali con lo sviluppo della vegetazione si consolidano, diventando sempre più resistenti all’azione dell’acqua che, alla fine, è costretta ad aggirarle, oppure vi scorre in subalveo (sotto la superficie), ed affiora solo raramente in occasione di eventi eccezionali, talvolta anche distruggendo le isolette fluviali. Se poi sono presenti anche degli affluenti che magari si riattivano improvvisamente allora il ramo secondario si ingrossa e si riapre il suo corso.
Tutte queste circostanze sono evidenti nella carta del 1960: il fiume aveva due alvei, come si vede bene nella cartografia sottostante, e a monte c’era un affluente diretto da sudovest verso nordest.
Situazione nel 1968
Per capire meglio la situazione e la posizione dei corsi d’acqua rispetto ai campi sportivi bisogna utilizzare la cartografia CTR del 1977 che però è stata realizzata sulla base delle foto aeree del 1968, quindi riporta i tracciati delle strade della futura Cooperativa, che all’epoca erano in fase di realizzazione.
Come si può vedere una parte dell’alveo nella cartografia non era tracciato, l’ho aggiunto io ricalcandolo da quello del 1960, nella carta in realtà ne manca solo una parte tra il Rio S. Gerolamo e il ponticello danneggiato sia nel 1999 che quest’anno, mentre a valle del ponticello l’alveo è segnalato bene e costeggia da una parte il frutteto e dall’altra un vigneto.
La mia idea è che quando sono state realizzate le strade che circondano la zona sportiva (n. 27, 33 e 35), sia lungo il fiume che dal lato ingresso della club-house, siano stati fatti dei movimenti terra con colmate che hanno, di fatto, obliterato questo alveo secondario e magari in contemporanea è stato innalzato e/o spianato il piano campagna della barra fluviale per realizzare il campo sportivo ed i campi da tennis.
Ciò ha fatto sì che per anni l’alveo di fatto esistesse sepolto sotto la coltre di materiali alluvionali che formano la zona sportiva e scorreva sotto i campi da gioco. D’altronde tutti i pozzi della cooperativa sono realizzati lì proprio perché quella è una zona ricchissima d’acqua.
Qui compare anche il piccolo corso d’acqua che alimenta la falda, oltre al Rio S. Gerolamo, infatti come si vede è presente l’affluente che arriva dalla collina di Pauliara, tra la palestra di basket e l’impianto dell’acquedotto, corso d’acqua che presenta a monte della zona sportiva una profonda incisione, addirittura con un ponte ferroviario ancora in parte esistente, a dimostrazione che in passato vi scorreva sempre molta acqua. Questo corso d’acqua è costantemente alimentato nel periodo autunno-invernale da una sorgente quasi perenne (nota come Sa Mitza de su Sordau) posta lungo la strada n. 21 in corrispondenza del punto indicato con la quota 48 nella carta del 1960.
Situazione Attuale
Nella cartografia recente (1995) l’area sportiva appare attraversata da due corsi d’acqua: uno è l’affluente che separa appunto la palestra di basket dall’impianto dell’acquedotto; il secondo è quello che ricalca il vecchio ramo abbandonato del Rio S. Gerolamo e che qui è stato messo in evidenza col suo ipotetico tracciato sottostante alle strutture sportive, perché di esso non vi è più traccia sulla superficie del terreno, se non in corrispondenza del ponticello tra la strada 27 e la strada 33.
Per capire il suo andamento è stato necessario analizzare i depositi formatisi in occasione dell’evento alluvionale ed analizzare le linee di flusso e le tracce dell’erosione lasciate lungo le cunette e le recinzioni della zona sportiva dall’onda di piena.
Tutta l’area sportiva ad eccezione forse di un triangolino dove è ubicata la palestra di basket, è stata realizzata al di sopra di una barra fluviale, che fungeva in passato da cassa di espansione delle piene eccezionali del fiume e nella quale il fiume sedimentava massi enormi e sabbia.
Durante l’alluvione del 22 ottobre, ma anche in parte in quella del 1999, è successo questo: il fiume era in piena e trasportava enormi quantità di sedimenti, è esondato praticamente davanti al cancello della palestra di basket dove ha abbattuto la recinzione, in quel punto poco più avanti stava arrivando anche l’affluente in piena dal Monte Pauliara (quello tra la palestra e l’impianto dell’acquedotto), a quel punto il Rio S. Gerolamo ha scavalcato la strada n. 35 ed ha invaso la zona sportiva, cioè il suo alveo naturale.
La stessa cosa è successa poco più a valle nella zona del maneggio, dove è arrivata sia l’acqua del campo sportivo sia quella fuoriuscita dalla curva che compie il fiume (si veda la cartografia del 1977).
Il risultato di tutto ciò è stato sotto gli occhi di tutti: la zona sportiva era invasa da detriti e sedimenti di grande spessore, il ponticello di fronte ai campi coperti è stato semidistrutto, a valle della zona sportiva nel frutteto e nel maneggio vi è stata una devastazione enorme con solchi di erosione e trascinamento verso valle di numerosi manufatti, tubature, attrezzi, piante, ecc.
Il fiume nel 1885
Condivido l'ipotesi della Dott.ssa Lai sul fatto che l’originaria ubicazione della foce del Rio San Gerolamo fosse posizionata più a nord, forse all’altezza di Orti su Loi?. Purtroppo anche dalla carta del 1885 non provengono nuovi dati perché è sostanzialmente uguale a quella del 1959. La mia personale impressione è che tra la foce del San Girolamo e del Masone Ollastu si sviluppasse una zona umida poi bonificata, forse dall’Azienda Agricola Villa d’Orri, già nella prima metà del 1800.
Zona della foce
sabato 22 novembre 2008
Com'era il fiume 50 anni fa
Premetto che la valanga d'acqua che ha colpito la lottizzazione è per la quasi totalità dipesa dall'onda di piena del Rio San Gerolamo, il problema è che le portate e il trasporto solido di quel fiume non possono essere contenute in uno spazio di pochi metri, questo ce lo dicono le forme e i depositi stessi del del corso d'acqua. Dal suo punto di vista il Rio San gerolamo ha svolto solamente il suo compito, come innumerevoli volte avrà fatto nei decenni e nei scoli precedenti. Per venire al corso inferiore, ti allego un'altra foto su cui ho riportato il tratto terminale dei Torrenti San Girolamo e Masoni Ollastru evidenziando i corsi d'acqua.In effetti si vede bene come il rio minore che passa nei pressi della lottizzazione di san Girolamo sia stato incanalato e convogliato ( già prima degli ultimi lavori di messa in sicurezza) nello stesso rio S. Girolamo mentre prima confluiva nel Masoni Ollastu in prossimità di Su Loi. Probabilmente questo non avrebbe cambiato un gran che ma testimonia di come vengono affrontate le cose.
Alessandro Forci
Immagine 1 carta IGM del 1959 (zona foce S. Girolamo e Masoni Ollastu)
foto satellitare recente
Aree urbanizzate attuali (rosso) riportate sulla vecchia carta del '59
In celeste il Rio S. Girolamo, in verde un canale che ha deviato il ruscello preesistente, ora scomparso (in rosso)
Una proposta di contributo straordinario per gli impianti sportivi.
Dopo il fuoco di questa e delle ultime estati, dopo l’alluvione del 22 ottobre, dopo la tromba d’aria, ci mancava solo il ventaccio di questa notte a dare il suo contributo non richiesto. Una buriana che c’è anche adesso che scrivo. E, come dice Giancarlo, la prossima è l’apertura di una faglia, tipo S. Andrea, sotto la club house: il terremoto.
Guarda caso, ancora una volta ad averne la peggio è stato il gruppo sportivo.
Dopo immense fatiche e grandi sacrifici, si era riusciti a rattoppare alla meno peggio i due campi coperti, tanto da far disputare una giornata dei campionati ai quali il nostro circolo è iscritto. La fragile tenuta del vecchio telone è saltata, questa volta ha ceduto irrimediabilmente, collassando. Anzi, la copertura non c’é più. Volata via.
Questa sera avrebbero dovuto giocare i bambini. Non se ne fa nulla. Ce lo aspettavamo, ma con un po’ di sfiga (pardon!!) in meno avremmo potuto tirare avanti per qualche mese. Nel frattempo si sta provvedendo a ripristinare la recinzione dei campi esterni. Sembra una sfida infinita ma questa sera ci sarà comunque qualcuno a lavorare. Se alla fine ce la faremo ? Penso proprio di si. C’è gente tosta, ma non basta.
Un telone nuovo, ferma restando la struttura in acciaio che ha tenuto perfettamente, costa un sacco di soldi. Ma non c’è bisogno del solo telone. Attenzione sto parlando di nostri beni, quindi di una nostra proprietà, che finora ha contribuito con le case, con il lago, con questa cornice di verde, a qualificare, e dare lustro al nostro centro residenziale.
Penso che sia arrivato il momento di mettere mano al portafoglio. Gli interventi finanziari pubblici, se ci saranno, copriranno molto parzialmente le spese.
Quotiamoci, ovvero spalmiamo nel condominio il contributo straordinario di 3 €uro per, ad esempio, 24 mesi.
Siamo in 800. Moltiplichiamo 800 contribuenti x 3 €uro x 24 mesi. ed otteniamo l’importante somma di €uro 57.600. Scontato l’obbligo di rendicontazione nel caso di utilizzo diretto, diversamente sarà la stessa Cooperativa a gestire, di concerto col gruppo sportivo, l’impiego di queste indispensabili disponibilità.
Il tutto per l’iperbolica cifra complessiva di €uro 72 cadauno (nel caso di 800).
3 €uro sono un po’ (0,50 cent.) più del costo di un pacchetto di gomme americane (Vivident €uro 2,50).
Potranno “le facoltose famiglie del Poggio” come qualcuno ci ha definiti reggere un onere così rilevante ?. A sostegno, posso assicurare, che c’è la sicura disponibilità anche di persone che al Poggio non vivono ma che gli impianti sportivi frequentano.
Riducendo l’obolo mensile ad 1,50 €uro si potrebbe raddoppiare il periodo di contribuzione. Ne più ne meno che una piccola parte di ciò che hanno fatto i “pionieri” 40 anni fa.
Sarebbe oltremodo solidale evitare la risposta: io non usufruisco degli impianti quindi no pago.
Se questa ipotesi remota si dovesse presentare si potrebbe valutare una base volontaria per questo modesto, mutualistico tipo di intervento.
La forza dei facoltosi (?!?) forse ci è stata attribuita perché finora ci siamo dimostrati una vera Collettività e non un semplice aggregato formato 800 case sparse. Diamo dimostrazione, a chi ci denigra, di che Gente siamo.
Mi farò carico di formalizzare questa richiesta al CdA ma, nel frattempo, pensiamoci, discutiamone, facciamo proposte, valutiamo alternative, diamo idee, interveniamo. Facciamo, usciamo dal nostro lotto.
Saluti.
Maurizio Cadone
Quelli che ... il blog
venerdì 21 novembre 2008
Dalle invettive ai fatti concreti
Non so che lavoro faccia e quali competenze Lei abbia, nel campo delle dighe.
Io faccio la geologa e, come ho già avuto modo di scrivere qui in altre occasioni, conosco personalmente il geologo che studiò il sito della diga nel 1960, e predispose la relazione geologica richiesta per la progettazione del laghetto collinare dell’Azienda Donna Maria Saggiante. il Prof. Pecorini. Egli è stato per anni docente di Geologia Applicata all’Università di Cagliari, consulente di tutti i più importanti enti regionali e i Consorzi di Bonifica durante la progettazione e la realizzazione della stragrande maggioranza delle dighe realizzate in Sardegna dal 1960 fino ai giorni nostri, nonché consulente dell’Assessorato Agricoltura negli anni ’60 quando la Regione Sardegna decise di finanziare la realizzazione di una cinquantina di laghi collinari per migliorare le condizioni delle aziende agricole sarde.
Poiché io ho lavorato con lui per circa 11 anni, ho potuto chiedergli di venire qui dopo l’alluvione per valutare lo stato del lago e della diga. Il suo responso è stato che la diga era stata realizzata alla perfezione da una ditta molto seria (Nuovo Castoro) che all’epoca realizzò moltissime dighe per laghetti collinari in Sardegna e in continente, soprattutto in Toscana. I materiali sono stati costipati così bene e così fortemente che nonostante l’enorme massa d’acqua il corpo del rilevato non ha subito nessuna lesione, non si sono verificate filtrazioni alla base e sostanzialmente la diga ha resistito all’onda di piena di dimensioni colossali in maniera eccellente.
La settimana scorsa su richiesta delle insegnanti mi sono recata alla scuola elementare di mio figlio per spiegare ai bambini cosa fosse successo nel nostro bacino idrografico e perché si sono avuti tanti danni a MONTE come a VALLE. Provo a spiegarlo anche a Lei, basandomi sui dati estratti dal rapporto della Protezione Civile Nazionale (il documento lo trova qui nel blog).
Il bacino del Rio S. Gerolamo è molto vasto: occupa tra la parte montana e la diga di Poggio dei Pini quasi 12,5 kmq. La pioggia che cade in questo bacino normalmente in un anno è pari a 650 millimetri. Il giorno dell’alluvione sono caduti tra le 6,30 e le 10,30 del mattino in tutto 372 mm di pioggia cioè più della metà di quella che cade normalmente in un anno. Tra le 7,00 e le 8,00 del mattino però sono caduti 148 mm di pioggia. Si tratta di valori che, per queste durate, sono tra i più alti mai registrati dalla rete pluviometrica regionale, per trovare registrazioni di valori simili, ma inferiori, occorre fare riferimento ai più gravi nubifragi che hanno interessato l’Isola nel 1940 (Talana) e nel 2004 (Villagrande strisaili)
Per sapere quanta acqua è passata nel Rio S. Gerolamo, da monte fino al mare, si può fare una semplice moltiplicazione da terza elementare: dobbiamo moltiplicare la superficie del bacino per i millimetri di pioggia caduti nelle 4 ore in cui ha piovuto, così otteniamo la quantità d’acqua che è passata a valle della diga: 12.500.000 x 0,372 = 4.650.000 mc.
Questa quantità è enorme ed in più l’acqua correva anche molto veloce, per questo è riuscita a trascinare tanta sabbia e tante pietre e massi giganteschi, trasportandoli lungo l’alveo e poi depositandoli dove la corrente era un po’ più lenta, per esempio nella zona sportiva di Poggio dove sono stati ritrovati, non a caso, i corpi delle due vittime. Se l’acqua contiene al suo interno anche sabbia, massi e fango riesce a fare molti più danni dell’acqua pulita, per questo si sono visti tanti fossi e buchi e scavi lungo le strade e nelle campagne.
La diga di Poggio dei Pini poteva contenere al suo interno soltanto 250.000 mc d’acqua, cioè molto meno dei 4,5 Milioni di mc che sono passati nel fiume. Quando ha iniziato a piovere il lago era semivuoto quindi è riuscito a contenere circa 250.000 mc d’acqua. Se sottraiamo questa quantità entrata nel lago a quella caduta nel bacino otteniamo: 4.650.000 – 250.000 = 4.400.000 mc.
Questa è la quantità d’acqua che è riuscita a passare dallo sfioratore della diga e poi nel fiume a valle e quindi è arrivata alla foce. Però il fiume a valle della diga, e nella zona della lottizzazione S. Gerolamo in particolare, aveva un alveo troppo stretto per farla passare tutta dentro gli argini, così l’acqua è uscita nelle campagne affianco al fiume e ha allagato tutti i frutteti e anche le case delle lottizzazioni di Rio S. Gerolamo e Frutti d’Oro.
Ora guardi questo semplice schemino tratto da un testo di geomorfologia:
Secondo lei come mai ci sono stati così tanti danni nelle lottizzazioni S. Gerolamo e Frutti d’Oro? E’ colpa della diga o di qualche altro problema di tipo pianificatorio-urbanistico? Si può permettere di costruire una città dentro il letto naturale di un fiume?
Sa che esiste una legge del 1974 (L. 64/74) che impone la redazione di una relazione geologica e geotecnica da presentare obbligatoriamente insieme alla richiesta di concessione edilizia e che i comuni della Sardegna, Capoterra compreso, non l’hanno mai richiesta, se non negli ultimi due anni?. Sa che la stessa legge e le sue norme di attuazione (Min. LL. PP. del 11/03/1988) obbligano a presentare una relazione geotecnica per i piani di lottizzazione che investano vaste aree territoriali su cui debbano essere realizzate importanti opere sul territorio come ad esempio le lottizzazioni convenzionate e le relative opere di urbanizzazione primaria?.
Un’altra legge del 1985 (Legge Galasso) imponeva una distanza minima di 150 m dalle sponde dei corsi d’acqua per la realizzazione di manufatti ed abitazioni. Come mai a Capoterra non l’hanno mai applicata? Sa quanto dista la scuola materna di Rio S. Gerolamo dall’argine del fiume: 10 metri.
Allora è un problema di oche e cigni o questo è solo un modo di sviare l’attenzione dell’opinione pubblica per non far capire qual è il vero argomento del contendere?
Mi dispiace doverglielo dire ma la sua vita e quella della sua famiglia è stata messa a repentaglio da ben altri fatti e decisioni presi dai noto politici locali, privi di qualsiasi sensibilità ambientale, quando erano (sono) al governo di un territorio che per troppi anni, e per ben note ragioni economico-sociali, è stato violentato in tutti modi per far posto a case e servizi, dove essi non potevano e non dovevano esistere.
Quelle aree dovevano essere lasciate al loro stato naturale: ossia un fiume con nicchie ecologiche per anatre e oche che, guarda caso, all’indomani dell’alluvione stazionavano nel fiume ben in vista proprio sotto la scuola di San Gerolamo.
Per finire a proposito di solidarietà le vorrei ricordare, nel caso non se ne fosse accorto, che tanti ragazzi “poggini” hanno passato intere giornate a spalare fango e a svuotare scantinati anche nelle vostre case di Frutti d’Oro, e come avrà letto questi ragazzi fanno i volontari del GRUSAP e vivono a Poggio. Inoltre anche la Caritas di Poggio si è mossa in forze per aiutare gli sfollati e tutte le persone rimaste senza casa e senza beni.
A presto Rita Lai
giovedì 20 novembre 2008
Abbasso Poggio dei Pini
comunità capoterrese. È misero mettere in discussione la vita di migliaia di persone a fronte del mantenimento di un acquitrino impestato di zanzare. Anziché divulgare le varie perizie effettuate dai tecnici per determinare la stabilità della diga, i vari dotti avrebbero dovuto vedere nei giorni seguenti l'alluvione del 22 Ottobre, lo sguardo dei residenti le lottizzazioni di Rio S. Girolamo e Frutti d'oro 2 e guardarli negli occhi per leggere tutta la disperazione e la paura che trasmettevano, si sono chiesti i residenti di Poggio dei pini, come abbiamo vissuto i bambini delle zone colpite dall'alluvione i drammatici momenti, quando giungevano le notizie di dover evacuare le zona per paura del crollo della diga di Poggio dei pini? Capisco che questa parte della comunità capoterrese cerchi in tutti modi di distinguersi dal resto del gruppo sociale di appartenenza, cambiando il nome da capoterresi in poggini, ma assolutamente non posso accettare che sia messa a repentaglio la vita della mia famiglia e di migliaia di persone solo per mantenere in uso un bacino con quattro anatre dentro con il fine ultimo di abbellire il paesaggio circostante. Mi viene il tremendo dubbio che durante i momenti drammatici dell'alluvione qualcuno a Poggio dei Pini, si è preoccupato dell'incolumità delle anatre e non di
quella delle persone che vivono a valle della diga. Tutti pensavamo che la lezione ricevuta il 22 Ottobre fosse servita a qualcosa, che avesse fatto capire alla gente l'importanza dei valori, non ultimo quello della solidarietà. Invece no, si continua a mettere sullo stesso piatto della bilancia la vita di quattro anatre contro la vita di migliaia di persone che ancora oggi non si sentono sicure in casa loro. Quelle stesse quattro anatre che insieme al lago, sono diventate l'elemento identitario della comunità di Poggio dei Pini.
Capoterra
Non distruggere ma costruire meglio
Ora che l’evento incredibile è stato registrato, di cui nessuno riesce a darsi una spiegazione logica, necessiterebbe l’assunzione di decisioni pertinenti ma sensate e non certo distruttive. Servirebbe solo che venisse riaperta all’acqua la sua strada, liberandola da ciò che non è compatibile, ad iniziare dalle strettoie.
Noi e sempre noi
La diga non è di Poggio dei Pini, ma di tutta la comunità di Capoterra. Poggio ha l'onore e l'onere di “ospitarla” nel proprio territorio e fare in modo che continui ad esistere. Naturalmente, se lasciati soli, Noi non ci abbatteremo e saremo ancora più decisi e vigorosi nel difenderla perché quella diga fa parte di noi. Quel lago, è vita!
Ma non si è mai accorto di nulla Sig. Mallus? Non si è accorto di come respira? Di come contribuisce ad ossigenare il nostro territorio? Di come lo protegge ogni estate? Di come esso ormai faccia parte di un ecosistema naturale che genera vita?
Se abbiamo delle montagne cosi belle, se ogni estate riusciamo a difenderle dagli incendi, è solo grazie a questo lago.
Quello che rattrista realmente è che alcuni, non riferendomi di certo alla Sua persona, in un momento tragico come l'alluvione, ne hanno approfittato per trarne visibilità politica, lasciandosi spesso andare in affermazioni destituite di fondamento e utili solo a fomentare un clima di paura e di rancore reciproco.
Lei è libero di esprimere tutte la affermazioni che vuole, ma non dimentichi che fa parte di un consiglio comunale. Lei non è il consigliere comunale di Frutti d’Oro e di Rio S.Girolamo, lo è di tutto il territorio del comune di Capoterra.
La sua “semplice analisi” che non vuole essere un parere tecnico ma che in realtà viene presentato come se lo fosse, manca dell'elemento fondamentale: un analisi dei dati.
I dati del monitoraggio statico della diga, devono essere preliminarmente raccolti ed analizzati per valutarne la sicurezza e tali dati non erano presenti nei giorni dell'alluvione e della sua intervista. Ha fatto bene il Sindaco in via cautelativa ad ordinare lo sgombero ma, ripeto, in via cautelativa.
Ove mai tali analisi dovessero evidenziare significative deficienze della diga tali da comprometterne la tenuta o la stabilità, i tecnici incaricati, augurandoci di concerto con i tecnici della cooperativa e perché no, del comune, valuteranno la soluzione migliore da adottare.
Concordo pienamente sul fatto che “che nessun può’ affermare che simili eventi atmosferici non potranno ripetersi e conseguentemente non si può’ correre una seconda volta un simile rischio” però mi chiedo: se non ci fosse la diga l'acqua si fermerebbe prima di arrivare a Rio e Frutti d'Oro?La risposta non può che essere in senso negativo: l'acqua non sarebbe rallentata dalla diga, parte delle macerie trasportate non si depositerebbero nel fondo e si riverserebbero come uno tsunami sulle lottizzazioni a valle.
Il futuro della diga in terra di Capoterra, lo vorremo decidere con tutti i concittadini di Capoterra perché è patrimonio comune.
Da lei e dai suoi colleghi, mi aspetto la necessaria lungimiranza che deve avere chi amministra la “cosa comune”.
Mi auguro inoltre che si adopererà non solo in favore della diga famosa, ma anche per le altre due dighe danneggiate durante l'alluvione.
Sig Mallus, tenga sempre a mente che L'ACQUA E' DI TUTTI ED è UN BENE PREZIOSO DA CONSERVARE.
lunedì 17 novembre 2008
NOI e VOI
Ho letto con rammarico le parole e il tono utilizzato dal consigliere Franco Magi sul Vostro blog : ‘Mi risulta che nel corso di una intervista radiofonica un Consigliere comunale di maggioranza abbia individuato nel lago di Poggio la responsabilità dell'accaduto e proseguito affermando che va "risolto" il problema. Ho chiesto all'editore della radio di acquisire l'audio dell'intervista”
Non e’ necessario che il Consigliere Franco Magi acquisisca agli atti la mia intervista telefonica a RadioEmmede2, con fare minaccioso che lascia presagire chissà quali azioni nei miei confronti per aver espresso una opinione.
In linea con i nobili principi democratici che ispirano il Vostro blog, ripeto quanto già affermato riguardo il futuro della Diga in terra di Poggio dei Pini. Il mio non vuole essere un parere tecnico, ne mi sognerei di ritenerlo tale. E’ solo un parere politico – amministrativo ispirato dalle richieste pressanti di centinaia di cittadini, la cui esigenza di sicurezza conta quanto l’esigenza di salvare il simbolo del vostro “essere poggini”.
Queste persone non sono degli abusivi invidiosi come riportato sul Blog. Sono persone che hanno edificato nel rispetto di tutte le leggi in Lottizzazioni Convenzionate approvate negli anni 70 da tutti gli organi regionali competenti.
Quello che rattrista è il constatare che per Voi il lago e la fauna lacustre sono piu’ importanti della sicurezza e serenità degli esseri umani che hanno subito questo evento tragico. E non soddisfatti dell’egoismo di tali affermazioni, puntate il dito su presunti nostri sentimenti di rivalsa sociale. Ma di cosa parlate? Noi abitanti di Frutti d’Oro e di Rio S.Girolamo siamo orgogliosi dei nostri quartieri e delle nostre povere case devastate dalla furia della alluvione.
L’invaso artificiale di Poggio dei Pini ha dato lustro ed è stato motivo di orgoglio per tutta la comunità capoterrese. La prova evidente di questa mia affermazione è contenuta nel depliant distribuito dalla Amministrazione Comunale all’ultima bit di Milano, che riporta in copertina l’immagine del bellissimo lago .
Ma dopo il 22 Ottobre 2008 le cose sono cambiate. La piena massima del Rio S.Girolamo attesa in futuro non è piu’ la anacronistica piena degli ultimi 500 anni pari a 150 mc/sec, ma la realistica piena di 600 mc /sec che ha determinato cio’ che è agli occhi di tutti.
La mia semplice analisi contenuta nell’intervista parte da una constatazione: una diga in terra percorsa dall’acqua sul punto di colmo, subisce una lesione alla base, che ne pregiudica la stabilità. Non è una opinione, ma il contenuto di testi tecnici e scientifici.
Questa nota scientifica è confermata dalla realtà. Basta recarsi ai piedi della diga in questi giorni e chiedere ai tecnici del Genio Civile il perché dei lavori di consolidamento posti in essere. La cosa era risaputa fina dalle prime ore agli Ingegneri Idraulici del Registro Italiano Dighe e allo stesso Ing. Bertolaso.
Per questo motivo il Sindaco, a seguito del sopralluogo in elicottero nelle ore immediatamente successive al disastro, ha ordinato lo sgombero dei quartieri di Rio S. Girolamo e Frutti d’Oro sino al raggiungimento della quota di sicurezza dell’invaso.
Per le stesse ragioni in questi giorni è in corso una modifica che vedrà il setto scolmatore abbassarsi di circa 4 metri, in un punto in cui è presente una massa granitica.
In parole semplici nell’intervista ho sostenuto che nessun puo’ affermare che simili eventi atmosferici non potranno ripetersi e conseguentemente non si puo’ correre una seconda volta un simile rischio.
Quindi il problema non è quello di capire se nella dinamica degli eventi la diga abbia avuto un ruolo positivo o negativo (i tecnici affermano che sia stata del tutto ininfluente), ma prevenire il rischio che si ripresenti un simile scenario: una diga in terra lesionata con 250000 mc d’acqua che si possono riversare in pochi minuti sulle popolazioni a valle.
Nella mia intervista ho concluso affermando che solo il Registro Italiano Dighe potrà assumere decisioni tecnico- scientifiche, non geologi o ingegneri intervenuti nel dibattito (soprattutto residenti a Poggio dei Pini), la cui opinione per quanto autorevole e interessante conta quanto il parere di tutti i cittadini di Capoterra.
Ringrazio per l’ospitalità
Giacomo Mallus
Consigliere Comunale
domenica 16 novembre 2008
Assemblea dell'unità per parlare del futuro
1 anno di BLOG
Dopo un lungo periodo di torpore durato svariati anni, gli abitanti di questo borgo incantato si sono improvvisamente svegliati con la paura di “perdere” le pinete che hanno dato il nome a questa località.
In questo scenario il blog si è proposto ( e penso ci sia in qualche modo riuscito) di stabilire un punto di contatto permanente tra le persone, proprio in un periodo in cui la voglia di sapere e di comunicare era molto forte. Non era facile riuscirci, rompere il muro del silenzio e del disimpegno, perdipiù utilizzando uno strumento tecnologico piuttosto innovativo. Ricordiamoci che la comunità poggina non è composta certo da teenager.
Proprio nella minuscola e sonnolenta Poggio ho realizzato uno dei primi siti sardi (Linea Poggio, 1996). Attendevo il momento in cui la diffusione di Internet avesse consentito, se non a tutti, alla stragrande maggioranza di noi di poterci avvalere di questo potente e democratico mezzo di comunicazione. Quel momento è arrivato 12 anni dopo.
A 1 anno di distanza vorrei fare un bilancio di questa esperienza.
Innanzitutto i numeri. La presenza di un sistema di analisi degli accessi mi permette di avere dati molto precisi. Gli accessi al blog sono stati 33.000, pari a una media di circa 90 accessi giornalieri. Nell’ultimo periodo, a causa dei tragici eventi gli accessi sono quasi sempre oltre i 250 giornalieri, culminati con i 995 dell’11 novembre scorso dopo che l’Unione Sarda, pur scrivendo cretinate, ci ha fatto un po’ di pubblicità.
Come arrivano i navigatori di internet nel nostro Blog? La stragrande maggioranza (74%) accede al sito digitando direttamente nel browser http://poggiodeipini.blogspot.com ; il 22% dei visitatori arriva invece attraverso i motori di ricerca (Google & C.) e solo il 4% proviene da link presenti in altri siti. Questi valori sono piuttosto anomali se confrontati con quelli della maggior parte dei siti Internet. Per fare un esempio Isola Sarda, un sito che gestisco dal 1997, presenta valori esattamente inversi (72% dai motori di ricerca e 13% traffico diretto). Il motivo va ricercato nei differenti obiettivi che ha il nostro blog rispetto a un tipico sito internet. Non vogliamo difatti raggiungere l’universo telematico, l’Argentina o la Scozia, nè vogliamo vendere alcun prodotto. Il nostro target è il piccolo mondo di Poggio con i suoi problemi, le sue speranze e le 2.000 storie dei suoi abitanti. Ma c’era proprio bisogno del blog realizzato da un tizio che un giorno ha detto “basta”?
Invogliare a discutere, interagire, comunicare, informarsi, sponsorizzare iniziative sociali, culturali, ambientali, è un compito assegnato dallo Statuto alla Cooperativa Poggio dei Pini. Purtroppo questa importante funzione è stata molto trascurata dai nostri amministratori, particolarmente negli ultimi anni. Il risultato è una comunità abulica che non parla, non comunica, non si interessa e soprattutto non PARTECIPA. Centinaia di soci sono stati tenuti alla larga dalla partecipazione alle scelte e ai possibili momenti di crescita che non si sono voluti creare. Il risultato sono gli errori che noi tutti abbiamo constatato in moltissimi settori: dall’economia, all’ambiente, allo sport, la stessa comunicazione e chi più ne ha più ne metta (purtroppo ne emergono in continuazione).
Non so se in un contesto da “quartiere dormitorio” sia più facile amministrare (meno rotture di scatole), ma certamente non è questa la Poggio dei Pini che è stata sognata dai fondatori e non è con questo spirito che la maggior parte di noi è venuta a vivere qui.
Spero che questo blog, con i suoi 150 articoli pubblicati in un anno, abbia contribuito ad aprire questa linea di contatto utilizzando un nuovo strumento, molto più potente della “bacheca” che continua anacronisticamente ad essere il luogo in cui si può cercare qualche informazione.
Internet a volte può rappresentare un modo “distaccato” di relazionarsi, è vero. Ma in questo caso, essendo tutti residenti a pochi metri di distanza, noi possiamo usarlo per organizzare iniziative come fare sport insieme, escursioni, attività sociali, ambientali, culturali, in 2, in 10 in 100. Qualcuno crede ancora che ci serva l’anonimato per fare questo?
Ho pensato di mettere in pratica questo concetto organizzando una pizzata tra tutti i sostenitori di questo blog. Ci tengo a precisare che l’invito è esteso a tutti i lettori, anche a chi non ha mai scritto, l'unico requisito è ritenere che questo strumento vi sia stato di una qualche utilità.
Ci incontriamo alla pizzeria la Terrazza alle h. 20:00 di mercoledi 19 novembre.
Per cortesia comunicate la vs. partecipazione qui o per email.
sabato 15 novembre 2008
Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino
Il corpo forestale ha reso noto che le indagini sulle presunte truffe sono state effettuate anche grazie ad alcune perquisizioni, che hanno reso possibile "una ulteriore verifica delle dichiarazioni rese in modo falso e artificioso al fine di ottenere dalla Regione Sardegna indennizzi che non sarebbero spettati". In una nota si ricorda che l'attribuzione dei risarcimenti si basa "su graduatorie formate in relazione ad autocertificazioni rese dalle persone che hanno dichiarato di aver subito danni".
giovedì 13 novembre 2008
Il lago espiatorio
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